Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27903 del 23/11/2017


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Ord. Sez. 2 Num. 27903 Anno 2017
Presidente: MANNA FELICE
Relatore: PICARONI ELISA

ORDINANZA

sul ricorso 11073-2014 proposto da:

Data pubblicazione: 23/11/2017

BIANCHINI GIOVANNA BNCGNN36A51A783E, CAPOSSELA DANIELE,1-fre, /
elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DI SAN ERASMO,
19, presso lo studio dell’avvocato DILETTA BOCCHINI,
rappresentati e difesi dagli avvocati MARIA LANNI,
NAZZARENO LANNI;
– ricorrenti contro

2017

NARDONE GIUSEPPE, NARDONE PELLEGRINO NRDPLG66C26A7830;
– intimati

1899

avverso la sentenza n. 1048/2013 della CORTE D’APPELLO
di NAPOLI, depositata il 10/03/2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 28/06/2017 dal Consigliere Dott. ELISA

\

,

P I CARON I .

FATTI DI CAUSA
1. Il Tribunale di Benevento, con la sentenza n. 583 del 2007,
condannò gli eredi di Pasquale Capossela al pagamento di euro
54.219,13, oltre interessi in favore di Giuseppe Nardone, a
titolo di residuo prezzo dei lavori oggetto di contratto di

causa Pellegrino Nardone al pagamento, rispettivamente, di
euro 2931,69 oltre interessi e di euro 7.341,03 oltre interessi,
nonché al pagamento, in solido, di euro 30.719,62 oltre
interessi in favore degli eredi Capossela.
2. La Corte d’appello di Napoli, con sentenza depositata in data
10 marzo 2013, ha accolto parzialmente l’appello principale
proposto dai fratelli Giuseppe e Pellegrino Nardone, e per
l’effetto ha ritenuto non dovuto dagli stessi l’importo di euro
30.719,62 relativo al pagamento dei lavori eseguiti nel “Cortile
S. Filippo”, di proprietà dei medesimi Nardone, per difetto di
prova, ritenendo che la documentazione contabile prodotta
dalla controparte non fosse chiaramene riferibile al predetto
Cortile S. Filippo.
3. Daniele Capossela, Silvano Capossela e Giovanna Bianchini
ricorrono per la cassazione della sentenza sulla base di un
motivo, illustrato da memoria. Sono rimasti intimati Giuseppe
Nardone e Pellegrino Nardone.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Preliminarmente deve essere esaminata l’eccezione di
illegittimità costituzionale dell’art. 380-bis 1 cod. proc. civ. per
violazione dell’art. 24 Cost.
In assunto dei ricorrenti, la norma processuale sarebbe lesiva
del principio di difesa nella parte in cui «non prevede
espressamente la possibilità di conoscere le ragioni che hanno

subappalto, e condannò Giuseppe Nardone e il chiamato in

indotto la trattazione camerale e non prevede la comunicazione
alle parti delle conclusioni scritte del Procuratore generale».
1.1. L’eccezione è manifestamente infondata. Come già
affermato da questa Corte, la trattazione con il rito camerale è
pienamente rispettosa sia del diritto di difesa delle parti – le

del giorno fissato per l’adunanza, possono esporre
compiutamente i propri assunti – sia del principio del
contraddittorio, anche nei confronti del P.G., sulle cui
conclusioni è sempre consentito svolgere osservazioni scritte
(Cass. 05/04/2017, n. 8869).
Le ragioni che inducono alla trattazione camerale sono
desumibili dalle norme introdotte dal decreto-legge n. 168 del
2016, convertito con modificazioni dalla legge n. 197 del 2016,
con cui il legislatore ha ridisegnato il giudizio di cassazione,
nell’esercizio del potere discrezionale di conformazione del
processo, con il solo limite, nella specie rispettato, di
salvaguardare il diritto di difesa e del giusto processo.
2. Il ricorso è infondato.
2.1. Con l’unico motivo i ricorrenti denunciano, in riferimento
all’art. 360, n. 5, cod. proc. civ., esame parziale delle
risultanze probatorie e «omesso esame di un punto decisivo
con travisamento degli stessi in ordine alla titolarità dei beni».
Assumono i ricorrenti che la titolarità dell’area denominata
“Cortile S. Filippo” in capo ai fratelli Nardone era stata
confermata dal CTU, e che pertanto non era dubitabile che la
contabilità dei lavori riguardante il “Cortile S. Filipposi riferisse
alla predetta area.
3. La doglianza è inammissibile in quanto non coglie la ratio
decidendi della sentenza impugnata.

2

quali, tempestivamente avvisate entro un termine adeguato

I’

3.1. La Corte d’appello non ha messo in discussione la titolarità
dell’area denominata Cortile S. Filippo, ma ha escluso,
argomentando dalla relazione di CTU e dai successivi
chiarimenti, che la documentazione contabile in atti
dimostrasse quali lavori e per quali importi erano stati

L’assunto dei ricorrenti, secondo cui dalla titolarità del Cortile
S.Filippo in capo ai fratelli Nardone discenderebbe che la
contabilità relativa al Cortile S. Filippo si riferisca alla proprietà
Nardone, non si confronta con i numerosi rilievi critici (pagg. 4
e 5 della sentenza) in forza dei quali la stessa Corte ha ritenuto
inattendibile il riferimento contenuto nella la documentazione
contabile riferita al Cortile.
3.2. Per il resto, la censura si risolve nella sollecitazione di un
nuovo esame del materiale probatorio, che è attività estranea
al giudizio di legittimità, senza peraltro denunciare il vizio di
motivazione all’interno del paradigma delineato dall’art. 360, n.
5, cod. proc. civ., nel testo vigente, applicabile

ratione

temporis al presente ricorso.

Secondo il diritto vivente (a partire da Cass. Sez. U.
07/04/2014, n. 8053), l’art. 360, n. 5, cod. proc. civ., nel testo
modificato con il decreto-legge n. 83 del 2012, convertito dalla
legge n. 134 del 2012, introduce nell’ordinamento un vizio
specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso
esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui
esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti
processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le
parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato,
avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne
consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni degli artt.
366, primo comma, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4, cod.
3

effettuati in quell’area.

proc. civ., il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui
esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da
cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia
stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua
“decisività”. L’omesso esame di elementi istruttori non integra,

il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in
considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia
dato conto di tutte le risultanze probatorie, e rimane esclusa
qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della
motivazione.
4. Il ricorso è rigettato senza pronuncia sulle spese del ricorso,
in mancanza di attività difensiva degli intimati. Sussistono i
presupposti per il raddoppio del contributo unificato.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del
2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il
versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a
titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso,
a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda

di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA