Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27866 del 12/12/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 27866 Anno 2013
Presidente: ROSELLI FEDERICO
Relatore: D’ANTONIO ENRICA

SENTENZA

sul ricorso 29285-2010 proposto da:
ARDUINO

ALESSANDRO

C.F.

RDNLSN72L31L219B,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA O. LAZZARINI
19, presso lo studio dell’avvocato SGUEGLIA UGO, che
lo rappresenta e difende giusta delega in atti;
– ricorrente contro

2013
3113

MINISTERO AFFARI ESTERI C.F. 80213330584, in persona
del Ministro

up

tempore, rappresentato e difeso

dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui
Uffici domicilia in ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI, 12,

Data pubblicazione: 12/12/2013

(ATTO DI COSTITUZIONE depositato il 21/06/11);
– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 6797/2010 della CORTE D’APPELLO
di ROMA, depositata il 04/10/2010 R.G.N. 6249/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

D’ANTONIO;
udito l’Avvocato SGUEGLIA ANDREA per delega SGUEGLIA
UGO;
udito l’Avvocato DE SOCIO GIANNA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARCELLO MATERA, che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

udienza del 05/11/2013 dal Consigliere Dott. ENRICA

RG n 29285/2010

Arduino Alessandro/ Ministero degli Affari Esteri

Svolgimento del processo
Con sentenza depositata il 4 ottobre 2010 la Corte d’Appello di Roma ha confermato la sentenza del
Tribunaleidi rigetto della domanda di Alessandro Arduino, assunto ed in servizio presso il
Consolato d’Italia a Shangai , volta ad accertare il suo diritto ad uno stipendio pari al trattamento

livello e con uguali mansioni, alla decorrenza del contratto di lavoro dal 1 . novembre 1996 ,data
della prima assunzione, nonché al riconoscimento degli assegni familiari e del trattamento di fine
rapporto.
La Corte ha esposto che l’appellante aveva lavorato presso il consolato sulla base di un primo
contratto a tempo determinato dell’I 1/11/1996 regolato dalla legge italiana per disimpegnare
mansioni esecutive, un secondo contratto a tempo determinato dell’1/4/1999 regolato dalla legge
italiana per disimpegnare mansioni di concetto, un terzo contratto del 13/4/2001 a tempo
determinato regolato dalla legge locale per il prevalente impiego nel servizio di collaborazione
commerciale ; che ,mentre era in corso tale ultimo contratto, il lavoratore aveva esercitato con
dichiarazione del 22 gennaio 2002 l’opzione di cui all’articolo 3, comma I, della legge n. 442 del
2001 secondo cui “gli impiegati a contratto di cittadinanza italiana in servizio presso le
rappresentanze diplomatiche e gli uffici consolari in possesso alla data del 13 maggio 2000 di
contratto di prima assunzione regolato dalla legge italiana possono, entro sei mesi dalla data di
entrata in vigore della legge, optare per un contratto a tempo indeterminato regolato dalla legge
italiana”.e che a seguito di tale opzione in data 17/5/02 era stato stipulato un contratto a tempo
indeterminato regolato dalla legge italiana con risoluzione del precedente rapporto e liquidazione a
tutti gli effetti giuridici ed economici .
Con riferimento alla richiesta di retrodatazione dell’anzianità di servizio alla data della
prima assunzione la Corte ha rilevato che il ricorrente non aveva posto in discussione la validità dei
precedenti contratti e rapporti di lavoro a termine con la conseguenza dell’infondatezza della
domanda e che il nuovo contratto era frutto della consensuale risoluzione del rapporto precedente
e sua liquidazione e della previsione di un nuovo rapporto di lavoro.
La Corte ha poi osservato che la domanda di retrodatazione dell’anzianità non trovava fondamento
nell’articolo 2, comma sesto, del decreto legislativo n 103 del 2000 ( contenente la disciplina del
personale assunto localmente) , che ,secondo il ricorrente, introduceva un’ipotesi di conversione
del contratto secondo la legge cinese in un contratto secondo la legge italiana con relativa
prosecuzione del rapporto già iniziato .Secondo la Corte, infatti, detta norma era estranea alla

retributivo base previsto per gli altri impiegati a contratto regolato dalla legge italiana di uguale

fattispecie in esame in quanto concernente il personale a contratto in possesso di doppia
cittadinanza italiana e straniera, così come era irrilevante il richiamo al comma 5 della medesima
norma riguardante il personale di cittadinanza italiana ma in servizio a tempo indeterminato e
presso gli Istituti Italiani di Cultura, norme che prevedevano la possibilità, a seguito di opzione,
della stipula di un contratto a tempo indeterminato sostitutivo di quello in corso.
Ha rilevato, inoltre, che anche l’articolo 3, comma primo, della legge n. 442 del 2001 , in base al
quale il ricorrente aveva esercitato l’opzione ,era irrilevante in quanto non prevedeva il diritto alla

