Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27919 del 13/12/2013


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 27919 Anno 2013
Presidente: SALME’ GIUSEPPE
Relatore: CECCHERINI ALDO

SENTENZA

sul ricorso 11547-2008 proposto da:
ANSELMO

AURELIO

(c.f.

NSLRLA46L28C654E),

CASTIGLIONE FRANCESCO (C.F. CSTFNC43T18G273F),
elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE BRUNO

Data pubblicazione: 13/12/2013

BUOZZI 19, presso l’avvocato GRIMALDI PAOLO,
rappresentati
2013

e

difesi

dall’avvocato

GRECO

FRANCESCO, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrenti –

1506

contro

GENOVESE FRANCANTONIO, E.S.A. – ENTE SVILUPPO

1

AGRICOLO, AGENZIA REGIONALE PER I RIFIUTI E LE
ACQUE DELLA REGIONE SICILIANA;
– intimati –

sul ricorso 14007-2008 proposto da:
E.S.A. – ENTE SVILUPPO AGRICOLO, in persona del

ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA
GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende
ope legis;
– controricorrente e ricorrente incidentale contro

CASTIGLIONE FRANCESCO, ANSELMO AURELIO;
– intimati –

avverso la sentenza n. 378/2007 della CORTE
D’APPELLO di PALERMO, depositata il 16/04/2007;
• udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 16/10/2013 dal Consigliere
Dott. ALDO CECCHERINI;
udito, per i ricorrenti, l’Avvocato GRECO FRANCESCO

legale rappresentante pro tempore, domiciliato in

che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MAURIZIO VELARDI che ha concluso per
il rigetto del ricorso principale, assorbimento
dell’incidentale.

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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Oggetto della controversia è l’impugnazione proposta dall’Ente di Sviluppo Agricolo (ESA) del lodo arbitrale
sottoscritto il 6 aprile 2004, che aveva parzialmente ac-

sionisti, l’avvocato Aurelio Anselmo e l’ingegner Francesco
Castiglione, di rideterminazione del giusto compenso spettante per l’incarico collegiale, espletato in esecuzione
della convenzione stipulata tra le parti il 29 luglio 1998.
2. La Corte d’appello di Palermo, con sentenza 16 aprile 2007, ha respinto l’impugnazione dell’ing. Castiglione e, accogliendo l’impugnazione dell’ente, ha annullato il
lodo; quindi, decidendo in via rescissoria, ha respinto nel
merito le domande. La corte ha negato che per il contratto
in questione nella tariffa ingegneri fosse stabilita l’inderogabilità dei minimi tariffari; e che l’inderogabilità
stabilita in via generale per gli avvocati sia estensibile
agli ingegneri. Riguardo poi all’impugnazione proposta contro l’avvocato Anselmo, la corte ha considerato la peculiarità della fattispecie, riguardante un’attività svolta dal
legale nell’ambito di una commissione rappresentativa di
altre professionalità, non valutabile all’esterno come attività del singolo componente; e ha osservato che, trattandosi di incarico a favore di ente pubblico tenuto a osservare il principio di buona amministrazione, relativamente
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colto la domanda proposta nei suoi confronti da due profes-

alla scelta del contraente non ricorre la ratio della norma
tariffaria, costituita dall’intento di impedire
l’accaparramento della clientela e assicurare la dignità
della professione.
3.

Per la cassazione della sentenza, non notificata,

Resiste l’ESA con controricorso e ricorso incidentale
condizionato per tre motivi.
MOTIVI DELLA DECISIONE
4. Il primo motivo del ricorso principale verte sul ca-

po dell’impugnata sentenza che ha annullato il lodo e, pronunciando in via rescissoria, ha respinto la domanda
dell’avvocato Anselmo, sulla premessa di diritto che
l’inderogabilità dei minimi tariffari, per gli avvocati,
non fosse applicabile per la particolarità della fattispecie di incarico conferito da ente pubblico. Si denuncia la
violazione dell’art. 24 della legge 13 giugno 1942 n. 794,
e si formulano i quesiti se il principio d’inderogabilità
dei minimi tariffari, stabilito dalla citata disposizione,
possa essere derogato qualora il mandato sia stato conferito all’avvocato da un ente pubblico in funzione della sua
natura pubblica, e se il principio di buon andamento della
P.A. possa giustificare la violazione di leggi imperative e
inderogabili, quali l’art. 24 della legge n. 794/1942
all’epoca vigente.
4

Il corfs.
est.
dr. Aldb Ccherini

ricorrono i due professionisti per quattro motivi.

