Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27929 del 31/10/2018

Cassazione civile sez. I, 31/10/2018, (ud. 26/04/2018, dep. 31/10/2018), n.27929

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio – Presidente –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5907/2014 proposto da:

M.D., F.F., elettivamente domiciliati in

Roma, Via del Casaletto n. 527, presso lo studio dell’ing.

R.A., rappresentati e difesi dagli avvocati Nervegna Domenico,

Sgattoni Antonio, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

C.G., Ma.Gr.;

– intimati –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA, depositato il

17/12/2013;

lette le conclusioni scritte del P.M., in persona del Sostituto

Procuratore Generale Dott. VITIELLO MAURO, che ha chiesto che la

Corte di Cassazione, in camera di consiglio, voglia dichiarare

l’infondatezza del primo motivo e l’inammissibilità degli altri

motivi del ricorso;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

26/04/2018 dal cons. Dott. VELLA PAOLA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con il decreto impugnato, la Corte d’Appello di L’Aquila ha respinto il reclamo L. Fall., ex art. 26 proposto dai signori M.D. e F.F., dichiarati falliti con sentenza del Tribunale di Pescara del 09/12/1989 quali soci illimitatamente responsabili della società (OMISSIS) S.n.c. di (OMISSIS), avverso il decreto di rigetto dell’istanza di esdebitazione da essi presentata in data 12/12/2012 (entro l’anno dalla chiusura del fallimento con decreto del 22/02/2012), per mancata allegazione (prima ancora che dimostrazione) dei requisiti soggettivi previsti dalla L. Fall., art. 142, comma 1, n. 1).

2. Per quanto ancora rileva in questa sede, la Corte distrettuale ha ritenuto (tra l’altro): infondata l’eccezione di nullità del decreto di rigetto per la sua mancata comunicazione al P.M.; pacificamente acquisita al giudizio, in virtù del principio di non contestazione, la sussistenza dei requisiti di cui alla L. Fall., art. 142, n. 1 in mancanza di specifica contestazione da parte del curatore o dei creditori; non accordabile il beneficio invocato a fronte della soddisfazione parziale (con pagamento di soli Euro 33.912,00 a fronte di un credito insinuato per Euro 100.584,42) di un solo creditore ipotecario, a fronte dei “27 creditori intervenuti”.

3. Avverso detta decisione signori M.D. e F.F. hanno proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi. Le parti ritualmente intimate non hanno svolto difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso – rubricato “nullità del provvedimento impugnato per il mancato intervento del pubblico ministero nella procedura di esdebitazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4” – si lamenta, in realtà, che il decreto di rigetto dell’istanza di esdebitazione da parte del tribunale non era stato comunicato al pubblico ministero ai sensi degli artt. 740e 71 c.p.c., con conseguente nullità del provvedimento impugnato in quanto la lfall, art. 143 prevede la facoltà anche per il P.M. di proporre reclamo.

1.1. La censura è infondata – in quanto la L. Fall., art. 143 si limita ad imporre al curatore la comunicazione del solo decreto di accoglimento ai creditori (comma 1) e a prevedere la legittimazione a proporre reclamo L. Fall., ex art. 26contro il decreto che decide sul ricorso in capo a debitore, creditori non integralmente soddisfatti, pubblico ministero e qualunque interessato (comma 2) senza contemplare alcuna ipotesi di litisconsorzio necessario – e prima ancora inammissibile per difetto di interesse a impugnare, l’eventuale difetto di comunicazione potendo semmai essere fatto valere dal pubblico ministero, non già ridondare in ipotesi di nullità del decreto non comunicato.

2. Con il secondo mezzo – rubricato “violazione o falsa applicazione della L. Fall., art. 142 e segg. ed omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione alla non contestata esistenza dei requisiti soggettivi per l’ammissione al beneficio in virtù del principio d non contestazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5” – i ricorrenti si limitano in realtà a prospettare l’esistenza di un “refuso” nel decreto impugnato, laddove esso fa riferimento solo ai requisiti di cui al n. 1) e non anche a quelli di cui alla L. Fall., art. 142, nn. 2)-6), che asseritamente erano stati indicati nell’istanza.

