Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27872 del 20/12/2011

Cassazione civile sez. I, 20/12/2011, (ud. 07/12/2011, dep. 20/12/2011), n.27872

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. MACIOCE Luigi – rel. Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

H.J. elett.te domiciliato in ROMA, via Fontanella di

Borghese 42 presso l’avv. Bortone Stefano Maria con l’avv. Renzo

Cappelletto del Foro di Torino che lo rappresenta e difende giusta

procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Prefetto UTG di Asti – Ministero dell’Interno;

– intimati –

avverso il decreto 12.1.2009 del Giudice di Pace di Asti;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

7.12.2011 dal Consigliere Dott. Luigi MACIOCE;

presente il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

APICE Umberto che ha chiesto il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Giudice di Pace di Asti, esaminando l’opposizione del cittadino (OMISSIS) H.J. avverso l’espulsione in data 27.11.2008 del Prefetto UTG di Asti, adottata D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 13, comma 2, lett. B per essere il predetto rimasto privo di titolo di soggiorno a seguito della decisione di non rinnovare quello in atto a cagione della commissione ostativa di reati di cui AL D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74 ha respinto il ricorso. In motivazione il Giudice di Pace ha rammentato che neanche il rigetto della istanza di rinnovo del p.d.s. era stato impugnato, come aveva rilevato il TAR adito nella sentenza 939 del 2007, sì che la carenza di alcun titolo di soggiorno attuale rendeva ineluttabile l’adozione del decreto di espulsione e senza che alcuna valutazione d legame familiare potesse su tal situazione avere incidenza. Per la cassazione di tale decreto l’ H. ha proposto ricorso il 25.2.2010 articolato su tre motivi, ai quali l’Amministrazione intimata non ha opposto difese.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso, ad avviso del Collegio, deve essere dichiarato inammissibile.

Il primo motivo lamenta che il giudice del merito abbia convalidato la scelta della modalità esecutiva dell’espulsione di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 5 bis non avvedendosi che nella specie andava ravvisata l’ipotesi per adottare l’intimazione di cui all’art. 13, comma 5 dello stesso T.U. La censura è radicalmente inammissibile posto che il Giudice di Pace correttamente non ha esaminato la questione della modalità esecutiva della espulsione:

detta questione esula infatti dalla diretta cognizione del giudice della espulsione, come affermato da questa Corte sin da S.U. 20121 del 2005, salvo che la disapplicazione della intimazione sia la premessa logico giuridico per l’annullamento della espulsione ex art. 14, comma 5 ter del T.U., come di recente statuito da Cass. 18481 del 2011. La questione è dunque posta in questa sede in via principale, per la prima volta e senza che emerga quale interesse abbia mai il ricorrente od ottenere una dichiarazione di nullità della modalità esecutiva che non può avere, nella specie, alcun riflesso sulla espulsione contestata.

Il secondo motivo lamenta, per la prima volta, che l’Amministrazione abbia controdedotto ed osservato in giudizio di merito senza costituirsi: non si dice nè che genere di attività tecnica sia stata contra legem svolta senza patrocinio, nè qual pregiudizio sia derivato all’opponente nè, più di tutto, se e quando tale abuso del contraddittorio sia stato innanzi al GdP denunziato (giudice che non casualmente nel decreto ignora tale questione, affermando che il Prefetto è stato rappresentato da funzionario). Il motivo è pertanto inammissibile.

Il terzo motivo lamenta violazione dei principii posti dalla direttiva 2003/86/CE ma si palesa come una generica proposizione di principio formulata senza alcuna deduzione della fattispecie protetta da tale normativa: nel motivo e nel quesito conseguente non si afferma quale effetto cogente deriverebbe da tal direttiva sul potere espulsivo del Prefetto (che non sia già previsto dall’art. 19, comma 2 del T.U.) nè la ricorrenza nel concreto di una condizione familiare integrante la pretesa previsione protettiva. Pertanto la censura – risolventesi in una generica petizione di principio – è affatto inammissibile. Non è luogo a regolare le spese.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 7 dicembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 20 dicembre 2011

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