Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27880 del 12/12/2013


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 27880 Anno 2013
Presidente: SALME’ GIUSEPPE
Relatore: FORTE FABRIZIO

SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 21522 del Ruolo Generale degli
affari civili dell’anno 2009, proposto:
DA
GIOVANNI BRIENZA e VINCENZO BRIANZA,

elettivamente

domiciliati in Roma, presso lo studio Titomanlio alla Via
Terenzio n. 7, con gli avv.ti Raffaele De Bonis Cristalli e
Orazio Abbamonte, che li rappresentano e difendono, anche
disgiuntamente, per procura a margine del ricorso notificato

Data pubblicazione: 12/12/2013

il 30 settembre 2009.
RICORRENTI PRINCIPALI
CONTRO
in persona del

sindaco p.t.,

rappresentato e difeso dagli avv.ti Concetta Matera e
Brigida Pignatari, dell’Ufficio legale dell’ente, presso il
quale elettivamente domiciliano in Potenza, alla Contrada S.
Antonio La Macchia, come da procura a margine del
controricorso notificato il 7.11.2009.
CONTRORICORRENTE E RICORRENTE INCIDENTALE
avverso la sentenza della Corte di appello di Potenza n.
28/09, del 27 gennaio 12 febbraio 2009, notificata ai
ricorrenti principali presso il difensore avv. Raffaele De
Bonis in data 18 giugno 2009.
Udita, all’udienza del 5 novembre 2013, la relazione del
Cons. dr. Fabrizio Forte e sentiti l’avv. Orazio Abbamonte
per í ricorrenti e il P.M., in persona del sostituto
procuratore generale dr. Immacolata Zeno, che conclude per
l’inammissibilità del primo motivo, l’accoglimento del
secondo, l’assorbimento degli altri motivi del ricorso
principale e il rigetto del primo motivo di quello
incidentale, con assorbimento degli altri motivi.
Svolgimento del processo
2

COMUNE DI POTENZA,

Con citazione notificata il 6 marzo 1987, Giovanni Brienza,
Vincenzo Brienza, Lucia Di Nuzzo e Filomena Brienza, queste
ultime decedute in corso di causa, premesso di avere ceduto

Potenza un loro suolo edificabile di mq. 1633 in Potenza,
in Catasto a F. 19, P.le 521 e 532 e che tale contratto era
nullo perché privo dei requisiti di legge, convenivano in
giudizio detto ente locale dinanzi al Tribunale della stessa
città perché, dichiarata la nullità che precede, condannasse
il comune convenuto a risarcire agli attori il danno subito
per tale condotta.
..

Il risarcimento richiesto ammontava al valore venale
dell’area occupata senza titolo dall’ente locale e alla
perdita di valore del reliquato, avendo il Comune di Potenza
utilizzato e trasformato solo in parte detto suolo con la
costruzione su di esso di alloggi per i terremotati del
sisma del 1980 in Basilicata.
Il Comune di Potenza si costituiva, deducendo di avere
corrisposto agli attori, per la cessione, la facoltà di
edificare sul residuo suolo e il locale Tribunale, con
sentenza non definitiva del 30 novembre 1991, dichiarava
nulla la cessione di cui alla citazione, perché priva di
causa, dichiarando il comune tenuto a restituire agli attori

a titolo gratuito. con atto del 28 luglio 1982, al Comune di

le aree di cui sopra ovvero a pagare il valore venale
dell’area occupata a titolo di risarcimento del danno,
liquidato in £ 39.360.000 (mq. 984 X £ 40.000 a mq.).

tribunale stabiliva che detta somma, per la natura
risarcitoria del credito che era di valore, doveva essere
rivalutata con coefficiente 2,44, elevandola a £. 95.038.400
oltre agli interessi di legge dalla domanda al saldo.
Gli attori proponevano appello contro la sentenza di cui
sopra, deducendo che il prezzo fissato in primo grado era
ragguagliato ad un indice di edificabilità inferiore a
quello effettivo e che il terreno aveva valore maggiore di
quello deciso dal tribunale, mentre l’ente locale era tenuto
a pagare anche il suolo non occupato con la costruzione
degli alloggi di cui sopra.
Anche il Comune di Potenza impugnava la sentenza del
Tribunale e, chiesta la riunione dei due giudizi, eccepiva
l’inammissibilità per tardività dell’avverso gravame
principale ai sensi degli artt. 325 e 326 c.p.c. e
contestata l’esistenza di un indebito oggettivo a base della
domanda delle controparti che avrebbero dovuto chiedere solo
il risarcimento del danno per occupazione illecita dei loro
terreni, affermava che ai Brienza e alla Di Nuzzo spettava
4

