Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27921 del 30/10/2019

Cassazione civile sez. II, 30/10/2019, (ud. 03/04/2019, dep. 30/10/2019), n.27921

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 11775/2015 R.G. proposto da:

HELVETIA IMMOBILIARE RE s.r.l., p.i.v.a. (OMISSIS), in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

Roma, al viale Trastevere, n. 244, presso lo studio dell’avvocato

Claudio Fassari che la rappresenta e difende in virtù di procura

speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

M.E., c.f. (OMISSIS);

– intimato –

e

GRUPPO HELVETIA IMMOBILI & IMPRESE s.p.a., (già “Compagnia

Immobiliare Engandinese” s.r.l.) – p.i.v.a. (OMISSIS);

– intimata –

avverso la sentenza n. 449 dei 30.1/27.2.2015 della corte d’appello

di Torino;

udita la relazione nella Camera di consiglio del 3 aprile 2019 del

Consigliere Dott. Luigi Abete;

lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del sostituto

procuratore generale Dott. MISTRI Corrado, che ha chiesto

dichiararsi inammissibili il primo ed il secondo motivo di ricorso

ed accogliersi il terzo motivo di ricorso.

Fatto

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO

Con atto notificato in data 16.3.2009 M.E. citava a comparire dinanzi al tribunale di Torino l’agenzia immobiliare “Helvetia Immobiliare Re” s.r.l. e la “Compagnia Immobiliare Engandinese” s.r.l..

Esponeva che tramite l’agenzia immobiliare convenuta aveva visionato un immobile, comprensivo di ampio terrazzo, in (OMISSIS); che il 24.7.2008 aveva sottoscritto su modulo prestampato predisposto dall’agenzia convenuta proposta irrevocabile di acquisto del cespite, rivolta al proprietario – non indicato nella proposta – per il prezzo di Euro 135.000,00, oltre i.v.a.; che aveva emesso contestualmente assegno bancario, senza il nome del prenditore, dell’importo di Euro 10.000,00 a titolo di caparra confirmatoria.

Esponeva che aveva successivamente appreso che l’agenzia immobiliare aveva incassato l’assegno senza sua autorizzazione, che il terrazzo era catastalmente di pertinenza di altro immobile e che il cespite era stato periziato per il minor valore di Euro 120.000,00.

Esponeva che l’agenzia convenuta non aveva operato in maniera imparziale, giacchè l’amministratore e socio di maggioranza, B.M., era al contempo amministratore unico e socio di riferimento della venditrice, ossia della “Compagnia Immobiliare Engandinese” s.r.l..

Chiedeva dichiararsi che nessun compenso era dovuto all’agenzia immobiliare, dichiararsi la nullità del contratto perfezionatosi, a seguito dell’accettazione della proposta di acquisto, con la promittente venditrice, condannarsi le convenute a restituire le somme corrisposte e a risarcire i danni cagionati.

Resisteva l'”Helvetia Immobiliare Re” s.r.l.; chiedeva in riconvenzionale condannarsi l’attore, tra l’altro, alla corresponsione della provvigione per la mediazione.

Resisteva la “Compagnia Immobiliare Engandinese” s.r.l..

Con sentenza n. 5938/2011 l’adito tribunale rigettava le domande attoree, accoglieva la riconvenzionale e, per l’effetto, condannava l’attore a corrispondere alla “Helvetia Immobiliare Re” la somma di Euro 4.860,00, oltre interessi, a titolo di provvigione.

M.E. proponeva appello.

Resisteva l'”Helvetia Immobiliare Re” s.r.l..

Resisteva il “Gruppo Helvetia Immobili & Imprese” s.p.a. (già “Compagnia Immobiliare Engandinese”s.r.l.).

Con sentenza n. 449 dei 30.1/27.2.2015 la corte d’appello di Torino, in parziale riforma della gravata sentenza – tra l’altro – rigettava la domanda riconvenzionale esperita in prime cure dalla “Helvetia Immobiliare Re” e condannava tal ultima società a restituire all’appellante l’importo di Euro 10.000,00, oltre interessi, nonchè a rimborsare all’appellante le spese del doppio grado.

