Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27904 del 23/11/2017


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Civile Ord. Sez. 2 Num. 27904 Anno 2017
Presidente: MANNA FELICE
Relatore: GRASSO GIUSEPPE

ORDINANZA

sul ricorso 10918-2014 proposto da:
TURCHETTI

GUIDO

TRCGDU59B04B4320,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIALE G. MAZZINI 146, presso lo
studio dell’avvocato EZIO SPAZIANI TESTA, che lo
rappresenta e difende unitamente agli avvocati VITTORIO
COGO, MARCO DE CRISTOFARO;
ricorrente e c/ricorrente incidentale
contro
2017

STEFANI GIAMPAOLA, domiciliata in ROMA, P.ZA CAVOUR
presso la CORTE di CASSAZIONE rappresentata e difensa
dall’avvocato GIANFRANCO GOLLIN;
ROMAGNOLO WILLIAM, elettivamente domiciliato in ROMA,
V.DELLA VITTORIA 36-40, presso lo studio dell’avvocato
LUIGI ROSARIO PERONE, che lo rappresenta e difende

Data pubblicazione: 23/11/2017

unitamente agli avvocati MARCO LOCAS,

BENEDETTO

COSTANTINO;
MODENESI PIERPAOLO domiciliato in ROMA, P.ZA CAVOUR
presso la CORTE di CASSAZIONE rappresentato e difenso
dall’avvocato UBERTONE MASSIMO;

nonchè contro

SALERNO MARIA, STEFANI MARIA, STEFANI BERNARDO, STEFANI
CELIO, STEFANI GIANNI;
– intimati –

avverso la sentenza n. 1253/2013 della CORTE D’APPELLO
di VENEZIA, depositata il 30/05/2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 28/06/2017 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE
GRASSO.

– controricorrenti incidentali –

Ritenuto che il Tribunale di Rovigo, con sentenza n. 272/08,
condannò gli eredi di Giuseppe Stefani ad eliminare i vizi
dell’immobile di proprietà di William Romagnolo, il quale, con
contratto d’appalto del 31/7/1985, integrato con il preventivo di
spesa il 5/2/1987, aveva commesso al primo la costruzione di un

progettista, alla eliminazione dei vizi che affettavano i solai e la zona
di collegamento fra il nuovo ed il preesistente edificio; rigettò, invece,
l’opposizione proposta avverso il decreto ingiuntivo, a suo tempo
emesso in favore di Guido Turchetti, geometra e direttore dei lavori e
condannò parte attrice al pagamento di quanto liquidato a titolo di
compensi in favore del professionista;
che la Corte d’appello di Venezia, con sentenza pubblicata il 30
maggio 2013, accolto l’appello principale avanzato dal Romagnolo, in
riforma della sentenza di primo grado, revocò il decreto ingiuntivo di
cui detto e condannò il Turchetti ad eseguire, in solido con gli eredi
dello Stefani, quanto previsto nel capo a) della sentenza di primo
grado, nonché, sempre in solido con gli Stefani, a corrispondere la
somma mensile di C 250 dal giugno 1989 al saldo, oltre interessi; in
accoglimento dell’appello incidentale del Modonesi, in riforma della
sentenza di primo grado, rigettò tutte le domande del Romagnolo,
che condannò a rifondere al Modonesi la somma di C 155,61, oltre
interessi;
ritenuto che avverso la statuizione d’appello propone ricorso per
cassazione il Turchetti, allegando quattro motivi di censura, che qui,
in sintesi, si riprendono nei termini seguenti:
a) violazione dell’art. 1362, cod. civ. e omesso esame di un fatto
decisivo, addebitandosi alla Corte di merito di non avere indagato la
comune volontà delle parti, risultante dall’art. 21 del contratto di
appalto, dal quale si ricavava che era stata assegnata all’appaltatore

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magazzino, condannò Pierpaolo Modenesi, quale ingegnere

ampia autonomia organizzativa ed operativa, non potendo il direttore
dei lavori sindacarne l’operato, se non a realizzazione effettuata;
b) violazione dell’art. 1227, cod. civ. ed omesso esame di un fatto
decisivo, addebitandosi alla Corte veneta di avere attribuito l’intera
responsabilità della imperfetta realizzazione dei solai al Turchetti,

