Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27917 del 21/12/2011

Cassazione civile sez. III, 21/12/2011, (ud. 22/11/2011, dep. 21/12/2011), n.27917

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MASSERA Maurizio – Presidente –

Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. D’AMICO Paolo – rel. Consigliere –

Dott. CARLUCCIO Giuseppa – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 3191/2007 proposto da:

M.M. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, PIAZZA DEL FANTE 2, presso lo studio dell’avvocato ACCIAI

Costanza, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato LEONE

RAFFAELE giusta delega in atti;

– ricorrente –

e contro

V.C.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1179/2005 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 30/11/2005; R.G.N. 1240/2000;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

22/11/2011 dal Consigliere Dott. PAOLO D’AMICO;

udito l’Avvocato RAFFAELE LEONE;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GOLIA Aurelio, che ha concluso per rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

V.C. convenne dinanzi al Pretore di Noto M. M. e la Milano Assicurazioni s.p.a. chiedendone il risarcimento dei danni conseguente all’incidente stradale verificatosi tra la sua autovettura e il motociclo condotto dal convenuto.

Il M. chiedeva il rigetto della domanda attrice e proponeva domanda riconvenzionale di risarcimento dei danni subiti alla sua persona ed al mezzo.

Poichè la domanda riconvenzionale eccedeva i limiti della competenza per valore il Pretore adito rimetteva le parti dinanzi al Tribunale di Siracusa.

Quest’ultimo pronunciava tre ordinanze ex art. 186 quater (divenute definitive a seguito della rinuncia del V. alla pronuncia della sentenza) con le quali condannava il medesimo V. al pagamento in favore del M. della somma di L. 39.500.000 a titolo di risarcimento dei danni subiti in seguito al sinistro per cui è causa.

Proponeva appello il V. il quale chiedeva che la Corte d’Appello rigettasse le domande proposte nei suoi confronti dal M. e dichiarasse l’obbligo della R.a.s. di tenerlo indenne da ogni pagamento a titolo di risarcimento del danno condannandola a rimborsargli quanto fosse costretto a pagare al M. in forza delle impugnate ordinanze. Chiedeva altresì che la Corte condannasse la Milano Assicurazioni al risarcimento del danno in suo favore ai sensi dell’art. 96 c.p.c..

M. resisteva all’appello chiedendone il rigetto e proponeva impugnazione incidentale affinchè la suddetta Corte rideterminasse l’ammontare del risarcimento del danno e delle spese del giudizio di primo grado.

Si costituiva la R.a.s. chiedendo che la Corte d’Appello dichiarasse la improcedibilità, improponibilità e inammissibilità dell’atto d’appello proposto dal V..

Rimaneva contumace la Milano Assicurazioni.

La Corte d’Appello di Catania dichiarava inammissibile l’appello proposto dal V. nei confronti della R.a.s.; in parziale riforma dei provvedimenti impugnati dichiarava il concorso di colpa dello stesso V. e del M. nella causazione del sinistro, in misura del 50%; rideterminava la somma che il V. è tenuto a corrispondere al M., a titolo di risarcimento del danno, nell’importo di Euro 14.766,92, oltre interessi legali; condannava il V. a rifondere al M. la metà delle spese del primo grado del giudizio nella misura già liquidata per l’intero dal Tribunale, nonchè la metà delle spese del giudizio d’appello.

Propone ricorso per cassazione M.M. con sei motivi.

Parte intimata non ha svolto attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo del ricorso M.M. denuncia “Violazione degli artt. 2700 e 2054 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”.

Sostiene parte ricorrente che il verbale della Polizia stradale fa fede fino a querela di falso ai sensi dell’art. 2700 c.c. e che le sue risultanze non potevano essere superate attraverso la prova testimoniale. Nell’ammettere tale mezzo istruttorio la Corte ha pertanto violato, secondo parte ricorrente, l’art. 2700 c.c. Ed ha altresì violato l’art. 2054 c.c. nella parte in cui pone la presunzione di pari corresponsabilità dei conducenti fino a prova contraria. Nel caso in esame tale prova contraria è rappresentata, ad avviso del ricorrente, dal verbale della Polstrada e non può essere infirmata da un mezzo inammissibile.

Il motivo non è anzitutto autosufficiente perchè non è riprodotto il testo del verbale della polizia stradale.

Si deve altresì rilevare che detto verbale fa piena prova, fino a querela di falso, solo delle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesti come avvenuti in sua presenza mentre, per quanto riguarda le altre circostanze di fatto che egli segnali di avere accertato nel corso dell’indagine, per averle apprese da terzi o in seguito ad altri accertamenti, il verbale stesso, per la sua natura di atto pubblico, ha soltanto un’attendibilità intrinseca che può essere infirmata da una specifica prova contraria (Cass., 9 settembre 2008, n. 22662).

In ogni caso l’impugnata sentenza non ha “superato” il suddetto verbale attraverso la prova testimoniale, ma ha compiuto un esame globale delle risultanze istruttorie tenendo conto sia dell’uno che dell’altra, così come delle dichiarazioni rese dal V. alla Polizia stradale nell’immediatezza del sinistro.

La Corte ha altresì affermato che la contraddittorietà degli elementi di prova non consente di superare la presunzione di pari responsabilità dei conducenti di cui all’art. 2054 c.c..

