Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27912 del 23/11/2017


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Civile Ord. Sez. 2 Num. 27912 Anno 2017
Presidente: BIANCHINI BRUNO
Relatore: GRASSO GIUSEPPE

ORDINANZA

sul ricorso 26615-2014 proposto da:
CONDOMINIO VIA CARAMAGNA 25 TORINO,

in persona

dell’Amministratore pro tempore, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA TACITO 23, presso lo studio
dell’avvocato CINZIA DE MICHELI, che lo rappresenta e
difende unitamente all’avvocato GABRIELE BRUYERE;
– ricorrente contro
2017
2178

96L-

SCARRONE GIOVANNI PIETRO CARLO, SCARRONE MARIA LUISA,
SCARRONE GIUSEPPINA,

elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA G. PISANELLI 2, presso lo studio
dell’avvocato DANIELE CIUTI, che li rappresenta e
difende unitamente agli avvocati LORENZO PROFETA,
GIOVANNI PIANO;

Data pubblicazione: 23/11/2017

- controricorrenti

avverso la sentenza n. 597/2014 della CORTE D’APPELLO
di TORINO, depositata il 25/03/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 19/09/2017 dal Consigliere Dott.

GIUSEPPE GRASSO.

Ritenuto che la Corte d’appello di Torino, con sentenza pubblicata
il 25/3/2014, in riforma della sentenza del Tribunale della stessa città
del 29/4/2011, accolto l’appello di Giovanni Pietro Carlo Scarrone,
Maria Luisa Scarrone e Giuseppina Scarrone, annullò la deliberazione
dell’assemblea del Condominio di via Caramagna, 25, Torino, presa il

ritenuto che la delibera in parola, con la quale, dovevasi
provvedere a ripartire tra i condomini, siccome previsto dall’ordine del
giorno, la spesa occorrente per taluni lavori interessanti le strutture
condominiali, deliberati nel 2005, e che aveva notevolmente
aumentato la previsione di spesa, era stata opposta dagli Scarrone,
non partecipanti all’assemblea, secondo i quali la decisione avrebbe
dovuto limitarsi a suddividere secondo tabelle l’importo deliberato nel
2005;
che il Tribunale aveva assegnato all’opposizione carattere di
genericità, stante che la doglianza rimarcava lo «aumento
inspiegabile», con la conseguenza che non era possibile
comprendere se i ricorrenti avessero inteso «allegare il mancato
rispetto, ovvero eventuali violazioni dei criteri di riparto ovvero
ancora assenza di giustificazione delle maggiori spese e, quindi,
eventuale eccesso di potere della maggioranza assembleare»;
che la Corte locale, andando di contrario avviso, assume che l’atto
di citazione «contiene sul punto una critica specifica e di non
difficile interpretazione: la spesa ripartita non è quella in allora
approvata ma altra di entità maggiore», dovendosi, quindi
«valutare se l’aumento della spesa sia effettivo e, in caso di
riscontro positivo, se l’assemblea avesse la facoltà di deliberarlo»;
che avverso quest’ultima sentenza propone ricorso per
cassazione, seguìto dal deposito di memoria, il Condominio di via
Caramagna, 25, Torino, illustrando duplice censura e che gli Scarrone
resistono con controricorso;

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20/10/2008;

considerato il primo motivo, con il quale il ricorrente prospetta
violazione degli artt. 1136, co. 4, 1137, cod. civ., 112 e 345, cod.
proc. civ., è fondato, in quanto la discordanza tra quanto posto
all’ordine del giorno e quanto deliberato non aveva formato oggetto di
doglianza di sorta (l’appello era stato imperniato sulla tesi

prima) e nell’atto introduttivo del giudizio di primo grado gli Scarrone
si erano limitati a denunziare l’aumento non giustificato della spesa,
dovendosi osservare:
a) l’opposizione alla deliberazione condominiale si inserisce in
quella categoria di impugnazioni attraverso le quali si contesta la
legittimità di un atto deliberativo, che si assume affetto da specifici
vizi, che il ricorrente ha l’onere di puntualmente individuare,
dovendosi, per contro, nel caso di specie, rilevare che il vizio rilevato
dalla Corte locale, attenente alla discrasia tra ordine del giorno e
deliberato, non era stato sottoposto al vaglio del giudice, chiamato
esclusivamente a verificare la legittimità della delibera per avere
aumentato l’entità della spesa, essendo rimasta così violata la regola
della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato;
b) con il controricorso, ancora oggi, si insiste nell’affermare che
«la difformità tra quanto deliberato e quanto indicato nell’ordine del
giorno» costituiva la ragione dell’invalidità protestata (pag. 10 e
sviluppo seguente), ma una simile puntuale critica non si rinviene
negli atti processuali (scrutinabili in questa sede per la natura in rito
della questione), emergendo, piuttosto, che i condomini dissenzienti
si dolevano non già della deliberazione non totalitaria presa su
questioni non poste all’o. d. g. (nella specie l’aumento del costo
dell’intervento), ma, nel merito, dell’aumento stesso dei costi,
giudicato ingiustificato, rispetto alla delibera del 2005;
c) né vale a salvare la sentenza d’appello la circostanza che la
determinazione potesse ritenersi irragionevolmente contraria alla

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dell’illegittimità della seconda delibera poiché in contrasto con la

prima: trattandosi di atti deliberativi di pari forza, senza che occorra
giustificazione di sorta (salvo l’insorgere d’evidenza di eccesso di
potere), il secondo provvedimento può revocare, derogare o
modificare il primo;
considerato che il secondo motivo, con il quale si assume la

dell’appello, resta assorbito;
considerato che, cassata la sentenza impugnata, non occorre
disporre rinvio, stante che questa Corte è in condizione di decidere
nel merito sulla base di quanto scrutinato, rigettando la domanda
degli Scarrone;
considerato che le spese legali (di merito e di cassazione)
debbono seguire la soccombenza e possono liquidarsi siccome in
dispositivo, tenuto conto del valore e della qualità della causa, nonché
delle attività espletate;
P.Q.M.

accolto il primo motivo, assorbito il secondo, cassa la sentenza
impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda e condanna i
resistenti, in solido, al pagamento delle spese legali dei giudizi di
merito e di legittimità, che si liquidano, per il primo grado, in C
1.000,00 per onorari, in C 700,00 per diritti e in C 300,00 per spese,
per il secondo grado, in C 1.400,00 per compensi e in C 300,00 per
spese e per il giudizio di legittimità, in €1.500,00 per compensi e in C
200,00 per spese.
Così deciso in Roma il giorno 19 aprile 2017.

violazione dell’art. 342, cod. proc. civ., per pretesa genericità

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