La censura di cui al secondo motivo, formulato per vizi
di motivazione, verte sul medesimo punto.
5. Delle due censure, la seconda è inammissibile, ponendo in termini di motivazione la medesima questione, che
nel primo motivo è stata correttamente formulata in termini

consolidato nella giurisprudenza della corte che il difetto
di motivazione della sentenza possa formare oggetto di ricorso per cassazione solo per quanto attiene all’accertamento e alla valutazione dei fatti rilevanti per la decisione e non anche per quanto concerne l’interpretazione e
l’applicazione di norme di diritto e la soluzione di questioni giuridiche, rispetto alle quali il Sindacato di legittimità si esaurisce nel controllo della conformità al
diritto della decisione impugnata. Pertanto, se la questione giuridica è stata esattamente risolta, la sentenza – anche se inadeguatamente ed erroneamente motivata o, al limite, del tutto carente di motivazione – non può essere cassata, dovendo la corte, nell’esercizio del potere integrativo e correttivo della motivazione espressamente attribuirle dall’art 384 c.p.c., limitarsi a integrare o a correggere la motivazione difettosa o erronea: solo se la soluzione adottata risulta giuridicamente inesatta, la sentenza impugnata deve essere cassata per violazione o falsa
applicazione di norme giuridiche (Cass. 25 gennaio 1977 n.
366; 28 marzo 2001 n. 4526; 19 febbraio 2003 n. 2469).

5

di violazione di norme di diritto. E’, infatti, principio

Venendo ora alla questione di diritto posta dal primo
motivo, si deve appunto registrare la correttezza giuridica
della decisione della corte territoriale, sebbene non del
tutto correttamente motivata. E’ bensì vero, infatti, che
nella motivazione dell’impugnata sentenza sembra volersi

per le prestazioni professionali di avvocato sarebbe consentita in ragione della particolarità della fattispecie,
principio che, nei termini appena indicati, sarebbe errato.
Nell’illustrazione della particolarità della fattispecie,
tuttavia, la sentenza impugnata pone in evidenza elementi e precisamente il fatto che si tratta di attività svolta
dal legale nell’ambito di una commissione della pubblica
amministrazione, rappresentativa di altre professionalità,
non valutabile all’esterno come attività del singolo componente – tali da escludere che la prestazione in questione
fosse compresa nel novero di quelle tipiche dell’esercizio
della professione di avvocato, per le quali soltanto trovano applicazione i minimi tariffari. Le tariffe professionali degli avvocati e procuratori legali, infatti, sono applicabili solo per quelle attività tecniche o comunque collegate con prestazioni di carattere tecnico che siano considerate nella tariffa, oggettivamente proprie della professione del legale in quanto specificamente riferite alla
consulenza o assistenza delle parti in affari giudiziari o
extragiudiziari, e non
li
6
dn

ssono essere, pertanto, applicate,
s.reLest
Ceccherini

affermare che la deroga ai minimi stabiliti dalla tariffa

solo perché rese da un professionista iscritte all’albo,
alle prestazioni che richiedono solo un’approfondita conoscenza del diritto, senza alcun riferimento a una pratica o
affare determinato (Cass. 19 agosto 1994 n. 7438).
Con riferimento alla fattispecie in esame, quale emerge

escludersi che costituisca esercizio tipico della professione forense la partecipazione a una commissione, a composizione mista e comprendente professionalità diverse, giacché tale partecipazione si traduce in atti imputabili esclusivamente all’organo collegiale, ed è come tale incompatibile con il principio del carattere personale della
professione forense.
Il ricorso proposto dall’avvocato Anselmo deve essere
pertanto respinto in forza del principio di diritto per il
quale, nella vigenza delle tariffe professionali di avvocato che stabilivano dei minimi tariffari, il divieto di derogare ai predetti minimi non trovava applicazione per le
prestazioni diverse da quelle tipiche della professione forense, tra le quali non può annoverarsi la partecipazione a
una commissione della pubblica amministrazione a composizione mista di tecnici di professionalità diverse.
Il terzo motivo verte sulla violazione degli artt. 827
e 829 c.p.c. Si deduce che la qualificazione, nel lodo arbitrale, dell’art. 24 della legge n. 794/1942 come indero-

7

dalla riferita motivazione della corte territoriale, deve

gabile non rientrerebbe tra le ipotesi di nullità contemplate dagli artt. 827 e 829 c.p.c.
Il motivo è assorbito dal rigetto dei motivi precedenti, essendo stata accertata la legittimità della disapplicazione dei minimi tariffari a causa dell’estraneità delle

della professione di avvocato, per le quali soltanto trovava applicazione il principio di inderogabilità dei minimi
tariffari.
Il rigetto del predetto ricorso comporta l’assorbimento
del ricorso incidentale condizionato, proposto dall’Ente di
Sviluppo Agricolo.
6.

