Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27877 del 12/12/2013


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 27877 Anno 2013
Presidente: SALME’ GIUSEPPE
Relatore: FORTE FABRIZIO

SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 23798 del Ruolo Generale degli
affari civili dell’anno 2009, proposto:
DA
VINCENZA, MAURO, ANTONIO, ALFREDO e MARIO DI NOIA,

quali

eredi di CASALETTO MARIA deceduta in Potenza il 16 luglio
2005, elettivamente domiciliati in Roma, presso lo studio
Titomanlio, alla Via Terenzio n. 7, con gli avv.ti Raffaele
De Bonis Cristalli e Orazio Abbamonte, che li rappresentano
e difendono, anche disgiuntamente, i primi quattro per

,,p022

Data pubblicazione: 12/12/2013

procura a margine del ricorso notificato il 6 novembre 2009
e il quinto giusta procura per notar Sergio Sindona di
Rivoli, Rep. 70671 del 4 novembre 2009.

CONTRO
COMUNE DI POTENZA,

in persona del

sindaco p.t.,

rappresentato e difeso dagli avv.ti Concetta Matera e
Brigida Pignatari, dell’Ufficio legale dell’ente, presso il
quale elettivamente domiciliano in Potenza, alla Contrada S.
Antonio La Macchia, come da procura a margine del
controricorso notificato il 16 dicembre 2009.
CONTRORICORRENTE E RICORRENTE INCIDENTALE
avverso la sentenza della Corte di appello di Potenza n.
32/09, del 27 gennaio – 12 febbraio 2009, notificata ai
ricorrenti principali presso il difensore avv. Raffaele De
Bonis in data 27 luglio 2009.
Udita, all’udienza del 5 novembre 2013, la relazione del
Cons. dr. Fabrizio Forte e sentiti l’avv. Orazio Abbamonte
per i ricorrenti e il P.M., in persona del sostituto
procuratore generale dr. Immacolata Zeno, che conclude per
l’inammissibilità del primo motivo, l’accoglimento del
secondo, l’assorbimento degli altri motivi del ricorso
principale e il rigetto del primo motivo di quello
2

RICORRENTI PRINCIPALI

incidentale, con assorbimento degli altri motivi.
Svolgimento del processo
Con citazione notificata il 19 marzo 1987, Maria Casaletto,

titolo gratuito. con atto del 28 luglio 1982, al Comune di
Potenza un suolo edificabile di mq. 6880 in Potenza, in
Catasto a F. 19, P.le 331, 390, 411, 318, 369 e 408 e che
tale contratto era nullo perché privo dei requisiti di
legge, conveniva in giudizio detto ente locale dinanzi al
Tribunale della stessa città perché, dichiarata la nullità
che precede, condannasse il comune convenuto a risarcire
all’attrice il danno subito per tale condotta.
Il risarcimento richiesto ammontava al valore venale
dell’area occupata senza titolo dall’ente locale e alla
perdita di valore del reliquato, avendo il Comune di Potenza
utilizzato e trasformato solo in parte detto suolo con la
costruzione su di esso di alloggi per i terremotati del
sisma del 1980 in Basilicata.
Il Comune di Potenza si costituiva, deducendo di avere
corrisposto agli attori, per la cessione, la facoltà di
edificare sul residuo suolo e il locale Tribunale, con
sentenza non definitiva del 30 novembre 1991, dichiarava
nulla la cessione di cui alla citazione, perché priva di
3

deceduta in corso di causa, premesso di avere ceduto a

causa, affermando che il comune era tenuto a restituire agli
attori le aree di cui sopra ovvero a pagare il valore venale
dell’area occupata a titolo di risarcimento del danno,

X E 40.000 a mq.).
Con pronuncia definitiva del 31 dicembre 1997, lo stesso
tribunale stabiliva che detta somma, per la natura
risarcitoria del credito che era di valore, doveva essere
rivalutata con coefficiente 2,44, elevandola di £.
209.160.000 con gli interessi di legge dalla domanda al
saldo e condannava il Comune alle spese del grado.
L’attrice proponeva appello contro la sentenza di cui sopra,
deducendo che il prezzo fissato in primo grado era
ragguagliato a un indice di edificabilità inferiore a quello
effettivo e che il terreno aveva valore maggiore di quello
deciso dal tribunale, mentre il comune era tenuto a pagare
anche il suolo non occupato dagli alloggi di cui sopra.
Anche il Comune di Potenza impugnava la sentenza del
Tribunale e, chiesta la riunione dei due giudizi, eccepiva
l’inammissibilità

