Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27898 del 23/11/2017


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 27898 Anno 2017
Presidente: MATERA LINA
Relatore: D’ASCOLA PASQUALE

SENTENZA

sul ricorso 27277-2012 proposto da:
SOLLAI TONIO SLLTN051B021667P, LECIS MARIA CARMINE
LCSMCR53L56I667I, elettivamente domiciliati in ROMA,
VIA VAL DI LANZO 79, presso lo studio dell’avvocato
GIUSEPPE IACONO QUARANTINO, che li rappresenta e
difende unitamente all’avvocato MAURIZIO BALLOI;
– ricorrenti contro

VACCA

ROBERTO

VCCRRT38L02B354D,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA MUZIO CLEMENTI 68, presso lo
studio

dell’avvocato

CRISTIANA

FEDELI,

che

lo

Data pubblicazione: 23/11/2017

rappresenta e difende unitamente agli avvocati ANGELO
LUMINOSO, ALBERTO LUMINOSO;
– controricorrente non chè contro

FALLIMENTO A.PI COSTRUZIONI S.r.l. in persona dei

FONDIARIA – S.A.I. S.p.A.

(già S.A.I. – SOCIETA’

ASSICURATRICE INDUSTRIALE S.p.A.)

in persona del

legale rappresentante pro tempore;
– intimati –

avverso la sentenza n. 448/2012 della CORTE D’APPELLO
di CAGLIARI, depositata il 11/10/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 25/01/2017 dal Consigliere Dott. PASQUALE
D’ASCOLA;
udito l’Avvocato GIUSEPPE IACONO QUARANTINO, difensore
dei ricorrenti, che ha chiesto l’accoglimento del
ricorso e della memoria;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. LUCIO CAPASSO che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

Curatori Dott. Carlo Ponticelli e Dott. Edoardo Sanna,

Fatti di causa
Nel settembre 1998 i coniugi Sollai e Lecis acquistarono due appartamenti siti
in Selargius dalla A.PI Costruzioni srl.
Ottenuto un sequestro conservativo, agirono nel 2000 contro la venditrice per
lamentare la mancata cancellazione dell’ipoteca che A.PI si era obbligata ad

rogante, che chiamò in causa la SAI spa, compagnia assicuratrice.
Nel 2002 con sentenza non definitiva il Tribunale di Cagliari affermò la propria
competenza, rigettando le eccezioni di improcedibilità sollevate dal Fallimento
della società A.PI.
Nel 2010 con sentenza non definitiva dichiarò il difetto di legittimazione
passiva del Fallimento e rigettò le domande proposte contro il notaio.
La Corte di appello di Cagliari 1’11 ottobre 2012 ha rigettato il gravame
interposto contro il professionista e la compagnia assicuratrice.
Ha accolto parzialmente l’appello sul regolamento delle spese nei confronti del
Fallimento API, compensando per un terzo le spese del giudizio di primo grado.
I ricorrenti hanno proposto ricorso per cassazione, notificato il 5 dicembre
2012, svolgendo tre motivi illustrati da memoria.
Soltanto il notaio Vacca ha resistito con controricorso.
Ragioni della decisione
2) In una “Premessa” del ricorso, parte attrice afferma che la Corte di appello
avrebbe accertato la responsabilità professionale del notaio, perché avrebbe
rigettato la domanda sulla base della insussistenza del danno, dando quindi per
presupposta la responsabilità del professionista.

n. 27277-12

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estinguere in atto di compravendita. Convennero in giudizio anche il notaio

La tesi è temeraria, giacchè la decisione di rigetto dell’appello in punto di
responsabilità è stata assunta manifestamente sulla base della ragione più
liquida (v. SU Cass. 26242/14)- l’assenza nella condotta del professionista di
un pregiudizio risarcibile da ricondurre a lui sotto il profilo del nesso eziologico
– e senza previo esame della responsabilità.

professionale: superato e quindi da non esaminare, per via dell’esito di altro
tema del decidere

le questioni relative all’esame dei doveri del notaio,

asseritamente non adempiuti.
3) Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 279 e
324 c.p.c..
Esso concerne la legittimazione passiva del Fallimento, che è stata negata dal
tribunale nella sentenza definitiva, con pronuncia confermata dalla Corte di
appello.
Il tribunale ha ritenuto che gli attori avevano proposto domande nei confronti
della società e non del Fallimento, insistendo in tal senso in sede di conclusioni.
Ha rilevato che parte attrice aveva dedotto di aver correttamente instaurato il
contraddittorio con la notifica al Fallimento. Ha osservato che il Fallimento era
sprovvisto di legittimazione a contraddire perché nei rapporti in cui non
subentra il curatore fallimentare, permane la legittimazione dell’imprenditore.
Ha aggiunto che era facoltà della parte attrice, come aveva fatto con
inequivoca volontà”, ottenere una sentenza contro la società fallita, da far
valere per il caso di ritorno in bonis.

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Ciò è reso palese dall’aver dichiarato “assorbite” – che significa nel gergo

La Corte di appello ha confermato la decisione; ha negato che la sentenza
definitiva si fosse pronunciata su questione già decisa dalla precedente
sentenza.
Parte ricorrente censura questa statuizione e continua a sostenere che la
sentenza non definitiva aveva già pronunciato sulla questione.