Con riferimento al capo di sentenza che rigetta

l’impugnazione proposta dall’ingegner Castiglione sono stati proposti tre motivi di censura. Il primo verte sulla violazione della legge 2 marzo 1949 n. 143, assumendosi che
l’art. 2 del d.l. 4 luglio 2006 n. 223, convertito dalla
legge 4 agosto 2006 n. 248 – che in applicazione del principio comunitario di libera concorrenza ha abrogato, con
riferimento alle attività libero professionali e intellettuali, i divieti legislativi di pattuizione di compensi parametrati al raggiungimento degli obiettivi perseguiti, imporrebbe una revisione della giurisprudenza di questa corte
in materia di derogabilità dei minimi tariffari degli ingegneri. Si deduce che se, in precedenza, fossero state inderogabili solo le tariffe degli avvocati e non anche quelle
8
fic
eLest
dr. AYddteccherini

prestazioni per cui è causa a quelle proprie ed esclusive

degli ingegneri e architetti, la nuova disposizione sarebbe
stata diversamente formulata.
Il secondo motivo dell’ingegner Castiglione denuncia la
violazione degli artt. 3 e 36 della Costituzione, per
l’ipotesi di ritenuta derogabilità dei minimi tariffari dei

I due motivi sono infondati. Questa corte ha già avuto
ripetutamente occasione di affermare il principio che l’inderogabilità dei limiti tariffari di categoria stabiliti
per i professionisti è circoscritta dall’art. 6 della legge
l luglio 1977, n. 404, ai soli incarichi professionali privati e non vale, pertanto, per gli incarichi conferiti da
enti pubblici, in quanto detta norma, interpretando autenticamente l’articolo unico della legge 5 maggio 1976, n.
340, – che sancisce l’inderogabilità dei minimi delle tariffe professionali degli ingegneri e degli architetti – ne
ha limitato l’applicazione ai rapporti intercorrenti tra
privati, con previsione che non viola l’art. 3 Cost., riguardando la derogabilità dei minimi tariffari prevista
dall’art. 6 legge cit. anche i professionisti privati, e
non solo quelli pubblici (cfr., tra le altre, Cass. 27 giugno 2011 n. 14187; conf. n. 9806 del 2001, n. 20296 del
2004). Il valore di tale interpretazione autentica, peraltro non sottoposta a censura dal ricorrente, non può essere
inficiato da una norma successiva, che ha avuto l’effetto
di estendere, con riguardo al compenso dovuto per le pre9

soli ingegneri e architetti

stazioni professionali degli ingegneri, la soppressione
dell’inderogabilità dei minimi anche ai rapporti tra i privati.
E’ poi da ricordare che l’art. 36 della Costituzione
riguarda esclusivamente il lavoro subordinato e non rileva

Vano, infine, è il richiamo al principio affermato dalla Corte di giustizia CE con la sentenza 19 febbraio 2002
in causa C-35/99, che ha affermato la legittimità comunitaria dell’inderogabilità delle tariffe professionali “se approvate con provvedimenti normativi dello Stato”, giacché
proprio questa condizione è venuta meno nella fattispecie
in esame.
7.

Il terzo motivo denuncia la violazione dell’art.

1453 c.c., perché non sarebbe stata data attuazione alla
volontà contrattuale delle parti, essendo l’amministrazione
inadempiente anche rispetto al compenso pattuito. Il quesito di diritto verte sul diritto di chiedere l’applicazione
della tariffa in caso di risoluzione del contratto per inadempimento.
Il quesito, anche a voler trascurare la sua incongruenza con la censura di violazione dell’art. 1453 c.c., è inammissibile, supponendo una risoluzione del contratto della quale – come della relativa domanda – non v’è traccia
nella sentenza impugnata.

10

Il c
dr. A1J

rel. est.
eccherini

in questa sede.

La parte finale del ricorso è dedicata a un’inammissibile discussione sul merito dei compensi spettanti ai due
professionisti.
8.

In conclusione, anche il ricorso proposto dall’ing.

Castiglione è respinto. Le spese del giudizio sono a carico

in dispositivo.
P. q. m.

La Corte rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito l’incidentale; condanna i ricorrenti principali, in
solido, al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi E 15.200,00, di cui 200,00
per esborsi, oltre agli oneri accessori di legge.
Così deciso a Roma, nella camera di consiglio della
prima sezione civile della Corte suprema di cassazione, il
giorno 16 ottobre 2013.

solidale dei ricorrenti principali, e sono liquidate come

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