per

tardività

dell’avverso

gravame

principale ai sensi degli artt. 325 e 326 c.p.c. e,
contestata l’esistenza di un indebito oggettivo a base della
domanda delle controparti, che avrebbero dovuto chiedere il
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liquidato in £ 510.350.400 (mq. 5299 effettivamente occupati

risarcimento del danno per occupazione illecita dei loro
terreni, affermava che alla Casaletto spettava meno di
quanto proposto dal c.t.u., essendo errate le conclusioni di

gli interessi riconosciuti in primo grado, dato lo stato di
dissesto del comune nelle more dichiarato.
La Corte d’appello di Potenza, con sentenza n. 32 del 12
febbraio 2009 notificata ai privati appellanti presso il
difensore avv. De Bonis il 27 luglio successivo, accoglieva
parzialmente gli appelli riuniti delle parti e condannava il
Comune di Potenza a pagare alle controparti E 95.387,00, con
rivalutazione monetaria dal 30 giugno 1984 al saldo e gli
interessi legali sulle somme via via rivalutate e su E
79.120,00 dal luglio 1982 al 30 giugno 1984 al tasso di
legge vigente, dovuta per la maggiore superficie occupata
per i lavori, compensando in parte le spese di causa tra le
parti e ponendole nel resto a carico del Comune di Potenza.
Nulla era riconosciuto a fav re della Casaletto per l’area
rimasta inproprietà di leDperché non utilizzata dall’ente
locale, e la sentenza, rilevato che il Comune di Potenza
aveva precisato che la sua domanda di rimborso delle somme
versate in eccesso alle controparti per l’occupazione, era
divenuta, con l’appello delle controparti, azione di
5

questo sul valore venale delle aree occupate e non dovendosi

risarcimento del danno per occupazione del loro terreno,, ocu4
LU
illecita per essere illegittimo il procedimento ablatorio,
in assenza dei termini di durata del procedimento e dei

l’azione aveva causa petendi in una occupazione usurpativa o
senza titolo.
Affermato che in tal modo si era avuta un’ammissibile
mutamento della domanda originale di risarcimento del danno
da occupazione appropriativa o per pubblica utilità in
quella da occupazione usurpativa, la Corte di merito
riconosceva il danno da risarcire nel valore venale delle
aree occupate senza titolo che in primo grado si erano
ritenute edificabili erroneamente, mentre tali non erano, in
quanto solo per vincolo preordinato all’esproprio esse erano
state destinate alla realizzazione di alloggi per i
terremotati del 1980, ai sensi della legge n. 219 del 1981.
Tale vincolo, anche se conformativo e idoneo a dar luogo ad
una destinazione edificabile dei terreni, non poteva
assumere rilievo nel caso per qualificare edificabili i
suoli occupati e per determinare il risarcimento dovuto,
rilevando solo a tal fine la loro destinazione urbanistica
anteriore all’occupazione e all’intervento ablatorio.
Il danno è stato quindi liquidato nel valore delle aree come

lavori (art. 13 della L. n. 2359 del 1865) ; affermava che

non edificabili, entro i limiti e modi già indicati; fér la
cassazione di tale sentenza, Vincenza, Mauro, Antonio,
Alfredo e Mario di Noia, quali eredi della Casaletto,

notificato il 30 settembre 2009, cui replicava, con
controricorso e ricorso incidentale notificati il 6 novembre
successivo e illustrati da memoria, il Comune di Potenza.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Ai sensi dell’art. 335 c.p.c., devono in via preliminare
riunirsi i due ricorsi proposti contro la stessa sentenza.
1.

Sul piano

logico è preliminare

l’eccezione di

inammissibilità dell’appello degli attuali ricorrenti, già
proposta dal Comune di Potenza in secondo grado in via
incidentale e ripetuta da questo con il primo motivo del suo
ricorso per cassazione.
Su tale eccezione nulla ha deciso la Corte d’appello, per
t-2 ro.à”…._ ‘2.4…
cui la stessa poteva ritenersi LacitamenteIrigettata, con
statuizione che il Comune considera errata e da riformare.
L’eccezione denuncia una pretesa violazione del termine
breve di cui agli artt. 325 e 326 c.p.c. dal Comune di
Potenza, per avere l’ente locale proposto il suo appello con
atto notificato il 12 febbraio 1999, oltre i trenta giorni
dalla notificazione in forma esecutiva della sentenza al
7

proponevano ricorso in via principale di quattro motivi

sindaco della città in persona propria avvenuta il 29
maggio 1998.
La sentenza era stata notificata personalmente al sindaco,

