Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27878 del 13/10/2021

Cassazione civile sez. I, 13/10/2021, (ud. 22/03/2021, dep. 13/10/2021), n.27878

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – rel. Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA INTERLOCUTORIA

sul ricorso 12543/2019 proposto da:

H.D., elettivamente domiciliato presso l’avvocato Fallica

Letizia, info.pecavvocatoletiziafallica.it, che lo rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, (OMISSIS), in persona del Ministro p.t.,

rappresentato e difeso ope legis dall’Avvocatura Generale dello

Stato, domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi n. 12;

– resistente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di CALTANISSETTA, depositata il

06/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

22/03/2021 dal Cons. Dott. ALDO ANGELO DOLMETTA.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

1.- H.D., originario della terra del Bangladesh, ha presentato ricorso avverso la decisione della Commissione territoriale di Enna di diniego del riconoscimento delle protezioni internazionali, come pure della protezione umanitaria.

Con provvedimento depositato in data 6 marzo 2019, il Tribunale di Caltanissetta ha respinto il ricorso.

2.- Il giudice del merito ha ritenuto non credibile il racconto esposto dal richiedente, come incentrato sul “timore di essere arrestato dalla polizia dopo che il suo nominativo era stato inserito in una lista di soggetti ricercati per avere danneggiato alcune auto e avere preso parte a uno scontro tra il partito (OMISSIS), cui egli apparteneva, e il partito (OMISSIS)”.

Ha aggiunto che comunque, “alla stregua di quanto narrato dal ricorrente, la fattispecie non presentava i requisiti per il riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a e lett. b. In relazione alla lett. c. della medesima norma, la pronuncia ha ritenuto che, nel Bangladesh, e in particolare nel Sylhet, distretto da cui proviene il richiedente, “non ricorre alcuna ipotesi di conflitto armato, “come si evince dal tenore generale del rapporto EASO aggiornata al dicembre 2017”.

Per quanto attiene alla protezione umanitaria, la pronuncia ha osservato che il richiedente non aveva prospettato la sussistenza di peculiari situazioni di vulnerabilità.

3.- Avverso questo provvedimento H.D. ha presentato ricorso per cassazione, affidandolo a quattro motivi.

Il Ministero non si è costituito nel presente grado del giudizio, essendosi limitato, con foglio datato 23 maggio 2020, a chiedere di potere eventualmente partecipare all'”udienza di discussione della causa ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1″, ove fissata.

4.- I motivi di ricorso denunziano i vizi qui di seguito richiamati.

Il primo motivo. lamenta “violazione e falsa applicazione dell’art. 1 Convenzione di Ginevra e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, comma 1, lett. e) e artt. 5, 6, 7 e 8”. Contrastando la valutazione di non credibilità compiuta dal giudice del merito, il motivo assume che la storia narrata è “verosimile anche alla luce della difficile situazione sociopolitica presente in Bangladesh”.

Il secondo motivo afferma la “violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14 e omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio”. Il motivo segnala che il giudice del merito ha “omesso di valutare la circostanza che il ricorrente, tornando i Bangladesh, potrebbe subire torture o trattamenti inumani e/o degradanti per i motivo indicato e dallo stesso esplicitata in verbale e nelle due udienze in cui lo stesso è stato sentito”.

Il terzo motivo rileva la “violazione e falsa applicazione dell’art. 2, comma 5, art. 6, art. 19, comma 1 T.U.I. in ordine alla concessione di un permesso per motivi umanitari e al riconoscimento di una protezione di tipo umanitaria, ai sensi dell’art. 3 Conv. Europea di salvaguardia dei diritti dell’uomo e omesso esame di fatto decisivo per l’esito del giudizio”. Il motivo segnala, in particolare, la difficile situazione sociale ed economica che sta vivendo il Bangladesh.

Il quarto motivo assume la “nullità del provvedimento impugnato per violazione del diritto di difesa per mancanza del contraddittorio su elementi di prova”.

Ritiene, in particolare, il ricorrente che le “COI devono essere considerate elementi di prova a tutti gli effetti e, come tali, non possono essere acquisiti solitariamente dal giudice, ma devono essere formalmente acquisiti e sottoposti al contraddittorio delle parti. Il giudice avrebbe dovuto, nel corso dell’udienza, evidenziare alle parti le COI che riteneva di utilizzare per la decisione”.

“Prima della riforma di cui al D.L. n. 13 del 2017” – si aggiunge in questa prospettiva – “il problema era superato dal doppio grado del giudizio, che permetteva alla parte di controdedurre in appello e il giudice di secondo grado ne avrebbe tenuto conto grazie ai suoi poteri di giudice di seconda istanza. Con il venire meno del secondo grado del giudizio, la suddetta violazione del contraddittorio non potrà essere colmata in sede di legittimità”.

5.- In relazione al quarto motivo di ricorso – e, più in particolare, all’osservazione da ultimo riportata, come relativa alle conseguenze derivanti dalla riforma del 2017, che ha eliminato, nei giudizi di protezione internazionale, il doppio grado di merito – è da segnalare come la pronuncia di Cass., 11 novembre 2019, n. 29056 abbia rilevato che “in virtù del dovere di cooperazione il giudice verifica se sussista una chance, alla luce delle COI” che vengano assunte di ufficio, “di accoglimento dell’istanza di protezione, quale che sia poi in concreto l’esito della causa”.

Per poi aggiungere che “nessun vulnus concreto al diritto di difesa si può in questo caso prospettare se il giudice non sottopone preventivamente le COI assunte d’ufficio al contraddittorio, purché renda palese nella motivazione a quali COI ha fatto riferimento, onde consentire, eventualmente, la critica in fase di impugnazione, nel merito o sulla legittimità della procedura di acquisizione”. Tale rilievo non sembra adattarsi, nei fatti, al caso del sistema in oggi vigente, in cui alla decisione del Tribunale si pone “come immediatamente consecutivo il ricorso per cassazione.

6.- Dati i riportati rilievi e constatata la peculiare rilevanza della questione, il Collegio ritiene, a norma dell’art. 375 c.p.c., u.c., senz’altro opportuna la trattazione in pubblica udienza del ricorso.

PQM

La Corte dispone la rimessione del ricorso alla pubblica udienza.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 22 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 13 ottobre 2021

 

 

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