Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27885 del 13/12/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 27885 Anno 2013
Presidente: PIVETTI MARCO
Relatore: VALITUTTI ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso 579-2011 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente contro

INTERFINANCE SPA (quale cessionaria del Credito del
Fallimento Ortofrutticola MONTALDO snc) in persona del
Presidente e Legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA VIA SABOTINO 2-A,
presso

lo

studio

dell’avvocato

PARIS

FILIPPO,

Data pubblicazione: 13/12/2013

rappresentato e difeso dall’avvocato VOLPE GIAN MARIA
giusta delega in calce;

controricorrente

avverso la sentenza n. 87/2010 della COMM.TRIB.REG. di
GENOVA, depositata il 05/10/2010;

udienza del 03/06/2013 dal Consigliere Dott. ANTONIO
VALITUTTI;
udito per il ricorrente l’Avvocato CASELLI che si
riporta;
udito per il controricorrente l’Avvocato VOLPE che ha
chiesto il rigetto;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. VINCENZO GAMBARDELLA che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

RITENUTO IN FATTO.
l. Con istanza in data 1.6.07, la curatela del fallimento
Ortofrutticola Montaldo s.n.c. di B. Montaldo & C. chiedeva il rimborso di un credito IVA, per l’anno 2000, per
un ammontare di C 22.536.000. All’istanza l’Ufficio, appurata l’esistenza di carichi pendenti per debiti fiscali
della società fallita maturati nel periodo prefallimentadalla medesima nei confronti dell’Erario, opponeva alla
Interfinance s.p.a. – divenuta cessionaria, con atto del
21.6.07, del credito di imposta già vantato dalla fallita
– un provvedimento di fermo amministrativo, ai sensi
dell’art. 69 del r. d. n. 2440/23.
2. Tale provvedimento veniva, quindi, impugnato dalla Interfinance s.p.a. dinanzi alla CTP di Genova, che accoglieva il ricorso. L’appello proposto dall’Agenzia delle
Entrate – Ufficio di Genova 2, nei confronti della decisione di prime cure, veniva, altresì, respinto dalla CTR
della Liguria, con sentenza n. 87/1/10, depositata il
5.10.10 e notificata il 21.10.10
2.1. La CTR – confermando della decisione di prime cure riteneva, invero, che la compensazione, eccepita
dall’Ufficio alla Interfinance s.p.a. e posta a base del
provvedimento di fermo amministrativo, tra i controcrediti vantati dall’Amministrazione finanziaria nei confronti
della società cedente, e non insinuati nel passivo fallimentare, e il credito fiscale vantato dalla contribuente,
non fosse opponibile alla cessionaria. E ciò per mancanza
di reciprocità dei crediti in questione, appartenendo il
credito IVA azionato dalla cessionaria alla massa dei
creditori e non alla società fallita – nei cui confronti
l’Ufficio vantava, invece, i controcrediti opposti in
compensazione – poiché compiutamente liquidato solo dopo
l’apertura del fallimento.
3. Per la cassazione della sentenza n. 87/1/10 ha proposto, pertanto, ricorso l’Agenzia delle Entrate articolando due motivi, ai quali la Interfinance s.p.a. ha replicato con controricorso e con memoria ex art. 378 c.p.c.

re, compensabili, quindi, con il credito fiscale vantato

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CONSIDERATO IN DIRITTO.
1. Con i due motivi di ricorso – che, per la loro intima
connessione, vanno esaminati congiuntamente – l’Agenzia
delle Entrate denuncia la violazione degli artt. 56 l.
fall.
(r.d. 267/42) e 69 r.d. 2440/23, in relazione
all’art. 360 n. 3 c.p.c., nonché l’omessa motivazione su
un punto decisivo della controversia, in relazione
1.1. Si duole, invero, l’Amministrazione del fatto che la
CTR abbia escluso – per di più con motivazione del tutto
incongrua – la compensazione, ex art. 56 1.f., tra i reciproci crediti dell’Erario e della contribuente, per il
fatto che il credito IVA, richiesto a rimborso dalla curatela del fallimento dell’Ortofrutticola Montaldo
s.n.c., divenuto liquido ed esigibile dopo l’apertura del
fallimento, sarebbe stato in titolarità non più del fallito, verjo il quale l’Ufficio vantava il suo credito,
bensì della massa dei creditori. Il giudice di appello
non avrebbe, in tal modo, tenuto conto – ad avviso della
ricorrente – del fatto che il requisito della reciprocità, solo in presenza del quale è consentita la compensazione dei reciproci crediti, ai sensi degli artt. 56 1.
fall., va stabilito con riferimento al momento in cui il
credito IVA del fallito viene ad esistenza, e non con riferimento al momento in cui il credito stesso è divenuto
liquido ed esigibile.
2. Il ricorso è fondato.
2.1.

