Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27886 del 13/12/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 27886 Anno 2013
Presidente: PIVETTI MARCO
Relatore: VALITUTTI ANTONIO

SENTENZA
sul ricorso 580-2011 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente 2013
1.934

contro
INTERFINANCE SPA (quale cessionaria del Credito del
Fallimento D.S.A. srl) in persona del Presidente e
Legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliato in ROMA VIA SABOTINO 2-A, presso lo studio
dell’avvocato PARIS FILIPPO, rappresentato e difeso

Data pubblicazione: 13/12/2013

dall’avvocato VOLPE GIAN MARIA giusta delega in calce;

controricorrente

avverso la sentenza n. 88/2010 della COMM.TRIB.REG. di
GENOVA, depositata il 05/10/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

VALITUTTI;
udito per il ricorrente l’Avvocato CASELLI che si
riporta;
udito per il controricorrente l’Avvocato VOLPE che ha
chiesto il rigetto;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. VINCENZO GAMBARDELLA che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.

udienza del 03/06/2013 dal Consigliere Dott. ANTONIO

RITENUTO IN FATTO.
1. Con istanza in data 7.2.07, la curatela del fallimento
D.S.A. s.r.l. chiedeva il rimborso di un credito IVA, per
l’anno 2006, per un ammontare di

e

6.187,00. All’istanza

l’Ufficio, appurata l’esistenza di carichi pendenti per
debiti fiscali della società fallita maturati nel periodo
prefallimentare, compensabili, quindi, con il credito fiopponeva alla Interfinance s.p.a. – divenuta cessionaria,
con atto del 21.2.07, del credito di imposta già vantato
dalla fallita – un provvedimento di fermo amministrativo,
ai sensi dell’art. 69 del r. d. n. 2440/23.
2. Tale provvedimento veniva, quindi, impugnato dalla Interfinance s.p.a. dinanzi alla CTP di Genova, che accoglieva il ricorso. L’appello proposto dall’Agenzia delle
Entrate – Ufficio di Genova 2, nei confronti della decisione di prime cure, veniva, altresì, respinto dalla CTR
della Liguria, con sentenza n. 88/1/10, depositata il
5.10.10 e notificata il 21.10.10
2.1. La CTR – confermando della decisione di prime cure riteneva, invero, che la compensazione, eccepita
dall’Ufficio alla Interfinance s.p.a. e posta a base del
provvedimento di fermo amministrativo, tra i controcrediti vantati dall’Amministrazione finanziaria nei confronti
della società cedente, e non insinuati nel passivo fallimentare, e il credito fiscale vantato dalla contribuente,
non fosse opponibile alla cessionaria. E ciò per mancanza
di reciprocità dei crediti in questione, appartenendo il
credito IVA azionato dalla cessionaria alla massa dei
creditori e non alla società fallita – nei cui confronti
l’Ufficio vantava, invece, i controcrediti opposti in
compensazione – poiché compiutamente liquidato solo dopo
^

l’apertura del fallimento.
3. Per la cassazione della sentenza n. 88/1/10 ha proposto, pertanto, ricorso l’Agenzia delle Entrate articolando due motivi, ai quali la Interfinance s.p.a. ha replicato con controricorso e con memoria ex art. 378 c.p.c.
CONSIDERATO IN DIRITTO.

scale vantato dalla medesima nei confronti dell’Erario,

2

1. Con i due motivi di ricorso – che, per la loro intima
connessione, vanno esaminati congiuntamente – l’Agenzia
delle Entrate denuncia la violazione degli artt. 56 1.
fall.

(r.d. 267/42) e 69 r.d. 2440/23, in relazione

all’art. 360 n. 3 c.p.c., nonché l’omessa motivazione su
un punto decisivo della controversia, in relazione
all’art. 360 n. 5 c.p.c.
CTR abbia escluso – per di più con motivazione del tutto
incongrua – la compensazione, ex art. 56 1.f., tra i reciproci crediti dell’Erario e della contribuente, per il
fatto che il credito IVA, richiesto a rimborso dalla curatela del fallimento della D.S.A. s.r.1., divenuto liquido ed esigibile dopo l’apertura del fallimento, sarebbe stato in titolarità non più del fallito, verso il quale l’Ufficio vantava il suo credito, bensì della massa
dei creditori. Il giudice di appello non avrebbe, in tal
modo, tenuto conto – ad avviso della ricorrente – del
fatto che il requisito della reciprocità, solo in presenza del quale è consentita la compensazione dei reciproci
crediti, ai sensi degli artt. 56 l. fall., va stabilito
con riferimento al momento in cui il credito IVA del fallito viene ad esistenza, e non con riferimento al momento
in cui il credito stesso è divenuto liquido ed esigibile.
2. Il ricorso è fondato.
2.1.

