Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27897 del 13/12/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 27897 Anno 2013
Presidente: MERONE ANTONIO
Relatore: TERRUSI FRANCESCO

SENTENZA
sul ricorso 27322-2008 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato i ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente contro

BARACHINI ENRICO, elettivamente domiciliato in ROMA
VIA G. PISANELLI 2, presso lo studio dell’avvocato DI
ME0 STEFANO, che lo rappresenta e difende unitamente
all’avvocato LUIGI PINTO giusta delega in calce;
– controricorrente –

Data pubblicazione: 13/12/2013

avverso la sentenza n. 71/2008 della COMM.TRIB.REG.
di FIRENZE, depositata il 10/06/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 02/10/2013 dal Consigliere Dott.
FRANCESCO TERRUSI;

chiesto l’accoglimento;
udito per il controricorrente l’Avvocato DI ME0 che
ha chiesto il rigetto;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. PASQUALE FIMIANI che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

udito per il ricorrente l’Avvocato ZERMAN che ha

27322-08

Svolgimento del processo
L’agenzia

delle

entrate

ha proposto

ricorso

per

cassazione, con un solo motivo, avverso la sentenza della
commissione tributaria regionale della Toscana, notificata
in data 24 luglio 2008, che, decidendo in sede di rinvio,

ha dichiarato la legittimità di un avviso di liquidazione
notificato a Enrico Barachini “non a titolo personale ma
quale liquidatore del concordato preventivo di Gastone
Mugellini”.
La sentenza, in tal senso esplicitando la

ratio

della

locuzione di cui al dispositivo, ha affermato che l’avviso
di liquidazione e la pretesa tributaria sottostante
dovevano considerarsi legittimi in quanto rivolti verso il
soggetto passivo individuabile nella persona del
Mugellini, “e non nella persona del suo ex liquidatore”;
il quale invero non poteva avere le responsabilità del
liquidatore di società (artt. 36 e 98 del d.p.r. n. 602
del 1973), essendo rimasto, il patrimonio da liquidare, di
proprietà dell’imprenditore.
L’intimato ha replicato con controricorso e ha depositato
anche una memoria.
Motivi della decisione
I. – La ricorrente, deducendo la violazione e la falsa
applicazione del combinato disposto degli artt. 57 del
d.p.r. n. 131 del 1986 e 31 del d.p.r. n. 643 del 1972,
ascrive alla sentenza di non aver considerato che l’atto
impositivo era stato notificato al Barachini in virtù

1

della specifica posizione passiva conseguente al suo ruolo
di liquidatore di un impresa soggetta a concordato
preventivo con cessione di beni.
In tal senso corredando il mezzo dal quesito di diritto,
assume che, appunto, il commissario liquidatore dovevasi
considerare come responsabile d’imposta alla stregua di

parte intervenuta all’atto cui la tassazione si era
riferita, sì da esser costituito come soggetto obbligato
in solido allo scopo di agevolare la riscossione del
credito erariale, fatto salvo il diritto di rivalsa del
medesimo nei confronti del contribuente sottoposto a
concordato.
– Osserva il collegio che dalla sentenza impugnata si
desumono i seguenti fatti.
Con riferimento al concordato preventivo di Gastone
Mugellini, il Barachini aveva assunto l’incarico di
commissario giudiziario e liquidatore.
In tale veste egli aveva stipulato, nel 1992, un contratto
di vendita immobiliare e, nel 1995, aveva ricevuto, in
ragione dell’ufficio svolto, la notifica dell’avviso di
liquidazione dell’Invim, ai sensi dell’art. 57 del d.p.r.
n. 131 del 1986 e dell’art. 31 del d.p.r. n. 643 del 1972.
Ciò stante il motivo di ricorso
dell’amministrazione finanziaria è da ritenere infondato,
dal momento che non considera la differenza ontologica
esistente tra l’imposta di registro e l’Invim – che non è
imposta d’atto e che colpisce il plusvalore immobiliare in
capo al soggetto titolare del relativo diritto

2

(l’alienante a titolo oneroso o l’acquirente a titolo
gratuito o per usucapione); e dal momento che l’art. 31
del d.p.r. n. 643-72 non consente di rinviare al d.p.r. n.
131-86 anche per la determinazione dei soggetti passivi
d’imposta; i quali sono difatti, quanto all’Invim,
specificamente individuati nell’art. 4, fermo lo specifico

regime della solidarietà di cui all’art. 26 del medesimo
d.p.r.
IV.

