Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27890 del 30/10/2019

Cassazione civile sez. VI, 30/10/2019, (ud. 16/05/2019, dep. 30/10/2019), n.27890

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. CIGNA Mario – rel. Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5305-2018 proposto da:

A.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MESSINA 30,

presso lo studio dell’avvocato AUGUSTO MANNI, che lo rappresenta e

difende;

– ricorrente –

Contro

SOCIETA’ CATTOLICA DI ASSICURAZIONE COOP. A R.L. già FATA

ASSICURAZIONE DANNI SPA, in persona del procuratore speciale pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLE FORNACI 38,

presso lo studio dell’avvocato FABIO ALBERICI, che la rappresenta e

difende;

– intimate –

avverso il provvedimento n. 5382/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 12/08/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 16/05/2019 dal Consigliere Relatore Dott. MARIO

CIGNA.

Fatto

RILEVATO

che:

Con citazione notificata il 19-12-2005 A.F. convenne in giudizio dinanzi al Tribunale di Velletri R.S., M.E. e FATA Assicurazioni SpA per sentir dichiarare R.S. esclusiva responsabile del sinistro stradale occorso in Ardea (RM) il 28-7-04 e, per l’effetto condannare in solido tutti i convenuti al risarcimenti dei danni subiti in conseguenza dell’incidente.

A sostegno della domanda assunse che nella detta data, mentre percorreva alla guida del proprio motociclo via Pontina Vecchia, era entrato in collisione con la Fiat Uno, condotta da R.S. e di proprietà di M.E., assicurata per la rca con la FATA Assicurazioni SpA, che la precedeva nello stesso senso di marcia e che si era spostata repentinamente al centro della carreggiata per svoltare a sx.

Con sentenza 202/2012 l’adito Tribunale rigettò la domanda, ritenendo l’attore unico responsabile del sinistro.

Con sentenza 5382/2017 la Corte d’Appello di Roma ha rigettato l’appello; in particolare la Corte ha evidenziato che la detta esclusiva responsabilità dell’attore discendeva non solo dalla dichiarazione dallo stesso resa nell’immediatezza dei fatti agli agenti della Polizia, ma anche dalla localizzazione dei danni riportati dai mezzi (parte posteriore sinistra dell’auto e parte anteriore della moto), sicchè correttamente il primo Giudice aveva ritenuto che la moto dell’attore, nell’intraprendere una manovra di sorpasso vietata dalla segnaletica verticale proprio in ragione della prossimità di un incrocio, non si era accorto della manovra di svolta a sx dell’auto della convenuta ed aveva tamponato l’auto della convenuta.

Avverso detta sentenza A.F. propone ricorso per Cassazione, affidato a quattro motivi ed illustrato anche da successiva memoria.

La Società Cattolica di Assicurazione coop. a r.l. (già FATA Assicurazioni Danni SpA resiste con controricorso.

M.E. e R.S. non hanno svolto attività difensiva in questa sede.

Il relatore ha proposto la trattazione della controversia ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.; detta proposta, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata, è stata ritualmente notificata alle parti.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Con il primo motivo il ricorrente, denunziando -ex art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 148, commi 2 e 3, in combinato disposto con gli artt. 2054 e 2697 c.c. e art. 115 c.p.c., si duole che la Corte territoriale abbia ritenuto “scarsamente influenti” i rilievi contenuti nell’atto di gravame tesi ad evidenziare, da una parte, la correttezza della manovra di sorpasso del motociclo (iniziata in condizioni di piena visibilità), e, dall’altra, l’imprudente ed imperita condotta di guida dell’autovettura (che, nello svoltare a sx, non aveva l’indicatore di direzione azionato).

Con il secondo motivo il ricorrente, denunziando -ex art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione e falsa applicazione degli artt. 2730 e 2735 c.c., nonchè artt. 115 e 116 c.p.c., si duole che la Corte territoriale abbia assunto a prova legale della dinamica del sx le dichiarazioni da lui asseritamente rese agli Agenti accertatori, ed abbia confermato la statuizione impugnata che aveva riconosciuto valore confessorio a siffatte dichiarazioni.

Con il terzo motivo il ricorrente, denunziando -ex art. 360 c.p.c., n. 3-violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 149 e art. 2054 c.c., in combinato disposto con gli artt. 2697 c.c. e artt. 115 e 116 c.p.c., si duole che la Corte territoriale non abbia considerato che egli ricorrente, attraverso l’escussione di testimoni (v. teste B., erroneamente ritenuto non convincente dalla Corte) e le stesse oggettive risultanze del rapporto degli agenti di Polizia (assistito da fede privilegiata), aveva dimostrato di non avere potuto fare alcunchè per evitare l’urto, dipeso esclusivamente dal repentino spostamento dell’autovettura verso il margine sx della carreggiata nel mentre il motociclo si trovava in fase di sorpasso.