Evidenziava – tra l’altro – la corte che la stessa persona fisica era al contempo socio di riferimento ed amministratore della società mediatrice e della società promittente venditrice; che siffatta circostanza valeva a rendere l’opera della mediatrice priva dell’indispensabile requisito dell’imparzialità ed importava dunque inadempimento degli obblighi sulla stessa mediatrice gravanti, sicchè era da disconoscere il diritto della “Helvetia” alla provvigione.

Evidenziava inoltre che ulteriori profili di inadempimento erano da ricollegare all’indebito incasso dell’assegno di Euro 10.000,00 da parte della “Helvetia”, sicchè era da riconoscere il diritto dell’appellante alla restituzione della somma di Euro 10.000,00.

Avverso tale sentenza ha proposto ricorso la “Helvetia Immobiliare Re” s.r.l.; ne ha chiesto sulla scorta di tre motivi la cassazione con ogni susseguente statuizione.

M.E. non ha svolto difese.

Del pari non ha svolto difese il “Gruppo Helvetia Immobili & Imprese” s.p.a. (già “Compagnia Immobiliare Engandinese” s.r.l.).

Il Pubblico Ministero ha depositato conclusioni scritte.

Con il primo motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame di fatto controverso decisivo per il giudizio.

Deduce che ha errato la corte di merito ad opinare per il difetto del requisito dell’imparzialità e a disconoscere il diritto alla provvigione.

Deduce segnatamente che la corte distrettuale non ha tenuto conto che, all’epoca dei fatti, le compagini societarie e gli organi di amministrazione di essa ricorrente e della “Compagnia Immobiliare Engandinese” s.r.l. erano assolutamente diverse; che solo in epoca successiva, allorchè la “Compagnia Immobiliare Engandinese” è stata acquisita da altra società, gli organi di amministrazione sono stati assunti dalla stessa persona fisica.

Deduce sotto altro profilo che ha errato la corte territoriale a condannarla alla restituzione dell’importo dell’assegno bancario.

Deduce segnatamente che, siccome emerge dalla documentazione allegata, l’assegno è stato fatturato ed incassato dalla società promittente venditrice.

Con il secondo motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c.; ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la mancata applicazione dell’art. 115 c.p.c.; ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’insufficienza della motivazione in ordine alla valutazione delle prove.

Deduce che, allorchè ha reputato insussistente il requisito dell’imparzialità, la corte torinese ha, per un verso, recepito tout court l’avversa ricostruzione dei fatti, ha, per altro verso, omesso l’esame delle documentate circostanze di fatto da essa allegate.

Deduce che in pari tempo la corte torinese ha violato le regole in tema di onere probatorio.

Con il terzo motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione degli artt. 1754,1703 e 1385 c.c.; ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la contraddittorietà della motivazione.

Deduce che la corte piemontese è incorsa in contraddizione, allorchè, da un canto, ha disconosciuto il diritto alla provvigione per difetto del requisito dell’imparzialità, dall’altro, ha condannato essa ricorrente a restituire l’importo delle somme versate alla promittente venditrice a titolo di caparra.

Deduce ulteriormente che è fuor di contestazione che inadempiente è stato il promissario acquirente, sicchè la promittente venditrice aveva diritto di recedere e di ritenere la caparra.

Il primo ed il secondo motivo di ricorso sono strettamente connessi.

Difatti ambedue i mezzi sottendono la medesima quaestio (ovvero involgono il profilo della concreta sussistenza nel caso di specie del requisito dell’imparzialità ex art. 1754 c.c.), sicchè, ai fini della relativa compiuta disamina, soccorrono le medesime argomentazioni.

In ogni caso e l’uno e l’altro motivo sono senz’altro da respingere.

Due preliminari puntualizzazioni si impongono.

Si premette innanzitutto che il primo mezzo di impugnazione non è, a rigore, debitamente specifico ed “autosufficiente”.

