Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27896 del 30/10/2019

Cassazione civile sez. VI, 30/10/2019, (ud. 22/05/2019, dep. 30/10/2019), n.27896

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ESPOSITO Lucia – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8835-2018 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

GIOVANNI PIERLUIGI DA PALESTRINA 19, presso lo studio dell’avvocato

STEFANIA DI STEFANI, rappresentata e difesa dall’avvocato RAFFAELLA

GINIPRO;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE (OMISSIS), in

persona del legale rappresentante in proprio e quale procuratore

speciale della SOCIETA’ DI CARTOLARIZZAZIONE DEI CREDITI I.N.P.S.

(S.C.C.I.) S.p.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

CESARE BECCARIA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA dell’Istituto

medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati CARLA D’ALOISIO,

ANTONINO SGROI, LELIO MARITATO, EMANUELE DE ROSE, GIUSEPPE MATANO,

ESTER ADA VITA SCIPLINO;

– controricorrente –

contro

M.T.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 909/2017 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 10/11/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 22/05/2019 dal Consigliere Relatore Dott. DE FELICE

ALFONSINA.

Fatto

RILEVATO

CHE:

la Corte d’Appello di Torino, a conferma della pronuncia del Tribunale di Ivrea, ha rigettato l’appello proposto da Equitalia Servizi Riscossione S.p.a., accertando prescritti i crediti previdenziali vantati dall’Inps ed oggetto di una serie di cartelle di pagamento non opposte, emesse a carico di M.T.;

in particolare, la Corte territoriale, argomentando sulla base degli orientamenti di legittimità espressi in materia di durata e decorrenza del dies a quo della prescrizione, ha ritenuto che, seppure per effetto della mancata opposizione alla cartella esattoriale nel termine perentorio di quaranta giorni, previsto dal D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24, comma 5, la pretesa contributiva oggetto del giudizio diventava intangibile, tuttavia, in difetto di validi atti interruttivi, di cui era mancata prova da parte della società di cartolarizzazione, la pretesa oggetto di controversia doveva essere ritenuta prescritta e l’atto impugnato annullato;

nel caso in esame la Corte territoriale ha accertato che fra la notifica della cartella esattoriale del 5 aprile 2005, e la notifica dell’intimazione di pagamento avvenuta il 2 dicembre 2014 erano trascorsi più di cinque anni e, pertanto, i crediti per contributi previdenziali portati dalla cartella erano ormai prescritti;

la cassazione della sentenza è domandata dall’Agenzia delle Entrate – Riscossione sulla base di un unico motivo; l’Inps ha resistito con tempestivo controricorso, mentre M.T. è rimasta intimata;

è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

con l’unico motivo di ricorso, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, parte ricorrente contesta “Violazione dell’art. 2946 c.c. e del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 49”; alla luce delle norme richiamate in epigrafe afferma la natura di titolo esecutivo ex lege del ruolo riportato nella cartella di pagamento, a cui si applicherebbe il termine ordinario di prescrizione decennale di cui all’art. 2946 c.c.;

quanto alla decorrenza del dies a quo della prescrizione, afferma che, con l’ingresso nel rapporto dell’Agente della riscossione, si sarebbe venuto a determinare un effetto novativo delle originarie ragioni del credito (novazione soggettiva), con la conseguenza che a tal fine si debba aver riguardo al termine in cui il diritto è stato azionato da parte dell’Agente della riscossione;

il motivo è inammissibile ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c.;

la questione dell’efficacia dei titoli di riscossione coattiva in materia previdenziale è stata oggetto di approfondita trattazione da parte di questa Corte, la quale, con la sentenza delle Sezioni Unite n. 23397 del 2016, ha in particolare statuito che “La scadenza del termine – pacificamente perentorio – per proporre opposizione a cartella di pagamento di cui al D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24, comma 5, pur determinando la decadenza dalla possibilità di proporre impugnazione, produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito contributivo senza determinare anche la cd. “conversione” del termine di prescrizione breve (nella specie, quinquennale, secondo la L. n. 335 del 1995, art. 3, commi 9 e 10) in quello ordinario (decennale), ai sensi dell’art. 2953 c.c. Tale ultima disposizione, infatti, si applica soltanto nelle ipotesi in cui intervenga un titolo giudiziale divenuto definitivo, mentre la suddetta cartella, avendo natura di atto amministrativo, è priva dell’attitudine ad acquistare efficacia di giudicato. Lo stesso vale per l’avviso di addebito dell’INPS, che, dall’1 gennaio 2011, ha sostituito la cartella di pagamento per i crediti di natura previdenziale di detto Istituto (D.L. n. 78 del 2010, art. 30, conv., con modif., dalla L. n. 122 del 2010).”

pertanto, non introducendo il motivo dedotto elementi ulteriori che inducano a discostarsi dal principio di diritto sopra richiamato, del quale la sentenza impugnata ha dato corretta attuazione, il ricorso va dichiarato inammissibile; le spese del presente giudizio, come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza in favore della parte costituita; non si provvede sulle spese in difetto di attività difensiva da parte dell’intimata;

in considerazione dell’esito del giudizio, sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di legittimità nei confronti dell’Inps, che liquida in Euro 200 per esborsi, Euro 2000 per compensi professionali, oltre spese generali nella misura forfetaria del 15 per cento e accessori di legge. Nulla spese nei confronti di M.T..

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, all’Adunanza camerale, il 22 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 30 ottobre 2019

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