Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27864 del 30/10/2019

Cassazione civile sez. I, 30/10/2019, (ud. 26/09/2019, dep. 30/10/2019), n.27864

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio – Presidente –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – rel. Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 31491/2018 proposto da:

F.E., elettivamente domiciliato in Roma, piazza Cavour,

presso la Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’Avv.

Federico Lera giusta procura in calce al ricorso

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso la sentenza n. 651/2018 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 16/4/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

26/9/2019 dal cons. Dott. PAZZI ALBERTO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con ordinanza in data 20 marzo 2017 il Tribunale di Genova respingeva il ricorso proposto da F.E., cittadino ghanese, avverso il provvedimento di diniego di protezione internazionale emesso dalla Commissione territoriale al fine di domandare il riconoscimento dello status di rifugiato, del diritto alla protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex artt. 2 e 14 e del diritto alla protezione umanitaria ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3 e D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6.

Il migrante aveva spiegato avanti alla Commissione territoriale di essere stato costretto a lasciare il paese di origine per aver tagliato un albero che, nel cadere, aveva travolto, uccidendola, una persona che stava transitando nel bosco.

2. La Corte d’appello di Genova, nel rigettare, con sentenza depositata il 16 aprile 2018, l’impugnazione proposta da F.E.: i) confermava la valutazione di inattendibilità del racconto offerto dal richiedente asilo; ii) osservava che in ogni caso nella vicenda posta a fondamento della richiesta non erano ravvisabili i presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato politico, vale a dire atti di persecuzione posti in essere per i motivi individuati dalla normativa in materia; iii) riteneva che non potesse essere riconosciuta all’appellante la protezione sussidiaria richiesta, dato che nella sua zona di provenienza non sussisteva, stando alle fonti internazionali consultate, una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato; iv) reputava infine che non ricorressero le condizioni neppure per il riconoscimento della protezione umanitaria, non potendosi ravvisare nel caso in esame una specifica condizione di vulnerabilità ricollegabile alla situazione del paese di origine; il migrante infatti, anche a voler dar credito al suo racconto, sarebbe scappato a seguito della commissione di un grave reato, che aveva determinato il decesso di una persona, mentre risultavano irrilevanti, al riguardo, le prospettive di integrazione in Italia e la condizione di occupazione lavorativa.

3. Per la cassazione di questa sentenza ha proposto ricorso F.E. prospettando due motivi di doglianza.

L’intimato Ministero dell’Interno non ha svolto alcuna difesa.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

3.1 Il primo motivo di ricorso, nel denunciare, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b) e c), e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 assume che il provvedimento impugnato sarebbe carente da un punto di vista sia soggettivo, che oggettivo: la corte territoriale, diversamente da quanto avevano ritenuto altri giudici di merito in casi analoghi, non avrebbe considerato che il richiedente asilo, resosi involontario protagonista del decesso di una persona coinvolta in operazione di taglio di alberi, in caso di rientro in patria avrebbe subito un trattamento non dignitoso e inumano a causa della situazione delle carceri ghanesi e del comportamento usualmente serbato dalle forze di polizia nei confronti di soggetti indagati e condannati.

3.2 Il secondo mezzo lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3 e D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, perchè la corte distrettuale non avrebbe applicato correttamente la normativa in materia di protezione umanitaria in relazione alla situazione personale del ricorrente: il collegio di merito avrebbe del tutto omesso di considerare, ai fini del riconoscimento di questa forma di protezione, che un eventuale rientro in patria avrebbe comportato la possibilità di una condanna per il reato commesso e la conseguente restrizione in un sistema carcerario al collasso, condizione comportante seri rischi per la vita dei reclusi.

3.3 I motivi, da esaminarsi congiuntamente in ragione dei coincidenti vizi che li accomunano, sono inammissibili.

Entrambe le doglianze lamentano che la corte distrettuale non abbia tenuto nella dovuta considerazione, ai fini del riconoscimento tanto della protezione sussidiaria quanto della protezione umanitaria, la situazione esistente nelle carceri ghanesi.

3.3.1 La sentenza impugnata però non fa il minimo cenno a una simile questione, che dalla lettura decisione non risulta fosse stata posta dall’appellante; nè dalla narrativa del ricorso per cassazione, come pure dallo svolgimento dei motivi, risulta che il richiedente asilo, nel corso del giudizio di merito, avesse allegato che un’eventuale condanna al rientro in patria avrebbe comportato la restrizione in un sistema carcerario dove avrebbe subito un trattamento inumano e non dignitoso.

Sicchè trova applicazione il principio secondo cui, qualora con il ricorso per cassazione siano prospettate questioni comportanti accertamenti in fatto di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, è onere della parte ricorrente, al fine di evitarne una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo allegare l’avvenuta loro deduzione innanzi al giudice di merito, ma anche, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso stesso, indicare in quale specifico atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Suprema Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione prima di esaminare il merito della suddetta questione (si vedano in questo senso Cass. 2038/2019, Cass. 6089/2018, Cass. 15430/2018 e Cass. 20694/2018).

3.3.2 D’altra parte una simile prospettazione delle doglianze muove dal presupposto della credibilità del racconto del ricorrente (reputando “appurato il fatto che il rientro in patria esporrebbe il ricorrente al rischio di dover affrontare le carceri ghanesi”), quando al contrario la decisione impugnata, in una prospettiva del tutto opposta, ha ribadito il giudizio di inattendibilità del racconto del ricorrente.

In questo modo il ricorso, sotto entrambi i profili dedotti, deduce in apparenza una violazione di norme di legge pur mirando, in realtà, a un’inammissibile rivalutazione dei fatti operata dal giudice di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito (Cass. 8758/2017).

4. In forza dei motivi sopra illustrati il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.

La mancata costituzione in questa sede dell’amministrazione intimata esime il collegio dal provvedere alla regolazione delle spese di lite.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto.

Così deciso in Roma, il 26 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 30 ottobre 2019

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