Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27896 del 21/12/2011

Cassazione civile sez. III, 21/12/2011, (ud. 11/10/2011, dep. 21/12/2011), n.27896

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto – Presidente –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –

Dott. D’AMICO Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 21775/2009 proposto da:

B.V., D.L.D. (OMISSIS), D.L.

M., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA TOSCANA 1, presso lo

studio dell’avvocato CERULLI IRELLI Giuseppe, che li rappresenta e

difende unitamente all’avvocato AMORESE ANTONIO giusto mandato in

atti;

– ricorrenti –

contro

S.M. (OMISSIS), elettivamente

domiciliata presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE,

rappresentata e difesa dall’Avv. FASSIO Mario Walter giusto mandato

in atti;

MINISTERO DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE in persona del Ministro pro

tempore, ISTITUTO TECNICO COMMERCIALE STATALE BELOTTI in persona del

Dirigente scolastico pro tempore, elettivamente domiciliati in ROMA,

VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che

li rappresenta e difende per legge;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 734/2008 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 07/07/2008 R.G.N. 1246/04;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

11/10/2011 dal Consigliere Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO;

udito l’Avvocato GIUSEPPE CERULLI IRELLI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SCARDACCIONE Eduardo Vittorio, che ha concluso con il rigetto del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 7/7/2008 la Corte d’Appello di Brescia, in accoglimento del gravame interposto dal Ministero della pubblica istruzione, in via principale, e dalla sig. S.M., in via incidentale, e in conseguente riforma della pronunzia Trib.

Brescia 26/5/2004, rigettava la domanda proposta dai sigg.ri D.L. M., B.V., e D.L.D. di risarcimento dei danni lamentati in conseguenza delle lesioni da quest’ultima riportate all’esito di caduta avvenuta il (OMISSIS) presso l’Istituto tecnico commerciale (OMISSIS) durante l’ora di educazione fisica.

Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito i D.L. e la B. propongono ora ricorso per cassazione, affidato a 4 motivi.

Resistono con separati controricorsi il Ministero della pubblica istruzione unitamente all’istituto Tecnico Commerciale (OMISSIS) e la S..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il 1 motivo i ricorrenti denunziano violazione e falsa applicazione degli artt. 342, 324, 329 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Con il 2 ed il 3 motivo denunziano omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su punti decisivi della controversia, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Con il 4 motivo denunziano erronea applicazione della L. n. 312 del 1980, art. 61, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Il ricorso va dichiarato inammissibile, in applicazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, art. 366 bis c.p.c. e art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5.

L’art. 366 bis c.p.c., dispone infatti che nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1, 2, 3 e 4, l’illustrazione di ciascun motivo deve, a pena di inammissibilità, concludersi con la formulazione di un quesito di diritto (cfr. Cass., 19/12/2006, n. 27130).

Una formulazione del quesito di diritto idonea alla sua funzione richiede che con riferimento ad ogni punto della sentenza investito da motivo di ricorso la parte, dopo avere del medesimo riassunto gli aspetti di fatto rilevanti ed avere indicato il modo in cui il giudice lo ha deciso, esprima la diversa regola di diritto sulla cui base il punto controverso andrebbe viceversa risolto.

Il quesito di diritto deve essere in particolare specifico e riferibile alla fattispecie (v. Cass., Sez. Un., 5/1/2007, n. 36), risolutivo del punto della controversia – tale non essendo la richiesta di declaratoria di un’astratta affermazione di principio da parte del giudice di legittimità (v. Cass., 3/8/2007, n. 17108), e non può con esso invero introdursi un tema nuovo ed estraneo (v.

Cass., 17/7/2007, n. 15949).

Il quesito di diritto di cui all’art. 366 bis c.p.c., deve comprendere l’indicazione sia della regula iuris adottata nel provvedimento impugnato, sia del diverso principio che il ricorrente assume corretto e da applicarsi in sostituzione del primo, sicchè la mancanza anche di una sola delle due suddette indicazioni rende il ricorso inammissibile, non potendo considerarsi in particolare sufficiente ed idonea la mera generica richiesta di accertamento della sussistenza della violazione di una norma di legge (v. Cass., 28/5/2009, n. 12649).