Va anzitutto rilevata,

invero,

l’infondatezza

dell’assunto della Interfinance s.p.a., cessionaria del
credito già appartenuto alla fallita D.S.A. s.r.1., secondo la quale, in forza del disposto di cui all’art. 51
1. fall. – che sancisce il divieto di azioni esecutive
individuali sui beni ricompresi nel fallimento, dal giorno della relativa dichiarazione – il fermo amministrativo, pronunciato ai sensi dell’art. 69 r.d. 2440/23, nei
confronti della società fallita (e per essa, del cessionario del credito), sarebbe da considerarsi inefficace.
Ne conseguirebbe, a parere della Interfinance s.p.a., che
nessun ostacolo vi sarebbe stato al rimborso del credito
IVA richiesto, posto che il vincolo in parola era fina-

1.1. Si duole, invero, l’Amministrazione del fatto che la

t

-3

lizzato a garantire la compensazione ex art. 56 1. fall.,
peraltro inammissibile, nella specie, per effetto della
mancanza del requisito della reciprocità dei crediti,
l’uno vantato, difatti, dall’Erario nei confronti della
società fallita, l’altro dalla massa dei creditori nei
confronti dell’Erario, nonché di quello della liquidità
ed esigibilità di entrambi i crediti, essendo il credito
del fallimento.
2.1.1. Orbene, va osservato – in proposito – che avendo
il provvedimento di fermo amministrativo lo scopo di legittimare la sospensione del pagamento di un debito
dell’Amministrazione dello Stato, nella prospettiva di
un’eventuale compensazione di esso con un credito dalla
stessa vantato nei confronti del suo creditore, tale
provvedimento non può impedire al giudice ordinario il
pieno esercizio della propria giurisdizione sulla domanda
del creditore dell’Amministrazione finanziaria.
Nell’ordine degli effetti del provvedimento di fermo non
rientra, invero, quello di precludere al giudice ordinario il pieno esercizio della giurisdizione sulla domanda
proposta in giudizio da un qualsiasi soggetto che vanti
crediti nei confronti dell’Amministrazione finanziaria
(Cass.S.U. 7945/03).
2.1.2. Se, quindi, è incontrovertibile che detto creditore possa agire in giudizio, ai fini di conseguire il soddisfacimento del suo credito, è – del pari – indubitabile
che nella particolare ipotesi nella quale sussistano reciproci crediti e debiti tra un imprenditore fallito e
l’amministrazione statale, il giudice ordinario, adito
dalla curatela, ben possa decidere sull’eventuale compensazione eccepita dalla p.a. convenuta in giudizio, ai
sensi dell’art. 56 l. fall., senza essere condizionato da
un provvedimento di fermo amministrativo del debito dello
Stato, ex art. 69 r.d. 18 novembre 1923 n. 2440. Ed invero, tale provvedimento di fermo, come tutti gli altri
provvedimenti cautelari, non può essere emesso in pendenza del fallimento e, se emesso, è inefficace, in forza

IVA divenuto liquido ed esigibile solo dopo l’apertura

-4

del disposto di cui all’art. 51 l. fall. (cfr. Cass.
8053/96, 711/91, 29565/11). A fronte di un’eccezione di
compensazione, non meramente futura ed eventuale, bensì
concretamente proposta dall’Amministrazione finanziaria,
per paralizzare la pretesa creditoria della procedura
fallimentare, quindi, il giudice dovrà procedere
all’accertamento del controcredito vantato dall’Ufficio,
to, ai fini di operarne l’eventuale compensazione con il
credito vantato dal fallimento.
2.1.3. Di conseguenza, l’inefficacia del fermo amministrativo, per il suo inserimento nella procedura fallimentare, non può determinare, di per sé, il riconoscimento del diritto al rimborso richiesto dal contribuente,
stante la necessità che il giudice si pronunci
sull’eccezione di compensazione, legittimamente proposta
in concreto dall’ Amministrazione finanziaria.
2.2. Ciò posto, va rilevata l’erroneità dell’assunto della CTR, laddove ha escluso la compensazione per il fatto
che, a suo avviso, difetterebbe, nella specie, il requisito della reciprocità dei crediti, posto che – a differenza dei controcrediti dell’ Amministrazione, che sussistono nel rapporto tra l’Erario e la società fallita – il
credito IVA richiesto a rimborso, poichè la sua precisa
determinazione è venuta ad esistenza dopo l’apertura del
fallimento, sussisterebbe nel rapporto tra la massa dei
creditori e l’Erario. Siffatta disomogeneità dei rapporti
obbligatori, dal lato soggettivo, determinerebbe, dunque,
a parere del giudice di appello, il difetto di reciprocità dei crediti, ex art. 56 1. fall., con conseguente impossibilità di procedere alla compensazione delle rispettive pretese creditorie.
Il fatto che il credito, poi ceduto alla Interfinance,
sia divenuto certo e determinato solo dopo la dichiarazione di fallimento, evidenzierebbe, inoltre, anche il
difetto del requisito della liquidità ed esigibilità dei
reciproci debiti, richiesta dall’art. 1243 c.c. per
l’operatività della compensazione.