Questo giudice del diritto spiega che il ricorrente per cassazione, che intenda dolersi dell’omessa od erronea valutazione di un documento – nella fattispecie, evidentemente, delle visure camerali “storiche” estratte dal registro delle imprese relative alla “Helvetia Immobiliare Re” s.r.l. ed al “Gruppo Helvetia Immobili & Imprese” s.p.a. (già “Compagnia Immobiliare Engandinese” s.r.l.) – da parte del giudice di merito, ha il duplice onere – imposto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 – di produrlo agli atti (indicando esattamente nel ricorso in quale fase processuale ed in quale fascicolo di parte si trovi il documento in questione) e di indicarne il contenuto (trascrivendolo o riassumendolo nel ricorso); la violazione anche di uno soltanto di tali oneri rende il ricorso inammissibile (cfr. Cass. (ord.) 28.9.2016, n. 19048; Cass. 12.12.2014, n. 26174; Cass. sez. lav. 7.2.2011, n. 2966; Cass. (ord.) 3.7.2009, n. 15628, ove si soggiunge che l’inammissibilità prevista dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, in caso di violazione di tale duplice onere, non può ritenersi superabile qualora le predette indicazioni siano contenute in altri atti).

Su tale scorta si rappresenta che la s.r.l. ricorrente si è limitata a dedurre che “a pag. 10 della comparsa di costituzione in appello (…) (aveva specificato) come all’epoca dei fatti il proprio legale rappresentante fosse il sig. C.M. e come all’epoca dei fatti la venditrice avesse una compagine sociale completamente diversa dall’attuale. Nessuna coincidenza vi era, quindi, tra l’amministratore della mediatrice e l’amministratore della venditrice” (così ricorso, pag. 9).

E’ innegabile dunque che la “Helvetia Immobiliare Re” non ha provveduto, siccome avrebbe dovuto, nè a trascrivere ovvero a riassumere nel corpo del primo motivo ovvero nel corpo del ricorso il contenuto delle visure camerali “storiche” estratte dal registro delle imprese e relative ad essa società ricorrente ed al “Gruppo Helvetia Immobili & Imprese” s.p.a. (già “Compagnia Immobiliare Engandinese” s.r.l.) nè ad indicare esattamente nel ricorso in quale fase processuale ed in quale fascicolo di parte è possibile rinvenire le visure camerali anzidette.

Va soggiunto che non ha precipua valenza, ai fini dell’ottemperanza agli oneri di cui al n. 4 ed al n. 6 dell’art. 366 c.p.c., comma 1, il rinvio tout court alla pagina 10 della comparsa di costituzione in appello, ove, invero, si condivide – tra l’altro – l’assunto del primo giudice, il quale si era espresso per la sussistenza del requisito dell’imparzialità alla stregua della veste societaria ricoperta e dalla promittente venditrice e dalla mediatrice.

Il difetto di specificità ed “autosufficienza” – si badi – rileva viepiù, atteso che M.E. aveva, a sua volta, nell’atto di appello (cfr. pagg. 38 – 39), dedotto che, “come è dato comprendere dalle visure camerali che si allegano (doc. 4 visura camerale della mediatrice e della venditrice), il capitale sociale della Helvetia Immobiliare appartiene per la maggior parte al sig. B.M. che è anche amministratore della stessa e che è anche proprietario e amministratore unico della venditrice”.

Si premette altresì che pur il secondo mezzo di impugnazione è da qualificare in via esclusiva alla stregua della previsione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Invero anche con il secondo mezzo la ricorrente censura sostanzialmente il giudizio “di fatto” cui la corte d’appello ha atteso ai fini del disconoscimento del requisito dell’imparzialità ex art. 1754 c.c., in capo alla mediatrice (“la sentenza impugnata non chiarisce in alcun modo quale sia il ragionamento logico che ha indotto a ritenere provati gli elementi allegati da controparte in merito a condotte non imparziali del mediatore”: così ricorso, pag. 11).

Del resto è propriamente il motivo di ricorso ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, che concerne l’accertamento e la valutazione dei fatti rilevanti ai fini della decisione della controversia (cfr. Cass. sez. un. 25.11.2008, n. 28054; cfr. Cass. 11.8.2004, n. 15499). Al contempo questa Corte spiega che la valutazione in concreto della effettiva prestazione della opera di mediazione spetta al giudice di merito (cfr. Cass. 10.10.1980, n. 5431).

Or dunque le ragioni di censura veicolate dai mezzi de quibus rilevano nel segno della novella formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 e nei limiti di cui alla pronuncia n. 8053 del 7.4.2014 delle sezioni unite di questa Corte.

Su tale scorta si rappresenta quanto segue.

Da un canto, nessuna delle figure di “anomalia motivazionale” destinate ad acquisire significato alla stregua della pronuncia delle sezioni unite testè menzionata – e tra le quali non è annoverabile il semplice difetto di “sufficienza” della motivazione – si scorge in relazione alle motivazioni cui, in parte qua agitur, la corte distrettuale ha ancorato il suo dictum.

Segnatamente, con riferimento al paradigma della motivazione “apparente” – che ricorre allorquando il giudice di merito non procede ad una approfondita disamina logico – giuridica, tale da lasciar trasparire il percorso argomentativo seguito (cfr. Cass. 21.7.2006, n. 16672) – la corte territoriale, siccome si è premesso, ha, in parte qua, compiutamente ed intellegibilmente esplicitato il proprio iter argomentativo.

D’altro canto, la corte di Torino ha sicuramente disaminato il fatto storico caratterizzante, in parte qua, la res litigiosa, id est la sussistenza o meno del requisito dell’imparzialità postulato dall’art. 1754 c.c..

In ogni caso l’iter motivazionale che sorregge, in parte qua, il dictum della corte d’appello risulta in toto ineccepibile sul piano della correttezza giuridica ed assolutamente congruo ed esaustivo.

Si tenga conto che, ai sensi dell’art. 1754 c.c., carattere essenziale della figura giuridica del mediatore è la sua imparzialità, intesa come assenza di ogni vincolo di mandato, di prestazione d’opera, di preposizione institoria e di qualsiasi altro rapporto che renda riferibile al “dominus” l’attività dell’intermediario (cfr. Cass. 9.2.2000, n. 1447; Cass. 25.2.1987, n. 1995).

In questi termini le indubitabili “connessioni”, comunque articolatesi e concretamente caratterizzatesi, tra la “Helvetia Immobiliare Re” s.r.l. ed il “Gruppo Helvetia Immobili & Imprese” s.p.a. (già “Compagnia Immobiliare Engandinese” s.r.l.) sono tali giustificare il corollario del difetto dell’imparzialità.

Una triplice puntualizzazione si impone ulteriormente.

In primo luogo, in materia di ricorso per cassazione, la violazione dell’art. 115 c.p.c., può essere dedotta come vizio di legittimità solo denunciando che il giudice ha dichiarato espressamente di non dover osservare la regola contenuta nella norma, ovvero ha giudicato sulla base di prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli, e non anche che il medesimo, nel valutare le prove proposte dalle parti, ha attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre (cfr. Cass. 10.6.2016, n. 11892).

In secondo luogo non si giustifica l’assunto secondo cui la corte di merito non ha preteso “la doverosa assoluzione dell’onere della prova da parte dell’appellante” (così ricorso, pag. 11).

Evidentemente la corte distrettuale ha, in parte qua, ancorato la sua decisione alle complessive risultanze istruttorie.

E nel sistema processualcivilistico vigente opera il principio cosiddetto dell’acquisizione della prova, in forza del quale ogni emergenza istruttoria, una volta raccolta, è legittimamente utilizzabile dal giudice indipendentemente dalla sua provenienza (cfr. Cass. 29.11.2000, n. 15312; Cass. 21.5.1979, n. 2945, secondo cui l’indagine sull’incidenza dell’onere della prova è rilevante e necessaria soltanto in relazione a quei fatti decisivi che il giudice non possa accertare iuxta alligata et probata, mentre è invece superflua quando il giudice, dalle prove acquisite, possa trarre il proprio convincimento sulla verità dei fatti allegati a fondamento della domanda e dell’eccezione: in questo caso il giudice ha il potere di valutare le prove nel loro complesso e, indipendentemente dalla loro provenienza, ciascuna delle parti deve subirne l’esito, senza che possa tenersi conto del fatto che l’onere della prova fosse o meno a suo carico).

