Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27883 del 31/10/2018

Cassazione civile sez. trib., 31/10/2018, (ud. 26/09/2018, dep. 31/10/2018), n.27883

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. ACETO Aldo – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – rel. Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 26886/2011 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore,

rappresentata dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio

legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato.

– ricorrente –

contro

BANCAPULIA SPA, rappresentata e difesa dall’avv. Gigliola Mazza

Ricci, elettivamente domiciliata presso il suo studio, in Roma, via

di Pietralata n. 320.

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Puglia, sezione staccata di Foggia, sezione n. 25, n. 328/25/10,

pronunciata il 22/06/2010, depositata il 21/09/2010.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26 settembre

2018 dal Consigliere Dr. Guida Riccardo.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La controversia, per quanto ancora rileva, riguarda la proposizione, da parte del Banco di Torremaggiore e San Severo Spa (poi divenuta Banca di Capitanata Spa e, quindi, Bancapulia Spa), di alcuni ricorsi avverso il silenzio-rifiuto opposto dall’Amministrazione finanziaria all’istanza dell’ente commerciale, presentata ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 38, di restituzione delle somme versate in eccesso, a titolo di IRPEG e ILOR, per le annualità 1982, 1983, 1984, per un’erronea applicazione della L. 4 novembre 1982, n. 626, art. 1.

Il giudice di primo grado (riuniti i ricorsi) accoglieva la domanda della contribuente e la sua decisione, nella parte che ancora rileva, è stata confermata dalla Commissione tributaria regionale della Puglia (hinc: CTR), con la sentenza in epigrafe che, in relazione a questo profilo dell’impugnazione, ha rigettato l’appello dell’Ufficio.

La CTR, con riferimento al tema del decidere, consistente nella questione della deducibilità, integrale o parziale, degli ammortamenti, ha condiviso il principio di diritto espresso dalla Commissione tributaria centrale (hinc: CTC) (con la sentenza n. 7740/1991 che aveva accolto la tesi della ricorrente, in relazione all’annualità 1981), per cui gli ammortamenti previsti dal D.P.R. n. 597 del 1973, art. 68, vanno compresi tra i costi e gli oneri interamente deducibili dal reddito complessivo, ai fini ILOR, in applicazione del D.P.R. n. 597 del 1973, art. 61, comma 3, se e in quanto siano sostenuti nell’esercizio dell’impresa.

Per la cassazione ricorre l’Agenzia delle entrate, sulla base di tre motivi, cui resiste la contribuente con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Primo motivo di ricorso: “Violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4”.

Si denuncia la nullità della sentenza impugnata che avrebbe riconosciuto la piena deducibilità degli ammortamenti richiamando la pronuncia della CTC n. 7740/1991, senza dare conto delle ragioni del proprio convincimento.

2. Secondo motivo: “A) Violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. B) Insufficiente motivazione su fatto controverso e decisivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5”.

Si fanno valere l’error in procedendo e il connesso vizio motivazionale della decisione della CTR che, in merito all’esatta misura della deduzione degli ammortamenti, si sarebbe limitata a riconoscere la sussistenza di un errore di fatto o di diritto, legittimante la richiesta della contribuente di rimborso ex art. 38 cit., trascurando che l’Ufficio aveva eccepito che, nella specie, non ricorreva alcuna delle condizioni (errore materiale, duplicazione ed inesistenza totale o parziale dell’obbligo di versamento) che, in base a quell’articolo, giustificavano tale richiesta restitutoria.

3. Terzo motivo: “A) Violazione del D.P.R. n. 597 del 1973, artt. 58 e 74 e art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”.

Si lamenta, infine, che la CTR non avrebbe correttamente applicato la norme (art. 74 cit.) per cui i costi e gli oneri, che non sono suscettibili di imputazione specifica ai ricavi che concorrono a formare il reddito d’impresa, sono qualificabili come spese generali e sono deducibili nella proporzione stabilita dall’art. 58 cit. (in tema di deducibilità degli interessi passivi).