Va anzitutto rilevata,

invero,

l’infondatezza

dell’assunto della Interfinance s.p.a., cessionaria del
credito già appartenuto alla fallita Ortofrutticola Montaldo s.n.c., secondo la quale, in forza del disposto di
cui all’art. 51 l. fall. – che sancisce il divieto di
azioni esecutive individuali sui beni ricompresi nel fallimento, dal giorno della relativa dichiarazione – il
fermo amministrativo, pronunciato ai sensi dell’art. 69
r.d. 2440/23, nei confronti della società fallita (e per
essa, del cessionario del credito), sarebbg6 considerarsi inefficace. Ne conseguirebbe, a parere della Interfi-

all’art. 360 n. 5 c.p.c.

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nance s.p.a., che nessuna ostacolo vi sarebbe stato al
rimborso del credito IVA richiesto, posto che il vincolo
in parola era finalizzato a garantire la compensazione ex
art. 56 1. fall., peraltro inammissibile, nella specie,
per effetto della mancanza del requisito della reciprocità dei crediti, l’uno vantato, difatti, dall’Erario nei
confronti della società fallita, l’altro dalla massa dei
della liquidità ed esigibilità di entrambi i crediti, essendo il credito IVA divenuto liquido ed esigibile solo
dopo l’apertura del fallimento.
2.1.1. Orbene, va osservato – in proposito – che avendo
il provvedimento di fermo amministrativo lo scopo di legittimare la sospensione del pagamento di un debito
dell’amministrazione dello Stato, nella prospettiva di
un’eventuale compensazione di esso con un credito dalla
stessa vantato nei confronti del suo creditore, tale
provvedimento non può impedire al giudice ordinario il
pieno esercizio della propria giurisdizione sulla domanda
del creditore dell’Amministrazione finanziaria.
Nell’ordine degli effetti del provvedimento di fermo non
rientra, invero, quello di precludere al giudice ordinario il pieno esercizio della giurisdizione sulla domanda
proposta in giudizio da un qualsiasi soggetto che vanti
crediti nei confronti dell’Amministrazione finanziaria
(Cass.S.U. 7945/03).
2.1.2. Se, quindi, è incontrovertibile che detto creditore possa agire in giudizio, ai fini di conseguire il soddisfacimento del suo credito, è – del pari – indubitabile
che nella particolare ipotesi nella quale sussistano reciproci crediti e debiti tra un imprenditore fallito e
l’amministrazione statale, il giudice ordinario, adito
dalla curatela, ben possa decidere sull’eventuale compensazione eccepita dalla p.a. convenuta in giudizio, ai
sensi dell’art. 56 1. fall., senza essere condizionato da
un provvedimento di fermo amministrativo del debito dello
Stato, ex art. 69 r.d. 18 novembre 1923 n. 2440. Ed invero, tale provvedimento di fermo, come tutti gli altri

creditori nei confronti dell’Erario, nonché di quello

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provvedimenti cautelari, non può essere emesso in pendenza del fallimento e, se emesso, è inefficace, in forza
del disposto di cui all’art. 51 1. fall. (cfr. Cass.
8053/96, 711/91, 29565/11). A fronte di un’eccezione di
compensazione, non meramente futura ed eventuale, bensì
concretamente proposta dall’Amministrazione finanziaria,
per paralizzare la pretesa creditoria della procedura
all’accertamento del controcredito vantato dall’Ufficio,
convenuto in giudizio per l’adempimento del proprio debito, ai fini di operarne l’eventuale compensazione con il
credito vantato dal fallimento.
2.1.3. Di conseguenza, l’inefficacia del fermo amministrativo, per il suo inserimento nella procedura fallimentare, non può determinare, di per sé, il riconoscimento del diritto al rimborso richiesto dal contribuente,
stante la necessità che il giudice si pronunci
sull’eccezione di compensazione, legittimamente proposta
in concreto dall’ Amministrazione finanziaria.
2.2. Ciò posto, va rilevata l’erroneità dell’assunto della CTR, laddove ha escluso la compensazione per il fatto
che, a suo avviso, difetterebbe, nella specie, il requisito della reciprocità dei crediti, posto che – a differenza dei controcrediti dell’ Amministrazione, che sussistono nel rapporto tra l’Erario e la società fallita – il
credito IVA richiesto a rimborso, poichè la sua precisa
determinazione è venuta ad esistenza dopo l’apertura del
fallimento, sussisterebbe nel rapporto tra la massa dei
creditori e l’Erario. Siffatta disomogeneità dei rapporti
obbligatori, dal lato soggettivo, determinerebbe, dunque,
a parere del giudice di appello, il difetto di reciprocità dei crediti, ex art. 56 l. fall., con conseguente impossibilità di procedere alla compensazione delle rispettive pretese creditorie.
Il fatto che il credito, poi ceduto alla Interfinance,
sia divenuto certo e determinato solo dopo la dichiarazione di fallimento, evidenzierebbe, inoltre, anche il
difetto del requisito della liquidità ed esigibilità dei

