Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27902 del 04/12/2020

Cassazione civile sez. VI, 04/12/2020, (ud. 30/09/2020, dep. 04/12/2020), n.27902

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – rel. Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso proposto da:

C.G. rappr. e dif. dall’avv. Natale Filiberto,

elettivamente domiciliato in Roma, presso lo studio dell’avv. Cinzia

Di Marco, alla Piazza Buenos Aires, n. 5, come da procura in calce

all’atto;

– ricorrente –

Contro

FALLIMENTO (OMISSIS) s.p.a. ((OMISSIS)), in persona del curatore

fall. p.t.

– intimato –

per la cassazione del decreto Trib. Crotone 23/07/2018, n. cron.

7565/2018, in R.G. n. 1048/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

giorno 30 settembre 2020 dal Consigliere relatore Dott. Ferro

Massimo.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Rilevato che:

1. C.G. impugna il decreto Trib. Crotone 23/07/2018, n. cron. 7565/2018, in R.G. n. 1048/2017 che ha rigettato la sua opposizione allo stato passivo proposta L. Fall. ex art. 98 avverso il decreto con cui il giudice delegato del fallimento (OMISSIS) s.p.a. ((OMISSIS)) non aveva ammesso il proprio credito di 32.139,71 Euro, in via privilegiata ex art. 2751-bis c.p.c., n. 2, in virtù dell’attività svolta in favore della società in bonis quale presidente del consiglio di sorveglianza per gli anni 2013-2015;

1. il tribunale ha premesso che nel sistema di governance (dualistico) adottato dalla società fallita, il consiglio di sorveglianza assume compiti sia di controllo sia di indirizzo verso la gestione, quali normalmente attribuiti all’assemblea dei soci; secondo il decreto: a) il ricorrente non ha dedotto nè dimostrato quali effettive attività abbia esercitato in raccordo con la carica di presidente del consiglio di sorveglianza, nè i criteri utilizzati per distinguere i compensi a tale titolo nel credito complessivo insinuato; b) è mancata la prova delle reali funzioni di controllo espletate dall’organo collegiale e dal ricorrente, nemmeno ipotizzabili stante la mancata produzione dello statuto; c) non era fondata la richiesta d’istruzione testimoniale, documentalmente supportata, ma in modo inidoneo, da una “mera fotocopia di un prospetto” senza data certa e non sottoscritto, non provatamente riferibile, come partitario contabile, alla contabilità della fallita, non opponibile al fallimento e al più utile per il quantum, non per l’an del credito; d) simile rigetto si giustificava per la generica istanza di esibizione della documentazione contabile;

2. il ricorso è su quattro motivi; il ricorrente ha depositato memoria;

3. con il ricorso si deduce: a) (primo motivo) violazione della L. Fall., art. 99, considerando che la curatela fallimentare, nel provvedere alla propria costituzione in giudizio, non ha rispettato i termini di legge e ha introdotto altre ragioni di esclusione del credito; b) violazione degli artt. 115,116,210,233 e 234 c.p.c. per il mancato accertamento dei fatti di causa, quale effetto del diniego dei mezzi istruttori richiesti; c) (terzo motivo) violazione dell’art. 112 c.p.c., poichè il collegio avrebbe esaminato, per la prima volta, l’an del credito, contestando al ricorrente lo stesso svolgimento della prestazione; d) (quarto motivo) nullità della sentenza per vizio di motivazione, avendo il collegio omesso di motivare il diniego alle richieste istruttorie tempestivamente richieste negli atti del giudizio.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Considerato che:

1. il primo motivo è infondato; la L. Fall., art. 99, configurando il giudizio di opposizione allo stato passivo in senso impugnatorio, soltanto “esclude l’ammissibilità di domande nuove, non proposte nel grado precedente, quali le domande riconvenzionali, non essendo tali domande previste dal comma 5 di tale disposizione, il quale contiene la precisa indicazione del contenuto della memoria difensiva del curatore fallimentare e specificamente delle difese che in quella sede devono essere svolte a pena di decadenza, comprensiva delle eccezioni e delle prove” (Cass. 6900/2010); nel caso di specie, emerge che, già dalla elencazione riportata dal ricorrente, la documentazione depositata dalla curatela, pur costituitasi tardivamente (circostanza elevata ad eccezione, esaminata e decisa dal tribunale), non abbia rivestito ruolo decisivo ai fini della pronuncia finale del tribunale (cioè sul punto di censura), trattandosi del ricorso in opposizione, dell’istanza dei curatori di costituirsi, del verbale di verifica e della sentenza di fallimento; parimenti, la costituzione della curatela, avversando l’accoglimento della opposizione, ha integrato mera attività difensiva, del tutto compatibile con la finalità di contestare l’opposizione stessa, già avente ad oggetto la mancata ammissione di un credito per difetto di prova delle relative prestazioni e su tale base riproposta nelle tesi della curatela; appare cioè rispettato il principio per cui “il riesame, a cognizione piena, del risultato della cognizione sommaria proprio della verifica, demandato al giudice dell’opposizione, se esclude l’immutazione del “thema disputandum” e non ammette l’introduzione di domande riconvenzionali della curatela, non ne comprime tuttavia il diritto di difesa, consentendo, quindi, la formulazione di eccezioni non sottoposte all’esame del giudice delegato” (Cass.19003/2017) e a maggior ragione di un’enunciazione di mero sostegno argomentato al provvedimento impugnato;

