Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27892 del 30/10/2019

Cassazione civile sez. VI, 30/10/2019, (ud. 22/05/2019, dep. 30/10/2019), n.27892

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ESPOSITO Lucia – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – rel. Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19508-2018 proposto da:

P.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA VALADIER

53, presso lo studio dell’avvocato ROBERTO ALLEGRA, rappresentato e

difeso dall’avvocato MASSIMO NAVACH;

– ricorrente –

Contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE 80078750587, in

persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA

dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati

CLEMENTINA PULLI, MANUELA MASSA, NICOLA VALENTE, EMANUELA CAPANNOLO,

LUIGI CALIULO;

– resistente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di BARI, depositato il 22/12/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 22/05/2019 dal Consigliere Relatore Dott. MARGHERITA

MARIA LEONE.

Fatto

RILEVATO

CHE:

Con decreto di omologa del 22.12.2017 (Rg n. 1394/2017), il Tribunale di Bari aveva omologato la sussistenza, in capo a P.G., del requisito sanitario utile all’assegno ordinario di invalidità con decorrenza dalla domanda amministrativa e condannato l’Inps al pagamento delle spese della procedura liquidate in E. 1.000,00 oltre spese forfetarie, iva e cpa.

Avverso tale capo della statuizione proponeva ricorso il P. affidato ad un unico motivo anche coltivato con successiva memoria.

L’Inps rimaneva intimato.

Era depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

Con un solo motivo è denunciata la violazione e falsa applicazione delle norme di diritto quali la Tabella n. 9 del D.M. n. 55 del 2014, L. n. 794 del 1942, art. 24; D.M. n. 585 del 1994, art. 4; L. n. 1051 del 1957, con riguardo all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4.

Rilevava il ricorrente che la assenza di motivazione sulla liquidazione delle spese non aveva consentito di comprendere quali fossero i parametri di riferimento utilizzati per la determinazione delle stesse. Rilevava comunque la incongruità della somma liquidata rispetto al valore della controversia, indicando in complessivi Euro 2.910,00 l’importo invece dovuto per questa fase del giudizio, parametrato a tre annualità della prestazione previdenziale domandata, secondo il disposto dell’art. 13 c.p.c., comma 2, ultima parte, e della sentenza delle Sezioni Unite n. 10455/2015.

Il motivo risulta fondato.

Si osserva che, ai fini della individuazione degli scaglioni applicabili in ragione del valore della causa per la liquidazione delle spese di giudizio, nelle controversie relative a prestazioni previdenziali (quale quella in oggetto), il valore della causa deve essere determinato alla stregua del criterio dettato dall’art. 13 c.p.c., comma 2, per le cause relative a rendite temporanee o vitalizie (e cioè cumulando fino ad un massimo di dieci le annualità domandate), alle quali, ove venga in contestazione l’accertamento del diritto alla corresponsione nella misura richiesta, è assimilabile la prestazione assicurativa” (Cass.n. 15656/2012 conf.Cass.n. 10454/2015, Cass.SU n. 10455/2015).

Applicando tali principi al caso in esame, il valore della causa va individuato tra Euro 26.000,00 ed Euro 52.000,001 in tale scaglione rientrando l’ammontare di dieci annualità della prestazione richiesta; i parametri minimi stabiliti per tale scaglione, computando tre fasi per il procedimento di istruzione preventiva, vanno individuati in Euro 1.212,00 per la fase di istruzione preventiva (risultanti dalla somma di Euro 472,50 per studio della controversia, Euro 375,00 per la fase introduttiva del giudizio ed Euro 364,00 per la fase istruttoria e/o di trattazione, dovendosi ridurre le prime due del 50% e la terza del 70%, ai sensi del D.M. n. 55 del 2014, art. 4). Deve rilevarsi che con riguardo alla fase istruttoria e/o di trattazione, la riduzione va operata sottraendo il 70% all’importo del parametro medio, dovendo così interpretarsi il disposto del D.M. n. 55 del 2014, art. 4, che testualmente prevede un riduzione “fino al 70 per cento” dell’importo liquidato per tale fase.

Avuto riguardo all’importo dianzi delineato, risulta evidente come la liquidazione delle spese contenuta nell’impugnata decisione sia inferiore a detti minimi, nè risulta alcuna motivazione in ordine alla non riconoscibilità, nel caso concreto, di alcuni compensi stabiliti dal citato D.M. n. 55 del 2014, in relazione alle singole fasi processuali. Deve peraltro soggiungersi che la somma richiesta dalla parte ricorrente in ricorso è di complessivi Euro 1.212,00.

Pertanto, in accoglimento del ricorso, la sentenza va cassata per quanto di ragione e, non apparendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito liquidando le spese in complessivi Euro 1.212,00 per compensi professionali, oltre rimborso spese forfetario nella misura del 15%. Le spese del giudizio di legittimità seguono il principio della soccombenza.

In considerazione dell’accoglimento del ricorso, non sussistono presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa il decreto di omologa in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, liquida le spese del giudizio di merito in Euro 1.212,00 per compensi professionali oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge con distrazione al procuratore antistatario. Condanna l’Inps al pagamento delle spese processuali del presente giudizio di legittimità liquidate in E. 2.000,00 per compensi Euro 200,00 per esborsi oltre spese generali nella misura del 15%, con distrazione al procuratore antistatario.

Così deciso in Roma, il 22 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 30 ottobre 2019

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