Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27869 del 30/10/2019

Cassazione civile sez. VI, 30/10/2019, (ud. 22/05/2019, dep. 30/10/2019), n.27869

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ESPOSITO Lucia – Presidente –

Dott. LEONE Maria Margherita – rel. Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19400-2018 proposto da:

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE (OMISSIS), in

persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA

dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati PULLI

CLEMENTINA, MASSA MANUELA, VALENTE NICOLA, CAPANNOLO EMANUELA;

– ricorrente –

contro

D.P.N., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA VITO GIUSEPPE

GELATI 100, presso lo studio dell’avvocato D’ALISE ANNA,

rappresentato e difeso dall’avvocato SCHIAVONE SEBASTIANO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3624/2017 del TRIBUNALE di NAPOLI NORD,

depositata il 28/12/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 22/05/2019 dal Consigliere Relatore Dott. LEONE

MARGHERITA MARIA.

Fatto

RILEVATO

Che:

Il tribunale di Napoli Nord con la sentenza n. 3624/2017 aveva accertato il diritto di D.P.N. a percepire l’assegno mensile di invalidità di cui alla L. n. 118 del 197, art. 13 dal 13.6.2017, condannando l’Inps al pagamento dei ratei maturati. Il Tribunale aveva ritenuto ricorrenti anche gli ulteriori requisiti socio economici utili alla prestazione.

Avverso tale statuizione l’Inps proponeva ricorso affidato a due motivi cui resisteva il D.P. con controricorso.

Veniva depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1) Con il primo motivo è dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e L. n. 118 del 1971, art. 13,L. n. 247 del 2007, art. 1 comma 35, per aver condannato l’INPS al pagamento della prestazione senza accertare il requisito reddituale (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.);

2) Violazione art. 116 c.p.c. e L. n. 118 del 1971, art. 13 per aver il giudice ritenuto provato il requisito reddituale sulla base delle risultanze documentali ed in particolare attraverso la sola dichiarazione sostitutiva.

Entrambi i motivi possono essere trattati congiuntamente poichè attengono all’ambito di operatività del procedimento di cui all’art. 445-bis c.p.c. ed alla finalità dello stesso. Questa Corte ha di recente chiarito che “Nelle controversie in materia di invalidità’ civile, cecità’ civile, sordità’ civile, handicap e disabilità’, nonchè di pensione di inabilità’ e di assegno di invalidità ai sensi della L. n. 222 del 1984, la pronuncia emessa in esito al giudizio di cui all’art. 445 bis c.p.c., u.c., è per legge destinata a riguardare solo un elemento della fattispecie costitutiva (il c.d. requisito sanitario), sicchè quanto in essa deciso non può contenere un’efficace declaratoria sul diritto alla prestazione, che è destinata a sopravvenire solo in esito ad accertamenti relativi agli ulteriori requisiti socio-economici. (Cass. n. 27010/2018).

L’orientamento richiamato delinea i limiti del procedimento in questione ed i poteri del giudice, diretti all’accertamento del solo requisito sanitario. La scelta del legislatore ha infatti finalizzato il nuovo procedimento all’accertamento della sussistenza o meno delle condizioni medico-legali, lasciando all’inps la gestione della successiva fase di concreto accertamento degli ulteriori requisiti socio economici strettamente connessi alla prestazione richiesta.

Il ricorso merita dunque accoglimento nel suo secondo motivo relativo alla erronea declaratoria del diritto alla specifica prestazione, dovendosi quindi ritenere assorbita la prima censura inerente la mancata valutazione della eccezione relativa all’assenza del requisito reddituale, non rientrando, quest’ultima, nei poteri del giudice nell’ambito del procedimento in questione.

Chiarito il limite dell’accertamento reso dal giudice in questa sede processuale, deve darsi atto che comunque la finalità del procedimento era stata realizzata e conseguito positivamente l’oggetto della domanda originaria, allorchè l’indagine peritale aveva accertato la sussistenza del requisito sanitario utile alla prestazione indicata dalla parte ricorrente. In ragione di ciò deve quindi accogliersi il ricorso di legittimità e cassare la sentenza nella parte in cui ha dichiarato la ricorrente meritevole della prestazione con condanna dell’Inps al pagamento della stessa, restando peraltro fermo il requisito sanitario accertato.

Attese le precedenti oscillazioni giurisprudenziali di merito e la recente pronuncia di legittimità, le spese del giudizio di legittimità devono essere compensate.

Non sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio, art. 13, comma 1-quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013).

PQM

La Corte decidendo sul ricorso, accoglie il motivo, cassa la sentenza in relazione al motivo accolto. Resta fermo l’accertamento del requisito sanitario. Compensa le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 22 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 30 ottobre 2019

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