Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27900 del 04/12/2020

Cassazione civile sez. VI, 04/12/2020, (ud. 30/09/2020, dep. 04/12/2020), n.27900

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – rel. Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso proposto da:

POLITRASF s.r.l., in persona dell’amministratore e l.r.p.t., rappr. e

dif. dall’avv. Gennaro d’Andria e dall’avv. Gabriele Ferabecoli,

elettivamente domiciliata presso lo studio del secondo, in Roma, via

Trionfale n. 5637, come da procura in calce all’atto;

– ricorrente –

contro

SILIA s.p.a., IN AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA, in persona dei

commissari p.t., rappresentata e difesa dall’avv. Daniele Portinaro,

ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Milano, via

Solferino, n. 7, daniele.portinaro.milano.pecavvocati.it;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza App. Torino 31.05.2016, n. 927/2016,

in R.G. n. 442/2014, rep. 931/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

giorno 30 settembre 2020 dal Consigliere relatore Dott. Massimo

Ferro.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Rilevato che:

1. POLITRASF s.r.l. impugna la sentenza App. Torino 31.05.2016, n. 927/2016, in R.G. n. 442/2014, rep. 931/2016, che ha rigettato il suo appello avverso la sentenza Trib. Casale Monferrato 17.7.2013 che, in accoglimento della domanda di revocatoria L. Fall., ex art. 67, comma 2, proposta da Silia s.p.a., in amministrazione straordinaria, aveva condannato la ricorrente al pagamento di Euro 308.535,25;

2. la corte premetteva che la società Silia s.p.a. dapprima aveva chiesto di essere ammessa all’amministrazione controllata (con ricorso del 27.4.2005), venendo ammessa a quella procedura (4.5.2005), conseguendo poi la dichiarazione d’insolvenza del tribunale (il 22.5.2006) per poi entrare in amministrazione straordinaria (con provvedimento del 6.6.2006), dove il programma di cessione D.Lgs. n. 270 del 1999, ex art. 54, era approvato con D.M. 31 luglio 2006, e attuato il 26.7.2006; secondo la sentenza: a) Silia aveva pagato nei 6 mesi anteriori al deposito della domanda di accesso alla prima procedura somme a saldo di forniture nel frattempo continuate, nonostante una ricognizione di debito pregresso, non onorato sebbene oggetto di rientro concordato per rate (del gennaio 2005); b) era infondata l’eccezione di prescrizione, immune da lettura di sospetta incostituzionalità, non decorrendo il termine dall’apertura della amministrazione straordinaria bensì dall’accesso alla precedente; c) anche per il computo del periodo sospetto doveva considerarsi la consecuzione tra amministrazione controllata e amministrazione straordinaria, confermandosi il calcolo a ritroso partendo dalla domanda di ammissione alla prima (e non dal relativo decreto del tribunale), posto che i primi effetti protettivi e preclusivi iniziavano da quell’evento, per come la L. Fall., art. 188, richiamava la L. Fall., art. 168; d) i pagamenti revocati, per una parte erano in esecuzione di un piano di rientro (per altre somme non onorato e a prescindere dalla non revoca anche del piano, in sè irrilevante) e per altra parte comunque effettuati (in relazione ad un debito anche prima già ingente) con modalità e termini anomali rispetto al pregresso, infatti “a vista”, una prassi inusuale e non provatamente pacifica fra le due imprese, dunque non integrante la nozione di “termini d’uso”, oggetto di prova a carico della convenuta in revocatoria; e) l’elemento soggettivo dell’azione risultava da plurimi convergenti fattori, quali già l’ammontare elevato del debito ammesso, il numero delle fatture insolute e la conclusione del piano di rientro in rateazione, la stessa modalità di pagamento a vista;

3. il ricorso è su quattro motivi e ad esso resiste con controricorso Silia s.p.a. in amministrazione straordinaria; la ricorrente ha depositato memoria, al pari del controricorrente;