Con pronuncia definitiva del 31 dicembre 1997, lo stesso

meno di quanto proposto dal c.t.u., essendo errate le
conclusioni di questo sul valore venale delle aree occupate
e non dovendosi gli interessi riconosciuti in primo grado

La Corte d’appello di Potenza, con sentenza n. 31 del 12
febbraio 2009 notificata ai privati appellanti presso il
difensore avv. De Bonis il 13 luglio successivo, accoglieva
parzialmente gli appelli riuniti delle parti e condannava il
Comune di Potenza a pagare alle controparti E 15.165,76, con
rivalutazione monetaria dal 30 giugno 1984 al saldo e gli
interessi legali sulle somme via via rivalutate e su E
18.779,50 dal luglio 1982 al 30 giugno 1984 al tasso di
legge vigente, dovuta per la maggiore superficie occupata
per i lavori, compensando in parte le spese di causa tra le
parti e ponendole nel resto a carico del Comune di Potenza.
Nulla era riconosciuto a favore dei Brienza e della De Nuzzo
per l’area rimasta in loro proprietà e non utilizzata dall’
ente locale, e la sentenza, rilevato che il Comune di
Potenza aveva precisato che la sua domanda di rimborso delle
somme versate in eccesso alle controparti per l’occupazione,
/

era divenuta, – con l’appello delle controparti, azione d.f
–di risarcime
del danno per occupazione del loro
occ
terreno, ili -cita per essere illegittimo il procedimento
5

dato lo stato di dissesto del comune nelle more dichiarato.

ablatorio, in assenza dei termini di durata del procedimento
e dei lavori (art. 13 della L. n. 2359 del 1865), per cui
l’azione aveva causa petendi in una occupazione usurpativa o

Affermato che in tal modo si era avuta un’ammissibile
mutamento della domanda originale di risarcimento del danno
da occupazione appropriativa o per pubblica utilità in
quella da occupazione usurpativa, la Corte di merito
riconosceva il danno da risarcire nel valore venale delle
aree occupate senza titolo che in primo grado si erano
ritenute edificabili erroneamente, mentre tali non erano, in
quanto solo per vincolo preordinato all’esproprio esse erano
state destinate alla realizzazione di alloggi per i
terremotati del 1980, ai sensi della legge n. 219 del 1981.
Tale vincolo, anche se conformativo e idoneo a dar luogo ad
una destinazione edificabile dei terreni, non poteva
assumere rilievo nel caso per qualificare edificabili
suoli occupati e per determinare il risarcimento dovuto,
rilevando solo a tal fine la loro destinazione urbanistica
anteriore all’occupazione e all’intervento ablatorio.
Il danno è stato quindi liquidato nel valore delle aree come
non edificabili, entro i limiti e modi già indicati* Pr la
cassazione di tale sentenza, i Brienza in proprio e quali
6

senza titolo.

eredi della Di Nuzzo e di Brienza Filomena, proponevano
ricorso in via principale di quattro motivi notificato il 30
settembre 2009, cui replicava, con controricorso notificato

memoria, il Comune di Potenza.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Ai sensi dell’art. 335 c.p.c., devono in via preliminare
riunirsi i due ricorsi proposti contro la stessa sentenza.
1. Sul piano logico è anche preliminare l’eccezione di
inammissibilità dell’appello degli attuali ricorrenti, già
proposta dal Comune di Potenza in secondo grado in via
incidentale e ripetuta da questo con il primo motivo del suo
ricorso per cassazione.
Su tale eccezione nulla ha deciso ria Corte d’are/Illo,

per

42M-

cui la stessa poteva

ritenersi itacita enterigettata,

con

statuizione che il Comune considera errata e da riformare.
L’eccezione denuncia una pretesa violazione del termine
breve di cui agli artt. 325 e 326 c.p.c. dal Comune di
Potenza, per avere l’ente locale proposto il suo appello con
atto notificato il 12 febbraio 1999, oltre i trenta giorni
dalla notificazione in forma esecutiva della sentenza al
sindaco della città in persona propria avvenuta il 29
maggio 1998.
7

a mezzo posta il 7 – 10 novembre successivo e illustrato da

La sentenza era stata notificata personalmente al sindaco,
quale organo del Comune e non al difensore dell’ente locale
ai sensi dell’art. 170 c.p.c. e, ad avviso del Comune

luogo alla decorrenza del termine breve di trenta giorni per
impugnare, violato dalle controparti, che non avevano
proposto il gravame entro tale termine.
Il Comune di Potenza afferma che la giurisprudenza è stata
sempre orientata nell’affermare che la notificazione del
provvedimento da impugnare alla parte personalmente invece
che al difensore, è inidonea a far decorrere il termine
breve di cui all’art. 325 c.p.c. per l’impugnazione; si
chiede di modificare tale indirizzo ermeneutico e
qualificare la notificazione della sentenza alla parte
personalmente idonea a dar luogo alla decadenza dal gravame
per violazione del termine breve.
Aderendo all’indirizzo interpretativo costante di questa
Corte (cfr. in tal senso S.U. 13 giugno 2011 n. 12898 e
Cass. 11 febbraio 2013 n. 4384), Ioc ragione della
esigenza che la opportunità dell’impugnazione sia valutata
dal difensore tecnico, non può che confermarsi che solo la
notificazione della sentenza all’avvocato della parte può
far decorrere il termine breve per impugnare di cui all’art.
8

ricorrente incidentale, tale notificazione avrebbe dato

325 c.p.c., rendendo conoscibile la sentenza al solo
soggetto abilitato a rilevare l’opportunità d’impugnarla.
Pertanto l’appello era nella fattispecie ammissibile, non

parte ai fini della decorrenza del termine per appellare per
cui l’eccezione della sua tardività è da ritenere
implicitamente rigettata con statuizione corretta, che
comporta il rigetto del primo motivo di ricorso incidentale
perché infondato, consentendo di valutare nel merito gli
altri motivi di esso e il ricorso principale.
2.1. Il primo motivo del ricorso principale dei Brienza, in
proprio e quali eredi delle altre due originarie attrici,
deduce violazione dell’art. 112 c.p.c. dalla Corte
potentina, per avere i ricorrenti chiesto ad essa di
liquidare “i danni subiti dagli appellati entro i limiti di
giustizia, con applicazione dei criteri di cui all’art. 3,
comma 65, della legge 23 dicembre 1996 n. 662” e solo in
seguito domandato invece il risarcimento del danno da
occupazione appropriativa dei loro suoli dall’ente locale.
La Corte di merito, d’ufficio, ha affermato che l’originaria
domanda, fondata su una occupazione per causa di pubblica
utilità o appropriativa, era divenuta azione risarcitoria da
occupazione usurpativa e così ha rilevato la modifica del
9

rilevando la notifica della sentenza personalmente alla

titolo a base delle richieste dei Brienza, senza dichiarare
preclusa la domanda nuova di costoro per mutatio libelli.
Il quesito conclusivo chiede di dichiarare illegittima la

domanda

originaria

di

risarcimento

da

occupazione

appropriativa in quella analoga da occupazione usurpativa,
non rilevando la inammissibilità della nuova richiesta.
1.2. Il secondo motivo del ricorso principale dei Brienza
censura la sentenza per violazione dell’art. 2909 c.c., per
avere violato il giudicato della pronuncia non definitiva
del Tribunale di Potenza del 1991, che aveva riconosciuto la
natura edificabile dell’area occupata, violandosi in tal
modo anche l’art. 112 c.p.c.
Il tribunale aveva infatti qualificato il suolo con
“potenzialità edificatorie”, affermando che l’indennità di
espropriazione doveva liquidarsi ai sensi dell’art. 39 della
legge n. 2359 del 1865, nel valore venale dell’area; tale
statuizione non era stata impugnata dal Comune di Potenza e
quindi la pronuncia di appello che ha qualificato, di
ufficio, “agricola” o inedificabile la medesima superficie e
liquidato il risarcimento del danno in base a tale natura,
ha violato il giudicato su tale punto decisivo ed è andata
oltre l’appello, in contrasto con l’art. 112 c.p.c.
10

decisione di merito che, di ufficio, ha trasformato la

1.3. Si lamenta in terzo luogo violazione dell’art. 360 n. 5
c.p.c. e dell’art. 112 c.p.c. oltre che dell’art. 16 della
legge n. 865 del 1971, perché la Corte d’appello non ha

occupazione parziale delle aree dei Brienza in rapporto alla
natura edificabile dell’intera superficie e alla riduzione
di cubatura realizzabile sull’area rimasta ai danneggiati,
da considerare anche essa occupata sul presupposto che,
anche a considerare acquisito lo stesso reliquato al comune,
di esso mai era stata chiesta dai Brienza la restituzione.
In tal modo la decisione impugnata non ha motivato nel
merito sulla domanda dei danneggiati di risarcimento del
danno da occupazione illecita liquidabile ai sensi dell’art.
16 della legge n. 865 del 1971 e dell’art. 2043 c.c., in
1/12 del valore dell’area per ogni anno in cui la stessa era
stata illecitamente detenuta dal comune, oltre accessori.
1.4. Si deduce poi, con il quarto motivo di ricorso, la
omessa pronuncia sulla domanda di interessi anatocistici
proposta dal ricorrente principale, anche con il gravame
alla Corte d’appello, che doveva riconoscere tali accessori
almeno dalla data di notifica dell’appello dei Brienza.
2.1. Il controricorso del Comune di Potenza replica ai
motivi del ricorso principale e in via incidentale, dopo
11

riconosciuto il danno prodotto al reliquato, con la

avere ripetuto l’eccezione di inammissibilità dell’appello
in questa sede, eccezione da questa Corte già ritenuta
infondata al n. 1 della presente sentenza, denuncia omessa
o mancata pronuncia

sulla

domanda di

restituzione di quanto pagato in eccesso dall’ente locale
con la somma di E 47.638,82, versata con la rivalutazione (E
95.277,64) per l’illecito in base a una qualifica dal
Tribunale delle aree come “edificabili”, corretta in secondo
grado con il riconoscere la loro destinazione agricola.
Valutare i terreni occupati per costruire alloggi da
destinare ai terremotati della Basilicata del 1980 in
relazione alla edificabilità loro attribuita con il vincolo
per l’esproprio è stato errato.
L’ente locale chiede se vi sia stata omessa pronuncia sulla
domanda di restituzione delle somme versate in eccesso
rispetto a quanto riconosciuto dovuto in appello ovvero se
basti il riconoscimento in motivazione della “possibilità”
per l’ente locale di ripetere dette somme da esso versate ai
Brienza in più del dovuto, per ritenere riconosciuto il
diritto del Comune di Potenza al rimborso di quanto pagato
in eccesso alle controparti, rispetto al valore delle aree.
2.2. Si lamenta ancora, dal comune ricorrente incidentale,
violazione degli artt. 194, comma l, c.p.c. e 90, comma 1,
12

motivazione

disp. att. c.p.c., oltre che degli artt. 90 e 91 c.p.c., per
l’errore della Corte di merito di avere rigettato
l’eccezione di nullità delle operazioni del c.t.u., che non
aveva dato avviso al consulenti di parte e ai difensori del
comune delle operazioni da esso iniziate, per consentire la

La Corte di appello ha ritenuto tardiva la deduzione delle
indicate nullità, da prospettarsi al più tardi nella prima
udienza successiva alla mancata convocazione dei difensori o
al massimo nella prima difesa dopo il deposito della
relazione dell’ausiliare, seguita alla irregolarità che si
denuncia a carico del c.t.u., mentre nel caso il difensore
aveva chiesto, dopo le avvenute irregolarità della
consulenza, il rinvio di una udienza in attesa del deposito
della relazione dall’ausiliare, senza denunciarne le
irregolarità e domandato se era illegittima la condanna
delle parti alle spese di consulenza da qualificare nulla,
per cui alcunché doveva corrispondersi all’ausiliare per
avere svolto un’attività irrilevante per l’istruttoria della
causa.
3.1. Il primo motivo del ricorso principale dei Brienza è
inammissibile e precluso, come del resto già rilevato dalla
sentenza di questa Corte 21 dicembre 2012 n. 3424, che s’è
pronunciata su analogo ricorso per cassazione in altra causa
su ricorso di altro terzo danneggiato da occupazione di un’
13

partecipazione a queste di tali difensori del comune.

area vicina a quella di cui al presente giudizio dallo
stesso Comune di Potenza, nel medesimo procedimento
espropriativo nel post-terremoto del 1980.

ricorrenti a denunciare il mutamento della propria domanda
originale, in quanto dallanuova causa petendi dell’
occupazione usurpativa accertata dalla Corte di appello, in
luogo di quella originaria, nessun danno è derivato ai
ricorrenti, avendo determinato in concreto tale nuova
qualificazione dell’azione effetti sostanzialmente identici
a quelli dell’altra domanda risarcitoria da occupazione
appropriativa (così Cass. 16 luglio 2010 n. 16750).
La più recente giurisprudenza di questa Corte è ormai
orientata nel senso che non comporti preclusione da domanda
nuova il mutamento della causa petendi dell’azione di
risarcimento del danno da occupazione per pubblica utilità
in quella di risarcimento da occupazione usurpativa ai sensi
dell’art. 2043 c.c. (così, cfr. Cass. 5 dicembre 2011 n.
25959 e la citata n. 16750 del 2010).
Il primo motivo di ricorso dei Brienza è quindi j prima che
infondato e da rigettare, precluso perché nel merito vi è
stata la sostanziale accettazione del contraddittorio sulla
nuova domanda da parte del comune.
14