convenuto in giudizio per l’adempimento del proprio debi-

-5

2.2.1. Orbene, va osservato, al riguardo, che – ai fini
di stabilire se sussista, o meno, il requisito della reciprocità richiesto dalla disposizione contenuta
nell’art. 56 l fall. – secondo il quale la compensazione
può operare solo tra gli stessi soggetti, che si trovino
ad essere al contempo creditori e debitori del fallito occorre avere riguardo, onde accertare la titolarità dei
la situazione giuridica estintiva delle obbligazioni contrapposte.
2.2.2. Ne discende che la compensazione nel fallimento, a
norma dell’art. 56 della 1. fall., è ammessa anche quando
il controcredito del fallito divenga liquido od esigibile
dopo il fallimento, purché il fatto genetico dell’obbligazione sia anteriore alla dichiarazione di fallimento.
E non può revocarsi in dubbio che l’insorgenza dei diversi crediti tributari si determini

ex lege in relazione

all’avveramento del presupposto proprio di ciascuno del y
tributi in considerazione (cfr. Cass.S.U. 4779/87). Ora,
con riferimento all’IVA, tale presupposto è da individuarsi nella dichiarazione del contribuente per ciascun
anno di imposta, che, ai sensi dell’art. 28 d.P.R.
633/72, deve contenere tutti i dati che consentano all’
Amministrazione di acquisire le indicazioni concernenti
l’ammontare delle operazioni attive e passive compiute
nel periodo di riferimento, e di operare la relativa liquidazione di imposta.
Le stesse esigenze poste a base della citata norma giustificano, di conseguenza, l’ammissibilità – in presenza
del presupposto temporale suesposto – anche della compensazione giudiziale nel fallimento, perché operi la quale
è necessario che i requisiti dell’art. 1243 c.c. ricorrano da ambedue i lati e sussistano al momento della pronuncia, ogni qual volta la compensazione venga eccepita
da una delle parti del giudizio (cfr. Cass.S.U. 775/99,
Cass. 10025/10, 18915/10).
2.2.3. Da quanto sopra rilevato consegue, pertanto,
l’erroneità della decisione impugnata, che ha escluso la

rispettivi crediti, esclusivamente al fatto genetico del-

compensabilità tra i crediti esclusivamente per il fatto
che il credito IVA vantato in origine dalla fallita
D.S.A. s.r.1., poi ceduto alla Interfinance s.p.a., fosse
divenuto liquido ed esigibile solo dopo l’apertura del

cati in detrazione nelle dichiarazioni IVA dell’ultimo
triennio, precedente la dichiarazione di fallimento, ai
sensi dell’art. 30 d.P.R. 633/72.
3. L’accoglimento del ricorso comporta la cassazione
dell’impugnata sentenza. Non essendo necessari ulteriori
accertamenti di fatto, la Corte, nell’esercizio del potere di decisione nel merito di cui all’art. 384, co. l
c.p.c., rigetta il ricorso introduttivo proposto dalla
contribuente.
4. Le spese del presente giudizio di legittimità vanno
poste a carico della resistente soccombente, nella misura
di cui in dispositivo. Concorrono giusti motivi per dichiarare interamente compensate fra le parti le spese dei
giudizi di merito.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione;
accoglie il ricorso; cassa l’impugnata sentenza e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo della
contribuente; condanna la resistente alle spese del presente giudizio che liquida in e 2.500,00, oltre ].le spese prenotate a debito; dichiara compensate tra le parti
le spese dei gradi di merito.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Tributaria, il 3.6.2013.

fallimento, non tenendo conto del fatto che tale credito
era sorto in epoca precedente alla dichiarazione di fallimento. Detto credito costituiva, invero, – come è incontroverso tra le parti – il minore degli importi indi-

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