Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27904 del 04/12/2020

Cassazione civile sez. VI, 04/12/2020, (ud. 30/09/2020, dep. 04/12/2020), n.27904

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – rel. Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso proposto da:

S.M., rappr. e dif. dall’avv. Teresa Vassallo,

studiolegalevassalloteresa.pec.it, elett. dom. presso lo studio

dello stesso in Verona, via Cesare Battisti n. 2, come da procura

spillata in calce all’atto;

– ricorrente –

Contro

MINISTERO DELL’INTERNO;

– intimato –

per la cassazione del decreto App. Venezia 10.4.2019, n. 1565/2019,

in R.G. 1630/2018;

udita la relazione della causa svolta dal Consigliere relatore Dott.

Ferro Massimo alla camera di consiglio del 30.9.2020.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Rilevato che:

1. S.M. impugna il decreto App. Venezia 10.4.2019, n. 1565/2019, in R.G. 1630/2018 che ne ha ritenuto inammissibile l’appello avverso il decreto Trib. Venezia 22.3.2018 (reso nel proc. 10859/2017), il quale aveva deciso sulla “richiesta di più forme di protezione”, escludendo i relativi presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato, la protezione sussidiaria e altresì quella umanitaria con concessione del permesso di soggiorno;

2. la corte d’appello, rilevata l’applicazione alla controversia della disciplina di cui al D.L. n. 13 del 2017 e dunque considerando il rinvio del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35, comma 2, al successivo art. 35bis, e non più al D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 19, ha concluso che avverso il decreto collegiale reso dal tribunale doveva essere interposto ricorso per cassazione, non essendo più consentito l’appello, come invece esperito;

3. il ricorso è su due motivi.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Considerato che:

1. il ricorso, nella sua intestazione, dichiara di essere diretto avverso il citato decreto del tribunale “a seguito della sentenza n. 1565/2019 pubblicata in data 10 aprile 2019… emessa dalla Corte d’appello di Venezia”; nella esposizione dei motivi, la censura sostanzialmente avversa la motivazione adottata dalla corte d’appello, invocando la incertezza normativa e dunque la rimessione in termini per proporre il ricorso per cassazione avverso il decreto del tribunale e adduce altresì la motivazione apparente, per omesso esame dei requisiti della protezione umanitaria del richiedente (proveniente dal Bangladesh);

2. il ricorso è infondato; se impugnazione diretta contro il decreto del tribunale, esso è manifestamente tardivo, posto comunque l’avvenuto decorso anche del termine lungo decorrente dalla pubblicazione e confrontato con la data, eccedente il semestre, di notifica del presente ricorso;

3. ove l’impugnazione sia invece da considerare come diretta avverso la pronuncia della corte d’appello, ne rileva la infondatezza, poichè, per i giudizi “aventi ad oggetto il riconoscimento della protezione internazionale del cittadino straniero, introdotta con il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, comma 14” rispetto ai ricorsi avverso le decisioni delle commissioni territoriali emesse e comunicate (o notificate) successivamente alla data del 17 agosto 2017, così come non opera la sospensione feriale, trova applicazione “la vigenza della nuova disciplina legislativa processuale differita a tale data” (Cass. 22304/2019); nella fattispecie, risulta pacifico che la decisione reiettiva della commissione territoriale è stata oggetto di comunicazione solo successiva alla menzionata data (22.3.2018), così come non è controverso che il tribunale ha rigettato tutte le richieste di protezione, già disattese dalla commissione territoriale, conseguendone la piena applicabilità del regime impugnatorio introdotto dal D.L. 17 febbraio 2017, n. 13, conv. nella L. 13 aprile 2017, n. 46 che ha disposto applicarsi la modifica al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35bis, “alle cause e ai procedimenti giudiziari sorti” dopo il 180 giorno dalla entrata in vigore del decreto legge, dunque dal 18 agosto 2017 (Cass. 18295/2018, 30970/2019, 30040/2019);

si tratta di un termine sufficientemente ampio per precludere, in limine, ogni prospettabilità giustificativa di una causa di rimessione in termini di mero riferimento all’interpretazione della norma;

il ricorso va pertanto rigettato; sussistono i presupposti processuali per il cd. raddoppio del contributo unificato (Cass. s.u. 4315/2020).

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 30 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 4 dicembre 2020

 

 

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