4. Il primo motivo è fondato.

E’ il caso di rammentare il costante orientamento della Corte, dal quale il Collegio non ha ragione di discostarsi, secondo cui: “In tema di processo tributario, è nulla, per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 36 e 61, nonchè dell’art. 118 disp. att. c.p.c., la sentenza della commissione tributaria regionale completamente carente dell’illustrazione delle critiche mosse dall’appellante alla statuizione di primo grado e delle considerazioni che hanno indotto la commissione a disattenderle e che si sia limitata a motivare “per relationem” alla sentenza impugnata mediante la mera adesione ad essa, atteso che, in tal modo, resta impossibile l’individuazione del “thema decidendum” e delle ragioni poste a fondamento del dispositivo e non può ritenersi che la condivisione della motivazione impugnata sia stata raggiunta attraverso l’esame e la valutazione dell’infondatezza dei motivi di gravame.” (Cass. 12/03/2002, n. 3547; in senso conforme, ex multis: 6/12/2002, n. 17384; 24/01/2007, n. 1573; 16/12/2013, n. 28113; 11/06/2014, n. 13148; 26/06/2017, 15884).

Nella specie, la CTR ha commesso il prospettato error in procedendo perchè, in sostanza, ha aderito, in modo acritico, alla sentenza di primo grado, senza dare alcuna risposta alle censure ad essa rivolte dall’Ufficio e senza illustrare il percorso logico-giuridico che l’ha condotta a maturare il proprio convincimento.

Utilizzando locuzioni anapodittiche (“appare al Collegio del tutto evidente che la decisione della commissione tributaria centrale abbia espresso un principio di diritto che appare al collegio integralmente condivisibile (…) che comporta necessariamente l’accoglimento della domanda di primo grado e il rigetto dell’appello”), la CTR si è uniformata a un asserito principio di diritto, enunciato dalla Commissione regionale centrale – nella controversia, tra le stesse parti, riguardante il periodo d’imposta 1981 – per cui gli ammortamenti sarebbero integralmente (e non solo “parzialmente”, come invece ipotizzato dall’Amministrazione finanziaria) deducibili dal reddito imponibile ai fini ILOR.

In tal modo, tuttavia, sono state disattese le prescrizioni normative sul contenuto strutturale minimo, essenziale, della sentenza, poichè la CTR ha omesso di prendere posizione sullo specifico rilievo dell’Ufficio, che, nei gradi di merito, aveva sostenuto che i costi, gli oneri e le spese (compresi gli ammortamenti), non specificamente imputabili a ricavi suscettibili di produrre redditi tassabili, vanno inseriti nella categoria delle “spese generali”, e, come tali, sono deducibili (solo) nella proporzione fissata dal D.P.R. n. 597 del 1973, art. 58, comma 1.

Insomma, facendo leva sulla ravvisata evidenza della decisione della Commissione tributaria centrale, senza esporre perchè quella soluzione giuridica s’imponesse come corretta e persuasiva, la CTR ha avallato la sentenza di primo grado; la pronuncia d’appello, scaturita da un simile processo decisionale, è viziata perchè del tutto priva del necessario sostrato argomentativo; tale carenza strutturale, in ultima analisi, non pone questa Corte nella condizione di compiere il controllo di legalità della decisione, sollecitato dall’Amministrazione finanziaria.

5. L’accoglimento del primo mezzo rende superfluo l’esame del secondo e del terzo motivo che restano assorbiti.

In definitiva, accolto il primo motivo, assorbiti il secondo e il terzo motivo, la sentenza è cassata, con rinvio alla CTR, in diversa composizione, per il riesame e anche per la decisione sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il primo motivo di ricorso; dichiara assorbiti il secondo motivo e il terzo motivo; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Puglia, in diversa composizione, anche per la decisione sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 26 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2018

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