ai sensi dell’art. 170 c.p.c. e, ad avviso del Comune
ricorrente incidentale, tale notificazione avrebbe dato
luogo alla decorrenza del termine breve di trenta giorni per
impugnare, violato dalle controparti, che non avevano
proposto il gravame entro tale termine.
Il Comune di Potenza afferma che la giurisprudenza è stata
sempre orientata nell’affermare che la notificazione del
provvedimento da impugnare alla parte personalmente invece
che al difensore, è inidonea a far decorrere il termine
breve di cui all’art. 325 c.p.c. per l’impugnazione;
chiede

di modificare

tale

indirizzo

ermeneutico e

qualificare la notificazione della sentenza alla parte
personalmente idonea a dar luogo alla decadenza dal gravame
per violazione del termine breve.
Aderendo all’indirizzo interpretativo costante di questa
Corte (cfr. in tal senso le recenti S.U. 13 giugno 2011 n.
90a rcf

12898 e Cass. 11 febbraio 2013 n. 4384),(1o4d_co in ragione
della esigenza che la opportunità dell’impugnazione sia
valutata dal difensore tecnico, non può che confermarsi che
8

quale organo del Comune e non al difensore dell’ente locale

solo la notificazione della sentenza all’avvocato della
parte può far decorrere il termine breve per impugnare di
cui all’art. 325 c.p.c., rendendo conoscibile la sentenza al

d’impugnarla.
Pertanto l’appello era nella fattispecie ammissibile, non
rilevando la notifica della sentenza personalmente alla
parte ai fini della decorrenza del termine per appellare e
l’eccezione della sua tardività è da ritenere implicitamente
rigettata con statuizione corretta, che comporta il rigetto
del primo motivo di ricorso incidentale perché infondato,
consentendo di valutare nel merito gli altri motivi di esso
e il ricorso principale.
2.1. Il primo motivo del ricorso principale dei Di Noia,
quali eredi della originaria attrice, deduce violazione
dell’art. 112 c.p.c. dalla Corte potentina, per avere la
loro dante causa chiesto ad essa di liquidare

W

i

danni

subiti dall’appellata entro i limiti di giustizia, con
applicazione dei criteri di cui all’art. 3, comma 65, della
legge 23 dicembre 1996 n. 662″ e solo in seguito domandato
invece il risarcimento del danno da occupazione
appropriativa dei suoli dall’ente locale.
La Corte di merito, d’ufficio, ha affermato che l’originaria
9

solo soggetto abilitato a rilevare l’opportunità

domanda, fondata su una occupazione per causa di pubblica
utilità o appropriativa, era divenuta azione risarcitoria da
occupazione usurpativa e così ha rilevato la modifica del

preclusa la domanda nuova di costoro per mutatio libelli.
Il quesito conclusivo chiede di dichiarare illegittima la
decisione di merito che, di ufficio, ha trasformato la
domanda

originaria

di

risarcimento

da

occupazione

appropriativa in quella analoga da occupazione usurpativa,
non rilevando la inammissibilità della nuova richiesta.
1.2. Il secondo motivo del ricorso principale censura la
sentenza per violazione dell’art. 2909 c.c., per avere
violato il giudicato della pronuncia non definitiva del
Tribunale di Potenza del 1991, che aveva riconosciuto la
natura edificabile dell’area occupata, violandosi in tal
modo anche l’art. 112 c.p.c.
Il tribunale aveva infatti qualificato il suolo con
“potenzialità edificatorie”, affermando che l’indennità di
espropriazione doveva liquidarsi ai sensi dell’art. 39 della
legge n. 2359 del 1865, nel valore venale dell’area; tale
statuizione non era stata impugnata dal Comune di Potenza e
quindi la pronuncia di appello che ha qualificato, di
ufficio, “agricola” o inedificabile la medesima superficie e
10

titolo a base delle richieste dei Di Noia, senza dichiarare

liquidato il risarcimento del danno in base a tale natura,
ha violato il giudicato su tale punto decisivo ed è andata
oltre l’appello, in contrasto con l’art. 112 c.p.c.