In terzo luogo la ricorrente, al fondo, censura – con i mezzi in disamina – l’asserita, omessa ed erronea valutazione delle risultanze di causa (“nel caso di specie, la circostanza negativa del non essere il sig. B. amministratore della mediatrice e della venditrice all’epoca dei fatti è un dato certo, provato per iscritto già dalle procure ad litem (…)”: così ricorso, pag. 10; “(…) omettendo l’esame delle documentate circostanze di fatto dedotte dall’appellata”: così ricorso, pag. 11; “neppure risultano elementi idonei a configurare una stabile collaborazione tra le due Società”: così ricorso, pag. 14 (argomento veicolato dal terzo motivo)).

E tuttavia il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non dà luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile nel paradigma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nè in quello del precedente n. 4, disposizione che – per il tramite dell’art. 132 c.p.c., n. 4 – dà rilievo unicamente all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante (cfr. Cass. 10.6.2016, n. 11892; Cass. (ord.) 26.9.2018, n. 23153).

Fondato e meritevole di accoglimento, nei limiti che seguono, è il terzo motivo di ricorso (in tal senso, si ribadisce, ha concluso il Pubblico Ministero).

E difatti la statuizione della corte territoriale risulta, alla luce della pronuncia n. 8053 del 7.4.2014 delle sezioni unite di questa Corte, inficiata da un’ “anomalia” che emerge nitida dai passaggi motivazionali di cui appresso, a prescindere ben vero – siccome insegnano le sezioni unite – dal confronto con le risultanze processuali

Più esattamente la corte di Torino ha affermato quanto segue.

Da un lato, che “il rapporto insorto tra il M. e la società mediatrice risulta privo dell’imprescindibile requisito dell’assoluta imparzialità del mediatore” (così sentenza d’appello, pag. 11), tant’è che la corte ha respinto la domanda di condanna al pagamento della provvigione per l’opera di mediazione.

Dall’altro, che sono ravvisabili “profili di responsabilità riconducibili (…) piuttosto all’indebito incasso dell’assegno depositato dal M. presso la società mediatrice a titolo di caparra confirmatoria da destinarsi in favore di parte venditrice” (così sentenza d’appello, pag. 11), tant’è che la corte ha accolto la domanda di condanna della “Helvetia Immobiliare Re” alla restituzione della somma di Euro 10.000,00.

Su tale scorta va condivisa e recepita la denuncia di contraddittorietà della motivazione.

Ovvero il rilievo per cui il difetto di imparzialità, se è idoneo a render ingiustificato il diritto alla provvigione, non può che giustificare, in pari tempo, la qualificazione in guisa “atipica” della mediazione, sicchè, in veste di mediatore “atipico”, legittimamente (essa ricorrente) ha provveduto all’incasso, per conto della promittente venditrice, dell’assegno dell’importo di Euro 10.000,00 corrisposto da M.E. a titolo di caparra confirmatoria.

Propriamente disconoscere la sussistenza del requisito dell’imparzialità ex art. 1754 c.c., apre il varco alla qualificazione, di regola, in guisa “atipica” della mediazione, mediazione “atipica” assimilabile al mandato (cfr. Cass. sez. un. 2.8.2017, n. 19161, secondo cui è configurabile, accanto alla mediazione ordinaria, una mediazione negoziale cd. atipica, fondata su contratto a prestazioni corrispettive, con riguardo anche ad una soltanto delle parti interessate (cd. mediazione unilaterale), qualora una parte, volendo concludere un singolo affare, incarichi altri di svolgere un’attività volta alla ricerca di una persona interessata alla sua conclusione a determinate e prestabilite condizioni. Cfr. Cass. 14.7.2009, n. 16382, secondo cui il conferimento ad un mediatore professionale dell’incarico di reperire un acquirente od un venditore di un immobile dà vita ad un contratto di mandato e non di mediazione, essendo quest’ultima incompatibile con qualsiasi vincolo tra il mediatore e le parti).

