Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27926 del 23/11/2017


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Sent. Sez. L Num. 27926 Anno 2017
Presidente: NOBILE VITTORIO
Relatore: LEO GIUSEPPINA

SENTENZA

sul ricorso 16384-2014 proposto da:
DI

RENZO

ORAZIO

RENZO

C.F.

DRNRRN39IO2E558S,

domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la
cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato
e difeso dall’Avvocato EMANUELE PAGLIARO, giusta
delega in atti;
– ricorrente –

2016

contro

3831

RICCIUTI BRUNO;
– intimato –

Nonché da:

Data pubblicazione: 23/11/2017

RICCIUTI BRUNO C.F. RCCBRN55E06C632A, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA SEBASTIANO VENIERO N.30,
presso lo studio dell’avvocato GIANCARLO VIOLA,
rappresentato e difeso dagli avvocati BRUNO RICCIUTI,
ALESSANDRO RICCIUTI, giusta delega in atti;

contro

DI RENZO ORAZIO RENZO C.F. DRNRRN39IO2E558S,
– intimato –

avverso la sentenza n. 1505/2013 della CORTE
D’APPELLO di L’AQUILA, depositata il 13/12/2013
R.G.N. 497/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 10/11/2016 dal Consigliere Dott.
GIUSEPPINA LEO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. FRANCESCA CERONI che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso per quanto di ragione e
rigetto dell’incidentale.

– controricorrente e ricorrente incidentale –

R.G. n. 16384/14
Udienza del 10 novembre 2016
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Corte di Appello di L’Aquila, con sentenza depositata il 13/12/2013,

avverso la sentenza del Tribunale di Chieti che, in accoglimento dell’opposizione
proposta da Di Renzo Orazio, aveva revocato il decreto ingiuntivo n. 18/2005
relativo ai compensi professionali per la consulenza legale prestata al Di Renzo
per circa un decennio. La Corte territoriale, revocato il predetto decreto
ingiuntivo, condannava il Di Renzo a corrispondere al Ricciuti la somma di Euro
52.523,72, oltre agli interessi ed alle spese di lite dei due gradi di merito.
Per la cassazione della sentenza il Di Renzo ha proposto ricorso articolando due
motivi, cui resiste con controricorso il Ricciuti che spiega altresì ricorso
incidentale e deposita memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo il ricorrente principale denuncia, in riferimento all’art.
360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 409.
99, 497 c.p.c e 2697 c.c., nonché, in riferimento all’art. 360, primo comma, n. 5,
c.p.c., l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di
discussione tra le parti, lamentando che la Corte territoriale abbia erroneamente
ritenuta raggiunta la prova del rapporto di parasubordinazione che sarebbe
intercorso tra l’avv. Ricciuti ed il Di Renzo, non come persona fisica alla quale
poi è stata inflitta la condanna, ma quale responsabile della associazione
U.C.I.C.T. della società Teaterno e dell’agenzia assicurativa Ticino, mentre non vi
sarebbe stata alcuna parasubordinazione ma, semplicemente, lo svolgimento di
singole prestazioni professionali rese dall’avv. Ricciuti.

1

accoglieva, per quanto di ragione, il gravame interposto da Ricciuti Bruno,

2. Con il secondo motivo, allegando, sempre in riferimento all’art. 360, primo
comma, n. 3, c.p.c., la violazione dell’art. 2697 c.c., nonché, in relazione all’art.
360, primo comma, n. 5, c.p.c., l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio
che è stato oggetto di discussione tra le parti, il Di Renzo lamenta che la Corte

determinato un conteggio errato della somma oggetto di condanna, essendosi
giunti al conteggio di Euro 52.523,72 sottraendo dall’importo complessivo
indicato nel decreto ingiuntivo quanto richiesto con le notule non dovute per
complessivi Euro 17.653,16.
1.1. Il primo motivo è sostanzialmente articolato in due censure.
Ed è, innanzitutto, da osservare che – anche prescindendo dalla genericità della
contestazione formulata, peraltro priva di riferimenti ad alcuna documentazione a
sostegno delle deduzioni formulate e senza che peraltro venga focalizzato il
momento di conflitto, rispetto ad esse, dell’accertamento concreto operato dalla
Corte di merito all’esito delle emersioni probatorie (cfr., ex plurimis, Cass. n.
24374 del 2015; Cass. n. 80 del 2011) – la censura, così come formulata,
relativamente al dedotto vizio di motivazione è inammissibile.
Invero, come sottolineato dalle Sezioni Unite di questa Corte (con la sentenza n.
8053 del 2014), per effetto della riforma del 2012, per un verso, è denunciabile in
Cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge
costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione
in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal
confronto con le risultanze processuali (tale anomalia si esaurisce nella
“mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella

motivazione apparente”, nel

inconciliabili- e nella

-contrasto irriducibile tra affermazioni

-motivazione perplessa ed obiettivamente

2

d’Appello avrebbe omesso di considerare un fatto decisivo che avrebbe

incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di
“sufficienza” della motivazione); per l’altro verso, è stato introdotto
nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo
all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza

