Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27905 del 04/12/2020

Cassazione civile sez. VI, 04/12/2020, (ud. 30/09/2020, dep. 04/12/2020), n.27905

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – rel. Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso proposto da:

F.I., alias Fo.Ib., rappr. e dif. dall’avv. Andrea

Faraon, andrea.faraon.venezia.pecavvocati.it, elett. dom. presso lo

studio dell’avv. Luciano Faraon in Roma, via Comano n. 95, come da

procura spillata in calce all’atto;

– ricorrente-

Contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro p.t.

– intimato –

per la cassazione del decreto Trib. Venezia 9.5.2019, cron.

4011/2019, in R.G. 6820/2018;

udita la relazione della causa svolta dal Consigliere relatore Dott.

Ferro Massimo alla camera di consiglio del 30 settembre 2020.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Rilevato che:

1. F.I. impugna il decreto Trib. Venezia 9.5.2019, cron. 4011/2019, in R.G. 6820/2018 che ne ha rigettato il ricorso avverso il provvedimento della competente Commissione territoriale, la quale aveva escluso i presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato, la protezione sussidiaria e altresì quella umanitaria con concessione del permesso di soggiorno;

2. il tribunale ha così: a) premesso la non credibilità del narrato del richiedente, giunto in Italia in aprile 2017, dopo aver lasciato la Guinea Conakry, in relazione alla contraddittoria circostanza di una generica minaccia subita da un gruppo di uomini armati che, nel 2015, avrebbe incontrato dopo aver dato un passaggio in auto ad una donna incontrata per caso e così divenendo costretto a condurre anche quelli in altra città e poi a vendere il mezzo; b) rilevato l’assenza di una situazione persecutoria rilevante sotto il profilo sensibile di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 8, mancando connessione con gruppi di appartenenza o affiliazione politica; c) ritenuto l’estraneità di quanto comunque riferito alla qualificazione dei danni gravi di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, anche per l’assenza di un riscontro individualizzante; d) negato la sussistenza di un conflitto generalizzato nel Paese di provenienza; e) negato il diritto alla protezione umanitaria, stante l’insufficiente integrazione sociale e comunque la mancata prova di uno stato di vulnerabilità;

3. il ricorso descrive due motivi di censura.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Considerato che:

1.con il primo motivo si contesta la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, per la valutazione sulla credibilità effettuata dal tribunale e motivazione apparente; con il secondo motivo si deduce la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, per omesso esercizio dei doveri di cooperazione istruttoria altresì con riguardo alla omessa concessione della protezione umanitaria, che s’imporrebbe alla luce dei fatti esposti e con il rischio in caso di rimpatrio;

2. il primo motivo, per un profilo, è inammissibile, limitandosi esso, al di là della configurazione redazionale, a censurare la motivazione con cui il tribunale ha, sulla base di un quadro giustificativo non convincente, escluso la credibilità del narrato; e proprio la ricostruzione motivata dell’apprezzamento del giudice di merito esclude si sia in presenza di motivazione apparente, non risultando perciò superati i limiti ora posti al relativo vizio dalla novella dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 e tratteggiati da Cass. s.u. 8053/2014; nè sussiste violazione del procedimento che la norma invocata prevede per la verifica della genuinità soggettiva, dandosi invero atto che le contraddizioni e le genericità del narrato, non circostanziato, non sono state ricomposte all’esito dell’audizione giudiziale;

3. il primo motivo, per gli ulteriori profili e il secondo motivo sono inammissibili; va invero ripetuto che “la valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, il quale deve valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, D.Lgs. n. 251 del 2007 ex art. 3, comma. 5, lett. c). Tale apprezzamento di fatto è censurabile in cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, dovendosi escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito” (Cass. 3340/2019); si aggiunge che “una volta che le dichiarazioni del richiedente siano giudicate inattendibili alla stregua degli indicatori di genuinità soggettiva di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, non occorre procedere ad approfondimenti istruttori officiosi, salvo che la mancanza di veridicità derivi esclusivamente dall’impossibilità di fornire riscontri probatori” (Cass. 4892/2019);

