Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2788 del 06/02/2018


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 2788 Anno 2018
Presidente: CURZIO PIETRO
Relatore: FERNANDES GIULIO

ORDINANZA
sul ricorso 656-2015 proposto da:
FABIANI GABRIELLA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE
DELLE MILIZIE 38, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI
ANGELOZZI, che la rappresenta e difende;
– ricorrente contro
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA
SOCIALE, in persona del legale rappresentante, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso
l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e
difeso dagli avvocati CLEMENTINA PULLI, EMANUELA
CAPANNOLO, MAURO RICCI;
– controricorrente –

Data pubblicazione: 06/02/2018

avverso la sentenza n. 3329/2014 della CORTE D’APPELLO di
ROMA, depositata il 28/06/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 06/12/2017 dal Consigliere Dott. GIULIO
FERNANDES.

che, con sentenza del 28 giugno 2014, la Corte di appello di Roma,
decidendo sull’impugnazione proposta da Gabriella Fabiani ha respinto
la domanda dalla medesima proposta – intesa ad ottenere l’assegno
ordinario di invalidità o la pensione di inabilità – per difetto del
requisito sanitario;

che per la cassazione di tale decisione propone ricorso la Fabiani
affidato ad un unico motivo cui resiste l’INPS con controricorso;

che è stata depositata la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380bis cod. proc. civ., ritualmente comunicata alle parti, unitamente al
decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio;

che il Collegio ha deliberato di adottare la motivazione semplificata;
CONSIDERATO
che con l’unico motivo di deduce violazione e falsa applicazione degli
artt. 139, secondo comma, cod. proc. civ., 115 cod. proc. civ., 111 Cost.
in relazione all’art. 1 della legge 12 giugno 1984 n. 222 ( in relazione
all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, cod. proc. civ.) per avere la Corte
territoriale aderito alle conclusioni del c.t.u. senza tener conto degli
accertamenti specialistici strumentali acquisiti al processo e senza
rilevare che tali conclusioni erano state viziate da errori riconducibili a
carenze diagnostiche;

che il motivo è infondato in quanto la dedotta violazione dell’art. 115
cod. proc. civ. non è ravvisabile nella mera circostanza che il giudice di
merito abbia valutato le prove proposte dalle parti attribuendo maggior
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RILEVATO

forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, ma soltanto
nel caso in cui il giudice abbia giudicato sulla base di prove non
introdotte dalle parti e disposte di sua iniziativa al di fuori dei casi in
cui gli sia riconosciuto un potere officioso di disposizione del mezzo
probatorio (Cass., sez. un., n. 16598/2016, n. 11892/2016);

censure le quali, nonostante la formale prospettatazione anche di una
violazione di legge, aggrediscono essenzialmente la motivazione in fatto
contenuta nella sentenza impugnata e suppongono ancora esistente il
vizio di omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, trascurando
la modifica del n. 5 dell’art. 360 cod. proc. civ. – disposta dall’art. 54,
comma 1, lett. b) D.L. n. 83/12, convertito in legge n. 134/12,
applicabile, in base al comma 3 della medesima norma, alle sentenze
pubblicate dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore
della legge di conversione, e dunque dall’11/9/2012 – che ha reso
deducibile solo il vizio di omesso esame di un fatto decisivo che sia stato
oggetto di discussione tra le parti confinando il controllo della
motivazione sub .specie nullitalis, in relazione al n. 4 dell’art. 360 cod. proc.
civ. il quale, a sua volta, ricorre solo nel caso di una sostanziale carenza
del requisito di cui all’art. 132, n. 4, cod. proc. civ., configurabile solo nel
caso di ‘mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico’,
di ‘motivazione apparente’, di ‘contrasto irriducibile tra affermazioni
inconciliabili’ e di ‘motivazione perplessa ed obiettivamente
incomprensibile’, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di
‘sufficienza’ della motivazione (cfr. Cass., Sez. un., n. 8053/14).
Peraltro, nel caso in esame, i fatti controversi da indagare (da non
confondersi con la valutazione delle relative prove) sono stati
manifestamente presi in esame dalla Corte territoriale sicché neppure
potrebbe trattarsi di omesso esame, ma di accoglimento di una tesi
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che, inoltre, il motivo si presenta inammissibile riguardo alle ulteriori

diversa da quella sostenuta dall’odierna ricorrente e neppure può dirsi
che la motivazione della Corte territoriale sia apparente atteso che nella
stessa sono chiaramente spiegate le ragioni della condivisione della
consulenza officiata in grado di appello ciò anche in considerazione del
fatto che il giudice del merito non è tenuto a giustificare diffusamente le

d’ufficio, ove manchino contrarie argomentazioni delle parti o esse non
siano specifiche, potendo, in tal caso, limitarsi a riconoscere quelle
conclusioni come giustificate dalle indagini svolte dall’esperto e dalle
spiegazioni contenute nella relativa relazione, mentre non può esimersi
da una più puntuale motivazione allorquando le critiche mosse alla
consulenza siano specifiche e tali, se fondate, da condurre ad una
decisione diversa da quella adottata (cfr., ex p/ut-imis, Cass. n. 1660 del
2014);
che, in definitiva, il motivo si traduce nell’invocata revisione delle
valutazioni espresse dal giudice di merito, tesa a conseguire una nuova
pronuncia sul fatto, non consentita perché estranea alla natura ed alla
finalità del giudizio di legittimità;
che, alla luce di quanto esposto, in adesione alla proposta del relatore,
il ricorso va rigettato;
che non si provvede in ordine alle spese del presente giudizio
sussistendo le condizioni per l’esonero della soccombente dal rimborso
a norma dell’art. 152 disp. att. cod. proc. civ. nel testo risultante a
seguito delle modifiche apportate dall’art. 42 u.c. del D.L. n. 269/2003,
conv. in legge n. 326/2003;
che sussistono i presupposti per il versamento, da parte della
ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato,
previsto dall’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio, introdotto
dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (legge di
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ragioni della propria adesione alle conclusioni del consulente tecnico

stabilità 2013) trovando tale disposizione applicazione ai procedimenti
iniziati in data successiva al 30 gennaio 2013, quale quello in esame
(Cass. n. 22035 del 17/10/2014; Cass. n. 10306 del 13 maggio 2014 e
numerose successive conformi);

P.Q.M.

Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto del
sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello
dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, il 6 dicembre 2017
esidente

La Corte, rigetta il ricorso; nulla per le spese del presente giudizio.

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