Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27924 del 13/12/2013


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 27924 Anno 2013
Presidente: SALME’ GIUSEPPE
Relatore: RAGONESI VITTORIO

SENTENZA

sul ricorso 6499-2007 proposto da:
S.I.F.A.

(SERVIZI

IMMOBILIARI

FINANZIARI

AMMINISTRATIVI ASSICURATIVI AUTOMOBILISTICI) PICCOLA
SOC. COOP. SOCIALE A R.L. – ONLUS IN LIQUIDAZIONE,

Data pubblicazione: 13/12/2013

in persona del Liquidatore pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA TOSCANA 1,
2013
1617

presso l’avvocato CERULLI IRELLI GIUSEPPE,
rappresentata

e

difesa

dall’avvocato

COLZI

OTTAVIANO, giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –

1

contro

FALLIMENTO S.I.F.A. SERVIZI IMMOBILIARI FINANZIARI
AMMINISTRATIVI ASSICURATIVI AUTOMOBILISTICI SOC.
COOP. SOCIALE A R.L., GUARNA EVELIN;
– intimati –

263/2005 della CORTE

D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 20/02/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza

del

31/10/2013

dal

Consigliere

Dott.

VITTORIO RAGONESI;
udito, per la ricorrente, l’Avvocato CARAMITTI
MARIO, con delega avv. COLZI, che si riporta;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. FEDERICO SORRENTINO che ha concluso
per il rigetto del ricorso.

avverso la sentenza n.

2

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato 19 ottobre 2001, la Società Servizi

Automobilistici (S.I.F.A.) soc.coop. sociale a r. 1. proponeva
opposizione alla dichiarazione del suo fallimento pronunciata dal
Tribunale di Firenze.
Deduceva l’appellante che: la declaratoria era nulla in quanto
l’invito a comparire ex art. 15 L.F non era stato notificato al
liquidatore della società stessa presso suo domicilio di Londra,
nelle forme previste dall’art. 142 comma 1 c.p.c. mediante
affissione della copia da notificare nell’albo del Tribunale Firenze,
spedizione di altra copia al destinatario per piego raccomandato e
consegna di una terza copia al P.M. che ne avrebbe curato la
trasmissione al Ministero degli Esteri; b) la sentenza era parimenti
nulla in quanto, prima della dichiarazione di fallimento, la società
in questione era stata trasformata da società cooperativa a
responsabilità limitata a piccola società cooperativa a
responsabilità limitata ONLUS. quindi la declaratoria di fallimento
aveva colpito una società inesistente; c) la società cooperativa (e

Immobiliari Finanziari Amministrativi Assicurativi

maggiormente la cooperativa sociale) era sottratta al fallimento; d)
non sussisteva lo stato d’insolvenza essendo l’unico debito
costituito dal mancato adempimento delle retribuzioni di lavoro
dipendente prestato dagli istanti, i cui crediti erano stati accertati

conoscenza.
Si costituiva in giudizio la creditrice istante, Guarna

Evelin,

rimanendo contumace la curatela.
H Tribunale osservava,quanto alla dedotta nullità della
notificazione, che l’invito a comparire ex art 15 1.f. era stato
notificato al liquidatore, previo tentativo fallito di eseguire la
notifica presso la sede legale della società, mediante trasmissione a
mezzo posta dell’atto, redatto in lingua inglese, francese ed
italiana, con plico raccomandato alla residenza londinese del
liquidatore. ove risultava effettivamente pervenuto, come attestato
dalla produzione effettuata dalla convenuta costituita; che la
norma dell’art. 145 c.p.c., richiamata dall’opponente aveva
carattere sussidiario come espressamente previsto dall’art. 142
comma III c.p.c., applicandosi soltanto in caso di impossibilità di
effettuare le notificazione in uno dei modi consentiti dalle

con una sentenza di cui la società non aveva avuto effettiva

convenzioni internazionali: che secondo quanto stabilito dalla
Convenzione firmata all’Aja il 15 novembre 1965 , a cui avevano
aderito sia la Repubblica Italiana che il Regno Unito, le
notificazioni a persone che si trovavano all’estero (ed in uno degli