non pretendere immediatamente dallo Stefani la demolizione, avendo
preferito avviare una trattativa;
c) omesso esame id un fatto decisivo, sul punto delle fessurazioni
causate dall’esilità delle murature perimetrali, stante che ciò era
dipeso dal progetto del Modonesi, il quale non aveva previsto
adeguate staffature metalliche di sostegno;
d) violazione degli artt. 1176, co. 2, 1218 e 2236, cod. civ.,
addebitandosi alla Corte locale di avere assegnato a colpa del
direttore dei lavori il mancato controllo della qualità del calcestruzzo
delle fondamenta, nonostante che ciò avrebbe richiesto analisi
chimico-fisiche di laboratorio (Cass., n. 4454, 20/3/2012);
ritenuto che Giampaola Stefani resiste con controricorso, in seno
al quale propone ricorso incidentale nei confronti del Romagnolo,
articolato in una sola censura, con la quale viene dedotta la violazione
degli artt. 2056, 1223 e 1227, cod. civ., addebitandosi alla Corte
locale di non avere tenuto conto, nel condannare la esponente al 50%
del danno locativo, del comportamento del Romagnolo, il quale, dopo
avere in un primo momento accettato la definizione proposta da un
collegio peritale, aveva cambiato opinione richiedendo alla P.A. la
sospensione della pratica per ottenere l’agibilità, lasciando l’immobile
in stato d’abbandono;
ritenuto che Pierpaolo Modonesi resiste con controricorso, in seno
al quale propone ricorso incidentale condizionato all’accoglimento
eventuale del ricorso incidentale del Romagnolo (di cui appresso),
articolato in unico motivo, con il quale deduce la violazione dell’art.

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omettendo di considerare che era stato il Romagnolo a decidere di

1667, cod. civ., assumendo che, tenuto conto della natura
contrattuale della propria responsabilità, affermata dalla sentenza di
primo grado, erroneamente la Corte locale aveva disatteso l’eccezione
di prescrizione e decadenza di cui all’art. 2226, cod. civ., facendo
implicito riferimento all’orientamento espresso dalle S.U., con la

William Romagnolo resiste con controricorso, in seno al quale
propone ricorso incidentale, allegando 9 motivi a corredo, che si
riprendono in sintesi come appresso:
1) omesso esame di un fatto decisivo, non avendo la sentenza
d’appello esaminato tute le numerose eccezioni proposte;
2) violazione dell’art. 1668, cod. civ. ed omesso esame di un fatto
decisivo, avendo la sentenza d’appello rigettato la domanda di
risoluzione ed avendo omesso di esaminare la destinazione e la
funzione dell’opera;
3) omesso esame di un fatto decisivo per non essere stata accolta
la domanda di condanna delle controparti alla totale demolizione
dell’opera;
4) omesso esame di un fatto decisivo, per non avere condannato
le controparti al ripristino dell’immobile preesistente, danneggiato
dalla difettosa costruzione del nuovo edificio;
5) omesso esame di un fatto decisivo, per non essere stata
emessa condanna a riguardo del danno derivante dalle imperfezioni
delle fondamenta;
6) omesso esame di un fatto decisivo per essere stato affermato il
concorso del Romagnolo;
7) omesso esame di un fatto decisivo, per essere stata rigettata la
domanda con la quale il Romagnolo aveva chiesto risarcirsi il danno
«per la forzata perdurante impossibilità di procedere alla prevista
sopraelevazione>>;

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sentenza n. 15781/05;

8) violazione e falsa applicazione dell’art. 3, I. 5/11/1971, n.
1086, nonché del d.m. 21/1/1981, nonché omesso esame di un fatto
decisivo, per essere stata riformata la sentenza di primo grado nella
parte in cui aveva condannato il Modonesi ad eliminare i vizi relativi ai
solai e alla zona di collegamento fra l’edificio nuovo e quello

9) violazione dell’art. 91, cod. proc. civ. ed omesso esame di un
fatto decisivo, per avere la sentenza impugnata compensato le spese
di lite e di CTU tra l’appellante principale (Romagnolo) e gli appellata
eredi Stefani e Turchetti nella misura di 1/4;
ritenuto che Giampaola Stefani ha depositato rinuncia agli atti;
considerato che la rinuncia della Stefani, controricorrente e
ricorrente incidentale nei confronti del solo Romagnolo, produce
effetto estintivo del predetto atto d’impulso censuratorio (ricorso
incidentale), senza che occorra acquisizione di accettazione della
parte interessata (cfr., da ultimo, Sez. 6 – L, n. 3971, 26/02/2015,
Rv. 634622), nel mentre, non assume rilievo quanto alla posizione di
mera controricorrente, che si difende dall’altrui iniziativa;
considerato che nessuna delle censure sopra esposte coglie nel
segno, trattandosi, senza eccezione alcuna (salvo, come si vedrà la
posizione del Modonesi), di tentativi, anche grossolanamente
evidenti, di rimettere in discussione in sede di legittimità il merito
della decisione, operazione questa, come noto, preclusa al Giudice di
legittimità, il quale non ha modo di attingere al fascicolo e deve
limitarsi a prendere in considerazioni le violazioni di legge
evidenziate;
considerato che la reiterata invocazione del vizio motivazionale,
trovando, peraltro, qui applicazione il testo del n. 5 dell’art. 360, cod.
proc. civ., siccome restrittivamente riscritto con la novella apportata
dall’art. 54, comma 1, lett. b), del d. I. 22/6/2012, n. 83, convertito
con modificazioni nella I. 7/8/2012, n. 134, è radicalmente

