Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27916 del 13/12/2013


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 27916 Anno 2013
Presidente: SALME’ GIUSEPPE
Relatore: CRISTIANO MAGDA

SENTENZA

sul ricorso 31981-2006 proposto da:
SASSI SASO (c.f. SSSSSA29T14E289S), elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA A. MORDINI 14, presso
l’avvocato MAURO GIOVANNA, che lo rappresenta e

Data pubblicazione: 13/12/2013

difende unitamente agli avvocati MAURO ALBINO,
MAURO CARLO, giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente contro

MINISTERO DELLE FINANZE – AGENZIA DEL DEMANIO, in
persona del legale rappresentante pro tempore,

1

domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo
rappresenta e difende ope legis;

avverso la sentenza n.

controrícorrente

849/2005 della CORTE

udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 26/09/2013 dal Consigliere
Dott. MAGDA CRISTIANO;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MAURIZIO VELARDI che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 02/11/2005;

2

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Saso Sassi, titolare dal 1959 al 1973 di una concessione, rinnovata di anno in anno,
per l’utilizzo di un’area del demanio marittimo estesa 46.000 mq., sita nel territorio
del Comune di Praia a Mare, propose opposizione alle ingiunzioni fiscali notificategli
il 20.10.81 ed il 2.11.83, con le quali l’Intendenza di Finanza di Cosenza e l’Ufficio

oltre 336 milioni delle vecchie lire per aver occupato abusivamente, a partire dal
gennaio del 1974, l’area predetta ed un’ulteriore porzione di terreno demaniale di
circa 11.000 mq.
L’opponente espose di detenere l’area con l’autorizzazione del Ministero della
Marina Mercantile, che, ricevuta la domanda da lui tempestivamente inoltrata per
ottenere il rinnovo trentennale e l’ampliamento della concessione, aveva iniziato ad
istruire la pratica e gli aveva chiesto il versamento di cauzioni a copertura dei canoni
maturati e maturandi in attesa della sua definizione,.
Il Tribunale di Catanzaro, con sentenza del marzo del ’99, revocò le ingiunzioni e
condannò il Sassi al pagamento della somma di £ 226.782.700, oltre interessi, a
titolo di corrispettivo per la legittima detenzione del bene demaniale per il periodo
1°.1.’74/31.12.96.
La decisione fu appellata dall’allora Ministero delle Finanze, che lamentò la mancata
applicazione del canone previsto dai commi I e Il dell’art. 2 delle II. nn. 1501/61 e
494/93 ed il mancato riconoscimento degli interessi legali e della rivalutazione
monetaria.
La Corte d’appello di Catanzaro, con sentenza del 2.11.05, in accoglimento
dell’impugnazione, rilevò che, dovendosi ritenere implicita nella domanda la
richiesta di una diversa qualificazione giuridica della situazione controversa, ed
essendo pacifica l’occupazione abusiva dell’area da parte del Sassi (che non aveva
mai ottenuto il rinnovo della concessione), il Ministero aveva diritto al risarcimento
dei danni; che, tuttavia, l’appellante non aveva offerto alcun elemento di prova ai fini

del Registro del Comune di Belvedere Marittimo gli avevano intimato il pagamento di

della quantificazione del pregiudizio subito; che tale carenza probatoria poteva
essere superata solo per il periodo successivo al 1990, posto che l’art. 8 della I. n.
494/93 indicava i criteri per la determinazione, a partire da tale anno, degli indennizzi
dovuti per le utilizzazioni senza titolo di beni del demanio marittimo; che, alla stregua
dei predetti criteri, sarebbero spettati al Ministero- per gli anni compresi fra il 1990 ed

e il pronunciato, la condanna dell’appellato andava limitata alla somma di €
228.458,34 (pari alla differenza fra quella di € 345.581,83, risultante dalla
rivalutazione al settembre del 2005 dell’importo di € 341.190 richiesto
dall’amministrazione a titolo risarcitorio con la domanda definitivamente precisata il
21.2.05 e quella di € 117.123,49 già corrisposta dal Sassi), oltre agli interessi legali
su € 341.190 dal 21.2.05 alla data della decisione.
Saso Sassi ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza, affidato a due
motivi, cui il Ministero delle Finanze ha replicato con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1) Con il primo motivo, denunciando violazione degli artt. 1206 e 1591 c.c., 2 I. n.
1501/61 e 9 I. n. 692/82, oltre che vizio di motivazione, il ricorrente contesta di
essere tenuto a risarcire il danno da occupazione sine titulo. Deduce, a sostegno del
motivo: 1) che le ingiunzioni notificategli erano in contrasto con le determinazioni del
Ministero della Marina Mercantile, adottate di concerto con il Ministero delle Finanze,
con le quali era stato autorizzato lo svolgimento dell’istruttoria per il rilascio di una
concessione di durata trentennale e gli era stato richiesto il rilascio di cauzioni a
copertura dei canoni maturati e maturandi sino alla definizione dell’iter
amministrativo; 2) che, atteso l’awenuto versamento delle cauzioni, non ricorrevano
i presupposti per l’applicazione dell’art. 1591 c.c. e dell’art. 8 I. n. 494/93; 3) che le
somme dovute a titolo di canone avrebbero dovuto essere ridotte del 40% per gli
anni di inutilizzo forzato dell’area; 4) che, in ogni caso, con le ingiunzioni gli era stato
illegittimamente intimato il pagamento di indennità anche per gli anni 1968/1973,