c.p.c. e dell’art. 112 c.p.c. oltre che dell’art. 16 della
legge n. 865 del 1971, perché la Corte d’appello non ha
riconosciuto il danno prodotto al reliquato, con la
occupazione parziale delle aree dei Di Noia in rapporto alla
natura edificabile dell’intera superficie e alla riduzione
di cubatura realizzabile sull’area rimasta ai danneggiati,
da considerare anche essa occupata sul presupposto che,
anche a considerare acquisito lo stesso reliquato al comune,
di esso mai era stata chiesta la restituzione.
In tal modo la decisione impugnata non ha motivato nel
merito sulla domanda dei danneggiati di risarcimento del
danno da occupazione illecita liquidabile ai sensi dell’art.
16 della legge n. 865 del 1971 e dell’art. 2043 c.c., in
1/12 del valore dell’area per ogni anno in cui la stessa era
stata illecitamente detenuta dal comune, oltre accessori.
1.4. Si deduce poi, con il quarto motivo di ricorso, la
omessa pronuncia sulla domanda di interessi anatocistici
proposta dal ricorrente principale, anche con il gravame
alla Corte d’appello, che doveva riconoscere tali accessori
11

1.3. Si lamenta in terzo luogo violazione dell’art. 360 n. 5

almeno dalla data di notifica dell’appello della Casaletto.
2.1. Il controricorso del Comune di Potenza replica ai
motivi del ricorso principale e in via incidentale, dopo

in questa sede, eccezione da questa Corte già ritenuta
infondata al n. 1 della presente sentenza, denuncia omessa
motivazione o mancata pronuncia sulla domanda di
restituzione di quanto pagato in eccesso dall’ente locale
con la somma di C 506.261,52, versata con la rivalutazione
per l’illecito in base a una qualifica dal Tribunale delle
aree come “edificabili”, corretta in secondo grado con il
riconoscere la loro destinazione agricola.
Valutare i terreni occupati per costruire alloggi da
destinare ai terremotati della Basilicata del 1980 in
relazione alla edificabilità loro attribuita con il vincolo
per l’esproprio è stato errato.
L’ente locale chiede se vi sia stata omessa pronuncia sulla
domanda di restituzione delle somme versate in eccesso
rispetto a quanto riconosciuto dovuto in appello ovvero se
basti il riconoscimento in motivazione della “possibilità”
per l’ente locale di ripetere dette somme da esso versate
alla Casaletto in più del dovuto, per ritenere riconosciuto
il diritto del Comune di Potenza al rimborso di quanto
12

avere ripetuto l’eccezione di inammissibilità dell’appello

pagato in eccesso, rispetto al valore delle aree.
2.2. Si lamenta ancora, dal comune ricorrente incidentale,
violazione degli artt. 194, comma l, c.p.c. e 90, comma 1,

l’errore della Corte di merito di avere rigettato
l’eccezione di nullità delle operazioni del c.t.u., che non
aveva dato avviso al consulenti di parte e ai difensori del
comune delle operazioni da esso iniziate, per consentire la
partecipazione ad esse di tali difensori tecnici del comune.
La Corte di appello ha ritenuto tardiva la deduzione delle
indicate nullità, da prospettarsi al più tardi nella prima
udienza successiva alla mancata convocazione dei difensori o
al massimo nella prima difesa dopo il deposito della
relazione dell’ausiliare, seguita alla irregolarità che si
denuncia a carico del c.t.u., mentre nel caso il difensore
aveva chiesto,

dopo le avvenute irregolarità della

consulenza, il rinvio di una udienza in attesa del deposito
della relazione dall’ausiliare,

senza denunciarne le

irregolarità e domandato se era illegittima la condanna
delle parti alle spese di consulenza da qualificare nulla,
per cui alcunché doveva corrispondersi all’ausiliare.
3.1. Il primo motivo del ricorso principale dei Di Noia è da
qualificare inammissibile, come del resto si è già rilevato
13

disp. att. c.p.c., oltre che degli artt. 90 e 91 c.p.c., per

dalla sentenza di questa Corte 21 dicembre 2012 n. 3424, che
s’è pronunciata sulla stessa impugnazione, in altra causa su
ricorso di altro privato danneggiato da occupazione di un’

stesso Comune di Potenza, nel medesimo procedimento
espropriativo nel post-terremoto del 1980.
Il ricorso è inammissibile per difetto d’interesse dei
ricorrenti a denunciare il mutamento della propria domanda
originale, in quanto dalla nuova causa petendi dell’
occupazione usurpativa accertata dalla Corte di appello, in
luogo di quella originaria, nessun danno è derivato ai
ricorrenti, avendo determinato in concreto tale nuova
qualificazione dell’azione effetti sostanzialmente identici
a quelli dell’altra domanda risarcitoria da occupazione
appropriativa (così Cass. 16 luglio 2010 n. 16750).
La più recente giurisprudenza di questa Corte è ormai
orientata nel senso che non comporti preclusione da domanda
nuova il mutamento della causa petendi dell’azione di
risarcimento del danno da occupazione per pubblica utilità
in quella di risarcimento da occupazione usurpativa ai sensi
dell’art. 2043 c.c. (così, cfr. Cass. 5 dicembre 2011 n.
25959 e la citata n. 16750 del 2010).
Il primo motivo di ricorso dei Di Noia è quindi prima che
14

area vicina a quella di cui al presente giudizio dallo

infondato e da rigettare, precluso perché nel merito vi è
stata la sostanziale accettazione del contraddittorio sulla
nuova domanda da parte del comune.