La Corte territoriale ha respinto altresì la domanda del ricorrente di riconoscimento di una
retribuzione annua base pari a quella di un collega con uguali mansioni ritenendo che il principio
di parità di trattamento economico a parità di lavoro non trovasse fondamento nell’articolo 36 della
Costituzione, nell’articolo 23, comma secondo, della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo;
nell’articolo 14 della Conferenza internazionale del lavoro; nell’articolo 7 del Patto internazionale
relativo ai diritti economici, sociali e culturali; nell’articolo 157, comma terzo, del d.p.r. n. 18 del
1967 ,quale modificato dall’articolo I del decreto legislativo n. 103 del 2000, relativo ad altre
fattispecie contrattuali ; nell’articolo 7 del c.d. Accordo successivo del 12 aprile 2001.
La Corte ha ,altresì, rilevato la radicale inidoneità delle allegazioni in fatto del ricorrente a
dimostrare la lamentata disparità di trattamento determinata dalla previsione al collega di una più
elevata retribuzione , nonostante svolgessero entrambi mansioni di concetto nel servizio di
collaborazione commerciale. La Corte territoriale ha osservato, infatti, che il collega dell’Arduino
era stato assunto il 5/9/96 ai sensi del dpr n 18/1967, prima della modifica ex dlgs n 103/2000, già
allora a tempo indeterminato e con mansioni di concetto; e che, pertanto era infondata la pretesa del
ricorrente di avere lo stesso trattamento economico per un contratto stipulato nel maggio 2002,in
diverso regime giuridico e con diverse esperienze alle spalle, e ciò solo sulla base della dizione
generica del contratto di ” adibizione a prevalente servizio di collaborazione commerciale”.
Infine, la Corte d’Appello ha rilevato che la mancata previsione nel contratto del TFR era
irrilevante in quanto istituto riconosciuto a tutti i lavoratori per legge e quanto agli assegni di
famiglia, lo stesso ricorrente aveva affermato di non averne diritto per la presenza di redditi
ostativi.
Avverso la sentenza propone ricorso in cassazione Alessandro Arduino formulando tre motivi
successivamente illustrati con memoria ex art.378 cpc.
Il ministero degli Affari Esteri ha depositato procura.
Motivi della decisione.

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conservazione della pregressa anzianità di servizio.

1) Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione degli articoli I e 2 del decreto
legislativo n. 103 del 2000, dell’articolo 3, primo comma, della legge n. 442 del 2001; dell’articolo
154 del d.p.r. n. 18 del 1967; dell’articolo 2120 c.c.; degli articoli 36 e 97 della Costituzione; nonché
omessa e contraddittoria motivazione.
Censura la sentenza nella parte in cui la Corte ha respinto la domanda di riconoscimento
dell’anzianità pregressa e rileva che l’unica interpretazione possibile era quella che l’articolo 3,
primo comma, della legge n. 442 del 2001 aveva previsto la conversione/ modificazione del

Osserva : che il secondo contratto di lavoro del 1 aprile 1999 era stato unilateralmente sostituito dal
Ministero con quello del 13 aprile 2001 in applicazione del decreto legislativo n. 103 del 2000 in
base al quale tutti i rapporti di lavoro all’estero dovevano essere regolati dalla legge locale; che il
citato decreto legislativo aveva previsto solo a favore dei dipendenti degli Istituti Italiani di Cultura
di poter optare per un contratto secondo la legge italiana; che con l’articolo 3, primo comma, della
legge 442 del 2001 il legislatore aveva introdotto, al fine di eliminare l’ingiustificata
discriminazione, la possibilità di opzione per tutti i contrattisti di cittadinanza italiana che alla data
del 13 maggio 2000 ( data di entrata in vigore del dlgs n 103/2000) fossero in possesso di un
contratto regolato dalla legge italiana, di optare per un contratto a tempo indeterminato regolato
dalla legge italiana senza alcuna prescrizione o condizione ( anche l’Arduino alla data del 13/5/00
aveva un contratto a tempo determinato secondo la legge italiana trasformato in rapporto secondo la
legge locale); che, pertanto, nella specie si era trattato da parte del ricorrente dell’esercizio di
un’opzione con il riconoscimento di un diritto soggettivo alla conversione/ trasformazione del
contratto già in essere senza alcuna interruzione del rapporto stesso.
Il motivo è infondato .
Le censure del ricorrente non sono idonee ad invalidare la decisione impugnata.
La Corte ha basato , in primo luogo, il rigetto della domanda di retrodatazione dell’anzianità di
servizio sull’esame dello stesso contratto sottoscritto dal ricorrente a tempo indeterminato,
regolato dalla legge italiana, avente decorrenza successiva all’apposizione del visto da parte
dell’ufficio centrale del bilancio. Secondo la Corte territoriale si trattava della consensuale
risoluzione del rapporto in essere ad una certa data e della previsione di un nuovo rapporto di lavoro
con decorrenza successiva considerato che il ricorrente non aveva neppure posto in dubbio la
validità dei precedenti rapporti di lavoro a termine.
L’accertamento della volontà delle parti in relazione al contenuto del negozio si traduce in una
indagine di fatto, affidata al giudice di merito e censurabile in sede di legittimità nella sola ipotesi di
motivazione inadeguata ovvero di violazione di canoni legali di interpretazione contrattuale di cui
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contratto di lavoro in essere con la conservazione dell’intera anzianità.

agli artt. 1362 e seguenti cod. civ. Pertanto, al fine di far valere una violazione sotto i due richiamati
profili, il ricorrente per cassazione deve non solo fare esplicito riferimento alle regole legali di
interpretazione mediante specifica indicazione delle norme asseritamente violate ed ai principi in
esse contenuti, ma è tenuto, altresì, a precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice
del merito si sia discostato dai canoni legali assunti come violati o se lo stesso li abbia applicati
sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti, non essendo consentito il riesame del merito
in sede di legittimità. ( cfr Cass n 17168/2012).Nella specie tali specifiche censure non sono state

renderla del tutto inidonea a giustificare la decisione assunta.
La Corte territoriale, inoltre, ha, correttamente, rilevato che la domanda di riconoscimento della
maggiore anzianità non trovava fondamento nell’art 3 della n 442/2001, citata, che non la
prevedeva, né nell’articolo 2, commi quinto e sesto, del decreto legislativo n 103 del 2000, nonne
che prevedevano la possibilità, a seguito di opzione, della stipula di un contratto a tempo
indeterminato sostitutivo di quello in corso . La Corte ha, infatti, precisato che il comma sesto era
estraneo alla fattispecie in esame in quanto concernente il personale a contratto in possesso di
doppia cittadinanza italiana e straniera, così come era irrilevante il richiamo al comma 5
riguardante il personale di cittadinanza italiana ma in servizio a tempo indeterminato e presso gli
Istituti Italiani di Cultura.
Le argomentazioni della Corte sono complete ed accurate e pongono in evidenza che in definitiva il
ricorrente non è in grado di indicare il fondamento normativo della sua richiesta di retrodatazione
dell’anzianità.
2) Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione dell’articolo 157, primo e terzo
comma, del d.p.r. n. 18 del 1967; dell’articolo 2697 CC; dell’articolo 112 c.p.c.; degli articoli 1 e 3
del decreto legislativo n. 103 del 2000; dell’articolo 45, commi uno e due, del decreto legislativo
n.165 del 2001; dell’articolo 7, primo comma, dell’Accordo successivo per il personale assunto dal
Ministero degli Esteri presso le rappresentanze italiane all’estero del 12 aprile 2001; dell’articolo 36
della Costituzione; dell’articolo 23 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo; dell’articolo
14 della legge 13 luglio 1966 n. 657; dell’articolo 7 della legge n.881 del 1977; nonché omessa e
contraddittoria motivazione.
Censura la sentenza nella parte in cui la Corte ha respinto la domanda del ricorrente di attribuzione
di una retribuzione annua base pari a quella di un collega svolgente le medesime mansioni
ritenendo che il principio di parità di trattamento economico a parità di lavoro non trovasse
fondamento nelle norme sopra citate.
Le censure sono infondate.
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formulate dal ricorrente e la motivazione della Corte non presenta lacune o contraddizioni tali da

La Corte territoriale ha affermato la radicale inidoneità delle allegazioni in fatto del ricorrente a
integrare la lamentata disparità a suo sfavore che, secondo la sua prospettazione, si sarebbe
determinata con la stipulazione dell’ultimo contratto del 17/5/2002, che prevedeva all’art 4 una
retribuzione annua di dollari 59.400 laddove il contratto del collega A.M. prevedeva quella più
elevata dollari 86.503 , nonostante che entrambi svolgessero , presso il consolato di Shangai ,
mansioni di concetto , prevalentemente nel servizio di collaborazione commerciale, così come
risultava dagli artt 1 dei rispettivi contratti.