2. il secondo e quarto motivo, da trattare in via congiunta perchè connessi, sono inammissibili; va in primo luogo negato che il tribunale abbia omesso di motivare sul diniego dei mezzi istruttori proposti, difettando piuttosto il ricorso, quanto ad uno di essi (il giuramento decisorio, pag.29), di una essenziale prospettazione di autosufficienza e di allegata ritualità nell’introduzione nel giudizio (essendo pacifica la sua tardiva formulazione, “nella memoria conclusiva”), mancando così un preliminare requisito di esaminabilità della doglianza;

3. va poi ribadito che “al curatore… che agisca non in via di successione in un rapporto precedentemente facente capo al fallito ma nella sua funzione di gestione del patrimonio di costui, non è opponibile l’efficacia probatoria tra imprenditori, di cui agli artt. 2709 e 2710 c.c., delle scritture contabili regolarmente tenute, senza che tale inopponibilità, in sede di accertamento del passivo, resti preclusa ove non eccepita, trattandosi di eccezione in senso lato – e, dunque, rilevabile d’ufficio in caso di inerzia del curatore – poichè non si riconnette ad una azione necessaria dell’organo ma al regime dell’accertamento del passivo in sè, nel cui ambito il curatore, quale rappresentante della massa dei creditori, si pone in posizione di terzietà rispetto all’imprenditore fallito” (Cass. 14054/2015, 15947/2017, 22053/2019); e il tribunale ha motivato sulla mancata ammissione, confermando il principio “che nella complessiva valutazione di insufficienza di prova dei fatti posti a fondamento dei crediti vantati, anche gli elementi indiziari ricavabili da tali scritture contabili non avrebbero potuto fornire la prova ritenuta carente” (Cass. 6585/2018);

4. il terzo motivo è inammissibile, per plurimi profili; erra il ricorso ove fonda una preclusione al tribunale ad esaminare il merito della domanda in sola relazione all’osservazione letterale con cui i curatori avrebbero riportato la carica del creditore quale “presidente del consiglio di sorveglianza”, con ciò delimitando l’oggetto dell’accertamento; in realtà, come riportato nel decreto, già il giudice delegato aveva negato essersi formata, nella fase sommaria, la prova del credito; il tribunale, a sua volta e coerentemente, ha respinto l’opposizione, ancora nel merito, poichè il ricorrente “nulla ha dedotto in ordine all’effettivo esercizio delle attività ad esso demandate quale presidente dell’organo di controllo”; tale parte essenziale della motivazione non è stata censurata in modo idoneo;

5. nè ha trovato menzione critica, nel ricorso odierno, la valutazione di insufficienza del corredo documentale recato a sostegno della opposizione, al pari della rilevata lacuna circa il deposito dello statuto della società (Cass. 9752/2017); si tratta di parte decisiva della pronuncia, avendo invero premesso il tribunale che il consiglio di sorveglianza non ha solo compiti di controllo e la domanda proveniva dal suo presidente;

6. sul primo punto, se dunque si potrebbe astrattamente richiamare l’indirizzo di Cass. 1579/1975 (che ha previsto la concessione del privilegio ai sindaci, ex art. 2751bis c.c., n. 2) il decreto ha correttamente osservato che, dati i limiti già di allegazione, nella domanda non era possibile discernere tra attività di vigilanza, controllo e verifica (astrattamente passibili di trattamento privilegiato) e altre, d’indirizzo rivolto alla gestione o di affiancamento all’amministrazione, nemmeno enunciate;

7. inoltre il ricorrente non ha censurato la parte del decreto che ha stigmatizzato l’omessa allegazione delle attività specifiche svolte dal presidente del collegio, organo a sua volta distinto dal consiglio di sorveglianza ex art. 2409-duodecies c.c. e pertanto (potenziale) creditore per prestazioni anche autonome; per entrambi i punti, infine, si osserva che la invocata qualificazione prelatizia del credito, doveva confrontarsi con una ordinata prospettazione cronologica delle prestazioni svolte, così da assolvere al principio – formulato da Cass. 15828/2018 ma in thesi replicabile, data la omologia di attività intellettuale svolta – per cui “il compenso spettante al sindaco di una società ha carattere unitario corrispondente all’attività svolta nell’intero esercizio sociale annuale… il che tuttavia non significa che la retribuzione annuale dei sindaci delle società di cui all’art. 2402 c.c. costituisca un debito unico per tutta la durata della carica, semplicemente ripartito in più annualità, dovendosi al contrario individuare distinti crediti annuali (Cass. 3496/1972); il termine temporale costituito dagli “ultimi due anni di prestazione” di cui all’art. 2751-bis c.c., n. 2, deve poi essere riferito alla complessiva attività di prestazione d’opera intellettuale (Cass. 2542/1983) in questione, sicchè restano fuori dal privilegio i compensi annuali maturati in data anteriore al biennio precedente la cessazione del complessivo rapporto (Cass. 20755/2015, Cass. 1740/2014)”; nella specie, risultando il fallimento dichiarato nel 2016, la eventuale causa prelatizia non potrebbe riferirsi indistintamente a tutte le annualità di prestazioni, quali svolte dal 2013 al 2015;

il ricorso va pertanto rigettato; sussistono i presupposti processuali per il versamento del cd. raddoppio del contributo unificato.

PQM

la Corte rigetta il ricorso; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 30 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 4 dicembre 2020

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