Con il quarto motivo il ricorrente, denunziando -ex art. 360 c.p.c., n. 5-omesso esame circa un fatto decisivo del giudizi, si duole che la Corte territoriale non abbia considerato che anche S.R., conducente dell’autovettura, si trovava impegnata in una svolta a sinistra, eseguita senza azionare l’indicatore di direzione e senza prima assicurarsi di non costituire fonte di pericolo; circostanze queste che avrebbero dovuto comportare ex art. 2054 c.c., la responsabilità almeno concorrente della parte convenuta.

I motivi, da esaminare congiuntamente in quanto tra loro connessi, sono tutti inammissibili.

Le censure, invero, si risolvono, benchè alcune formulate sub specie di violazione di legge, in doglianze in ordine all’accertamento della dinamica del sinistro, operato dai giudici di merito in base alla valutazione delle risultanze istruttorie, e quindi non sindacabile in sede di legittimità, a maggior ragione dopo la novella del n. 5 dell’art. 360, che ha ridotto al minimo costituzionale il controllo in sede di legittimità sulla motivazione (v. Cass. sez. unite 8053, 8054 e 19881 del 2014; conf. Cass. 11892/2016).

Va, comunque, rilevato che, contrariamente a quanto sostenuto in ricorso, la Corte d’Appello non ha basato la sua decisione esclusivamente sulle dichiarazioni rese dall’attore in sede di rapporto degli Agenti di Polizia (attribuendo alle stesse valore confessorio) o sulla dinamica come ricostruita nel detto rapporto, ma, come espressamente precisato nella sentenza impugnata (v. pag. 3), in base ad una complessiva valutazione delle risultanze probatorie (in particolare, oltre che sulla dichiarazione resa dall’attore nell’immediatezza dei fatti, anche sulla oggettiva localizzazione degli urti ai mezzi e sul fatto che le dichiarazioni del teste di parte appellante erano “non convincenti”).

In ordine alla dichiarazione del teste B., va innanzitutto evidenziato che nel ricorso non viene precisato se sia stato prodotto il verbale della sua audizione oppure se sia inteso fare riferimento all’eventuale presenza nel fascicolo d’ufficio del grado d’appello (come ammette Cass. S.U. 22726/2011); il ricorso, quindi, sul punto è, in primo luogo inammissibile per inosservanza dell’onere di cui all’art. 366 c.p.c., n. 6 (inosservanza, con specifico riferimento all’onere di localizzazione, sussistente anche quanto alle altre risultanze istruttorie evocate); in secondo luogo, in quanto la Corte, nell’esercizio del suo discrezionale potere di valutare la prova, ha espressamente dichiarato inattendibile la detta testimonianza.

In ogni modo, in particolare, non sussiste la violazione dell’art. 116 c.p.c. (norma che sancisce il principio della libera valutazione delle prove, salva diversa previsione legale), che, come precisato da Cass. 11892 del 2016 e ribadito (in motivazione) da Cass. S.U. 16598/2016, è idonea ad integrare il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 4, solo quando (e, per quanto su precisato, non è il caso di specie) il giudice di merito disattenda tale principio in assenza di una deroga normativamente prevista, ovvero, all’opposto, valuti secondo prudente apprezzamento una prova o risultanza probatoria soggetta ad un diverso regime.

Nè sussiste la violazione dell’art. 115 c.p.c., che, come precisato dalla cit. Cass. 11892/2016, può essere dedotta come vizio di legittimità solo denunciando che il giudice ha dichiarato espressamente di non dover osservare la regola contenuta nella norma, ovvero ha giudicato sulla base di prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli, e non anche quando (come nella specie) il medesimo, nel valutare le risultanze istruttorie, ha attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre.

Non sussiste, inoltre, neanche la violazione dell’art. 2697 c.c., che, come ribadito da Cass. S.U. 16598 del 2016, “si configura se il giudice di merito applica la regola di giudizio fondata sull’onere della prova in modo erroneo, cioè attribuendo “onus probandi” a una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione della fattispecie basate sulla differenza fra fatti costituivi ed eccezioni”, e non quando, come in ricorso, ci si duole solo che la Corte territoriale, a seguito del procedimento di acquisizione e valutazione del materiale probatorio strumentale alla decisione, abbia ritenuto non raggiunta la prova dei fatti dedotti a fondamento della domanda risarcitoria avanzata.

Le argomentazioni esposte nella memoria, nella quale principalmente si insiste sull’erroneità della valutazione delle risultanze processuali operata dal giudice d’appello, non sono idonee a superare le su esposte motivazioni.

In conclusione, quindi, il ricorso va dichiarato inammissibile.

Le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, poichè il ricorso è stato presentato successivamente al 30-1-2013 ed è stato dichiarato inammissibile, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del cit. art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in Euro 3.000,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge; dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale.

Così deciso in Roma, il 16 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 30 ottobre 2019

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA