Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27877 del 30/10/2019
Cassazione civile sez. VI, 30/10/2019, (ud. 21/05/2019, dep. 30/10/2019), n.27877
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –
Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –
Dott. MELONI Marina – rel Consigliere –
Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 20656-2018 proposto da:
I.F., elettivamente domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR
presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e
difeso dall’avvocato F.A.;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO (OMISSIS) in persona del Ministro pro tempore,
elettivamente domiciliato in Roma Via dei Portoghesi, 12 presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende
ope-legis;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 297/2018 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,
depositata il 02/03/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 21/05/2019 dal Consigliere Relatore Dott. MELONI
MARINA.
Fatto
FATTI DI CAUSA
La Corte di Appello di Ancona con sentenza in data 2/3/2018, ha confermato il provvedimento di rigetto pronunciato dal Tribunale di Ancona in ordine alle istanze avanzate da I.F., nato in Nigeria il 27/2/1993, volte, in via gradata, ad ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato, il riconoscimento del diritto alla protezione sussidiaria ed il riconoscimento del diritto alla protezione umanitaria.
Il richiedente asilo proveniente dallo Stato della Nigerik aveva riferito alla Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale di Ancona di essere fuggito dal proprio paese a causa di un debito contratto dalla sua famiglia cui non poteva far fronte. Avverso la sentenza della Corte di Appello di Ancona I.F. ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
Il Ministero dell’Interno resiste con controricorso.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli art. 132 c.p.c. e art. 111 Cost. in quanto la Corte ha elaborato una motivazione meramente apparente senza alcun riferimento alla situazione individuale del ricorrente.
Con il secondo motivo di ricorso, il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto la Corte non ha riconosciuto il diritto alla protezione sussidiaria.
Il ricorso è infondato e deve essere respinto in ordine a tutti i motivi.
In particolare riferimento ai presupposti per la concessione della protezione sussidiaria, la sentenza impugnata esamina in riferimento al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), la situazione della zona di provenienza e di conseguenza non ravvisa i presupposti per la protezione sussidiaria ritenendo con motivazione coerente ed esaustiva, e citando le fonti da cui ha tratto le relative informazioni, l’assenza di situazioni di violenza indiscriminata e diffusa e di un conflitto armato interno o internazionale nel paese d’origine escludano tale diritto. La censura si risolve quindi in una generica critica del ragionamento logico posto dal giudice di merito a base dell’interpretazione degli elementi probatori del processo e, in sostanza, nella richiesta di una diversa valutazione degli stessi, ipotesi integrante un vizio motivazionale non più proponibile in seguito alla modifica dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 apportata dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, convertito in L. n. 134 del 2012 (v.Cass., sez. un., n. 8053/2014).
In ordine poi alla protezione umanitaria Itinricatiuti il ricorrente invero, a fronte della valutazione espressa con esaustiva indagine officiosa dalla Corte di merito (in sè evidentemente non rivalutabile in questa sede) circa la insussistenza nella specie di situazioni di vulnerabilità non ha neppure indicato se e quali ragioni di vulnerabilità avesse allegato, diverse da quelle esaminate nel provvedimento impugnato.
Il ricorso proposto deve pertanto essere respinto con condanna del ricorrente alle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità a favore del controricorrente che si liquidano in complessivi Euro 2.100,00 oltre spese prenotate a debito. Non ricorrono i presupposti per l’applicazione del doppio contributo di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sesta sezione della Corte di Cassazione, il 21 maggio 2019.
Depositato in Cancelleria il 30 ottobre 2019