Non viene infatti espressamente negato (ritenendolo senza <> nei confronti della Fallimento A.PI, rimasto contumace
nel giudizio di appello.
Parte ricorrente sostiene che, essendo stato accolto il proprio appello, le spese
dovevano seguire la soccombenza.
La censura è infondata, giacchè l’appello dei ricorrenti non fu accolto
pienamente, ma solo in minima parte. E’ stata infatti respinta la doglianza,
esaminata nel paragrafo precedente, relativa alla individuazione del legittimato
passivo, che i ricorrenti volevano individuare nel Fallimento. E’ stata accolta
solo per un terzo, respingendola nel resto, la richiesta di compensazione delle
spese del giudizio di primo grado. Si è quindi di fronte a ipotesi di
soccombenza reciproca (Cass. n.21684 del 23/09/2013; 22381/09).

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potrebbe invocarsi una sorta di giudicato implicito, perché il profilo non venne

In tale ipotesi la statuizione di compensazione delle spese del grado non
richiede specifica motivazione (arg. Ex Cass. 12893/11; 15413/11; 13460/12;
20324/10; 18496/09).
5) Il terzo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt.2730 e
2733 cc., 228, 214, 216 e 221 c.p.c.. e “omesso (e disattento) esame di vari

Parte ricorrente contesta la tesi della Corte di appello in ordine alla assenza di
nesso di causalità tra il comportamento del notaio e la perdita economica
subita per aver versato al momento del rogito il saldo del prezzo pattuito,
senza avere prima ottenuto la cancellazione delle ipoteche al momento non
conosciute.
La Corte di appello ha ritenuto che il versamento dell’ultima parte del prezzo
sia avvenuta prima del rogito e che quindi il danno sarebbe stato inevitabile
anche se al rogito il notaio avesse sconsigliato il versamento, già avvenuto.
La Corte ha ritenuto ciò sulla base di due argomenti: a) il tenore letterale degli
atti di acquisto, che indicavano il pagamento come avvenuto “prima d’ora”; b)
la confessione resa in sede di interrogatorio formale, ove il Sollai aveva
dichiarato che il saldo era avvenuto il giorno prima del rogito e la moglie che si
era verificato “prima del rogito”.
Invano parte ricorrente nega portata confessoria a queste dichiarazioni, che
sono state rese nella sede deputata a provocare la confessione, cioè in risposta
all’interrogatorio formale. Il tenore semplice e inequivocabile delle dichiarazioni
rende irrilevanti argomenti di contestazione quali la non esatta corrispondenza
alle domande di capitolato o l’errore commesso involontariamente dalla parte
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fatti e atti decisivi per il giudizio”

(ricorso pag. 43). E inefficace appare il tentativo di sostenere che le due
affermazioni siano contrastanti: esse hanno solo un differente grado di
specificità, ma sono coerenti, anche nella versione comlpeta riportata in
f

ricorso.
La valutazione resa dalla Corte, stante il valore della prova legale acquisita e la

rogiti, imponeva l’accertamento di fatto che è stato reso.
6) Mette conto chiarire in proposito due importanti corollari della odierna
decisione.
Il primo concerne la pretesa confessione che sarebbe stata resa dal notaio
mediante la memoria istruttoria, in cui la domanda formulata per
l’interrogatorio formale chiedeva alle controparti di affermare che 5 milioni di
lire erano stati versati contestualmente alla stipula del rogito notarile del 21
settembre 1998.
Come rilevato in controricorso, le allegazioni di fatto contenute negli scritti
difensivi non hanno valore di confessione, cioè di prova legale , ma sono solo
elementi indiziari, che possono essere liberamente apprezzati dal giudice
(Cass. n.7015/12; 15515 del 16/10/2003; N. 4744 del 2005; n. 11720 del
20/05/2009; n. 13804 del 15/06/2006).
Il valore di prova legale della confessione resa dagli attori rendeva superfluo
ogni altro esame dettagliato dei documenti e delle ulteriori risultanze, cosicchè
invano vengono denunciati vizi motivazionali correlati all’omesso scrutinio di
questa circostanze o delle produzioni relative ai vari pagamenti effettuati in
relazione agli accordi preliminari intercorsi.
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portata ulteriormente chiarificatrice così conferita a quanto già recato nei

In secondo luogo è bene ricordare che il ricorso è soggetto al disposto dell’art.
360 n. 5 novellato dalla legge n. 134/12, sicché solo l’omesso esame di fatti
decisivi, non ravvisabile nel contesto processuale che si è descritto, può
consentire alla Corte di Cassazione il controllo sulla motivazione.
7)

Discende da quanto esposto il rigetto del ricorso e la condanna alla

controversia.

Ratione temporis non è applicabile il disposto di cui all’art. 13 comma 1 quater
del d.p.r 30 maggio 2002, n. 115, introdotto dal comma 17 dell’art. 1 della
legge n. 228/12.
PQM
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna parte ricorrente alla refusione a controparte resistente delle spese di
lite liquidate in euro 3.500 per compenso, 200 per esborsi, oltre accessori di
legge, rimborso delle spese generali (15%).
Così deciso in Roma nella Camera di consiglio della 2^ sezione civile tenuta il
25 gennaio 2017
Il Presidente

Il Consigliere est.

dr ma Matera

dr Pasqua! D’Ascola

F

Itir, , 11 I

:trio Giudiziarrio
NERI

DEPOSITATO IN CANCELLERIA

Roma, 23 NOV. 2017

refusione delle spese di lite, liquidate in dispositivo, in relazione al valore della

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