Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27884 del 20/12/2011

Cassazione civile sez. VI, 20/12/2011, (ud. 08/11/2011, dep. 20/12/2011), n.27884

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MERONE Antonio – Presidente –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –

Dott. CARACCIOLO Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 28329-2009 proposto da:

C.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA OSLAVIA 6, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI MORANI,

rappresentata e difesa dall’avvocato BARLASSINA EUGENIO PIETRO,

giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI VARESE (OMISSIS) in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE PARIOLI 47, presso lo studio

dell’avvocato CORTI PIO, che lo rappresenta e difende unitamente

all’avvocato CARRASI ELIO (dell’Avvocatura Comunale) giusta Delib.

Giunta Comunale 22 dicembre 2009, n. 646 e giusta procura speciale in

calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 143/44/2009 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di MILANO del 22.6.09, depositata il 21/07/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio

dell’8/11/2011 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE CARACCIOLO;

udito per il controricorrente l’Avvocato Pio Corti che aderisce alla

relazione.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. CARLO DESTRO

che si riporta alla relazione scritta.

Fatto

LA CORTE

ritenuto che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

Il relatore cons. Giuseppe Caracciolo, letti gli atti depositati Osserva:

La CTR di Milano ha respinto l’appello proposto da C.A. – appello proposto contro la sentenza n. 54/13/2008 della CTP di Milano che aveva disatteso il ricorso della società contribuente- ed ha così confermato gli avvisi di accertamento per ICI tra l’anno 2002 e l’anno 2005 pretesa dall’Amministrazione comunale sulla premessa che un’unità immobiliare abitativa (sita in comune di (OMISSIS)) era stata dichiarata con aliquota inferiore a quella dovuta per le unità “tenute a disposizione” e disattendendo l’assunto di parte contribuente secondo cui detta unità fosse “pertinenza” di altra abitazione, posta sullo stesso piano ed adiacente, e perciò destinata come quella ad “abitazione principale”.

La predetta CTR ha motivato la decisione sulla premessa che dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 8 si evince che solo un immobile può essere adibito ad abitazione principale e rilevando che gli immobili in questione erano il frutto di un frazionamento effettuato dagli eredi di Co.Al. al momento di apertura della successione (1989), con accatastamento in due distinte ed autonome unità immobiliari.

Le due unità risultavano altresì funzionalmente autonome (indipendentemente dall’addotta intercomunicabilità), in forza delle separate utenze di elettricità, gas ed acqua. Quanto alla sanzione, l’addotta esimente di avere dato mandato ad uno “studio professionale” non poteva avere alcun effetto di sollievo, siccome non annoverabile nel “fatto addebitabile esclusivamente a terzi”.

La contribuente ha interposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi.

L’Amministrazione intimata si è difesa con controricorso.

Il ricorso – ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. assegnato allo scrivente relatore – può essere definito ai sensi dell’art. 375 c.p.c..

Infatti, con il primo motivo di impugnazione (rubricato come:

“Omessa, insufficiente e contradditoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio: la pertinenzialità del mapp. 543 subalterno 505”) la ricorrente si duole della erroneità della valutazione fatta dal giudice del merito, senza però identificare alcun fatto (a contradditorietà o l’insufficienza della motivazione a ciò afferente: in tal modo – sostanzialmente- la parte ricorrente richiede a questa Corte il riesame critico delle ragioni che hanno indotto il primo giudice al convincimento di rigetto dell’appello (tramite la selezione degli elementi di prova che ha ritenuto di valorizzare) e non che si provveda al controllo della intrinseca logicità della motivazione. Con il secondo motivo di impugnazione (rubricato come: “Carenze e contradditorietà della sentenza impugnata e violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, comma 1 lett. a, art. 8”), a dispetto della rubrica improntato alla sola violazione di legge, la parte ricorrente si duole che l’applicazione della norma invocata non abbia tenuto conto “della destinazione oggettiva a servizio dell’immobile principale, nonchè della volontà del soggetto d’imposta di creare tale destinazione”. Ma infondatamente: ed infatti si è detto che il primo giudice (tramite la corretta considerazione di elementi di fatto, a lui riservata dalla legge di rito) ha dato soluzione alla questione prospettata in giudizio, circa l’esistenza di plurime o unica unità immobiliare (questione rispetto alla quale l’accertamento dell’asserito vincolo di pertinenzialità appare del tutto estranea), perciò valorizzando dati di fatto che suppongono la questione della effettiva destinazione come chiave di volta della fattispecie controversa.

Con il terzo motivo di impugnazione (rubricato come:”Carenze e contradditorietà della sentenza impugnata e violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, comma 3; art. 7, comma 5″), la parte ricorrente si duole del fatto che il giudice dei merito abbia rigettato l’istanza di riunione della causa di cui qui si tratta ad altra avente ad oggetto sempre l’lei relativa all’immobile in esame ma relativamente all’anno 2006.

Il motivo – in realtà improntato esclusivamente a considerazioni che attengono alla contradditorietà della motivazione della sentenza impugnata – appare inammissibilmente formulato, non avendo la parte ricorrente identificato il “fatto decisivo e controverso” rispetto al quale è stata postulata la deficienza, contradditorietà della parte motiva della sentenza di secondo grado.

Con il quarto motivo di impugnazione (rubricato come: “Carenze e contradditorietà della sentenza impugnata e violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992 art. 2, comma 3; art. 7, comma 5”), la parte ricorrente si duole del fatto che il giudice del merito abbia respinto la domanda di revoca delle sanzioni irrogate, ancora una volta, però, senza indicare il “fatto” dirimente, in relazione al quale la motivazione sarebbe carente o contraddittoria.

Anche questo motivo, come gli altri precedenti, deve essere dichiarato inammissibile.

Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per inammissibilità.

Roma, 20 settembre 2011.

Il relatore (Giuseppe Caracciolo).

che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti;

che non sono state depositate conclusioni scritte, nè memorie.

che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va rigettato.

che le spese di lite vanno regolate secondo la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente a rifondere le spese di lite di questo grado, liquidate in Euro 700,00 oltre accessori di legge ed oltre ad Euro 100,00 per esborsi.

Così deciso in Roma, il 8 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 20 dicembre 2011

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