3. Con il terzo motivo vengono dedotti congiuntamente i vizi di “violazione o falsa applicazione della L. Fall., art. 142, nn. 2, 3, 4, 5 e 6 ed omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio sempre in relazione alla non contestata esistenza dei requisiti soggettivi per l’ammissione al beneficio in virtù del principio di non contestazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5” per l’ipotesi in cui non si ravvisi il “refuso” prospettato con il motivo precedente.

3.1. Entrambe le censure sono manifestamente inammissibili per plurimi profili, primo fra tutti – in senso decisivo – il difetto di interesse, poichè il giudice d’appello non ha fondato il rigetto del reclamo sulla insussistenza dei requisiti soggettivi di cui alla L. Fall., art. 142, nn. da 1) a 6), essendo perciò evidente che parte ricorrente non ha colto la ratio decidendi della pronuncia impugnata.

4. Con il quarto mezzo – rubricato “omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio come la negazione dell’esistenza dei requisiti oggettivi L. Fall., ex art. 142 a seguito del pagamento di un solo creditore (ma ipotecario), ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5” – si deduce, in sostanza: che il principio di non contestazione affermato per i requisiti soggettivi dovrebbe valere anche per quelli oggettivi; che sussistono degli errores in procedendo ed in judicando commessi dai giudici di prime cure; che “i falliti… hanno pagato i creditori tramite la vendita all’asta di tutto ciò che avevano, a prescindere dal fatto che il creditore pagato sia stato uno solo, con una percentuale attestantesi comunque sul 25% del passivo totale e mai contestata”; che la Corte d’appello non ha considerato che “i debiti erano pochi, non vi erano altri crediti privilegiati da pagare e la ex COMIT (oggi Banca Intesa S. Paolo) era l’unica creditrice ipotecaria”; che “anche con un attivo triplicato l’unica creditrice pagata sarebbe stata sempre e solo la Banca Intesa S. Paolo (ex COMIT) in quanto ammessa per Euro 100.548,42 e soddisfatta al 33% del suo credito tramite il pagamento di Euro 33.912,00”; che “del ritardo della procedura i falliti non sono stati gli artefici bensì le vittime, così come definitivamente sancito nel decreto di equa riparazione n. 191/13 V.G.E.R. della Corte di Appello di Campobasso”.

4.1. Il motivo è affetto da plurimi profili di inammissibilità: in primo luogo è formulato secondo il precedente paradigma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), inapplicabile alla fattispecie concreta, peraltro con illogica evocazione contestuale dell’omissione della motivazione in uno alla sua insufficienza o contradditorietà; in secondo luogo prospetta confusamente vari tipi di vizi, peraltro riferiti sia al decreto qui impugnato che all’originario decreto reclamato; in terzo luogo le plurime doglianze si basano su circostanze concrete la cui allegazione non rispetta il principio di autosufficienza del ricorso; tutto ciò senza trascurare l’insegnamento delle Sezioni Unite di questa Corte – richiamato nelle conclusioni del P.G. – per cui è rimesso al prudente apprezzamento del giudice del merito accertare se e quando i riparti realizzati integrino quella parzialità dei pagamenti richiesti per il riconoscimento del beneficio dell’esdebitazione (Cass. Sez. U. 18/11/2011, n. 24124, per cui “Il legislatore si è invero limitato a stabilire al riguardo che al fine indicato occorre il pagamento di una parte dei debiti esistenti, e sarà dunque compito del giudice del merito, con il suo prudente apprezzamento, accertare quando ciò si sia verificato, quando cioè la consistenza dei riparti realizzati consenta di affermare che l’entità dei versamenti effettuati, valutati comparativamente rispetto a quanto complessivamente dovuto, costituisca quella parzialità dei pagamenti richiesti per il riconoscimento del beneficio sul quale è controversia”).

5. Al rigetto del ricorso non segue la statuizione sulle spese, in assenza di difese delle parti intimate.

6. Trattandosi di ricorso notificato successivamente al termine previsto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 18 (30 gennaio 2013), sussistono invece le condizioni per dare atto della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la medesima impugnazione, ai sensi dell’art. 1, comma 17 Legge citata (recante “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013”), che ha aggiunto nel Testo Unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater (cfr. Cass. Sez. 3, n. 6028 del 2018; Sez. 2, n. 5930 del 2018; Sez. 6, n. 31206 del 2017).

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti dell’obbligo di versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 26 aprile 2018.

Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2018

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