al quale era stata concretizzata l’eccepita disparità di trattamento , consentiva di escludere la
sussistenza della lamentata violazione.
La Corte ha evidenziato le differenze tra la posizione del collega , menzionato dall’Arduino, e
quella di quest’ultimo ed ha rilevato che il collega dell’Arduino aveva stipulato con il Consolato un
contratto a tempo indeterminato in base ad una diversa disciplina e con mansioni di concetto fin dal
5/9/96. La Corte d’Appello ha osservato che, invece, il ricorrente poteva vantare un contratto a
tempo indeterminato solo dal 2002, in diverso regime giuridico, e con mansioni di concetto dal
1999 e che ,solo dal terzo rinnovo contrattuale del 2001 , era stato previsto il suo “prevalente
impiego nel servizio di collaborazione commerciale”. La previsione nei due contratti della
medesima dicitura di “prevalente impiego ..nel servizio di collaborazione commerciale “,stante
l’astrattezza della definizione riferibile a posizioni lavorative diverse per contenuti , professionalità
ed esperienza richieste e fornite ,era, inoltre, secondo la Corte territoriale inidonea a fondare la
dedotta violazione del principio di parità di trattamento..”.
Infine, la Corte d’Appello ha adeguatamente motivato con riferimento alle richieste istruttorie
formulate dall’Arduino ed alla loro irrilevanza ai fini del raggiungimento della prova
dell’espletamento di identiche mansioni a quelle affidate al collega.
Le conclusioni della Corte territoriale non sono censurabili in quanto adeguatamente motivate e
basate su un corretto e completo esame dei contratti ed interpretazione degli stessi consentendo di
escludere la violazione dell’ad 45, secondo comma, del dlgs n 165/2001 . Le censure formulate dal
ricorrente con riferimento alla mancata ammissione dei mezzi istruttori appaiono, inoltre, del tutto
prive di autosufficienza non avendo il ricorrente neppure riportato le richieste istruttorie che egli
assume decisive ai fini del raggiungimento della prova della disparità di trattamento retributivo non
esaminate dalla Corte o erroneamente non ammesse.
Le ulteriori censure sollevate dal ricorrente con riferimento all’art 157, comma terzo, del dpr n
18/1967, all’art 7 dell’Accordo successivo del 12/4/01, nonché con riferimento alle norme di rango
internazionale dai quali , a suo dire, dovrebbe ricavarsi un principio di assoluta parità di trattamento
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Secondo la Corte d’appello, infatti, l’esame del contratto del collega del ricorrente, unico rispetto

con conseguente diritto al trattamento superiore,restano assorbite dall’affermata esclusioni di una
identità di situazione normativa e di mansioni tra il ricorrente ed il collega.
3) Con il terzo motivo il ricorrente denuncia violazione dell’art 112 cpc , degli artt 2120,
2697, dell’art 45 dlgs n 165/2001 , nonché omessa e contraddittoria motivazione
Lamenta il rigetto della domanda di accertamento del suo diritto a ricevere il TFR nonché le
aggiunte per quote di famiglia di cui al soppresso art 162 , commi ,6 e 7 , del dpr n 18/1967.
Circa il TFR ha rilevato che la mancata previsione di detto emolumento nel contratto giustificava

la sua domanda e consentiva una pronuncia meramente dichiarativa.
Per quanto riguarda l’altra voce retributiva il ricorrente ha precisato che la Corte territoriale aveva
erroneamente parlato di assegni famigliari mentre egli aveva richiesto le aggiunte per quote di
famiglia e che l’errore era stato favorito dal fatto che nel ricorso introduttivo era effettivamente
contenuta la richiesta di assegni di famiglia, ma, successivamente, egli aveva precisato che si
trattava della diversa voce retributiva ,come aveva chiarito nelle note del 15/12/09.
Il motivo non può essere accolto . Circa il TFR, che la Corte ha ritenuto pacificamente dovuto
all’Arduino, il ricorrente ha chiesto una pronuncia meramente dichiarativa. Egli , tuttavia, deve
dimostrare di avere un interesse ad una tale pronuncia ex art. 100 cod. proc. civ., in quanto sussiste
una situazione di incertezza in ordine al diritto , incertezza che non possa essere rimossa senza
l’intervento dell’accertamento giudiziale. Una tale situazione non risulta affatto denunciata dal
ricorrente,ma anzi neppure allegata.
In relazione all’altra voce retributiva è lo stesso ricorrente ad affermare di non averne fatto richiesta
con il ricorso introduttivo , ma di avere specificato tale domanda nelle note del 15/12/09 .
La sua richiesta ,non oggetto di esame da parte della Corte territoriale, risulta tardivamente
formulata e, dunque, è inammissibile.
Per le considerazioni che precedono il ricorso va rigettato con condanna del ricorrente al pagamento
a favore del Ministero delle spese processuali limitate alla discussione orale non avendo il Ministero
depositato il controricorso.
PQM
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a pagare le spese processuali liquidate in C 100,00 per
esborsi ed € 3.000,00 per compensi professionali, oltre spese prenotate a debito.
Roma 5/11/2013
Il Presidente

L’estensore
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Federico Roselli
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