Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27864 del 20/12/2011

Cassazione civile sez. VI, 20/12/2011, (ud. 18/11/2011, dep. 20/12/2011), n.27864

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PICCIALLI Luigi – Presidente –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – Consigliere –

Dott. BIANCHINI Bruno – rel. Consigliere –

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

F.G.;

G.M.;

parti rappresentate e difese dall’avv. Placanica Federico giusta

procura a margine del ricorso ed elettivamente domiciliate presso lo

studio del medesimo in Salerno, via Velia 34;

– ricorrenti –

contro

Avv. M.D. (c.f. (OMISSIS)) rappresentata e

difesa dall’avv. Martino Gianluigi ed elettivamente domiciliata

presso lo studio del medesimo in Roma, Lungotevere Flaminio n. 22,

giusta procura in calce al controricorso;

avverso l’ordinanza in data 14-16 ottobre 2010 del Tribunale di

Milano emessa nel proc. L. n. 794 del 1942, ex artt. 28 e segg..

Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza del 18/11/2011

dal consigliere designato Dott. Bruno Bianchini;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. PRATIS Pierfelice.

Fatto

IN FATTO

– rilevato che il Consigliere designato ha ritenuto d’avviare la trattazione in Camera di consiglio redigendo la seguente relazione ex art. 380 bis c.p.c.:

“L’avv. M.D. propose innanzi al tribunale di Milano ricorso L. n. 794 del 1942, ex artt. 28 e segg., chiedendo che fosse liquidato il corrispettivo per l’opera professionale prestata in favore di F.G. e di G.M. nell’ambito di un procedimento civile, conclusosi favorevolmente per le proprie clienti, ed in relazione al quale le era stato revocato il mandato quando la causa era stata rinviata per le conclusioni. Le resistenti contrastarono la richiesta. L’adito Tribunale liquidò a carico delle predette l’importo di Euro 3.110,00 oltre accessori, pari a quanto liquidato all’altro cliente dell’avv. M. – nel cui patrocinio la medesima era rimasta, allorchè le altre consorti in lite avevano ritenuto di revocarle il mandato – dopo aver detratto l’importo di Euro 1.000,00 riconosciuto al legale – che si era dichiarato antistatario – che era subentrato nella difesa delle resistenti.

Contro tale decisione le F. – G. hanno proposto ricorso per cassazione, cui ha resistito con controricorso l’avv. M..

Diritto

IN DIRITTO

1 – La contro ricorrente eccepisce l’inammissibilità del ricorso sia per difetto di valida procura ad litem – stante la genericità della sua formulazione – sia perchè le già clienti avrebbero eccepito in radice l’insussistenza del diritto dell’esponente a percepire emolumenti, così rendendo inapplicabile il disposto della L. n. 794 del 1942, art. 29, comma 6, statuente la non impugnabilità (appellabilità) delle decisioni prese ai sensi degli artt. 28 e segg. della medesima legge.

2- E’ convincimento del relatore che entrambe le eccezioni non siano fondate.

2/a – Quanto alla prima è ormai principio consolidato in sede di legittimità quello stabilito dalle Sezioni Unite della Corte (a partire da Sez. SU, sentenza n. 11178/1995; cui adde: Cass. S.U. n. 10691/2002; Cass. 11018/2000 e, più di recente: Cass. 14793/2008) secondo il quale, “nell’ipotesi in cui la procura non espliciti in modo chiaro ed univoco la volontà di proporre ricorso per cassazione, l’incertezza in ordine all’effettiva volontà del conferente non può tradursi in una pronuncia di inammissibilità del ricorso per difetto di procura speciale, dovendosi interpretare l’atto secondo il principio di conservazione di cui all’art. 1367 c.c., (principio richiamato, a proposito degli atti processuali, dall’art. 159 c.p.c.) e perciò attribuendo alla parte conferente la volontà che consenta all’atto di procura di produrre i suoi effetti;

nessuna incertezza è invece configurabile nel caso in cui, pur essendosi fatto ricorso ad espressioni generiche (ad esempio per l’uso di timbri predisposti per altre evenienze), la procura sia stata apposta a margine del ricorso già redatto, atteso che tale circostanza esclude in radice ogni dubbio circa la volontà della parte di proporre il suddetto ricorso, quale che sia il tenore dei termini usati sulla redazione della procura” (così Cass. 14.793/2008 citata).