Orbene, nel non osservare i requisiti richiesti dallo schema delineato in giurisprudenza di legittimità (cfr. in particolare Cass. Sez. Un., 5/2/2008, n. 2658; Cass., Sez. Un., 5/1/2007, n. 36), i quesiti risultano formulati in termini dal medesimo difformi, non recando la riassuntiva ma puntuale indicazione degli aspetti di fatto rilevanti, del modo in cui i giudici del merito li hanno rispettivamente decisi, delle diverse regole di diritto la cui applicazione avrebbe condotto a diversa decisione, e si palesano astratti e generici, privi di riferibilità al caso concreto in esame e di decisività, tali cioè da non consentire, in base alla loro sola lettura (v. Cass., Sez. Un., 27/3/2009, n. 7433; Sez. Un., 14/2/2008, n. 3519; Cass. Sez. Un., 5/2/2008, n. 2658; Cass., 7/4/2009, n. 8463), di individuare la soluzione adottata dalla sentenza impugnata e di precisare i termini della contestazione (cfr.

Cass., Sez. Un., 19/5/2008, n. 12645; Cass., Sez. Un., 12/5/2008, n. 11650; Cass., Sez. Un., 28/9/2007, n. 20360), nonchè di poter circoscrivere la pronunzia nei limiti del relativo accoglimento o rigetto (cfr., Cass., Sez. Un., 26/03/2007, n. 7258), senza che essi debbano richiedere, per ottenere risposta, una scomposizione in più parti prive di connessione tra loro (cfr. Cass., 23/6/2008, n. 17064), risolvendosi in buona sostanza (in particolare il quesito relativo al 4 motivo) in una richiesta a questa Corte di vaglio della fondatezza delle proprie tesi difensive.

L’inidonea formulazione del quesito di diritto del resto equivale alla relativa omessa formulazione, in quanto nel dettare una prescrizione di ordine formale la norma incide anche sulla sostanza dell’impugnazione, imponendo al ricorrente di chiarire con il quesito l’errore di diritto imputato alla sentenza impugnata in relazione alla concreta fattispecie (v. Cass., 7/4/2009, n. 8463; Cass. Sez. un., 30/10/2008, n. 26020; Cass. Sez. un., 25/11/2008. n. 28054), (anche) in tal caso rimanendo invero vanificata la finalità di consentire a questa Corte il miglior esercizio della funzione nomofilattica sottesa alla disciplina del quesito introdotta con il D.Lgs. n. 40 del 2006 (cfr., da ultimo, Cass. Sez. un., 10/9/2009, n. 19444).

La norma di cui all’art. 366 bis c.p.c., è d’altro canto insuscettibile di essere interpretata nel senso che il quesito di diritto possa, e a fortiori debba, desumersi implicitamente dalla formulazione del motivo, giacchè una siffatta interpretazione si risolverebbe nell’abrogazione tacita della norma in questione (v.

Cass. Sez. Un., 5/2/2008, n. 2658; Cass., Sez. Un., 26/03/2007, n. 7258).

Quanto al pure denunziato vizio di motivazione, a completamento della relativa esposizione esso deve indefettibilmente contenere la sintetica e riassuntiva indicazione: a) del fatto controverso; b) degli elementi di prova la cui valutazione avrebbe dovuto condurre a diversa decisione; c) degli argomenti logici per i quali tale diversa valutazione sarebbe stata necessaria (art. 366 bis c.p.c.).

Al riguardo, si è precisato che l’art. 366 bis c.p.c., rispetto alla mera illustrazione del motivo impone un contenuto specifico autonomamente ed immediatamente individuabile, ai fini dell’assolvimento del relativo onere essendo pertanto necessario che una parte del medesimo venga a tale indicazione “specificamente destinata” (v. Cass., 18/7/2007, n. 16002).

Orbene, nel caso i motivi con i quali si denunzia vizio di motivazione non recano la “chiara indicazione” – secondo lo schema e nei termini più sopra indicati – delle relative “ragioni”, inammissibilmente rimettendosene l’individuazione all’attività esegetica di questa Corte, con interpretazione che si risolverebbe nell’abrogazione tacita della norma in questione (cfr. Cass. Sez. Un., 5/2/2008, n. 2658; Cass., Sez. Un., 26/03/2007, n. 7258).

I motivi si palesano pertanto privi dei requisiti a pena di inammissibilità richiesti dai sopra richiamati articoli, nella specie applicantisi nel testo modificato dal D.Lgs. n. 40 del 2006, essendo stata l’impugnata sentenza pubblicata successivamente alla data (2 marzo 2006) di entrata in vigore del medesimo.

Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento, in solido, delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 1.500,00, oltre a quelle prenotate a debito, in favore del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca (già Ministero della pubblica istruzione), e in Euro 1.700,00, di cui Euro 1.500.00 per onorari, oltre a spese generali ed accessori come per legge, in favore della controricorrente S..

Così deciso in Roma, il 11 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 21 dicembre 2011

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