Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27899 del 31/10/2018

Cassazione civile sez. trib., 31/10/2018, (ud. 26/09/2018, dep. 31/10/2018), n.27899

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. ACETO Aldo – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. PICCONE Valeria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 14608/2012 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

– ricorrente –

contro

TREVIGIOCHI NEWS S.a.s., di M. M. & C., in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

Roma, via dei Monti Parioli, n. 48, presso lo studio dell’avv.

Giuseppe Marini, che la rappresenta e difende, unitamente all’avv.

Carlo Amato, in virtù di procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del

Veneto, n. 34/18/11 depositata il 18 aprile 2011;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26 settembre

2018 dal Consigliere dott.ssa Valeria Piccone.

Fatto

FATTO E DIRITTO

RILEVATO CHE:

– l’Agenzia delle Entrate propone ricorso avverso la sentenza emessa in data 18 aprile 2011 dalla Commissione Tributaria Regionale del Veneto, con cui, in parziale accoglimento dell’appello proposto da Trevigiochi News s.a.s., erano stati annullati gli avvisi di accertamento relativi all’anno 2003 e parzialmente annullato quello del 2004;

– oggetto della decisione di secondo grado i ricorsi proposti dalla Trevigiochi e dai soci della stessa avverso i separati avvisi di accertamento ai fini dell’IVA, delle imposte sui redditi e di altri tributi, ai sensi e per gli effetti del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 52 e 63, per gli anni 2003 e 2004, alla società e, ai fini IRPEF, in capo ai singoli soci;

– accertata l’esistenza di un’unica fonte di reddito per il M., oltre che da redditi di fabbricati, dalla partecipazione nella società verificata, con proventi di molto inferiori rispetto all’ammontare delle somme depositate sui conti correnti a lui intestati, (somme quindi ritenute “in nero”), in sede di accertamento, l’esame del “finanziamento infruttifero soci” aveva, altresì, evidenziato che la società si era avvalsa di somme versate dai soci, ritenute configurabili in termini di “riemersione” di corrispettivi non contabilizzati in precedenza e, quindi, da recuperarsi a tassazione;

– per l’anno 2004, poi, dall’esame del conto “Minusvalenze” e del contestuale controllo del libro dei cespiti, era stata evidenziata una differenza da recuperarsi a tassazione in quanto non ritenuta oggetto di possibile riscontro nei libri contabili della società;

– il ricorso è affidato ad un motivo;

– resiste, con controricorso, la Trevigiochi News S.a.s. di M. M. & C..

CONSIDERATO CHE:

– l’Agenzia delle Entrate, con l’unico motivo di ricorso, denunzia insufficiente motivazione in relazione ad un fatto controverso e decisivo per il giudizio, con riguardo alla ritenuta violazione del D.L. n. 350 del 2001, art. 14, in materia di scudo fiscale, che preclude di operare accertamenti tributari circa la provenienza di somme rimpatriate in Italia;

– denunzia l’Ufficio la insufficiente motivazione circa la effettiva provenienza estera delle somme ovvero circa il se le stesse fossero state rimpatriate in Italia attraverso l’adesione allo scudo fiscale assumendo che tale circostanza, decisiva per il giudizio, era stata oggetto di contrapposte argomentazioni di entrambe le parti nei gradi di merito ma era sfuggita all’accertamento del giudice d’appello;

– la motivazione della Commissione Tributaria Regionale si incentra, effettivamente, in larga parte, sulla soluzione della quaestio juris afferente i limiti entro i quali è consentito all’Agenzia delle entrate operare accertamenti circa le some rimpatriate in Italia mediante adesione allo scudo fiscale;

– tali limiti risultano individuati dal D.L. n. 350 del 2001, artt. 14 e 15, nella parte in cui stabiliscono che il rimpatrio di denaro dall’estero non preclude gli accertamenti tributari e contributivi, a condizione che, alla data di presentazione della dichiarazione riservata, sia stata già contestata la violazione degli obblighi dichiarativi, ovvero siano già iniziati accessi, ispezioni e verifiche ovvero altre attività di accertamento tributario e contributivo;

– preliminare rispetto a tale indagine, tuttavia, sarebbe stata, secondo l’Ufficio, quella inerente l’accertamento dell’effettiva provenienza delle somme oggetto di movimentazione;

– pur apparendo l’aspetto inerente a verifica della circostanza, contestata fra e parti, della provenienza concreta delle somme considerate, assumere una valenza prodromica rispetto all’ulteriore aspetto dei limiti di accertamento per l’Agenzia alla luce della legge che prevede il c.d. scudo fiscale, la motivazione dei giudici di secondo grado fa buon governo dei principi vigenti in materia che, alla luce dell’estrema ampiezza delle preclusioni relative all’accertamento in tale ambito escludono qualsivoglia diversa soluzione;

– d’altro canto, nell’iter motivazionale della Commissione Tributaria si legge non solo che il contribuente già in sede di verifica fiscale aveva dichiarato che le somme contestate erano da riferirsi all’utilizzo da parte del contribuente del c.d “scudo fiscale”, ma, soprattutto, che, successivamente, in sede di ricorso e poi di appello, lo stesso ha meglio precisato di aver provveduto ai “rimpatrio” di somme di denaro detenute all’estero mediante due apposite “dichiarazioni riservate delle attività emerse” presentate, ai sensi del D.L. n. 350 del 2001, art. 13, in data 11 aprile 2003 e 12 maggio 2003, al Credit Suisse (italy) S.p.A., per importi, rispettivamente, di Euro 1.138.925,00 e 506.127,76, circostanze di fatto, queste, non oggetto di contestazione da parte dell’Agenzia;

– il vizio di insufficiente motivazione, come noto, secondo la giurisprudenza di legittimità (cfr., ex plurimis, Cass. 7 aprile 2017, n. 9105) risulta configurabile solo allorquando il giudice di merito ometta di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento, ovvero li indichi senza una adeguata disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla legittimità del proprio ragionamento;

– nel caso di specie, ad avviso di questa Corte, la motivazione del giudice di secondo grado sull’aspetto che interessa deve reputarsi idonea, anche alla luce dell’importo delle somme scudate, ampiamente superiore rispetto a quelle oggetto di accertamento nonchè dell’epoca in cui risultano essere state effettuate le dichiarazioni rispetto alle verifiche;

– alla luce delle suesposte argomentazioni, il ricorso deve, quindi, essere respinto;

– le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte respinge il ricorso. Condanna la parte ricorrente alla rifusione delle spese in favore della parte controricorrente, che liquida in complessivi Euro 4.000,00 per compensi, oltre spese generali al 15% e accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella adunanza camerale, il 26 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2018

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