2/b – Quanto alla seconda non risulta dalla lettura del ricorso nè del provvedimento conclusivo del procedimento liquidatorio che le clienti dell’avv. M.D. contestassero in radice la esistenza della prestazione professionale, facendosi questione piuttosto del quantum, oggetto di richiesta da parte della professionista in relazione alla qualità dell’attività defensionale resa (vedi ricorso a fol. 5).

2/c – Tale considerazione permette di non considerare risolutiva la contraria asserzione contenuta nel ricorso – fol. 7 del medesimo – con cui le agenti lamentano l’omessa pronunzia sulla propria eccezione, tesa a dimostrare la insussistenza de diritto stesso dell’avv. M. a percepire un compenso, trattandosi di deduzione difensiva da verificare quanto a presupposti e quindi formante oggetto di un onere di allegazione, qui non soddisfatto.

3- Scendendo all’esame del ricorso – di difficile lettura in quanto non articolato in separati motivi- appaiono enucleatali due doglianze: la prima relativa alla mancata enunciazione della costituzione delle esponenti; la seconda attinente all’omessa motivazione circa la quantificazione del dovuto.

4- I due motivi sono, a giudizio di questo relatore, non condivisibili.

4/a – Quanto al primo perchè l’ordinanza impugnata, pur avendo contenuto decisorio – eppertanto impugnabile ai sensi dell’art. 111 Cost. – , rimane strutturalmente differenziata dalla sentenza, della quale dunque non deve rispettare i criteri formali; ciò posto, mancando la necessità che nella stessa siano riportati i nominativi delle parti, è sufficiente che, in unione con l’esame degli atti processuali ai quali accede – segnatamente: il verbale di udienza in cui il Tribunale si riservò la decisione – appaia chiara la costituzione di tutte le parti che svolsero difese in quel procedimento: la lettura del verbale dell’udienza 14/10/2010, allegato alla copia del provvedimento impugnato, permette di verificare che si diede atto della presenza dell’avv. Placanica, quale difensore delle allora resistenti, e del deposito da parte dello stesso della comparsa di costituzione.

4/b – Quanto al secondo rileva il relatore che la quantificazione in Euro 3.100,00 ha avuto una specifica motivazione in quanto derivante, come visto, dalla differenza tra quanto liquidato – a favore delle F. – G. a carico della controparte soccombente e quanto riconosciuto al nuovo difensore antistatario avv. Placanica per l’opera prestata dopo il subentro all’avv. M..

4/c – Il criterio dunque seguito dal Tribunale era chiaramente esposto e congruo quanto a rispondenza a criteri di logica formale, dal momento che le attuari ricorrenti non hanno mai sostenuto che la somma cui l’avversario era stato condannato al pagamento in proprio favore fosse maggiore di quella che assumevano corrispondesse alle prestazioni – sicuramente rese – dall’avv. M..

4/d – Qualora poi la censura di vizio di motivazione fosse da intendersi come diretta a far valere il vitium in judicando in cui sarebbe incorso il Tribunale milanese nel non esaminare le difese delle ricorrenti, allora il motivo sarebbe inammissibile per difetto di autosufficienza, dovendo in tal caso le ricorrenti riproporre quelle stesse censure, al fine di permettere alla Corte di valutarne la proponibilità e la rilevanza nel presente giudizio.

5- In caso di condivisione delle suesposte osservazioni, il ricorso è idoneo ad essere trattato in camera di consiglio ai sensi degli artt. 375 c.p.c., n. 5, artt. 376 e 380 bis c.p.c., per quivi esser dichiarato manifestamente infondato”.

La relazione è stata ritualmente comunicata alle parti ed al P.M. Ritiene il Collegio di poter integralmente recepire tali conclusioni, dal momento che non sono state depositate ulteriori memorie dalle quali trarre argomenti di riflessione che possano incidere sulle argomentazioni esposte nella relazione suddetta.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE Rigetta il ricorso e condanna le parti ricorrenti in solido al pagamento delle spese che liquida in Euro 2200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre IVA, CAP e spese generali come per legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 6^ sezione della Suprema Corte di Cassazione, il 18 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 20 dicembre 2011

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