Stati aderenti) potevano essere indirizzate direttamente per posta.
Aggiungeva poi che le finalità di garanzia per la difesa, affidate
all’invito a comparire, non potevano essere frustrate da
comportamenti capziosi, quale il mancato ritiro della
corrispondenza.
In ordine alla affermata nullità della sentenza di fallimento come
effetto dell’avvenuta trasformazione della società poi fallita, il
primo giudice osservava che : a) la trasformazione aveva lasciato
inalterata l’ identità del soggetto; b) la delibera di trasformazione
non era stata iscritta al registro delle imprese prima della sentenza
di fallimento, contrariamente a quanto previsto dagli artt. 2516 e
2537 per l’opponibilità al terzi di tali delibere.
H Tribunale respingeva poi quel motivo d’opposizione che si
fondava sull’inapplicabilità della normativa sul fallimento alle
società cooperative, deducendo che, nel caso concreto non si
trattava di cooperativa ma di società avente fine di lucro come

(

dimostrato dallo stesso statuto dell’opponente e dalla sentenza del
giudice del lavoro che aveva ritenuto i soci solo fittiziamente tali
ma in realtà veri e propri dipendenti.
Quanto infine allo stato d’insolvenza il Tribunale ne riteneva

S.I.F.A. al pagamento delle retribuzioni ai propri dipendenti in
quanto il mancato adempimento di quell’ obbligazione dimostrava
l’impossibilità per la debitrice di fronteggiare tempestivamente i
propri obblighi con i normali mezzi . di pagamento: a
quest’elemento aggiungeva il valore sintomatico del trasferimento
all’estero della sede del liquidatore e della mancata presentazione
del medesimo avanti al giudice delegato.
Avverso questa decisione proponeva appello la S.LF.A.
riproponendo le censure proposte con l’opposizione.
Gli appellati rimanevano contumaci
La Corte d’appello di Firenze, con sentenza depositata il 20.2.06
respingeva l’impugnazione.
Avverso detta sentenza ricorre per cassazione sulla base di tre
motivi la Sifa.
Il fallimento non ha svolto attività difensiva

ravvisabile la prova nella sentenza che aveva condannato la

Motivi della decisione
Con il primo motivo di ricorso il ricorrente censura la sentenza
impugnata laddove ha ritenuto non specifici i primi tre motivi di

15 1.f., alla inesistenza della società dichiarata fallita ed alla non
fallibilità della cooperativa sociale.
Con il secondo ed il terzo motivo di ricorso contesta la sussistenza
dello stato d’insolvenza. .
Il primo motivo appare infondato.
La Corte d’appello, in riferimento alla avvenuta notifica al
liquidatore della società a Londra della convocazione in sede
prefallimentare, ha rilevato che il tribunale aveva accertato in base
alla documentazione fornita dal fallimento che la stessa era
avvenuta effettivamente e che ,nel caso di specie, non era
necessario procedere ai sensi dell’art 142 cpc poiché ,essendo sia
l’Italia che il Regno Unito membri della convenzione dell’Aja, la
comunicazione poteva avvenire anche a mezzo del servizio postale.
La Corte d’appello ha poi osservato che tale ratio decidendi non
era stata oggetto di impugnazione, avendo la ricorrente riproposto

appello relativi alla mancata notifica dell’avviso a comparire ex art

solo le doglianze avanzate in sede di opposizione.
La SIFA contesta tale affermazione, ma dal testo dell’atto di
appello riportato nel ricorso per cassazione non risultano che siano
state avanzate censure alla specifica motivazione del Tribunale