4. con il ricorso si deduce: a) (primo motivo) la violazione e falsa applicazione della L. Fall., art. 67, comma 3, lett. a), e D.Lgs. n. 231 del 2002, art. 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, avendo la corte erroneamente ritenuto che i pagamenti (con bonifico) oggetto di revocatoria non rientrassero nelle esenzioni secondo i termini d’uso, avendo riguardo alla prassi seguita dalle parti nel periodo precedente quello sospetto e non invece a quella commerciale, anche secondo un parametro di normalità legale; b) (secondo motivo) il vizio di motivazione, avendo omesso la sentenza di considerare che già prima del periodo sospetto e nella sua imminenza le parti avevano convenuto i tempi di pagamento “soliti”, applicati poi anche per i versamenti oggetto della revocatoria; c) (terzo motivo) la violazione e falsa applicazione della L. Fall., artt. 67,188,166 e 167, avendo errato la corte nel collocare il periodo sospetto nei sei mesi anteriori alla presentazione della domanda di ammissione all’amministrazione controllata anzichè al decreto di ammissione alla procedura stessa; c) la violazione e falsa applicazione della L. Fall., art. 67, art. 115 c.p.c., artt. 2697 e 2727 c.c., per avere la sentenza ricostruito l’elemento soggettivo non da un unico elemento noto, ignorandone altri decisivi.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Considerato che:

1. il primo e secondo motivo, da trattare in via congiunta perchè connessi, sono inammissibili; al di là della decorrenza del periodo sospetto (questione più oltre affrontata), è pacifico che il novellato L. Fall., art. 67, ove nel comma 3, contempla la lett. a), dunque in tema di esenzione dei pagamenti effettuati in termini d’uso, è disposizione sostituita dal D.L. 14 marzo 2005, n. 35, art. 2, comma 1, lett. a), (convertito, con modificazioni, dalla L. 14 maggio 2005, n. 80), che si applica alle azioni revocatorie proposte nell’ambito di procedure “iniziate dopo il 17 marzo 2005”, com’è nella specie;

2. sul punto, la giurisprudenza di legittimità ha anche recentemente fissato l’indirizzo per cui il rinvio ai “termini d’uso”, ai fini dell’esenzione dalla revocatoria fallimentare per i pagamenti di beni e servizi effettuati nell’esercizio dell’attività d’impresa, “attiene alle modalità di pagamento concretamente invalse tra le parti, dovendo il giudice di merito verificare anche l’eventuale sistematica tolleranza del creditore di ritardi nei pagamenti rispetto alle scadenze pattiziamente convenute” (Cass. 7580/2019); la norma intende così non scoraggiare il finanziamento corrente dell’imprenditore, benchè in situazione di conosciuta insolvenza, evitando però che tale circostanza condizioni l’equilibrio del rapporto commerciale, con un’alterazione innovativa in favore dell’accipiens, l’efficacia (ovvero conservata protezione) del cui pagamento implicando il non sopraggiungere di prassi restrittive del credito e occasionate in via esclusiva dall’insorgenza della crisi; per esse, è decisivo dunque che l’esecuzione adempitiva dei contratti da parte del debitore poi destinato a fallire rifletta, in fatto, la consuetudine singolare già connotativa del medesimo contesto negoziale, assumendo la nozione di “termini d’uso” il più ampio significato di consuete modalità dei pagamenti, e non solo scadenze, con ogni apprezzamento di effettività che, da un lato, valorizzi in concreto un parametro di ordinarietà prescindente però, dall’altro, da una riprogettazione consensuale del debito; e così si è precisato e ribadito che la deroga attiene “alle modalità di pagamento proprie del rapporto tra le parti e non già alla prassi del settore economico di riferimento” (Cass. 25162/2016, 26080/2019, 24802/2019); invero, le nuove modalità di pagamento eventualmente concordate fra le parti, proprio assumendo a presupposto l’inedito e sopraggiunto stato di crisi del debitore, non integrano di per sè i “termini d’uso”, vale a dire quella condizione di ordinarietà che giustifica l’esenzione da revocatoria dei pagamenti di beni e servizi effettuati nell’esercizio dell’attività d’impresa, ai sensi della L. Fall., art. 67, comma 3, lett. a), divenendo altrimenti il collegamento di meritevolezza del tutto malfermo, ove ancorato al solo presupposto della inerenza temporale dei pagamenti all’esercizio dell’impresa; nella vicenda, i pagamenti a vista e a mera presentazione della fattura sono pertanto risultati oggetto di una valutazione di merito, conforme al principio giurisprudenziale sopra richiamato e che non è censurabile in questo giudizio per i limiti di proposizione del mezzo (Cass. s.u. 8053/2014); invero, anche le circostanze asseritamente non esaminate e dedotte dalla società ricorrente, onerata della prova della clausola di esenzione in oggetto, erano state oggetto di chiaro apprezzamento, sia pur con esito d’irrilevanza, ad opera della corte;

