Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27859 del 30/10/2019
Cassazione civile sez. I, 30/10/2019, (ud. 26/09/2019, dep. 30/10/2019), n.27859
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DIDONE Antonio – Presidente –
Dott. FEDERICO Guido – rel. Consigliere –
Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –
Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –
Dott. VELLA Paola – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 30074/2018 proposto da:
C.L., elettivamente domiciliato in Roma Circonvallazione
Clodia 88 presso lo studio dell’avvocato Arilli Giovanni che lo
rappresenta e difende unitamente all’avvocato Pennetta Carla;
– ricorrente –
contro
Ministero Dell’interno;
– intimato –
avverso la sentenza n. 549/2018 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,
depositata il 24/07/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
26/09/2019 da FEDERICO GUIDO.
Fatto
RITENUTO IN FATTO
C.L., cittadino originario della Nigeria, propone ricorso per cassazione, con sette motivi, avverso la sentenza della Corte d’appello di Perugia, pubblicata il 24.7.2018 che, confermando la pronuncia di primo grado, ha escluso il riconoscimento di ogni forma di protezione.
La Corte, in particolare, ha rilevato, che, a prescindere dai dubbi sull’attendibilità della versione offerta, la stessa narrazione della parte evidenziava l’insussistenza della persecuzione statuale e la matrice esclusivamente economica dell’allontanamento.
Il tribunale ha altresì escluso che il richiedente corresse il rischio effettivo, in caso di rimpatrio, di essere sottoposto alla pena di morte, tortura o trattamenti inumani o degradanti ed ha altresì respinto la richiesta di protezione umanitaria, rilevando la mancanza di situazioni soggettive del richiedente riconducibili ad esigenze umanitarie.
Il Ministero dell’interno ha resistito con controricorso.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Il primo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 5, lett. c) in relazione alla statuizione della sentenza impugnata che ha escluso la protezione sussidiaria in quanto la vicenda narrata aveva un ambito strettamente privato: il ricorrente lamenta, in particolare, che il giudice abbia omesso di effettuare una verifica officiosa sull’attuale situazione del suo paese di origine e sulle situazioni legittimanti la richiesta di protezione.
Il secondo motivo denuncia la violazione della Convenzione di Ginevra e della direttiva n. 2004/83/CE del 29.4.2004, lamentando la mancata attivazione dei mezzi necessari per raccogliere le prove a sostegno della domanda.
Il terzo motivo e quarto motivo denunciano, rispettivamente, violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14 ed omesso esame di un fatto decisivo avuto riguardo alla mancata concessione della protezione sussidiaria, effettuata in assenza di adeguato accertamento della situazione d del paese di origine mediante l’utilizzo di fonti o internazionali aggiornate.
2. I primi motivi, che, in quanto connessi, vanno unitariamente esaminati, sono fondati e vanno accolti.
2.1Il ricorrente ha riferito di essere cristiano e di essere fuggito dal paese di origine in quanto raggiunto da atti di persecuzione e minacce di morte da parte della setta degli ogboni alla quale apparteneva il padre e cui non aveva inteso aderire; era stato dunque costretto ad abbandonare la Nigeria e dopo essersi recato in Libia, attraversando diversi paesi africani, aveva infine raggiunto l’Italia.
2.2.Orbene, le riferite minacce di morte subite ad opera della setta degli Ogboni integrano gli estremi del danno grave D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. b) e non possono essere considerate un fatto di natura meramente privata anche se provenienti da soggetti non statuali, sicchè l’adita autorità giudiziaria ha il dovere di accertare, avvalendosi dei suoi poteri istruttori anche ufficiosi ed acquisendo le informazioni sul paese di origine, l’effettività di simili minacce e se le autorità del Paese di provenienza siano in grado di offrire adeguata protezione al ricorrente (Cass.3758/2018).
2.3. Era dunque dovere del giudice di appello accertare, avvalendosi dei suoi poteri istruttori ed acquisendo comunque le informazioni sul paese di origine del richiedente D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 8 se le autorità nigeriane sono effettivamente in grado di offrire adeguata protezione al ricorrente in relazione a tali minacce.
3. Inoltre, la Corte territoriale ha del tutto omesso di indicare le fonti internazionali aggiornate sulla situazione della Nigeria, in relazione al riconoscimento della protezione sussidiaria ai sensi dell’art. 14, lett. c).
4. L’accoglimento dei motivi che precedono assorbe l’esame dei motivi che lamentano la mancata concessione della protezione umanitaria (quinto, sesto e settimo motivo).
5. La sentenza impugnata va dunque cassata e la causa va rinviata alla Corte d’Appello di Perugia, in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese del presente giudizio.
PQM
La Corte, accoglie il primo, secondo, terzo e quarto motivo di ricorso.
Assorbiti gli altri.
Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per la regolazione delle spese del presente giudizio, alla corte d’appello di Perugia, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 26 settembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 30 ottobre 2019