Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27914 del 23/11/2017


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Civile Ord. Sez. 2 Num. 27914 Anno 2017
Presidente: MATERA LINA
Relatore: FEDERICO GUIDO

ORDINANZA

sul ricorso 3676-2013 proposto da:
MESCALCHIN MARIA, elettivamente domiciliata in ROMA,
VIA FRANCESCO SIACCI 38, presso lo studio dell’avvocato
ALESSANDRO GIUSSANI, rappresentata e difesa
dall’avvocato PAOLO BOLDRIN;
– ricorrente contro
2-

MESCALCHIN GIORGIO, quale erede universale di CASTELLAN
EMMO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SISTINA
23,

lo

presso

SCOPELLITI,

studio

rappresentato

dell’avvocato
e

difeso

ANTONIETTA
dall’avvocato

PATRIZIA LONGO;
controricorrente –

avverso la sentenza n. 2027/2012 della CORTE D’APPELLO

Data pubblicazione: 23/11/2017

di VENEZIA, depositata il 21/09/2012;
udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 21/09/2017 dal Consigliere Dott. GUIDO

FEDERICO.

Esposizione del fatto
Maria Mescalchin propone ricorso per cassazione, con tre motivi, nei
confronti di Giorgio Mescalchin, in proprio ed in qualità di erede di

Emmo Castellan, avverso la sentenza della Corte d’appello di Venezia
n.2027/12 depositata il 21 settembre 2012, che, confermando la sentenza
di primo grado, per quanto in questa sede ancora rileva, ha accolto la
domanda di risoluzione del contratto stipulato il 22 settembre 1994 tra il
Castellan e Maria Mescalchin.
La Corte territoriale, in particolare, confermava la qualificazione del
contratto come “vitalizio alimentare – , contratto atipico distinto dalla
rendita vitalizia di cui all’art. 1872 c.c., in quanto le obbligazioni dedotte
hanno ad oggetto prestazioni di carattere prevalentemente spirituale ed,
in ragione di ciò, eseguibili unicamente da un vitaliziante specificamente
individuato sulla base delle proprie qualità personali; a tale negozio
atipico è senz’altro applicabile il generale rimedio della risoluzione,
espressamente escluso con riferimento alla “rendita vitalizia – .
La Corte territoriale ha altresì affermato che la Mescalchin non ha assolto
all’onere di provare l’adempimento del contratto.
Considerato in diritto
Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione o falsa applicazione
degli artt. 112 cpc e 1872 c.c. per avere entrambi i giudici di merito,
riqualificato il contratto sottoscritto dalle parti, così violando l’art. 112
cpc e violando il principio del contraddittorio ed il proprio diritto di
difesa.
Il motivo è infondato.

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La diversa qualificazione giuridica del rapporto contrattuale intercorso
tra le parti da parte del giudice non integra infatti la violazione dell’art.
112 cpc e non comporta dunque il vizio di ultrapetizione della sentenza.

Ed invero, secondo il consolidato indirizzo di questa Corte il giudice di
merito può conferire al rapporto in contestazione una qualificazione
giuridica diversa da quella prospettata dalle parti, avendo egli il poteredovere di inquadrare nell’esatta disciplina giuridica gli atti e i fatti che
formano oggetto della controversia, anche in mancanza di una specifica
impugnazione e indipendentemente dalle argomentazioni delle parti,
purchè nell’ambito delle questioni riproposte col gravame e con il limite
di lasciare inalterati il “petitum” e la “causa petendi” e di non introdurre
nel tema controverso nuovi elementi di fatto. (Cass.19090/2007).
Orbene, nel caso di specie la Corte, confermando l’interpretazione del
primo giudice, ha qualificato il contratto stipulato dalle parti come

rendita vitalizia, mantenendo peraltro il medesimo petitum e causa
petendi della domanda, senza introdurre in causa alcun nuovo elemento
di fatto.
Il secondo motivo denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo per il
giudizio ex art. 360 n.5) cpc, lamentando che la Corte abbia male
interpretato le prove orali e documentali , equivocando il significato delle
singole clausole del contratto.
Deduce, inoltre, la mancanza di alcun inadempimento contrattuale
imputabile ad essa ricorrente.
Il motivo è inammissibile, in quanto ha ad oggetto, in sostanza, l’omesso
o insufficiente esame di risultanze istruttorie , vizio non più deducibile in
base alla nuova formulazione dell’art. 360 n.5) cpc, come modificato

2

dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012,
n. 134.
Ed invero, premesso che la qualificazione ed interpretazione del

contratto, come già evidenziato, costituisce attività riservata al giudice di
merito, l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé. il
vizio di omesso esame di un fatto decisivo, qualora, come nel caso di
specie, il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in
considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di
tutte le risultanze probatorie (Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014,
Rv. 629830 e 629831) .
Nel caso di specie la Corte territoriale, nel richiamare il consolidato
indirizzo di questa Corte, secondo cui il contratto atipico di cd. “vitalizio
alimentare” differisce da quello, nominato, di rendita vitalizia, ex art.
1872 c.c., per l’accentuata spiritualità delle prestazioni assistenziali che
ne costituiscono il contenuto, come tali eseguibili solo da un vitaliziante
specificamente individuato alla luce delle proprie qualità personali, con
apprezzamento logico, coerente ed adeguato ha ricondotto a tale
fattispecie normativa il rapporto in esame, caratterizzato appunto dalla
natura prevalentemente morale e spirituale delle prestazioni assistenziali
oggetto del contratto, caratterizzate dalla particolari qualità personali del
vitaliziante.
Il terzo motivo di ricorso denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo,
con riferimento ad un diverso profilo, costituito dalla valutazione
dell’inadempimento contrattuale della Mescalchin.
Pure tale motivo presenta le medesime ragioni di inammissibilità di
quello precedentemente esaminato, in quanto si traduce, di fatto, nella

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doglianza di un inadeguato o incompleto esame delle risultanze
istruttorie, consistendo nella inammissibile richiesta di una nuova

della sentenza impugnata, la quale, con apprezzamento adeguato ha
ritenuto la sussistenza e gravità dell’inadempimento agli obblighi assunti
in capo alla odierna ricorrente.
Il ricorso va dunque respinto e la ricorrente va condannata alla refusione
delle spese del presente giudizio, che si liquidano come da dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater Dpr 115 del 2002 sussistono i
presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore
importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso,
a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
P.Q.M.
La Corte respinge il ricorso.
Condanna la ricorrente alla refusione delle spese del presente giudizio, che
liquida in complessivi 3200,00 € di cui 200,00 euro per rimborso spese vive,
oltre a rimborso forfettario spese generali in misura del 15% ed accessori di
legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater Dpr 115 del 2002 dà atto della sussistenza
dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore
importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a
norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma il 21 settembre 2017
(l[.1 Presidente
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11

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DEPOSITATO IN CANCE.LLERA

Roma,

23 tjtli. 2017

valutazione, in questa sede, degli elementi istruttori posti a fondamento

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