4. il terzo motivo è fondato, non essendosi la sentenza attenuta al principio per cui se è vero che la temporanea difficoltà di adempiere integrante il presupposto di ammissione all’amministrazione controllata (L. Fall., ex art. 188), cui segua altra procedura concorsuale fondata sull’insolvenza, costituisce identica espressione del medesimo stato di crisi, sia pur colto in termini di possibile evoluzione o progressività, vale l’operatività a ritroso, ove sia adottabile lo strumentario recuperatorio come l’azione qui in oggetto, del provvedimento giudiziale; infatti come da questa Corte chiarito – “nella consecuzione delle procedure concorsuali, la prima delle quali sia un’amministrazione controllata e l’ultima una procedura il cui presupposto oggettivo sia costituito dallo stato d’insolvenza, il computo a ritroso del periodo sospetto di cui alla L. Fall., art. 67, comma 1, ha inizio dalla data del decreto di ammissione all’amministrazione controllata” (Cass. 24861/2015, 12669/1999, 9581/1997); si tratta, per di più, dell’unico atto assoggettato a pubblicazione, diversamente dal ricorso, per il quale l’originaria assimilazione al regime a quello della L. Fall., art. 161, ai sensi della L. Fall., art. 187, comma 2, non ha conosciuto tale forma pubblicitaria, introdotta – al pari della L. Fall., art. 69 bis, comma 2, – per i concordati preventivi solo dal D.L. n. 33 del 2012, dunque con effetti dal 30 giorno successivo all’entrata in vigore della L. n. 134 del 2012, di conversione, quando l’istituto dell’amministrazione controllata era stato nel frattempo già abrogato dal D.Lgs. n. 5 del 2006, a decorrere dal 16 luglio 2006;

6. il quarto motivo è inammissibile, trattandosi di censura assoggettata ai limiti del novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, (Cass. s.u. 8053/2014) ed avendo il giudice di merito selezionato ed indicato gli elementi da cui trarre il convincimento diretto, e non solo per fattori esterni di criticità finanziaria della debitrice, circa la consapevolezza in capo all’accipiens della insolvenza della controparte contrattuale; va così ribadito che “la scelta degli elementi che costituiscono la base della presunzione ed il giudizio logico con cui dagli stessi si deduce l’esistenza del fatto ignoto costituiscono un apprezzamento di fatto che, se adeguatamente motivato, sfugge al controllo di legittimità” (Cass. 3854/2019);

il ricorso va pertanto accolto con riguardo al solo terzo motivo e in tali termini va disposta la cassazione con rinvio della sentenza impugnata, restando gli altri motivi inammissibili.

P.Q.M.

la Corte accoglie il terzo motivo di ricorso, dichiarando inammissibili i restanti, con cassazione della sentenza impugnata e rinvio alla Corte d’appello di Torino, in altra composizione, anche per le spese del procedimento di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 30 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 4 dicembre 2020

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