di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato,
avrebbe determinato un esito diverso della controversia).
Orbene, poiché la sentenza oggetto del giudizio di legittimità è stata pubblicata,
come riferito in narrativa, il 13 dicembre 2013, nella fattispecie si applica, ratione
temporis, il nuovo testo dell’art. 360, comma 1, n. 5), come sostituito dall’art. 54,
comma 1, lettera b), del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con
modificazioni, nella legge 7 agosto 2012, n. 134, a norma del quale la sentenza
può essere impugnata con ricorso per cassazione per omesso esame circa un «fatto
decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. Ma nel caso
in esame, il motivo di ricorso che denuncia il vizio motivazionale non indica il
fatto storico (Cass. n. 21152 del 2014), con carattere di decisività, che sarebbe
stato oggetto di discussione tra le parti e che la Corte di Appello avrebbe omesso
di esaminare; né, tanto meno, fa riferimento, alla stregua della pronunzia delle
Sezioni Unite, ad un vizio della sentenza -così radicale da comportare” in linea
con -quanto previsto dall’art. 132, n. 4, c.p.c., la nullità della sentenza per
mancanza di motivazione”.
E, dunque, non potendosi più censurare, dopo la riforma del 2012, la
motivazione relativamente al parametro della sufficienza, rimane il controllo di
legittimità sulla esistenza e sulla coerenza del percorso motivazionale dei giudici
di merito (cfr., tra le molte, Cass. n. 25229 del 2015) che, nella specie, è stato
condotto dalla Corte territoriale con argomentazioni logico-giuridiche del tutto

3

risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto

congrue in ordine alla configurazione del carattere parasubordinato della
prestazione ed al fatto che l’attività prestata dal Ricciuti sia durata per un
considerevole lasso di tempo e che abbia riguardato svariati campi e prestazioni
professionali, alla stregua delle notule analiticamente esaminate dai Giudici di

Quanto sin qui osservato vale anche a dimostrare la non fondatezza della prima
censura articolata con il primo mezzo di impugnazione, in relazione all’art. 360, n.
3, c.p.c., posto che, come già messo innanzi in rilievo, la Corte territoriale ha
operato una corretta sussunzione dei fatti nelle norme da applicare, sicuramente
scevra dagli errores in iudicando che la parte ricorrente lamenta.
2.1. Anche il secondo motivo è articolato in due censure.
Neppure tale motivo può essere accolto, poiché, attraverso la dedotta violazione
di legge, il Di Renzo tende ad introdurre un nuovo esame del merito,
inammissibile in questa sede. Inoltre, lo stesso difetta della specifica indicazione
degli atti processuali e dei documenti su cui si fonda, in violazione dell’art. 366, n.
6, c.p.c., poiché il Di Renzo fa espresso riferimento a delle -notule non dovute”,
senza indicarle specificamente e senza riprodurle; ciò, in violazione del principio
più volte ribadito da questa Corte, che definisce quale onere della parte ricorrente
quello di indicare lo specifico atto precedente cui si riferisce, in modo tale da
consentire alla Corte di legittimità di controllare ex actis la veridicità delle proprie
asserzioni prima di esaminare il merito della questione (Cass. n. 14541/2014, cit.).
Il ricorso per cassazione deve, pertanto, contenere tutti gli elementi necessari a
costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito ed a
consentire la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza che sia necessario
fare rinvio a fonti esterne al ricorso e, quindi, ad elementi o atti concernenti il

4

seconda istanza.

pregresso grado di giudizio di merito (cfr., tra le molte, Cass. n. 1435/2013; Cass.
n. 23675/2013; Cass. n. 10551/2016).
Per quanto attiene poi alla censura relativa al vizio di motivazione, valgono le
considerazioni svolte sub 1.1.

mezzi di impugnazione articolati non sono idonei a scalfire la decisione oggetto di
questo giudizio.
Il ricorso principale deve pertanto essere respinto.
3.Con il ricorso incidentale il Ricciuti deduce la violazione degli artt. 2956 e 2959
c.c., per il mancato accoglimento della domanda di condanna del Di Renzo al
pagamento delle notule 4,6 e 9, poiché la Corte distrettuale avrebbe erroneamente
considerato quale “primo atto interruttivo della prescrizione il presente giudizio
introdotto il 30/4/2005”, senza considerare la raccomandata A/R del 9/7/2004,
ricevuta dal Di Renzo il 19/7/2004.
3.1. Il motivo è inammissibile
Il Ricciuti non riproduce, infatti, il predetto atto interruttivo, né riporta le notule
cui il ricorso incidentale fa riferimento. Valgono, dunque, anche per tale motivo,
le considerazioni svolte sub 2.1. relativamente alla violazione dell’art. 366, n. 6,
del codice di rito. Parimenti risulta priva di autosufficienza la censura di
violazione dell’art. 91 c.p.c. relativa alle spese di c.t.u., in quanto il Ricciuti si
limita a dire, peraltro genericamente, che era stata chiesta la condanna
dell’appellato al rimborso, nel capo VIII dell’appello, il quale neppure viene
testualmente riportato.
Le spese del giudizio di legittimità vanno compensate in ragione della reciproca
soccombenza.

5

Deve, dunque, pervenirsi alla conclusione, per i motivi innanzi esposti, che i

Avuto riguardo all’esito del giudizio ed alla data di proposizione del ricorso
sussistono i presupposti di cui all’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale; dichiara inammissibile il ricorso incidentale;
compensa le spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della
sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale e
del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato
pari a quello dovuto per il ricorso principale e per il ricorso incidentale, a norma
del comma 1-bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Rohlia,
10 novembre 2016
i

2002.

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA