Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27876 del 12/12/2013


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 27876 Anno 2013
Presidente: SALME’ GIUSEPPE
Relatore: DI VIRGILIO ROSA MARIA

R.G.N.

10138/2007

SENTENZA
Cron. 234276

sul ricorso 10138-2007 proposto da:
Rep.

6V1

CAVIRIVEST S.P.A. IN AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA
Ud. 31/10/2013

E IN LIQUIDAZIONE (C.F. 00968170282), in persona
PU

dei Commissari Straordinari pro tempore,
elettivamente

domiciliata

in

ROMA,

PIAllA

DELL’EMPORIO 16/A, presso l’avvocato GUIZZI
2013
1622

GIUSEPPE, che la rappresenta e difende unitamente
all’avvocato ILARIA PAGNI, giusta procura a
margine del ricorso;
– ricorrente –

Data pubblicazione: 12/12/2013

contro

CASSA DI RISPARMIO DI PADOVA E ROVIGO S.P.A. (C.F.
02069931204), in persona del legale rappresentante
pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,
VIA FEDERICO CONFALONIERI 5, presso l’avvocato

unitamente all’avvocato TARZIA GIORGIO, giusta
procura speciale per Notaio FRANCESCO CRIVELLARI
di PADOVA – Rep. n. 253519 del 24.4.2007;

controricorrente

avverso la sentenza n. 223/2006 della CORTE
D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 09/02/2006;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 31/10/2013 dal Consigliere
Dott. ROSA MARIA DI VIRGILIO;
uditi, per la ricorrente, gli Avvocati GUIZZI
GIUSEPPE e PAGNI ILARIA che hanno chiesto
l’accoglimento del ricorso;
uditi, per la controricorrente, gli Avvocati MANZI

MANZI LUIGI, che la rappresenta e difende

LUIGI e TARZIA GIORGIO che ha chiesto
l’inammissibilità del ricorso;
udito

il

P.M.,

in

persona

del

Sostituto

Procuratore Generale Dott. FEDERICO SORRENTINO che
ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

2

Svolgimento del processo
Il Commissario dell’Amministrazione straordinaria della
s.p.a. Cavirivest chiedeva la revoca di tutti i versamenti
di natura solutoria effettuati da Cavirivest o da terzi
nell’anno anteriore al 10/3/92, data del decreto di

ammissione alla procedura di amministrazione
straordinaria, sul c/c di corrispondenza intrattenuto con
la convenuta Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, nonché
di tutte le operazioni qualificabili come contratti
mediante le quali la società aveva corrisposto alla Cassa,
a titolo oneroso, crediti, titoli di credito, carta
commerciale, valuta e titoli mobiliari, e di tutti i
versamenti effettuati da terzi e trattenuti dalla Banca
come pagamenti delle anticipazioni; conseguentemente
condannarsi la Banca al pagamento della somma di lire
51.851.957.211 per rimesse sul c/c e lire 20.000.000.000
in relazione ai pagamenti di terzi transitati sui conti ed
ai negozi revocabili.
La Cassa di Risparmio eccepiva la nullità dell’atto di
citazione per genericità, e contestava nel merito la
sussistenza dei presupposti della domanda.
Con

ordinanza

del

21/11/97,

il

Giudice

invitava

l’Amministrazione Straordinaria ad integrare la citazione
ex art.164, 5 0 comma c.p.c.; il Commissario depositava
atto integrativo, a cui replicava la Banca.

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Il Tribunale, con sentenza 28/10/2002 n. 2559, dichiarava
improcedibile la domanda,

in quanto proposta dal

Commissario straordinario, privo di legittimazione
processuale e sostanziale, attesa la disapplicazione della
1.95/79, per incompatibilità con le preminenti regole dei

Trattati comunitari.
La Corte d’appello, con sentenza depositata il 9/2/2006,
ha respinto l’appello proposto da Cavirivest s.p.a. in
a.s., condannando detta parte alle spese del grado.
La Corte del merito ha rilevato che, anche a discostarsi
dell’orientamento del

S.C.

di cui alla pronuncia

1011/2003, e quindi a non riconoscere la disapplicazione
dell’intera legge 95/79 per incompatibilità con le norme
del Trattato CE sugli aiuti di Stato, si sarebbe dovuto
concludere per la disapplicazione del d.m. 10/3/92, che,
disponendo l’amministrazione straordinaria della società,
aveva dato luogo ad almeno due misure di aiuto che secondo
la prima decisione della Corte di Giustizia del 1998
rendono illegittima la procedura di a.s., ovvero, il
mantenimento dell’impresa in stato di insolvenza a lungo
sul mercato e la garanzia pubblica per il sostegno
finanziario di quel prolungato mantenimento; inoltre,
osserva la Corte del merito, dalle periodiche relazioni
\
del Commissario al Ministero ex art. 205 1.f. emergevano i V\
_

risultati negativi della gestione commissariale, da cui la

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disapplicazione del d.m. e la conferma della carenza di
legittimazione del commissario straordinario, sia pure con
diversa motivazione.
Nonostante la rilevata carenza di legittimazione, la Corte
d’appello per “ragioni di completezza” ha valutato

l’eccezione di prescrizione, considerando decorso il
termine quinquennale a far data dal 10/3/92, visto il
deposito in cancelleria dell’atto di integrazione del
17/7/98, e considerato il passaggio in giudicato della
statuizione di nullità della citazione, atteso che la
parte, dopo avere criticato l’ordine di integrazione nella
memoria integrativa, preannunciando che ne avrebbe chiesto
la ” revoca in sentenza”, non aveva poi provveduto a tale
richiesta in sede di precisazione delle conclusioni né in
sede di appello(ammesso che potesse farlo).
La Corte d’appello, sempre “per completezza”, ha valutato
la prova della conoscenza da parte della Banca dello
stato di insolvenza della Cavirivest, rilevando in primis
l’esistenza di inequivocabile prova contraria, nel caso il
bilancio al 31/12/90, depositato nel maggio 1991,
evidenziante l’utile lordo di lire 630.447.504, al netto
delle imposte, di lire 344.038.544, il doppio
dell’esercizio precedente, nonché le risultanze della
relazione degli amministratori.

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Inoltre, osserva la Corte del merito, a fine 1990,
Cavirivest aveva visto accolta la domanda di mutuo a medio
termine di 30 mld ed ad aprile 1991, la parte aveva
ridotto l’importo richiesto a 20 mld, così riducendo le
garanzie, ed il mutuo era stato corrisposto in due

‘branche, a fine luglio ed inizio agosto 1991; dai doc. 2428 ter allegati alla memoria istruttoria, risultava
documentato il progressivo incremento dei fidi accordato
dalla Cassa, operativi sino al 6/2/92, allorquando la
Banca, informata dell’intenzione di Cavirivest di chiedere
l’ammissione alla procedura, aveva comunicato il recesso
dai rapporti creditizi(doc.29-30); il regolare svolgimento
del rapporto risultava infine anche dall’esame degli
estratti del c/c 639146.
Quanto agli indizi portati da Cavirivest, il Giudice del
merito ha rilevato che le ipoteche erano volontarie a
garanzia di mutui chiesti ed ottenuti ed i privilegi
derivavano da acquisto di macchine ed attrezzature
industriali ex 1. 1329/65; che, quanto al tipo di rimesse
sul conto ed alle anomalie di rientro delle anticipazioni
in valuta estera su fatture, non era chiaro quali fossero
le anomalie e risultavano comunque operazioni usuali; che,
quanto alla “sofferenza di insoluti in possesso
dell’Istituto convenuto”, si trattava di insolvenze di

I

6

clienti della Cavirivest,

né erano stati indicati

esattamente quali fossero i ritardi nei pagamenti.
Infine, la Corte ha ritenuto di quantificare l’importo
revocabile nella differenza tra il massimo scoperto ed il
saldo finale del conto, come avallato dalla norma

interpretativa della 1.80/05, rilevando altresì che, in
ogni caso, sul c/c 639146 confluivano plurimi affidamenti
di cui si sarebbe dovuto tener conto, così come si sarebbe
dovuto tener conto degli insoluti.
Avverso detta pronuncia ricorre Cavirivest in a.s. e in
liquidazione, con ricorso affidato a cinque motivi.
Si difende con

controricorso la Cassa di Risparmio di

Padova e Rovigo.
Ambedue le parti hanno depositato memoria ex art.378
c.p.c.
Motivi della decisione
1.1.- Col primo motivo di ricorso, la ricorrente denuncia
violazione e falsa applicazione dell’art.1,1.95/79, degli
artt.67, 195 e 203 1.f.,nonché degli artt. 87 e 88 del
Trattato CE, in relazione all’art.360 n.3 c.p.c.
1.2.- Col secondo mezzo, la ricorrente si duole della
violazione e falsa applicazione degli artt.87 e 88 del
Trattato CE, degli artt. 1, 1.95/79, 203 e 67 1.f., nonchè

\

del vizio di contraddittorietà della motivazione.

7

1.3.- Col terzo motivo, la ricorrente denuncia violazione
e falsa applicazione degli artt.112, 324, 329, 345, 346
c.p.c. in relazione all’art. 360 nn. 3 e 4 c.p.c., nonché
vizio di insufficiente motivazione sul fatto decisivo,
rappresentato dall’indagine se in primo grado ed appello
stato

riproposto

il

profilo

della

revoca

sia

dell’ordinanza dichiarativa di nullità della citazione.
1.4.- Col quarto motivo,la ricorrente denuncia violazione
e falsa applicazione degli artt.2903 e 2943 c.c., nonché
dell’art. 164 c.p.c. in relazione all’art. 360 nn.3 e 4
c.p.c.,

per

avere

la

Corte

del merito

ritenuto

erroneamente che l’atto di citazione nullo non valesse ad
interrompere la prescrizione.
1.5.- Col quinto motivo, la ricorrente denuncia il vizio
di motivazione insufficiente, illogica e
contraddittorietà, in relazione al fatto decisivo della
conoscenza dello stato di insolvenza da parte della Cassa
e dell’esistenza di rimesse e operazioni con
caratteristiche oggettivamente solutorie.
2.1.- Va in limine ritenuta l’ammissibilità del ricorso,
atteso che dalla relata di notifica in calce al ricorso
risulta che la ricorrente ha richiesto all’Ufficiale
Giudiziario la notifica del ricorso il 23 marzo 2007,
prima della scadenza del termine ultimo ex art.327 c.p.c.
del 27 marzo 2007.

h
8

2.2.- Il primo ed il secondo motivo, da esaminarsi
congiuntamente,
attenendo

alla

in

quanto

questione

strettamente
della

disposizioni comunitarie della 1.95/79

correlati,

contrarietà

alle

del decreto di

ammissione alla procedura, sono fondati.

Come rilevato nella sentenza 27500/06, pronunciata tra le
stesse parti e nella quale si poneva parimenti la
questione comunitaria, questa Corte in numerose pronunce
ha affermato che “nell’ambito della procedura di
amministrazione straordinaria delle grandi imprese in
crisi, disciplinata dal D.L. 30 gennaio 1979, n. 26,
convertito in L. 3 aprile 1979, n. 95 (applicabile
“ratione temporis”) l’azione revocatoria- esercitabile
soltanto dopo la cessazione della fase conservativa
dell’impresa e l’inizio di quella liquidatoria – non può
essere qualificata come aiuto di Stato, vietato dall’art.
87 (già art. 92) del Trattato CE, trattandosi di istituto
privo del requisito della specificità, sotto i due profili
della selettività e della discrezionalità, che, alla
stregua delle sentenze della Corte di giustizia l dicembre
1998, in causa C-200/97, e 17 giugno 1999, in causa C295/97, caratterizzano gli aiuti di Stato, avuto riguardo
all’identità funzionale di detta azione con quella
esercitata in sede fallimentare, di generale applicazione,
e tenuto conto, altresì, della mancanza del requisito

9

ulteriore dell’impiego di risorse pubbliche, non potendo
lo Stato e gli enti pubblici essere considerati naturali
soggetti passivi dell’azione revocatoria. Nè, d’altro
canto, con riferimento all’esperimento di tale azione, può
essere considerata come aiuto di Stato la stessa apertura

della procedura di amministrazione straordinaria, giacché
i vantaggi a carico di risorse pubbliche, individuati
dalla Corte di Giustizia con la citata sentenza 17
settembre 1999, possono bene essere disapplicati senza
incidere sulla possibilità di una gestione liquidatoria
della procedura, gestione che di per sè stessa esclude una
prosecuzione dell’attività di impresa con effetti
distorsivi della concorrenza (Cass. 24.2.2006, n. 4206;
Cass. 10.3.2006, n. 5301; Cass. 28.10.2005, n. 21083).
Ed ancora si è osservato che la Commissione CE, con la
decisione n. 2001/212/CE del 16 maggio 2000, ha escluso
l’incompatibilità tra l’intera L. 3 aprile 1979, n. 95, e
le norme che regolano il mercato affermando che,
nell’ambito della predetta legge, configurano aiuti di
Stato soltanto le disposizioni che prevedono la
concessione di specifici vantaggi e l’attribuzione di
risorse pubbliche a favore di beneficiari individuabili
(Cass. 28.10.2005, n. 21083). La giurisprudenza di questa
Corte è poi prevalentemente orientata ormai nel senso che
l’azione revocatoria fallimentare, “essendo ispirata a

LÌ\
10

finalità recuperatorie estranee alla fase conservativa
dell’amministrazione

straordinaria,

è

esperibile

nell’eventuale fase liquidatoria ed il suo ambito
operativo è da riferirsi necessariamente e
correlativamente al momento in cui inizia la liquidazione

dei beni” ( oltre alla giurisprudenza già citata, cfr.
Cass., 5.9.2003, n. 12936; Cass., 21.9.2004, n. 18915;
Cass., 27.12.1996, n. 11519; Cass. 10.3.2006, n. 5301).”
E nella specie, l’azione revocatoria è stata esperita
nella fase della liquidazione e non della continuazione
provvisoria dell’impresa.
Né si pone la questione del rinvio pregiudiziale alla
Corte di Giustizia ex art.267 TFUE, atteso che l’obbligo
della rimessione per il giudice di ultima istanza non
sussiste ove questi ritenga di essere in presenza di un
“acte claire”, che in ragione dell’esistenza di precedenti
pronunce della Corte ovvero dell’evidenza
dell’interpretazione, rende inutile, o non obbligato, il
rinvio pregiudiziale( sul principio, le pronunce
22103/2007 e 4776/2012); e nel caso, la questione
prospettata non integra alcun dubbio interpretativo, alla
stregua della pronuncia della Corte di Giustizia del 17
giugno 1999, causa 295/97, punto 42.
2.3.- I motivi terzo e quarto sono inammissibili.

11

La Corte d’appello ha respinto l’appello della Cavirivest
in a.s., confermando la sentenza del Tribunale, che,
accertata la carenza di legittimazione del Commissario
straordinario, conseguente alla ritenuta incompatibilità
della 1.95/79 con la norma comunitaria prevalente, ha

concluso per l’improcedibilità (rectius, inammissibilità)
della domanda.
La controversia risulta pertanto definita sul rilievo
preliminare della inammissibilità per carenza di
legittimazione della parte attrice.
La Corte del merito, respinta l’impugnazione attinente al
profilo della legittimazione, ritenendo la contrarietà a
norma comunitaria della 1.95/79 ovvero del decreto
ministeriale di ammissione alla procedura, è passata “per
ragioni di completezza” all’esame delle questioni di
merito, anzi della questione preliminare della
prescrizione e dei profili di merito in senso stretto.
Così argomentando, la Corte d’appello non ha espresso
rationes decidendi plurime, in quanto intese a sorreggere
la medesima decisione sulla domanda o sull’eccezione, ma
ha motivato su altri aspetti, cioè si è espressa su
profili della domanda e su eccezioni, il cui esame era
alla stessa precluso a ragione della questione decisa.
Come efficacemente indicato dalle Sezioni unite nella
pronuncia 3840/2007, le argomentazioni così esposte dalla

12

Corte del merito

“restano irrimediabilmente fuori,

appunto, della decisione”, riconducibili non già alla
decisione adottata, ma semmai, a quella che sarebbe stata
adottata ove non ne fosse stato precluso l’esame proprio
dalla statuizione assunta.

Deve pertanto farsi applicazione del principio espresso
nella citata pronuncia delle Sezioni unite, seguito dalle
successive pronunce delle sezioni semplici
15234/07,9647/2011, 19754/2011, secondo il quale, qualora
il giudice, dopo una statuizione di inammissibilità (o
declinatoria di giurisdizione o di competenza), con la
quale si è spogliato della “potestas iudicandi” in
relazione al merito della controversia, abbia
impropriamente inserito nella sentenza argomentazioni sul
merito, la parte soccombente non ha l’onere né l’interesse
ad impugnare; conseguentemente è ammissibile
l’impugnazione che si rivolga alla sola statuizione
pregiudiziale ed è viceversa inammissibile, per difetto di
interesse, l’impugnazione nella parte in cui pretenda un
sindacato anche in ordine alla motivazione sul merito,
svolta “ad abundantiam” nella sentenza gravata.
3.1.- Conclusivamente, accolti i primi due motivi di
ricorso, e dichiarata l’inammissibilità dei restanti
motivi, va cassata la sentenza impugnata, con rinvio alla
Corte d’appello di Venezia in diversa composizione che si

13

atterrà a quanto sopra rilevato e provvederà alla
valutazione dei profili di causa, nonché alla decisione
delle spese anche del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.

La Corte accoglie i primi due motivi del ricorso, dichiara

sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia
alla Corte d’appello di Venezia in diversa composizione,
anche per le spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, in data 31 ottobre 2013
Il Pre dente

l’inammissibilità degli ulteriori motivi; cassa la

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