Con il secondo motivo si denuncia “Violazione dell’art. 2735 c.c., e segg. Violazione dell’art. 116 c.p.c.. In relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3)”.

Sostiene parte ricorrente che la dichiarazione spontanea resa dal V. nell’immediatezza dei fatti e riportata nel suddetto verbale ha valore di confessione stragiudiziale ai sensi dell’art. 2735 c.c., ma che la stessa non è stata valutata dal Giudice con “prudente apprezzamento”.

Il motivo è infondato perchè tale confessione è stata adeguatamente valutata dal Giudice di merito che, sulla base della stessa, ha rilevato come il V. si stesse immettendo con la propria autovettura sulla strada provinciale invadendo gran parte della corsia sulla quale viaggiava il M.. In tale situazione probatoria risultando elementi di prova contraria, alcuni a carico del M. ed altri a carico del V., il Giudice non ha ritenuto superata la presunzione di pari responsabilità dei conducenti di cui all’art. 2054 c.c..

Con il terzo motivo si denuncia “Violazione degli artt. 232, 115 e 116 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Mancanza assoluta di motivazione su un punto decisivo della controversia a norma dell’art. 360 c.p.c., n. 5”.

Sostiene parte ricorrente che la Corte di merito non ha tenuto conto che tra le prove acquisite vi era anche la mancata presentazione del V. all’udienza del 24 giugno 1997 fissata per il suo interrogatorio formale.

Della omessa valutazione degli effetti della mancata risposta, si afferma, non vi è traccia nella motivazione della sentenza impugnata.

Il motivo è infondato.

Al fine di adempiere all’obbligo della motivazione, il giudice del merito non è infatti tenuto a valutare singolarmente tutte le risultanze processuali ed a confutare tutte le argomentazioni prospettate dalle parti, essendo invece sufficiente che egli, dopo aver vagliato le une e le altre nel loro complesso, indichi gli elementi sui quali intende fondare il proprio convincimento, dovendosi ritenere disattesi, per implicito, tutti gli altri rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata (Cass., 15 aprile 2011, n. 8667).

E comunque la dedotta mancata valutazione non ha inciso sulla decisione.

Con il quarto motivo si denuncia “Insufficiente motivazione in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5”.

Lamenta parte ricorrente che l’impugnata sentenza non ha proceduto ad un rigoroso esame critico di tutti i dati acquisiti e non ha risposto a fondamentali quesiti circa la dinamica del sinistro. Nè ha fornito congrua motivazione sulla rilevanza della velocità tenuta dalla vittima.

In conclusione, si afferma, la Corte non ha effettuato un rigoroso raffronto tra le prove in atti mentre solo dopo tale raffronto, e in caso di esito negativo dello stesso in ordine alla ricostruzione della dinamica del sinistro, avrebbe potuto far ricorso alla presunzione di cui all’art. 2054 c.c..

Il motivo deve essere rigettato.

In tema di responsabilità da sinistri derivanti dalla circolazione stradale, la ricostruzione delle modalità del fatto generatore del danno, la valutazione della condotta dei singoli soggetti che vi sono coinvolti, l’accertamento e la graduazione della colpa, l’esistenza o l’esclusione del rapporto di causalità tra i comportamenti dei singoli soggetti e l’evento dannoso, integrano altrettanti giudizi di merito, come tali sottratti al sindacato di legittimità se il ragionamento posto a base delle conclusioni sia caratterizzato da completezza, correttezza e coerenza dal punto di vista logico – giuridico (Cass., 5 aprile 2003, n. 5375).

Nel caso in esame la Corte ha comunque effettuato un adeguato esame del materiale probatorio da cui si desumono elementi di prova contraddittori che non consentono il superamento della presunzione di pari responsabilità dei conducenti.

Con il quinto motivo si denuncia “Violazione dell’art. 115 c.p.c..

Violazione dell’art. 2697 c.c.. Violazione dell’art. 111 c.p.c., comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4”.

Parte ricorrente denuncia che la Corte d’Appello, nell’ammettere la prova per testi, non ha dato la facoltà di controprova richiesta dalla difesa del M..

Il motivo è anzitutto non autosufficiente perchè non riproduce i capitoli di prova ed è comunque inammissibile in quanto rientra nella discrezionalità del giudice di merito ammettere o no mezzi istruttori.

Con il sesto motivo parte ricorrente denuncia “Violazione dell’art. 91 c.p.c.. Violazione della tariffa professionale approvata con D.M. 5 ottobre 1994, n. 585. Omessa motivazione in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5”.

Lamenta parte ricorrente che la Corte d’Appello ha liquidato solo in parte i diritti di procuratore e sostiene che di tali diritti non è possibile eseguire una decurtazione, ma solo l’eventuale depennamento delle voci non dovute.

Il motivo non è autosufficiente.

Ove infatti il ricorso per cassazione avverso la liquidazione delle spese processuali operata dal giudice non riporti le singole voci della nota spese ridotta globalmente, esso non consente di verificare la pretesa violazione dei minimi, sia per i diritti che per gli onorari, e pertanto non essendo autosufficiente, è inammissibile (Cass., 18 ottobre 2001, n. 12741).

In conclusione il ricorso deve essere rigettato mentre in assenza di attività difensiva di parte intimata non v’è luogo a disporre delle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e non dispone sulle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 22 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 21 dicembre 2011

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