Il ricorso è inammissibile per difetto d’interesse dei

3.2. Il secondo motivo del ricorso principale è stato
ritenuto fondato dalla sentenza citata del 2012, che
richiama espressamente analoga soluzione adottata in altri

antecedenti logici della decisione con efficacia di
giudicato su di essi, come accaduto nella fattispecie in
ordine alla rilevata natura edificabile delle aree occupate
in primo grado non impugnata dalle parti (con Cass. 17
febbraio 2011 n. 3909, ricordata nella sentenza n. 3424 del
2012, cfr. pure Cass. 16 marzo 2012 n. 4821).
Anche se il tribunale si è pronunciato su una ripetizione di
indebito, la stessa domanda con il gravame dei Brienza ra
stata trasformata in azione risarcitoriaì di costoro in
primo grado la liquidazione della somma da restituire
all’ente locale sarebbe stata diversa in caso di decisione
difforme sul punto pregiudiziale della natura, edificabile o
agricola, delle aree occupate.
Pertanto il secondo motivo di ricorso deve essere accolto,
dovendosi negare che la Corte d’appello potesse discostarsi
dalla qualificazione urbanistica agricola o inedificabile
dell’area occupata già riconosciuta in via definitiva dal
Tribunale, la cui pronuncia sul punto non era stata
censurata da alcuna delle parti e costituiva giudicato.
15

casi relativi a sentenze che avevano pronunciato sugli

Deve ritenersi precluso il terzo motivo di ricorso,
potendosi presumere che la liquidazione del risarcimento nel
merito abbia compreso tutti i danni subiti per l’occupazione

se sussistente, nulla altrimenti spettando per tale titolo
al danneggiato.
L’accoglimento del secondo motivo del ricorso principale
comporta la cassazione della sentenza in relazione al motivo
accolto, con necessità di riliquidare il danno, per cui
assorbe il quarto motivo del medesimo ricorso, relativo agli
accessori della liquidazione, da rimettere al giudizio in
sede di rinvio.
3.4. Il primo motivo del ricorso incidentale s’è già
respinto perché infondato, mentre resta assorbito il secondo
motivo di tale ricorso, attinente alla liquidazione del
risarcimento, che dovrà avvenire come già detto in sede di
rinvio, nel corso del quale non potrà non tenersi conto di
quanto versato dal Comune di Potenza in corrispettivo delle
aree in favore di controparte, somme che la sentenza
impugnata ritiene di misura maggiore di quanto spettante ai
danneggiati, con implicito riconoscimento del diritto del
comune a ripetere quanto pagato in eccedenza ai privati
danneggiati.
16

e quindi anche la eventuale perdita di valore del reliquato

Deve poi dichiararsi assorbito dall’accoglimento parziale
del secondo motivo del ricorso principale, anche l’ultimo
motivo di ricorso incidentale relativo alla pretesa nullità

quantificazione del dovuto che dovrà operarsi in sede di
rinvio.
4. In conclusione riuniti i ricorsi, va accolto il secondo
motivo del ricorso principale, dovendo dichiararsi
inammissibili il primo e il terzo motivo di tale
impugnazione, mentre va rigettato il primo motivo di ricorso
incidentale, con assorbimento degli altri motivi di entrambi
i ricorsi.
La sentenza impugnata deve quindi essere cassata in
relazione al motivo accolto, con rimessione della causa alla
Corte d’appello di Potenza in diversa composizione, perché
si pronunci sulla stessa applicando i principi enunciati in
questa sede, decidendo anche sulle spese del presente
giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte riuniti i ricorsi, accoglie il secondo motivo di
quello principale e dichiara inammissibile il primo e terzo
motivo di esso, rigetta il primo motivo dell’incidentale,
con assorbimento dei residui motivi dei due ricorsi.
17

delle operazioni del c.t.u. rilevanti ai fini della

Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e
rimette la causa alla Corte d’appello di Potenza in diversa
composizione anche per le spese del presente giudizio di

Così deciso nella camera di consiglio della 1″ sezione
civile della Corte suprema di Cassazione il Slitoeltimbre 2013.

cassazione.

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