fallimentare, quindi, il giudice dovrà procedere

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reciproci debiti, richiesta dall’art. 1243 c.c. per
l’operatività della compensazione.
2.2.1. Orbene, va osservato, al riguardo, che – ai fini
di stabilire se sussista, o meno, il requisito della reciprocità richiesto dalla disposizione contenuta
nell’art. 56 l fall., secondo il quale la compensazione
può operare solo tra gli stessi soggetti, che si trovino
occorre avere riguardo, onde accertare la titolarità dei
rispettivi crediti, esclusivamente al fatto genetico della situazione giuridica estintiva delle obbligazioni contrapposte.
2.2.2. Ne discende che la compensazione nel fallimento, a
norma dell’art. 56 della l. fall., è ammessa anche quando
il controcredito del fallito divenga liquido od esigibile
dopo il fallimento, purché il fatto genetico dell’obbligazione sia anteriore alla dichiarazione di fallimento.
E non può revocarsi in dubbio che l’insorgenza dei diversi crediti tributari si determini

ex lege in relazione

all’avveramento del presupposto proprio di ciascuno dei
tributi in considerazione (cfr. Cass.S.U. 4779/87). Ora,
con riferimento all’IVA tale presupposto è da individuarsi nella dichiarazione del contribuente per ciascun anno
di imposta, che, ai sensi dell’art. 28 d.P.R. 633/72, deve contenere tutti i dati che consentano all’ Amministrazione di acquisire le indicazioni concernenti l’ammontare
delle operazioni attive e passive compiute nel periodo di
riferimento, e di operare la relativa liquidazione di imposta.
Le stesse esigenze poste a base della citata norma giustificano, di conseguenza, l’ammissibilità – in presenza
del presupposto temporale suesposto – anche della compensazione giudiziale nel fallimento, perché operi la quale
è necessario che i requisiti dell’art. 1243 c.c. ricorrano da ambedue i lati e sussistano al momento della pronuncia, ogni qual volta la compensazione venga eccepita
da una delle parti del giudizio (cfr. Cass.S.U. 775/99,
Cass. 10025/10, 18915/10).

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ad essere al contempo creditori e debitori del fallito –

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2.2.3. Da quanto sopra rilevato consegue, pertanto,
l’erroneità della decisione impugnata, che ha escluso la
compensabilità tra i crediti esclusivamente per il fatto
che il credito IVA vantato in origine dalla fallita Ortofrutticola Montaldo s.n.c., poi ceduto alla Interfinance
s.p.a., fosse divenuto liquido ed esigibile solo dopo
l’apertura del fallimento, non tenendo conto del fatto
chiarazione di fallimento. Detto credito, che ha origine
nell’anno 2000, costituiva, invero, – come è incontroverso tra le parti – il minore degli importi indicati in detrazione nelle dichiarazioni IVA dell’ultimo triennio, ai
sensi dell’art. 30 d.P.R. 633/72.
3. L’accoglimento del ricorso comporta la cassazione
dell’impugnata sentenza. Non essendo necessari ulteriori
accertamenti di fatto, la Corte, nell’esercizio del pote-

che tale credito era sorto in epoca precedente alla di-

re di decisione nel merito di cui all’art. 384, co. l
c.p.c., rigetta il ricorso introduttivo proposto dalla
contribuente.
4. Le spese del presente giudizio di legittimità vanno
poste a carico della resistente soccombente, nella misura
di cui in dispositivo. Concorrono giusti motivi per dichiarare interamente compensate fra le parti le spes
ITATO N CANCELLER
giudizi di merito.
3„111C2-2013
IL
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione;
accoglie il ricorso; cassa l’impugnata sentenza e, d
2-,
dendo nel merito, rigetta il ricorso introdutTivo della
contribuente; condanna la resistente alle spese del presente giudizio che liquida in C 2.500,00, oltre alle spese prenotate a debito; dichiara compensate tra le parti
le spese dei gradi di merito.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Tributaria, il 3.6.2013.

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