Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27893 del 04/12/2020

Cassazione civile sez. II, 04/12/2020, (ud. 09/10/2020, dep. 04/12/2020), n.27893

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – rel. Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22112-2019 proposto da:

F.H.F., elettivamente domiciliato in Padova, via Trieste

n. 28, presso lo studio dell’avv.to SILVIA BETTELLA che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 1997/2019 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 15/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

09/10/2020 dal Consigliere Dott. VARRONE LUCA.

 

Fatto

RILEVATO IN FATTO

CHE:

1. La Corte d’Appello di Venezia, con sentenza pubblicata il 15 maggio 2019, respingeva l’appello proposto da F.H., cittadino del Bangladesh, avverso il provvedimento con il quale il Tribunale di Venezia aveva rigettato l’opposizione avverso la decisione della competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale che, a sua volta, aveva rigettato la domanda proposta dall’interessato di riconoscimento dello status di rifugiato, di protezione internazionale, escludendo altresì la sussistenza dei presupposti per la protezione complementare (umanitaria).

2. La Corte d’Appello rigettava la domanda di riconoscimento dello status di rifugiato atteso che il richiedente aveva dichiarato di aver abbandonato il proprio paese per trovare lavoro per mantenere la sua famiglia di origine, in particolare il fratello e la madre che avevano subito l’esproprio della casa per l’impossibilità di onorare un debito contratto con una banca per pagare il viaggio dell’appellante.

La Corte d’Appello confermava il giudizio di inattendibilità delle dichiarazioni formulato dal Tribunale e rigettava la domanda di riconoscimento della protezione internazionale in tutte le sue forme. In particolare, specificava che l’area di provenienza del richiedente non poteva rientrare tra quelle soggetto a un conflitto armato interno tale da comportare una minaccia grave individuale ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c). Ciò non era smentito dalle condizioni indicazioni contenute nel sito viaggiare sicuri.

La Corte d’Appello non ravvisava neanche i presupposti per la protezione umanitaria.

2. F.H. ha proposto ricorso per cassazione avverso il suddetto decreto sulla base di quattro motivi di ricorso.

3. Il Ministero dell’interno si è costituito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

CHE:

1. Il primo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5.

La censura attiene al giudizio di non credibilità del racconto del ricorrente per la contraddittorietà dei motivi che giustificavano la fuga. Il giudizio dovrà essere affermato sarebbe stato effettuato in violazione dei criteri indicati dalla norma citata e anche mediante l’esercizio di poteri dovere di indagine ufficiosi per l’acquisizione di informazioni aggiornate sul paese di origine.

2. Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14.

La censura riguarda il rigetto della domanda di protezione sussidiaria che non può essere esclusa dalla circostanza che a provocare il danno grave per il cittadino straniero siano soggetti privati qualora nel paese d’origine non vi sia un’autorità statale in grado di fornire adeguata ed effettiva tutela.

3. Il terzo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione del combinato disposto del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3 e D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6.

La censura attiene al rigetto della domanda di protezione umanitaria atteso che il richiedente versa in una situazione di particolare vulnerabilità come dettagliatamente esposto nel corso del giudizio come si evince da una valutazione comparativa in relazione al paese di rimpatrio.

4. Il quarto motivo di ricorso è così rubricato: omessa e contraddittoria esame della questione relativa alle incongruenze emerse dal provvedimento della commissione territoriale. La corte d’appello di Venezia non ha tenuto conto delle argomentazioni svolte dall’impugnazione avverso la decisione della commissione territoriale con riferimento allo scarso livello di scolarizzazione e alla realtà del Bangladesh.

5. I quattro motivi di ricorso, che stante la loro evidente connessione possono essere trattati congiuntamente, sono inammissibili.

Le censure sono del tutto generiche, e non offrono alcun elemento per rivalutare la credibilità del racconto del richiedente o la valutazione circa la situazione del paese di origine.

Deve dunque ribadirsi che la valutazione in ordine alla credibilità del racconto del richiedente costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, il quale deve valutare se le dichiarazioni siano coerenti e plausibili, del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c). Tale apprezzamento di fatto è censurabile in cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, dovendosi escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito. (Sez. 1, Ordinanza n. 3340 del 05/02/2019, Rv. 652549).

La Corte d’Appello, inoltre, ha fatto esplicito riferimento a fonti qualificate dalle quali ha tratto la convinzione che il Bangladesh non sia una zona rientrante tra quelle di cui al D.Lgs. n. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c.

Il potere-dovere di cooperazione istruttoria, correlato all’attenuazione del principio dispositivo quanto alla dimostrazione, e non anche all’allegazione, dei fatti rilevanti, è stato dunque correttamente esercitato, benchè la vicenda personale narrata sia stata ritenuta non credibile dai giudici di merito (Cass. n. 14283/2019).

Deve ribadirsi che in tema di protezione sussidiaria, anche l’accertamento della situazione di “violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale”, di cui alla norma citata, che sia causa per il richiedente di una sua personale e diretta esposizione al rischio di un danno grave implica un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito. Il risultato di tale indagine può essere censurato, con motivo di ricorso per cassazione, nei limiti consentiti dal novellato art. 360 c.p.c., n. 5 (Cass. ord. 30105 del 2018).

Inoltre, con riferimento alle ipotesi di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), deve evidenziarsi che il racconto del richiedente non è stato ritenuto credibile e che in tal caso non si impone l’esercizio dei poteri ufficiosi circa l’esposizione a rischio del richiedente in virtù della sua condizione soggettiva.

In ordine al riconoscimento della protezione umanitaria, anche in questo caso il diniego è dipeso dall’accertamento dei fatti da parte del giudice di merito, che ha escluso con idonea motivazione, alla stregua di quanto considerato nei paragrafi che precedono l’esistenza di una situazione di integrazione da cui derivare una sua particolare vulnerabilità in caso di rientro forzoso. All’accertamento compiuto dai giudici di merito viene inammissibilmente contrapposta una diversa interpretazione delle risultanze di causa.

4. In conclusione il ricorso è inammissibile. Nulla sulle spese in quanto il Ministero è rimasto intimato.

5. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, art. 1 bis, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso;

ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, art. 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della 2 Sezione civile, il 9 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 4 dicembre 2020

 

 

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