In ordine al profilo involto dal riferimento

normativo al soggetto alienante, la questione sottesa
dalla controversia era invero

incentrata sul principio

per cui, nell’Invim, le obbligazioni previste dal d.p.r.
n. 643 del 1972 “sono solidali tra gli alienanti ovvero
tra i beneficiari del trasferimento di ciascun immobile”.
Sicché essa dovevasi necessariamente rapportare alla
vecchia disciplina del concordato con cessione di beni.
In

questi

termini

la

questione

non

è

colta

dall’amministrazione ricorrente, posto che, come questa
corte ha più volte sottolineato nel vigore della 1. fall.
anteriore alla modifica di cui al d.lgs. n. 5 del 2006, la
procedura di concordato preventivo mediante la cessione
dei beni ai creditori comportava il trasferimento agli
organi della procedura, non della proprietà dei beni e
della titolarità dei crediti, ma solo dei poteri di
gestione finalizzati alla liquidazione. Con la conseguenza
che il debitore cedente conservava il diritto di
esercitare le azioni o di resistervi nei confronti di

3

terzi, a tutela del proprio patrimonio (v. per es. Cass.
7661-05).
Il debitore ammesso al concordato preventivo subiva in
questi

termini

quello

che

con massima pressoché

stereotipata stato definito uno “spossessamento
attenuato”, in quanto il debitore in definitiva conservava

oltre ovviamente alla proprietà (come nel fallimento)
anche l’amministrazione e la disponibilità dei propri
beni, salve le limitazioni connesse alla natura stessa
della procedura, la quale imponeva che ogni atto fosse
funzionale all’esecuzione del concordato.
In questo quadro, nel concordato con cessione dei beni, la
legittimazione a disporne veniva attribuita al commissario
liquidatore, che agiva in una veste generalmente
qualificata come di mandatario dei creditori; mentre il
debitore in ogni caso manteneva – come anche attualmente la proprietà dei beni e anche la legittimazione
processuale, mancando nel concordato una previsione
analoga a quella dettata dall’art. 43 L. Fall. per il
fallimento (Cass. n. 4728-08; n. 6211-07).
V. – Ora, l’attribuzione al liquidatore in tal limitato
senso della legittimazione a disporre dei beni del
debitore nulla toglie al fatto che egli agiva in una veste
– di mandatario dei creditori – che, entro i confini
tracciati dall’attività liquidatoria, non poteva
assimilarlo all’alienante ai fini dell’art. 4 della 1.
Invim, dal momento che la procedura di concordato
preventivo mediante la cessione dei beni ai creditori

4

aveva appunto comportato il trasferimento agli organi
della procedura, non della proprietà dei beni e della
titolarità dei crediti, ma solo dei poteri di gestione
finalizzati alla liquidazione; tanto che comunque il
debitore infine manteneva la posizione di parte in senso
sostanziale di tutti gli atti concernenti il suo

patrimonio; così come manteneva la posizione di parte
anche per i rapporti tributari a lui direttamente facenti
capo.
E l’art. 57 del d.p.r. n. 131 del 1986 – contrariamente a
quanto sostenuto dalla ricorrente – non poteva soccorrere
in alcun modo, giacché la

ratio della citata norma è del

tutto diversa, correlandosi ai confini propri della
soggettività passiva per l’imposta d’atto, quale
certamente non è l’Invim.
D’altronde, in tema di Invim relativa ad alienazione a
titolo oneroso, questa corte, nella omologa situazione del
negozio stipulato a mezzo di mandato, ha più volte
affermato che il procuratore volontario dell’alienante non
è solidalmente obbligato al pagamento del tributo. Invero,
in base all’art. 26 d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 643 (che
disciplina la materia in maniera autonoma e specifica), la
solidarietà sussiste unicamente fra le parti alienanti. E
ancora la corte ha precisato – deve escludersi un
rinvio, ai sensi del successivo art. 31, all’art. 55
d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 634 che, antesignano
dell’attuale art. 57 del t.u. n. 131 del 1986, con
riferimento all’imposta sul registro indicava come

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responsabili solidali tutte le parti contraenti; e,
quindi, anche il rappresentante volontario (v. Cass. n.
6319-08; n. 12287-09; e conf. la lontana Cass. n. 875492)
VI. – Su tali basi il ricorso va rigettato.
Le spese processuali seguono la soccombenza.

La Corte rigetta il ricorsó e condanna la ricorrente alle
spese processuali, che liquida in euro 4.200,00, di cui
euro 4.000,00 per compensi, oltre accessori di legge.
Deciso in Roma, nella camera di consiglio della quinta

p.q.m.

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