liquidatore.
Correttamente pertanto la Corte d’appello ha ritenuto che la
decisione di primo grado sul punto non era stata adegutamente
impugnata.
Circa poi l’avvenuta trasformazione della società che avrebbe
impedito la dichiarazione di fallimento essendo essa divenuta un
soggetto diverso, la Corte d’appello ha rilevato che non era stata
impugnata la ratio decidendi del tribunale che aveva osservato che
la trasformazione della natura giuridica della società ne lascia
inalterata l’identità e che ,comunque ,siccome la trasformazione
della stessa non era stata iscritta nel registro delle imprese prima
della dichiarazione di fallimento,nessuna efficacia poteva avere nei
confronti dei terzi.
La decisione è corretta.
Dal testo dell’atto di appello riportato nel ricorso si evince, infatti,

specie in relazione all’avvenuta consegna della comunicazione al

che la SIFA si è limitata a affermare che il cambiamento di forma
della società avrebbe reso la precedente inesistente ma non
contesta la non avvenuta iscrizione del mutamento nel registro
delle imprese e ,quindi, l’inopponibilità della stessa ai terzi che

impugnata.
Quanto, infine, alla non fallibilità dell’impresa in quanto
cooperativa, la Corte d’appello ha rilevato la mancata
impugnazione della specifica motivazione della sentenza del
Tribunale secondo cui lo stesso statuto della società prevedeva lo
svolgimento di attività commerciali e che il giudice del lavoro, con
sentenza n. 701/00 ,passata in giudicato, aveva accertato che gli
asseriti soci erano in realtà dei dipendenti cui spettava la
retribuzione.
La motivazione della Corte d’appello è corretta.
Sempre dal ricorso risulta che l’atto di appello colà riportato ha
contestato che lo statuto prevedeva che la società si proponeva di
perseguire l’interesse generale della comunità , l’integrazione
sociale etc, ma nulla dice in riferimento alla specifica motivazione
della sentenza di primo grado secondo cui lo statuto prevedeva la

costituisce ,comunque, una ratio decidendi decisiva della sentenza

possibilità di svolgere attività commerciale.
Nessun cenno viene fatto nell’atto di opposizione alla sentenza del
giudice del lavoro.
Deve quindi concludersi che l’atto di appello non ha effettivamente

specifiche argomentazioni della sentenza del Tribunale come
ritenuto dalla Corte d’appello.
Il motivo è quindi infondato.
Venendo all’esame dei due restanti motivi che contestano
l’esistenza dello stato d’insolvenza,gli stessi possono essere
esaminati congiuntamente in quanto tra loro connessi.
I motivi sono inammissibili.
Con il primo di essi si sostiene che essa società non era stata parte
nel giudizio svoltosi davanti al giudice del lavoro e conclusosi con
la sentenza n. 701 del 2000.Ma tale assunto contrasta con
l’accertamento effettuato dalla Corte d’appello che ha affermato
che la SIFA era stata parte di quel procedimento.
La censura della società per un verso è basata su una mera ed
apodittica affermazione

e, per altro verso,

impone

inammissibilmente a questa Corte un accertamento in punto di

censurato in modo adeguato le singole rationes decidendi e le

fatto non consentito in sede di legittimità.
Circa lo stato d’insolvenza, la Corte d’appello ha osservato che il
mancato pagamento delle retribuzioni ai propri dipendenti
costituisce un sintomo evidente dell’incapacità a far fronte alla

evidente è interesse primario dell’imprenditore pagare i salari ai
propri dipendenti poiché 1′ inadempimento di tale obbligazione
mina alla base la capacità produttiva dell’impresa non consentendo
ai dipendenti di svolgere in condizioni normali il proprio lavoro e
aprendo la via a contestazioni e ad esodi.
Il ricorso va in conclusione respinto.
PQM
Rigetta il ricorso.
Ro a 31.10.13
Il

.est.

(

proprie obbligazioni e tale argomento risulta decisivo poiché è

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