Il che se giustifica, da un canto, il disconoscimento del diritto del mediatore “atipico” (mandatario) alla provvigione ex art. 1755 c.c., non giustifica, d’altro canto, il disconoscimento (la connotazione come “indebita”) della prerogativa del mediatore “atipico” (mandatario) di riscuotere somme per conto del mandante.

Il disconoscimento al contempo dell’un diritto e dell’altra prerogativa è indice di patente contraddizione.

In questi termini, evidentemente, è innegabile l'”anomalia”, sub specie di “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili”, che in parte qua inficia l’impugnato dictum.

Il quadro di patente contraddizione si accredita viepiù alla stregua degli ulteriori seguenti rilievi.

La ricorrente ha addotto che “l’eventuale mandato all’incasso non può essere elemento di valutazione dell’imparzialità del mediatore, atteso che (…) l’incarico di incassare la caparra è certamente successivo alla firma del preliminare e, quindi, riferito ad un momento successivo a quello dello svolgimento dell’attività di mediazione” (così ricorso, pagg. 13 – 14). E siffatta prospettazione, riflessa nelle conclusioni del Pubblico Ministero relative al terzo motivo di ricorso, appieno si legittima – si badi – alla stregua della previsione dell’art. 1761 c.c. (cfr. Cass. 4.2.2000, n. 1231, secondo cui il mediatore soltanto ad attività esaurita può esser incaricato da una delle parti di rappresentarla negli atti relativi al contratto concluso con il suo intervento).

La corte torinese ha puntualizzato che “risulta validamente stipulato il contratto preliminare intercorrente tra il M., in qualità di parte promittente acquirente, e la società Compagnia Immobiliare Engandinese” (così sentenza d’appello, pag. 9) ed in pari tempo ha escluso “a monte una responsabilità della società venditrice” (così sentenza d’appello, pag. 10) ed ha riferito della “rinuncia all’affare da parte del M.” (così sentenza d’appello, pagg. 11 – 12).

Al cospetto delle riferite prospettazioni e puntualizzazioni l’affermazione della corte d’appello circa il carattere “indebito” dell’incasso dell’assegno depositato a titolo di caparra confirmatoria dal controricorrente presso la società ricorrente e da destinarsi, quale parte del prezzo pattuito, alla società promittente venditrice è assolutamente incongrua.

In accoglimento, nei termini su enunciati, del terzo motivo di ricorso la sentenza della corte d’appello di Torino n. 449 dei 30.1/27.2.2015 va cassata con rinvio ad altra sezione della stessa corte anche ai fini della regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

Segnatamente il giudice di rinvio valuterà gli aspetti tutti che i profili di contraddizione in precedenza posti in risalto involgono, la pretesa azionata da M.E. e volta a conseguire la “restituzione della somma di Euro 10.000,00 oltre le penali e gli accessori pagati (…) per evitare il protesto del titolo pari ad Euro 1.113,36, oltre interessi legali e moratori” (così sentenza d’appello, pag. 3, conclusioni dell’appellante).

Il ricorso è da accogliere in questa parte.

Non sussistono i presupposti perchè, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la s.r.l. ricorrente sia tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione a norma dell’art. 13, comma 1 bis D.P.R. cit..

PQM

La Corte rigetta il primo ed il secondo motivo di ricorso; accoglie, nei limiti di cui in motivazione, il terzo motivo di ricorso; cassa – in relazione al terzo motivo e nei limiti in cui lo stesso motivo è stato accolto – la sentenza della corte d’appello di Torino n. 449 dei 30.1/27.2.2015; rinvia ad altra sezione della stessa corte anche per la regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 3 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 30 ottobre 2019

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