il 1996 – € 501.710; che, peraltro, atteso il principio della corrispondenza fra il chiesto

durante i quali egli aveva detenuto l’aera in forza di regolare concessione, versando
un canone che, sebbene definito provvisorio, non poteva essere ulteriormente
maggiorato; 5) che le ingiunzioni si fondavano sul presupposto della demanialità
dell’area, da porre quantomeno in dubbio alla luce di alcune pronunce dell’AGO; 6)
che l’Ufficio del Registro e l’Intendenza di Finanza avevano ignorato le prescrizioni

tenuto conto che per l’amministrazione finanziaria non v’è alcuna sostanziale
distinzione fra detti canoni e l’indennità di occupazione; 7) che peraltro, in caso di
mancata corrispondenza fra canone e indennità, sarebbe spettato agli enti
ingiungenti di provare l’ammontare del danno subito dall’erario.
Il motivo va dichiarato inammissibile.
Tutte le censure del ricorrente risultano volte a contestare la debenza delle somme
oggetto delle ingiunzioni fiscali a suo tempo notificategli dall’Ufficio del Registro e
dall’Intendenza di Finanza per il pagamento delle indennità di occupazione da lui
dovute sino all’anno 1983.
Le ingiunzioni sono state però revocate, con statuizione del giudice di primo grado
che, non essendo stata impugnata dal Ministero delle Finanze, risulta coperta da
giudicato interno. La corte d’appello, d’altro canto, ha respinto la domanda di
risarcimento del danno da occupazione sine titulo proposta dal Ministero in relazione
a tutte le annualità anteriori al 1990: risulta pertanto definitivamente accertato che il
Sassi non è tenuto alla corresponsione di alcuna somma per i titoli (risarcitori) dedotti
nelle ingiunzioni.
Ne consegue che il ricorrente è privo di interesse a riproporre questioni che
attengono a quella parte della decisione rispetto alla quale (anche se per ragioni
diverse da quelle da lui addotte) egli risulta vittorioso nel giudizio.
Il motivo, per contro, non investe la pronuncia della corte territoriale di accoglimento
della domanda del Ministero limitatamente alle annualità 1990/1996: il ricorrente
non contesta, infatti, l’accertamento del giudice del merito, secondo cui la

della I. n. 1501/61 in tema di determinazione dei canoni demaniali e non avevano

concessione non gli è stata mai rinnovata, né lamenta l’errata applicazione, per il
periodo, del criterio indennitario previsto dalla I. n. 494/93.
Le ragioni di doglianza illustrate nel mezzo in esame risultano, in definitiva, prive di
attinenza a quella parte della decisione impugnata rispetto alla quale il Sassi è
rimasto soccombente e perciò carenti del requisito richiesto, a pena di

Va, per completezza, aggiunto che la questione dell’effettiva appartenenza dell’area
occupata dal Sassi al demanio marittimo (unico argomento, fra quelli sviluppati nel
motivo, in base al quale potrebbe, in astratto, essere valutata la correttezza della
statuizione di condanna) non può essere presa in considerazione, in quanto, al di là
della genericità della deduzione che la concerne (per di più espressa in maniera
dubitativa), non risulta aver formato oggetto di dibattito nel precedente grado di
merito.
2) Col secondo motivo il ricorrente, denunciando vizio di contraddittorietà della
motivazione, lamenta che la corte territoriale lo abbia condannato alla
corresponsione degli interessi legali sull’intera somma di € 341.190 liquidata a titolo
risarcitorio, anziché su quella minore di € 228.458,34, da lui effettivamente dovuta
tenuto conto del pagamento già ricevuto dall’amministrazione dopo la sentenza di
primo grado.
Il motivo deve essere respinto.
La corte territoriale ha infatti precisato che la somma di € 341.190 cristallizzava il
danno (comprensivo di interessi e rivalutazione) alla data del 21.2.05, ma che ad
essa andavano aggiunti, sempre a titolo di danno, la rivalutazione e gli interessi
dalla predetta data sino a quella della decisione, in cui il debito di valore si sarebbe
convertito in debito di valuta: ne consegue che (come chiarito al I ed al Il cpv. della
pag. 12 della sentenza) il pagamento eseguito dal Sassi andava detratto dall’importo
di € 345.581,83 (€ 341.190 rivalutati dal febbraio al settembre 2005) maggiorato
degli ulteriori interessi maturati su € 341.190 dal 21.2.05 alla data della decisione e

inammissibilità del ricorso, dall’art. 366, I comma, n. 4 c.p.c.

che, non avendo il giudice ritenuto di dover (o di poter) calcolare detti ulteriori
interessi, gli stessi, una volta esattamente quantificati dalle parti, andavano sommati
agli € 228.458,43 risultanti dalla detrazione (concretamente operata solo sulla
minor somma di € 345.581,83).
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali, che liquida in € 7.000, oltre spese prenotate a debito.
Roma, 26 settembre 2013

P. Q. M.

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