Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27894 del 04/12/2020

Cassazione civile sez. II, 04/12/2020, (ud. 14/10/2020, dep. 04/12/2020), n.27894

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25034-2019 proposto da:

O.H., rappresentata e difesa dall’Avvocato DANIELE VALERI ed

elettivamente domiciliata a Roma, piazza Mazzini 8, presso lo studio

dell’Avvocato SALVATORE FACHILE, per procura speciale in calce al

ricorso del 30/7/2019;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO;

– intimato –

avverso il DECRETO n. 9621/2019 del TRIBUNALE DI ANCONA, depositato

il 18/7/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 14/10/2020 dal Consigliere DONGIACOMO GIUSEPPE.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il tribunale, con il decreto in epigrafe, dichiaratamente comunicato il 19/7/2019, ha respinto l’impugnazione che O.H., nata in (OMISSIS), aveva proposto avverso il provvedimento con il quale la commissione territoriale aveva, a sua volta, rigettato la domanda di protezione internazionale che la stessa, a seguito del rigetto di una precedente domanda, aveva riproposto.

O.H., con ricorso notificato il 19/8/2019 (il 18/8/2019 era domenica), ha chiesto, per sette motivi, la cassazione del decreto.

Il ministero dell’interno è rimasto intimato.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, la ricorrente ha lamentato l’omessa pronuncia da parte del tribunale sui motivi d’impugnazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4.

2. Con il secondo ed il terzo motivo, la ricorrente ha lamentato la violazione e/o la falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, in tema di esame dei fatti e delle circostanze, di giudizio di non credibilità del richiedente e di onere della prova e ruolo del tribunale nell’istruzione del giudizio.

3. Con il quarto motivo, la ricorrente ha lamentato la violazione e/o la falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 7 ss e della Convenzione di Ginevra in ordine al mancato riconoscimento dello status di rifugiato, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

4. Con il quinto motivo, la ricorrente ha lamentato la violazione e/o la falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 14 e ss, per il mancato riconoscimento dei presupposti per la protezione sussidiaria, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

5. Con il sesto motivo, la ricorrente ha lamentato la violazione e/o la falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, per la mancata trasmissione degli atti al questore per la concessione di un permesso di soggiorno annuale che reca la dicitura “protezione speciale”, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

6. Con il settimo motivo, la ricorrente ha lamentato la violazione e/o la falsa applicazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, dell’art. 10 Cost., per l’omessa valutazione della possibilità di riconoscimento del diritto d’asilo o, in subordine, per l’illegittimità costituzionale del D.L. n. 113 del 2018, conv. in L. n. 132 del 2018, nella parte in cui ha abrogato l’art. 5, comma 6, del TU sull’immigrazione.

7.1. Il terzo motivo, nella parte in cui la ricorrente ha lamentato l’omessa valutazione da parte del tribunale degli elementi di novità che, tanto sul piano dei fatti dedotti, quanto delle prove offerte in giudizio, la nuova domanda presentava rispetto a quella precedentemente proposta e respinta, dev’essere esaminato in via prioritaria rispetto a tutti gli altri: ed è infondato.

8.1. Il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 29, prevede, in effetti, che la commissione territoriale dichiari inammissibile la domanda di protezione, senza procedere al suo esame, nel caso in cui (lett. b) il richiedente, dopo l’assunzione di una decisione da parte della commissione stessa, abbia reiterato identica domanda senza addurre nuovi elementi in merito alle sue condizioni personali o alla situazione del suo Paese di origine.

8.2. Questa Corte ha avuto modo, in proposito, di affermare che i “nuovi elementi”, alla cui allegazione il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 29, lett. b), subordina l’ammissibilità della reiterazione della domanda di riconoscimento della tutela, possono consistere, oltre che in nuovi fatti di persecuzione o comunque costitutivi del diritto alla protezione stessa, successivi al rigetto della prima domanda da parte della competente commissione, anche in nuove prove dei fatti costitutivi del diritto, purchè il richiedente non abbia potuto, senza sua colpa, produrle in precedenza innanzi alla commissione in sede amministrativa, nè davanti al giudice introducendo il procedimento giurisdizionale di cui al D.Lgs. cit., art. 35. (Cass. n. 5089 del 2013; Cass. n. 18440 del 2019).

8.3. E’ stato anche ritenuto che, nel procedimento di riconoscimento della protezione internazionale per lo straniero, è ammissibile la reiterazione della domanda quando vengano addotti elementi già sussistenti al momento della precedente richiesta ma che il ricorrente non aveva potuto, senza sua colpa, prospettare in difetto di prove (Cass. n. 18440 del 2019, in motiv.).

8.4. Nel caso in esame, il tribunale ha ritenuto che la richiedente aveva, in realtà, narrato la “medesima storia” già invocata a sostegno della precedente domanda senza, peraltro, fornire “valide giustificazioni circa la pregressa incolpevole omissione” (evidentemente, a fronte dell’identità dei fatti) delle nuove prove depositate in giudizio.

8.5. La statuizione è corretta e si sottrae, quindi, alle censure svolte dalla ricorrente: tanto più se si considera che la stessa non ha dedotto, con la dovuta specificità, gli elementi di effettiva diversità (in ordine ai fatti allegati e/o alle prove offerte) asseritamente esistenti tra la domanda già proposta e la nuova domanda, riproducendone in ricorso almeno i tratti salienti.

8.6. Come, in effetti, si evince dagli atti del giudizio di merito (che la Corte ha direttamente esaminato per la natura sostanzialmente processuale del vizio dedotto) e, segnatamente, dall’ordinanza pronunciata dal tribunale di Ancona in data 16/3/2015 (p. 3, 4 e 5), la vicenda narrata dalla richiedente a sostegno della nuova domanda (così come esposti a p. 3, 4, 10, 11, 14 e 15 del ricorso), è del tutto sovrapponibile, nei suoi tratti essenziali, compresa la prostituzione (v. il ricorso, p. 13 e 15, e l’ordinanza citata, p. 5), a quella dedotta con la precedente domanda.

8.7. Nè, del resto, possono valere, quali ulteriori elementi di novità della domanda reiterata, le dichiarazioni rese, con due affidavit, dalla madre e dalla sorella se non altro perchè la ricorrente ha del tutto omesso di dimostrare (o anche solo di dedurre) le ragioni che, a suo dire, avrebbero giustificato la mancata allegazione dei medesimi documenti (o meglio, delle dichiarazioni ivi esposte) alla prima domanda e, soprattutto, al ricorso, dalla stessa proposto con ministero e assistenza legale di un difensore abilitato, volto al riconoscimento della protezione internazionale.

8.8. La domanda di protezione internazionale proposta dalla ricorrente, in difetto dei “nuovi elementi”, alla cui allegazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 29, lett. b), subordina l’ammissibilità della reiterazione della domanda di riconoscimento della tutela, era, quindi, inammissibile: e correttamente il tribunale l’ha, come tale, dichiarata.

9. Gli altri motivi sono assorbiti.

10. Il ricorso dev’essere, quindi, rigettato. Peraltro, poichè il giudice di merito ha deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza di legittimità, senza che il ricorrente abbia offerto ragioni sufficienti per mutare tali orientamenti, il ricorso, a norma dell’art. 360 bis c.p.c., n. 1, è manifestamente inammissibile.

11. Nulla per le spese di lite, in difetto di controricorso del ministero.

12. La Corte dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

PQM

La Corte così provvede: dichiara l’inammissibilità del ricorso; dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione Civile, il 14 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 4 dicembre 2020

 

 

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