4. peraltro la valutazione sulla omessa prospettata individualizzazione di pericoli o gravi rischi, quale esplicitamente enunciata dal tribunale, non è avversata in modo specifico, nè sono allegate possibili specifiche circostanze di pericoli o gravi rischi che sarebbero connessi al rimpatrio, così individualizzando i requisiti di protezione in relazione alla situazione del Paese di provenienza; il ricorso omette di riportare in quali termini eventuali diverse circostanze siano state ritualmente, tempestivamente e con puntualità rappresentativa introdotte avanti al giudice di merito, e con quale decisività non esclusa dal giudice di merito in una valutazione complessiva del narrato, così impedendo – in questa sede e dato il loro richiamo in apparenza effettuato solo con il ricorso in cassazione – ogni controllo di trascuratezza, pur negli stretti limiti della verifica di legittimità sulla motivazione;

5. va invero ricordato, sul punto, che l’obbligo di acquisizione delle informazioni da parte delle Commissioni territoriali e del giudice deve essere osservato in diretto riferimento ai fatti esposti e ai motivi svolti nella richiesta di protezione internazionale, “non potendo per contro il cittadino straniero lamentarsi della mancata attivazione dei poteri istruttori officiosi riferita a circostanze non tempestivamente e ritualmente dedotte, ai fini del riconoscimento della protezione” (cfr. Cass. n. 30105 del 2018, in motivazione, ribadita dalle più recenti Cass. n. 9842 del 2019, nonchè Cass. 1532 e 1533 del 2020); il tribunale ha infatti condotto, con apprezzamento di merito insindacabile in questa sede alla luce degli stringenti limiti di censurabilità della motivazione (Cass. s.u. 8053/2014), una verifica sui presupposti delle tipologie di protezione oggetto di domanda;

6. così come, si aggiunge, non ha trovato alcuna censura la motivata indicazione di insussistenza, nel Paese di riferimento, di conflitto armato, per gli effetti di tutela D.Lgs. n. 251 del 2007 ex art. 14, lett. c) (Cass. 18306/2019);

7. la censura sul diniego di protezione umanitaria, per quanto alfine ripresa nel secondo motivo, è inammissibile, dovendosi ripetere, con Cass. 23778/2019 (pur sulla scia di Cass. 4455/2018), che “occorre il riscontro di “seri motivi” (non tipizzati) diretti a tutelare situazioni di vulnerabilità individuale, mediante una valutazione comparata della vita privata e familiare del richiedente in Italia e nel Paese di origine, che faccia emergere un’effettiva ed incolmabile sproporzione nel godimento dei diritti fondamentali che costituiscono presupposto indispensabile di una vita dignitosa, da correlare però alla specifica vicenda personale del richiedente… altrimenti si finirebbe per prendere in considerazione non già la situazione particolare del singolo soggetto, ma piuttosto quella del suo Paese d’origine in termini del tutto generali ed astratti in contrasto col parametro normativo di cui al D.Lgs. n. 286 cit., art. 5, comma 6″; si tratta di principio ribadito da Cass. s.u. 29460/2019, facendo qui difetto i termini oggettivi di un’effettiva comparabilità, al fine di censire la vulnerabilità del ricorrente, negata dal tribunale, che ha escluso, per la insufficienza e genericità dei richiami offerti, la rilevanza più specifica di altri fattori; questi ultimi non hanno trovato alcun richiamo rituale e oppositivo nemmeno nel ricorso, tale non potendosi apprezzare il generico rinvio al rischio di vita da incarcerazione connessa al rientro e, prima ancora, incertamente legato all’espatrio (per la esclusa credibilità della stessa circostanza); si tratta di prospettazione tanto più necessaria a fronte della perentoria valutazione d’irrilevanza operata dal decreto; l’odierna censura è così inammissibile per genericità e perchè si risolve in un vizio di motivazione, oltre però il limite del novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5;

7. sul punto, va invero aggiunto che “la ritenuta inattendibilità del richiedente la protezione rende comunque impossibile una effettiva valutazione comparativa della situazione soggettiva ed oggettiva del richiedente con riferimento al Paese d’origine, al fine di verificare se il rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti umani, al di sotto del nucleo ineliminabile costitutivo dello statuto della dignità personale, in correlazione con la situazione d’integrazione raggiunta nel Paese d’accoglienza” (Cass. 1088/2020, 780/2019, 25075/2017);

il ricorso va dunque dichiarato inammissibile; sussistono i presupposti processuali per il cd. raddoppio del contributo unificato (Cass. s.u. 4315/2020).

PQM

la Corte dichiara inammissibile il ricorso; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 30 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 4 dicembre 2020

 

 

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