Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27878 del 12/12/2013


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 27878 Anno 2013
Presidente: SALME’ GIUSEPPE
Relatore: FORTE FABRIZIO

SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 22623 del Ruolo Generale degli
affari civili dell’anno 2009, proposto:
DA
ANTONIETTA OSTUNI e GIUSEPPINA OSTUNI, quali figlie ed eredi

di

GERARDO OSTUNI,

deceduto in corso di causa, entrambe

elettivamente domiciliate in Roma, presso lo studio
Titomanlio, alla Via Terenzio n. 7, con gli avv.ti Raffaele
De Bonis Cristalli e Orazio Abbamonte, che li rappresentano
e difendono, anche disgiuntamente, per mandato a margine del

Data pubblicazione: 12/12/2013

ricorso notificato il 19 ottobre 2009.
RICORRENTI PRINCIPALI
CONTRO
in persona del

sindaco p.t.,

rappresentato e difeso dagli avv.ti Concetta Matera e
Brigida Pignatari, dell’Ufficio legale dell’ente, presso il
quale elettivamente domiciliano in Potenza, alla Contrada S.
Antonio La Macchia, come da procura a margine del
controricorso.
CONTRORICORRENTE
avverso la sentenza della Corte di appello di Potenza n.
30/09, del 27 gennaio – 12 febbraio 2009, notificata a
Gerardo Ostuni presso il difensore avv. Raffaele De Bonis in
data 13 luglio 2009.
Udita, all’udienza del 24 ottobre 2013, la relazione del
Cons. dr. Fabrizio Forte. Udita, all’udienza del 5 novembre
2013, la relazione del Cons. dr. Fabrizio Forte e sentiti
l’avv. Orazio Abbamonte per i ricorrenti e il P.M., in
persona del sostituto procuratore generale dr. Immacolata
Zeno, che conclude per l’inammissibilità del primo motivo,
l’accoglimento del secondo, l’assorbimento degli altri
motivi del ricorso principale e il rigetto del primo motivo
di quello incidentale, con assorbimento degli altri motivi.
2

COMUNE DI POTENZA,

Svolgimento del processo
Con citazione notificata 1’11 febbraio 1987, Gerardo Ostuni,
deceduto in corso di causa, premesso di avere ceduto a

Potenza un suolo edificabile di mq. 1150 in Potenza, in
Catasto a F. 29, P.le 458 e 459 e che tale contratto era
nullo perché privo dei requisiti di legge, conveniva in
giudizio detto ente locale dinanzi al Tribunale della stessa
città perché, dichiarata la nullità del contratto che
precede, condannasse il comune convenuto a risarcire
all’attore il danno subito per tale condotta.
Il risarcimento richiesto ammontava al valore venale
dell’area occupata senza titolo dall’ente locale e alla
perdita di valore del reliquato, avendo il Comune di Potenza
utilizzato e trasformato solo in parte detto suolo con la
costruzione su di esso di alloggi per i terremotati del
sisma del 1980 in Basilicata.
Il Comune di Potenza si costituiva, deducendo di avere
corrisposto agli attori, per la cessione, la facoltà di
edificare sul residuo suolo e il locale Tribunale, con
sentenza non definitiva del 30 novembre 1991, dichiarava
nulla la cessione di cui alla citazione, perché priva di
causa, affermando che il comune era tenuto a restituire agli
3

titolo gratuito. con atto del 28 luglio 1982, al Comune di

attori le aree di cui sopra ovvero a pagare il valore venale
dell’area occupata a titolo di risarcimento del danno,
liquidato in £ 19.760.900 (mq. 494 effettivamente occupati X
£ 40.000 a mq.).
Con pronuncia definitiva del 31 dicembre 1997, lo stesso

risarcitoria del credito che era di valore, doveva essere
rivalutata con coefficiente 2,44, elevandola di £.
48.214.400 con gli interessi di legge dalla domanda al saldo
e condannava il Comune alle spese del grado.
L’attore proponeva appello contro la sentenza di cui sopra,
deducendo che il prezzo fissato in primo grado era
ragguagliato a un indice di edificabilità inferiore a quello
effettivo e che il terreno aveva valore maggiore di quello
deciso dal tribunale, mentre il comune era tenuto a pagare
anche il suolo non occupato dagli alloggi di cui sopra.
Anche il Comune di Potenza impugnava la sentenza del
Tribunale e, chiesta la riunione dei due giudizi, eccepiva
l’inammissibilità

per

tardività

dell’avverso

gravame

principale ai sensi degli artt. 325 e 326 c.p.c. e,
contestata l’esistenza di un indebito oggettivo a base della
domanda delle controparti, che avrebbero dovuto chiedere il
risarcimento del danno per occupazione illecita dei loro
terreni, affermava che all’Ostuni spettava meno di quanto
proposto dal c.t.u., essendo errate le conclusioni di questo
4

tribunale stabiliva che detta somma, per la natura

sul valore venale delle aree occupate e non dovendosi gli
interessi riconosciuti in primo grado, dato lo stato di
dissesto del comune nelle more dichiarato.
La Corte d’appello di Potenza, con sentenza n. 30 del 12
febbraio 2009 notificata ai privati appellanti presso il

parzialmente gli appelli riuniti delle parti e condannava il
Comune di Potenza a pagare alla controparte C 7.320,77, con
rivalutazione monetaria dal 30 giugno 1984 al saldo e gli
interessi legali sulle somme via via rivalutate e su C
13.225,00 dal luglio 1982 al 30 giugno 1984 al tasso di
legge vigente, dovuta per la maggiore superficie occupata
per i lavori, compensando in parte le spese di causa tra le
parti e ponendole nel resto a carico del Comune di Potenza.
Nulla era riconosciuto a favore dell’Ostuni per l’area
b2
rimasta in (proprietà ini perché non utilizzata dall’ente
locale, e la sentenza, rilevato che il Comune di Potenza
aveva precisato che la sua domanda di rimborso delle somme
versate in eccesso alla controparte per l’occupazione, era
divenuta, con l’appello delle controparti, azione

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risarcimento del danno per occupazione del loro terreno,

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i lecita per essere illegittimo il procedimento ablatorio,

in assenza dei termini di durata del procedimento e dei
lavori (art. 13 della L. n. 2359 del 1865), affermava che
l’azione aveva causa petendi in una occupazione usurpativa o
5

difensore avv. De Bonis il 13 luglio successivo, accoglieva

senza titolo.
Affermato che in tal modo si era avuta un’ammissibile
mutamento della domanda originale di risarcimento del danno
da occupazione appropriativa o per pubblica utilità in
quella da occupazione usurpativa, la Corte di merito

aree occupate senza titolo che in primo grado si erano
ritenute edificabili erroneamente, mentre tali non erano, in
quanto solo per il vincolo preordinato all’esproprio esse
erano state destinate alla realizzazione di alloggi per i
terremotati del 1980, ai sensi della legge n. 219 del 1981.
Tale vincolo, anche se conformativo e idoneo a dar luogo ad
una destinazione edificabile dei terreni, non poteva
assumere rilievo nel caso per qualificare edificabili i
suoli occupati e per determinare il risarcimento dovuto,
rilevando solo a tal fine la loro destinazione urbanistica
anteriore all’occupazione e all’intervento ablatorio.
Il danno è stato quindi liquidato nel valore delle aree come
non edificabili, entro i limiti e modi già indicati, eer la
cassazione di tale sentenza, Antonietta e Giuseppina Ostuni,
quali eredi dell’originario attore, proponevano ricorso in
via principale di quattro motivi notificato il 19 ottobre
2009, cui replicava, con controricorso e ricorso incidentale
notificati il 27 novembre successivo e illustrati da
memoria, il Comune di Potenza.
6

riconosceva il danno da risarcire nel valore venale delle

MOTIVI DELLA DECISIONE
Ai sensi dell’art. 335 c.p.c., devono in via preliminare
riunirsi i due ricorsi proposti contro la stessa sentenza.
1.

Sul

piano

logico è preliminare

l’eccezione di

inammissibilità dell’appello degli attuali ricorrenti, già

incidentale e ripetuta con il primo motivo del suo ricorso
per cassazione.
Su tale eccezione nulla ha decise la Cqxte ‘ ppello, per
‘A&A’

cui la stessa può ritenersi

‘C/N . (

2A2-02A (A.,

rigettata, con

statuizione che il Comune considera errata e da riformare.
L’eccezione denuncia una pretesa violazione del termine
breve di cui agli artt. 325 e 326 c.p.c. dal Comune di
Potenza, per avere l’ente locale proposto il suo appello con
atto notificato il 12 febbraio 1999, oltre i trenta giorni
dalla notificazione in forma esecutiva della sentenza al
sindaco della città in persona propria, avvenuta il 29
maggio 1998.
La sentenza era stata notificata personalmente al sindaco,
quale organo del Comune e non al difensore dell’ente locale
ai sensi dell’art. 170 c.p.c. e, ad avviso del Comune
ricorrente incidentale, tale notificazione avrebbe dato
luogo alla decorrenza del termine breve di trenta giorni per
impugnare violato dalle controparti, che non avevano
proposto il gravame entro tale termine.
7

proposta dal Comune di Potenza in secondo grado in via

Il Comune di Potenza afferma che la giurisprudenza è stata
sempre orientata nell’affermare che la notificazione del
provvedimento da impugnare alla parte personalmente invece
che al difensore, è inidonea a far decorrere il termine
breve di cui all’art. 325 c.p.c. per l’impugnazione;

qualificare la notificazione della sentenza alla parte
personalmente idonea a dar luogo alla decadenza dal gravame
per violazione del termine breve.
Aderendo all’indirizzo interpretativo costante di questa
Corte (cfr. in tal senso le recenti S.U. 13 giugno 2011 n.21L
Gee. 014 9(41 f u tt°_.;
12898 e Cass. 11 febbraio 2013 n. 4384),
og .o “In ragione
della esigenza che la opportunità dell’impugnazione sia
valutata da difensore tecnico, non può che confermarsi che
solo la notificazione della sentenza all’avvocato della
parte può far decorrere il termine breve per impugnare di
cui all’art. 325 c.p.c., rendendo conoscibile la sentenza al
solo soggetto abilitato a rilevare l’opportunità
d’impugnarla.
Pertanto l’appello era nella fattispecie ammissibile, non
rilevando la notifica della sentenza personalmente alla
parte ai fini della decorrenza del termine per appellare e
l’eccezione della sua tardività è da ritenere implicitamente
rigettata con statuizione corretta, che comporta il rigetto
del primo motivo di ricorso incidentale perché infondato,
8

chiede di modificare tale indirizzo ermeneutico e

consentendo di valutare nel merito gli altri motivi di esso
e il ricorso principale.
2.1. Il primo motivo del ricorso principale delle Ostuni,
quali eredi dell’originario attore, deduce violazione
dell’art. 112 c.p.c. dalla Corte potentina, per avere il

subiti dall’appellato entro i limiti di giustizia, con
applicazione dei criteri di cui all’art. 3, comma 65, della
legge 23 dicembre 1996 n. 662” e solo in seguito domandato
invece il risarcimento del danno da occupazione
appropriativa dei suoli dall’ente locale.
La Corte di merito, d’ufficio, ha affermato che l’originaria
domanda, fondata su una occupazione per causa di pubblica
utilità o appropriativa, era divenuta azione risarcitoria da
occupazione usurpativa e così ha rilevato la modifica del
titolo a base delle richieste delle Ostuni, senza dichiarare
preclusa la domanda nuova di costoro per mutatio libelli.
Il quesito conclusivo chiede di dichiarare illegittima la
decisione di merito che, di ufficio, ha trasformato la
domanda originaria di risarcimento da occupazione
appropriativa in quella analoga da occupazione usurpativa,
non rilevando la inammissibilità della nuova richiesta.
1.2. Il secondo motivo del ricorso principale censura la
sentenza per violazione dell’art. 2909 c.c., per avere
violato il giudicato della pronuncia non definitiva del
9

loro dante causa chiesto ad essa di liquidare “i danni

Tribunale di Potenza del 1991, che aveva riconosciuto la
natura edificabile dell’area occupata, violando in tal modo
anche l’art. 112 c.p.c.
Il tribunale aveva infatti qualificato il suolo con
“potenzialità edificatorie”, affermando che l’indennità di

legge n. 2359 del 1865, nel valore venale dell’area; tale
statuizione non era stata impugnata dal Comune di Potenza e
quindi la pronuncia di appello che ha qualificato, di
ufficio, “agricola” o inedificabile la medesima superficie e
liquidato il risarcimento del danno in base a tale natura,
ha violato il giudicato su tale punto decisivo ed è andata
oltre l’appello, in contrasto con l’art. 112 c.p.c.
1.3. Si lamenta in terzo luogo violazione dell’art. 360 n. 5
c.p.c. e dell’art. 112 c.p.c. oltre che dell’art. 16 della
legge n. 865 del 1971, perché la Corte d’appello non ha
riconosciuto il danno prodotto al reliquato, con la
occupazione parziale delle aree dei ricorrenti in rapporto
alla natura edificabile dell’intera superficie e alla
riduzione di cubatura realizzabile sull’area rimasta ai
danneggiati da considerare anche essa occupata sul
presupposto che, anche a considerare acquisito lo stesso
reliquato al comune, di esso mai era stata chiesta dalle
sorelle Ostuni la restituzione.
In tal modo la decisione impugnata non ha motivato nel
10

espropriazione doveva liquidarsi ai sensi dell’art. 39 della

merito sulla domanda delle danneggiate di risarcimento del
danno da occupazione illecita, liquidabile ai sensi
dell’art. 16 della legge n. 865 del 1971 e dell’art. 2043
c.c., in 1/12 del valore dell’area per ogni anno in cui la
stessa era stata illecitamente detenuta dal comune, oltre

1.4. Si deduce poi, con il quarto motivo di ricorso, la
omessa pronuncia sulla domanda di interessi anatocistici
proposta dalle ricorrenti principali, anche con il gravame
alla Corte d’appello, che doveva riconoscere tali accessori
almeno dalla data di notifica dell’appello dell’Ostuni.
2.1. Il controricorso del Comune di Potenza replica ai
motivi del ricorso principale e in via incidentale, dopo
avere ripetuto l’eccezione di inammissibilità dell’appello
in questa sede, eccezione da questa Corte già ritenuta
infondata al n. l della presente sentenza, denuncia omessa
motivazione o mancata pronuncia sulla domanda di
restituzione di quanto pagato in eccesso dall’ente locale
con la somma di C 47.832,82, versata con la rivalutazione
per l’illecito in base a una qualifica dal Tribunale delle
aree come “edificabili”, corretta in secondo grado con il
riconoscere la loro destinazione agricola.
Valutare i terreni occupati per costruire alloggi da
destinare ai terremotati della Basilicata del 1980 in
relazione alla edificabilità loro attribuita con il vincolo
11

accessori.

per l’esproprio è stato errato ad avviso del comune.
L’ente locale chiede se vi sia stata omessa pronuncia sulla
domanda di restituzione delle somme versate in eccesso
rispetto a quanto riconosciuto dovuto in appello ovvero se
basti il riconoscimento in motivazione della “possibilità”

all’Ostuni in più del dovuto, per ritenere riconosciuto il
diritto del Comune di Potenza al rimborso di quanto pagato
in eccesso, rispetto al valore delle aree.
2.2. Si lamenta ancora, dal comune ricorrente incidentale,
violazione degli artt. 194, comma l, c.p.c. e 90, comma l,
disp. att. c.p.c., oltre che degli artt. 90 e 91 c.p.c., per
l’errore della Corte di merito di avere rigettato
l’eccezione di nullità delle operazioni del c.t.u., che non
aveva dato avviso al consulenti di parte e ai difensori del
comune delle operazioni da esso iniziate, per consentire la
partecipazione ad esse di tali difensori del comune.
La Corte di appello ha ritenuto tardiva la deduzione delle
indicate nullità, da prospettarsi al più tardi nella prima
udienza successiva alla mancata convocazione dei difensori o
al massimo nella prima difesa dopo il deposito della
relazione dell’ausiliare, seguita alla irregolarità che si
denuncia a carico del c.t.u., mentre nel caso il difensore
aveva chiesto,

dopo le avvenute irregolarità della

consulenza, il rinvio di una udienza in attesa del deposito
12

per l’ente locale di ripetere dette somme da esso versate

della

relazione dall’ausiliare,

senza denunciarne le

irregolarità e domandato se era illegittima la condanna
delle parti alle spese di consulenza da qualificare nulla,
per cui alcunché doveva corrispondersi all’ausiliare.
3.1. Il primo motivo del ricorso principale delle Ostuni è
inammissibile, come già rilevato dalla sentenza di questa
Corte 21 dicembre 2012 n. 3424, che s’è pronunciata sulla
stessa impugnazione in altra causa su ricorso di altro
privato danneggiato da occupazione di un’area vicina a
quella di cui al presente giudizio dallo stesso Comune di
Potenza, nel medesimo procedimento espropriativo del postterremoto del 1980.
Il ricorso è inammissibile per difetto d’interesse dei
ricorrenti a denunciare il mutamento della propria domanda
originale, in quanto dalla nuova causa petendi dell’
occupazione usurpativa, accertata dalla Corte di appello, in
luogo di quella originaria, nessun danno è derivato alle
ricorrenti, avendo determinato in concreto tale nuova
qualificazione dell’azione effetti sostanzialmente identici
a quelli dell’altra domanda risarcitoria da occupazione
appropriativa (così Cass. 16 luglio 2010 n. 16750).
La più recente giurisprudenza di questa Corte è ormai
orientata nel senso che non comporti preclusione da domanda
nuova il mutamento della causa petendi dell’azione di
risarcimento del danno da occupazione per pubblica utilità
13

.

della relazione dall’ausiliare,

senza denunciarne le

irregolarità e domandato se era illegittima la condanna
delle parti alle spese di consulenza da qualificare nulla,
per cui alcunché doveva corrispondersi all’ausiliare.
3.1. Il primo motivo del ricorso principale delle Ostuni è

rilevato dalla sentenza di questa Corte 21 dicembre 2012 n.
3424, che s’è pronunciata sulla stessa impugnazione, in
altra causa su ricorso di altro privato danneggiato da
occupazione di un’area vicina a quella di cui al presente
giudizio dallo stesso Comune di Potenza, nel medesimo
procedimento espropriativo del post-terremoto del 1980.
Il ricorso è inammissibile per difetto d’interesse dei
ricorrenti a denunciare il mutamento della propria domanda
originale, in quanto dalla nuova causa petendi dell’
occupazione usurpativa, accertata dalla Corte di appello, in
luogo di quella originaria, nessun danno è derivato alle
ricorrenti, avendo determinato in concreto tale nuova
qualificazione dell’azione effetti sostanzialmente identici
a quelli dell’altra domanda risarcitoria da occupazione
appropriativa (così Cass. 16 luglio 2010 n. 16750).
La più recente giurisprudenza di questa Corte

è

ormai

orientata nel senso che non comporti preclusione da domanda
nuova il mutamento della causa petendi dell’azione di
risarcimento del danno da occupazione per pubblica utilità
13

in parte inammissibile e nel resto infondato, come già

in quella di risarcimento da occupazione usurpativa ai sensi
dell’art. 2043 c.c. (così, cfr. Cass. 5 dicembre 2011 n.
25959 e la citata n. 16750 del 2010).
Il primo motivo di ricorso delle Ostuni è quindi, prima che
. infondato e da rigettare, precluso perché nel merito vi è

nuova domanda da parte del comune.
3.2. Il secondo motivo del ricorso principale è stato
ritenuto fondato dalla sentenza citata del 2012, che
richiama espressamente analoga soluzione adottata in altri
casi relativi a decisioni che avevano pronunciato sugli
antecedenti logici della sentenza con efficacia di giudicato
su di essi, come accaduto nella fattispecie in ordine alla
rilevata natura edificabile delle aree occupate in primo
grado, non impugnata dalle parti (con Cass. 17 febbraio 2011
n. 3909, ricordata nella sentenza n. 3424 del 2012, cfr.
pure Cass. 16 marzo 2012 n 4821).
Anche se il tribunale si è pronunciato su una ripetizione di
indebito, la stessa domanda con il gravame dell’Ostuni era
stata trasformata in azione risarcitoria di costui e in
primo grado la liquidazione della somma da restituire
all’ente locale sarebbe stata diversa, in caso di decisione
difforme sul punto pregiudiziale della natura, edificabile o
agricola, delle aree occupate.
Pertanto il secondo motivo di ricorso deve essere accolto,
.

14

stata la sostanziale accettazione del contraddittorio sulla

dovendosi negare che la Corte d’appello potesse discostarsi
dalla qualificazione urbanistica agricola o inedificabile
dell’area occupata già riconosciuta in via definitiva dal
Tribunale, la cui pronuncia sul punto non era stata
censurata da alcuna delle parti e costituiva giudicato.

ricorso, dovendosi presumere che la liquidazione del
risarcimento nel merito abbia compreso tutti i danni subiti
per l’occupazione e quindi anche la riduzione di valore del
reliquato se sussistente, nulla altrimenti spettando per
tale titolo ai danneggiati.
L’accoglimento del secondo motivo del ricorso principale
comporta la cassazione della sentenza in relazione al motivo
accolto, con necessità di riliquidare il danno, per cui
assorbe il quarto motivo del medesimo ricorso, relativo agli
accessori della liquidazione, da rimettere al giudizio in
sede di rinvio.
3.4. Il primo motivo di ricorso incidentale si è già
rigettato perché infondato, mentre resta assorbito il
secondo motivo di tale ricorso attinente alla liquidazione
del risarcimento che dovrà avvenire in sede di rinvio, nel
corso del quale non potrà non tenersi conto di quanto
versato dal Comune di Potenza in corrispettivo delle aree,
avendo lo stesso effettuato in favore delle controparti
versamenti che la sentenza impugnata ha ritenuto di misura
15

Deve invece dichiararsi inammissibile il terzo motivo di

maggiore di quanto spettante alle danneggiate, con implicito
riconoscimento del diritto del comune a ripetere quanto
versato in eccedenza del dovuto alle danneggiate.
Deve poi dichiararsi assorbito dall’accoglimento parziale
del secondo motivo del ricorso principale, anche l’ultimo

nullità delle operazioni del c.t.u. rilevanti ai fini della
quantificazione del dovuto, cui dovrà procedersi in sede di
rinvio.
4. In conclusione, riuniti i ricorsi, va accolto il secondo

motivo del ricorso principale, dovendo dichiararsi
inammissibili il primo e il terzo motivo di tale
impugnazione, mentre va rigettato il primo motivo di ricorso
incidentale, con assorbimento degli altri motivi di entrambi
i ricorsi.
La sentenza impugnata deve quindi essere cassata in
relazione al motivo accolto, con rimessione della causa alla
Corte d’appello di Potenza in diversa composizione, perché
si pronunci sulla stessa applicando i principi enunciati in
questa sede e decidendo anche sulle spese del presente
giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte, riuniti i ricorsi, accoglie il secondo motivo di
quello principale e dichiara inammissibile il primo e terzo
motivo di esso, rigetta il primo motivo dell’incidentale,

16

motivo di ricorso incidentale, relativo alla pretesa

con assorbimento dei residui motivi dei due ricorsi.
Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e
rimette la causa alla Corte d’appello di Potenza in diversa
composizione anche per le spese del presente giudizio di
cassazione.

civile della Corte suprema di Cassazione il Ainotébetbr 2013.

Così deciso nella camera di consiglio della 1^ sezione

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