Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27876 del 30/10/2019

Cassazione civile sez. VI, 30/10/2019, (ud. 04/06/2019, dep. 30/10/2019), n.27876

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. LEONE Maria Margherita – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3626-2018 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

FLAMINIA 135, presso lo studio dell’avvocato GIAMMARIA PIERLUIGI,

rappresentata e difesa dagli avvocati CIMETTI MAURIZIO, PARENTE

GIUSEPPE;

– ricorrente –

contro

P.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI

PIETRALATA 320, presso lo studio dell’avvocato MAZZA RICCI GIGLIOLA,

rappresentata e difesa dall’avvocato TARTAGLIONE LIVIO;

– controricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE (OMISSIS), in

persona del legale rappresentante in proprio e quale procuratore

speciale della SOCIETA’ DI CARTOLARIZZAZIONE DEI CREDITI I.N.P.S.

(S.C.C.I.) S.p.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

CESARE BECCARIA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA dell’Istituto

medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati D’ALOISIO CARLA,

SGROI ANTONINO, MARITATO LELIO, DE ROSE EMANUELE, MATANO GIUSEPPE,

VITA SCIPLINO ESTER ADA;

– resistente –

avverso la sentenza n. 853/2017 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 04/12/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 04/06/2019 dal Consigliere Relatore Dott. SPENA

FRANCESCA.

Fatto

RILEVATO

che con sentenza in data 12 ottobre- 4 dicembre 2017 numero 853 la Corte d’Appello di TORINO confermava la sentenza del Tribunale di VERBANIA, che aveva accolto l’opposizione proposta da P.A. nei confronti di EQUITALIA NORD S.p.A. (poi AGENZIA DELLE ENTRATE RISCOSSIONE) e dell’INPS per l’impugnazione delle intimazioni di pagamento, in numero di undici, notificate in date 22.7.2014 e 11.9.2014, relative a più cartelle esattoriali per il recupero di crediti previdenziali notificate tra l’anno 2000 ed il 21.1.2009;

che a fondamento della decisione la Corte territoriale osservava che

l’appellante EQUITALIA assumeva essere applicabile il termine decennale di prescrizione in luogo del termine quinquennale previsto dalla L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 9 e ss., successivamente alla notifica della cartella esattoriale non opposta; tale deduzione era infondata, per quanto affermato dalla Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, nell’arresto del (OMISSIS) numero (OMISSIS).

Il termine quinquennale era integralmente decorso tra la data di notifica delle cartelle e l’invio delle intimazioni impugnate.

che avverso la sentenza ha proposto ricorso AGENZIA DELLE ENTRATE- RISCOSSIONE, articolato in un unico motivo, cui ha resistito con controricorso P.A.; l’INPS ha depositato procura alle liti;

che la proposta del relatore è stata comunicata alle parti-unitamente al decreto di fissazione dell’udienza- ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che la parte ricorrente ha dedotto con l’unico motivo- ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione dell’art. 2946 c.c..

Ha assunto che con la trasmissione del ruolo all’Agente della riscossione si determinerebbe un effetto novativo dell’obbligazione posta in riscossione: le singole obbligazioni per contributi, sanzioni, accessori e spese – dovute a separate ragioni di credito – verrebbero inglobate in un unico credito, senza che sia possibile scorporarne le voci; con la conseguenza che la prescrizione non seguirebbe il regime originario dei crediti contributivi portati dal ruolo.

Ferma la inapplicabilità dell’art. 2953 c.c. (come enunciata da Cass., SU, sentenza n. 23397/2016), il diritto ad azionare il credito da parte dell’Agente della riscossione, in assenza di disposizioni speciali, sarebbe dunque soggetto alla generale prescrizione di cui all’art. 2946 c.c..

A riscontro della rinnovata natura della obbligazione la parte ricorrente ha indicato vari indici normativi, tra i quali il riferimento ai “debiti della medesima specie” operato all’art. 31 D.P.R. n. 603 del 1972 o il richiamo al “credito per cui si procede” contenuto nel D.P.R. n. 602 del 1973, art. 76, comma 2, e art. 77, comma 1.

Ha aggiunto che il D.Lgs. n. 112 del 1999, art. 39, indica l’Agente della riscossione come autonomo legittimato passivo della impugnazione proposta dal debitore nonchè responsabile in proprio in caso di mancata chiamata dell’ente creditore nelle controversie riguardanti anche il merito della pretesa.

Ha dedotto che una univoca indicazione nel senso dell’applicazione ai crediti esattoriali della prescrizione ordinaria si trarrebbe dal D.Lgs. n. 112 del 1999, art. 20, a tenore del quale l’ente creditore, dopo il discarico dell’Agente della riscossione per inesigibilità del credito iscritto, può riaffidarlo in riscossione ove individui significativi elementi reddituali e patrimoniali riferibili ai debitori, a condizione che non sia decorso il termine di prescrizione “decennale”. La norma era applicabile alla generalità dei crediti da iscriversi a ruolo e da essa emergeva la individuazione in dieci anni del termine di prescrizione dopo l’affidamento del ruolo all’agente della riscossione. Il legislatore delle leggi esattoriali si era ispirato al criterio dell’adozione di una disciplina uniforme della riscossione a mezzo ruolo e quando aveva inteso limitare l’ambito di applicazione di talune disposizioni alle sole entrate tributarie -ovvero alle imposte sui redditi- lo aveva previsto espressamente. Gli artt. 19 e ss. erano tra l’altro contemplati nel capo secondo del D.Lgs. n. 112 del 1999, relativo ai principi generali dei diritti e degli obblighi del concessionario ed erano, dunque, applicabili alla generalità dei crediti da iscriversi a ruolo.

Da ultimo la Agenzia ricorrente ha osservato, secondo un criterio di ragionevolezza, che la riscossione era svolta dall’agente in modo unitario, agendo nei confronti del debitore per tutti i carichi iscritti a ruolo, cumulativamente (il credito per cui si procede, secondo il testo del citato D.P.R. n. 602, artt. 76 e 77). Di qui l’efficacia e l’economicità della azione di riscossione, che evitava la pluralità delle azioni di ciascun ente creditore; sarebbe stato irrazionale pretendere dall’agente di riscossione di frazionare la azione avendo riguardo al regime di prescrizione dei singoli crediti.

Divenuta irretrattabile la pretesa, con la notifica della cartella di pagamento, il termine di prescrizione sarebbe dunque unico, riferibile al diritto alla riscossione, come unica è l’azione affidata all’agente della riscossione, che ritiene il Collegio si debba dichiarare inammissibile il ricorso a mente dell’art. 360-bis c.p.c., n. 1;

che le censure svolte con l’unico motivo non pongono in discussione il principio, enunciato dalle sezioni Unite di questa Corte nell’arresto del (OMISSIS) n. (OMISSIS), secondo cui la scadenza del termine per proporre opposizione avverso la cartella esattoriale non determina la conversione del termine di prescrizione breve (nella specie quinquennale, L. n. 335 del 1995, ex art. 3, commi 9 e 10,) in termine decennale, secondo il regime dell’art. 2955 c.c.; si assume, piuttosto, che lo stesso effetto derivi dalla novazione della obbligazione prodotta dalla iscrizione a ruolo, in ragione della disciplina prevista dal D.P.R. n. 602 del 1973.

L’assunto non è condivisibile.

Questa Corte si è già pronunciata in relazione ad analoghi ricorsi proposti dalla medesima Agenzia con ordinanze del 4.12.2018 n. 31352 e 6.12.2018 n. 31658 e successivamente con ordinanze numeri 6888, 10025, 10595,10796,10797 del 2019; il ricorso non offre elementi per la rimeditazione dei principi ivi espressi.

Non si individuano, in primo luogo, tratti di novità nella disciplina del credito iscritto a ruolo tali da far ritenere la estinzione del credito originario e la costituzione di un nuovo credito avente titolo nel ruolo.

Il legislatore individua i crediti per cui si procede come “credito” iscritto a ruolo a meri fini descrittivi, che non attestano alcun effetto giuridico.

Il preteso effetto di novazione “ex lege” dovrebbe trovare riscontro in una diretta disposizione normativa o, comunque, in una disposizione inequivoca, nella specie carente.

Le deduzioni svolte dalla parte ricorrente, in riferimento alla disciplina del D.Lgs. n. 112 del 1999, art. 20, comma 6 – nella parte in cui prevede il riaffidamento della riscossione del credito “a condizione che non sia decorso il termine di prescrizione decennale” – non valgono a porre in dubbio quanto già osservato in riferimento alla norma dalle Sezioni Unite di questa Corte nell’arresto n. (OMISSIS).

Invero- anche a voler ammettere, come sostiene parte ricorrente, la applicabilità della procedura di discarico alla riscossione dei crediti previdenziali e la sua rilevanza anche esterna ai rapporti tra ente impositore ed agente della riscossione – resterebbe preclusivo il rilievo (cfr. sentenza citata, in motivazione, punto 19.6 e 19.7) che la norma fa riferimento al termine di prescrizione decennale, con espressione ellittica, unicamente in quanto trattasi del termine che si applica ordinariamente per la riscossione delle imposte, senza alcun possibile riferimento all’art. 293 c.c. ed, a maggior ragione, ad un effetto novativo derivante dalla iscrizione a ruolo dei crediti (fiscali e previdenziali)

Da ultimo, l’effetto di novazione della obbligazione previdenziale non può farsi discendere dai principi di efficienza ed economicità della azione amministrativa, perchè tali principi si prestano, all’opposto, a sorreggere la ratio acceleratoria sottesa alla fissazione del termine breve di prescrizione oltre che alla generalizzazione per i crediti degli enti pubblici previdenziali del regime della riscossione mediante ruolo;

che, pertanto, essendo condivisibile la proposta del relatore, il ricorso deve essere respinto con ordinanza in camera di consiglio, ex art. 375 c.p.c.;

che le spese seguono la soccombenza nei confronti della controricorrente P.A.; non vi è luogo a refusione delle spese nei riguardi dell’INPS per la sostanziale assenza di attività difensiva;

che, trattandosi di giudizio instaurato successivamente al 30 gennaio 2013, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 (che ha aggiunto il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater) – della sussistenza dell’obbligo di versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la impugnazione integralmente rigettata.

P.Q.M.

La Corte dichiara la inammissibilità del ricorso. Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese nei confronti di P.A., che liquida in Euro 200 per spese ed Euro 1.500 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge. Nulla per le spese nei confronti dell’INPS.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella adunanza camerale, il 4 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 30 ottobre 2019

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