ritenuto fondato dalla sentenza citata del 2012, che
richiama espressamente analoga soluzione adottata in altri
casi relativi a sentenze che avevano pronunciato sugli
antecedenti logici della decisione con efficacia di
giudicato su di essi, come accaduto nella fattispecie in
ordine alla rilevata natura edificabile delle aree occupate
in primo grado non impugnata dalle parti (con Cass. 17
febbraio 2011 n. 3909, ricordata nella sentenza n. 3424 del
2012, cfr. pure Cass. 16 marzo 2012 n. 4821).
Anche se il tribunale si è pronunciato su una ripetizione di
indebito, la stessa domanda con il gravame della Casaletto
era stata trasformata in azione risarcitoria

e in

primo grado la liquidazione della somma da restituire
all’ente locale sarebbe stata diversa, in caso di decisione
difforme sul punto pregiudiziale della natura, edificabile o
agricola, delle aree occupate.
Pertanto il secondo motivo di ricorso deve essere accolto,
dovendosi negare che la Corte d’appello potesse discostarsi
dalla qualificazione urbanistica agricola o inedificabile
15

3.2. Il secondo motivo del ricorso principale è stato

dell’area occupata già riconosciuta in via definitiva dal
Tribunale, la cui pronuncia sul punto non era stata
censurata da alcuna delle parti e costituiva giudicato.

ricorso, dovendosi presumere che la liquidazione del
risarcimento nel merito abbia compreso tutti i danni subiti
per l’occupazione e quindi anche la riduzione di valore del
reliquato se sussistente, nulla altrimenti spettando per
tale titolo ai danneggiati.
L’accoglimento del secondo motivo del ricorso principale
comporta la cassazione della sentenza in relazione al motivo
accolto, con necessità di riliquidare il danno, per cui
assorbe il quarto motivo del medesimo ricorso, relativo agli
accessori della liquidazione, da rimettere al giudizio in
sede di rinvio.
3.4. Il primo motivo di ricorso incidentale si è già
rigettato perché infondato, mentre resta assorbito il
secondo motivo di tale ricorso, attinente alla liquidazione
del risarcimento che dovrà avvenire in sede di rinvio, nel
corso del quale non potrà non tenersi conto di quanto
versato dal Comune di Potenza in corrispettivo delle aree,
avendo lo stesso effettuato in favore di controparte
versamenti che la sentenza impugnata ha ritenuto di misura
16

Deve invece dichiararsi inammissibile il terzo motivo di

maggiore di quanto spettante ai danneggiati, con implicito
riconoscimento del diritto del comune a ripetere quanto
versato in eccedenza del dovuto ai danneggiati.

del secondo motivo del ricorso principale, anche l’ultimo
motivo di ricorso incidentale, relativo alla pretesa
nullità delle operazioni del c.t.u. rilevanti ai fini della
quantificazione del dovuto, che dovrà operarsi in sede di
rinvio.
4. In conclusione, riuniti i ricorsi, va accolto il secondo
motivo del ricorso principale, dovendo dichiararsi
inammissibili il primo e il terzo motivo di tale
impugnazione, mentre va rigettato il primo motivo di ricorso
incidentale, con assorbimento degli altri motivi di entrambi
i ricorsi.
La sentenza impugnata deve quindi essere cassata in
relazione al motivo accolto, con rimessione della causa alla
Corte d’appello di Potenza in diversa composizione, perché
si pronunci sulla stessa i applicando i principi enunciati in
questa sede i e decidendo anche sulle spese del presente
giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte riuniti i ricorsi, accoglie il secondo motivo di
17

Deve poi dichiararsi assorbito dall’accoglimento parziale

quello principale e dichiara inammissibile il primo e terzo
motivo di esso, rigetta il primo motivo dell’incidentale,
con assorbimento dei residui motivi dei due ricorsi.

rimette la causa alla Corte d’appello di Potenza in diversa
composizione anche per le spese del presente giudizio di
cassazione.
Così deciso nella camera di consiglio della l^ sezione
civile della Corte suprema di Cassazione il501balOntibre 2013.

Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e

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