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preesistente;

impertinente: come appare chiaro i ricorrenti non si dolgono
dell’omesso esame di un fatto controverso e decisivo, ma contestano
il decisum, auspicandone uno diverso e di maggior favore;
considerato, in particolare, che: I) i primi tre motivi del Turchetti
evidenziano, piuttosto vistosamente, l’obiettivo di riesaminare il fatto,

stante che il ricorrente non solo avrebbe dovuto fare esplicito
riferimento alle regole legali d’interpretazione mediante specifica
indicazione delle norme asseritamente violate ed ai principi in esse
contenuti, ma è tenuto, altresì, a precisare in qual modo e con quali
considerazioni il giudice del merito siasi discostato dai canoni legali
assuntivamente violati o questi abbia applicati sulla base di
argomentazioni illogiche od insufficienti (ex pluribus, da ultimo, Cass.
9.8.04

n. 15381,

23.7.04

n. 13839,

21.7.04

n. 13579.

16.3.04

n. 5359, 19.1.04 n. 753; Sez. 2, n. 18587, 29/10/2012; si veda
anche, per la ricchezza di richiami, Sez. 6-3, n. 2988, 7/2/2013); II)
che il quarto motivo non si misura con l’evidenza derivante dal ruolo
di direttore dei lavori, il quale ha il dovere di rendere particolarmente
attiva la propria vigilanza nei momenti di maggior criticità e rilievo dei
lavori, quale indubbiamente il getto delle fondamenta, avvalendosi
della propria specifica competenza nella valutazione dei materiali da
costruzione, la cui consistenza, composizione e qualità non può
sfuggire del tutto alla sua osservazione; III) tutti i motivi esposti dal
Romagnolo si riducono alla manifestazione aspecifica di generica
contrarietà alle determinazioni giudiziali avversate, peraltro priva di
autosufficienza;
considerato che il ricorso incidentale condizionato del Modonesi
resta assorbito dall’epilogo;
considerato che le spese legali, da liquidarsi siccome in
dispositivo, tenuto conto del valore e della qualità della causa, nonché
delle attività espletate, debbono regolarsi tenendo conto che: il

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e il richiamo all’art. 1362, cod. civ. non è che un mero escamotage,

Turchetti, ricorrente principale, deve tenere indenni i suoi
contraddittori vincitori (Romagnolo e Modonesi) e che tra la Stefani e
il Romagnolo può disporsi compensazione, tenuto conto della
condotta non causidica della prima per avere rinunziato agli atti
(come, da ultimo ricordato dalla citata ordinanza, n. 3971, la rinunzia

considerato che, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n.
115/02 (inserito dall’art. 1, comma 17 legge n. 228/12) applicabile
ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente
al 30 gennaio 2013), ricorrono i presupposti per il raddoppio del
versamento del contributo unificato da parte del ricorrente principale,
a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, nel mentre la norma in
parola non trova applicazione in caso di rinuncia al ricorso per
cassazione in quanto la prevista misura si applica ai soli casi – tipici del rigetto dell’impugnazione o della sua declaratoria d’inammissibilità
o improcedibilità e, trattandosi di misura eccezionale, “lato sensu”
sanzionatoria, è di stretta interpretazione e non suscettibile, pertanto,
di interpretazione estensiva o analogica (Sez. 6, n. 23175,
12/11/2015, Rv. 637676).
P.Q.M.
rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito quello incidentale
del Modonesi; rigetta il ricorso incidentale del Romagnolo; dichiara
estinto il procedimento in relazione al ricorso incidentale della
Stefani; condanna il Turchetti al pagamento, in favore del Romagnolo
e del Modonesi, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida, per
ciascuno di loro, in euro 3.000,00 per compensi, oltre alle spese
forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro
200,00, ed agli accessori di legge; compensa le spese legali fra il
Romagnolo e la Stefani.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, inserito
dall’art. 1, comma 17 legge n. 228/12, dichiara la sussistenza dei

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in sé non esonera dalle spese);

presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello

dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.

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