Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27857 del 04/12/2020

Cassazione civile sez. II, 04/12/2020, (ud. 23/09/2020, dep. 04/12/2020), n.27857

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – rel. Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 27878-2016 proposto da:

ARIM S.R.L., in persona del Presidente del Consiglio di

Amministrazione e legale rappresentante pro tempore, UBI LEASING

S.P.A. in persona del Procuratore Generale, entrambe rappresentate e

difese in via congiunta e disgiunta dall’avvocato ALESSANDRA

PICCININI, FRANCESCA FAVA giusta procura in atti;

– ricorrenti –

contro

CONSORZIO GIARDINI DEL PESCACCIO, in persona del Presidente e legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

FULCIERI PAULUCCI DE’ CALBOLI N. 1, presso lo studio dell’avvocato

DANTE GROSSI, che lo rappresenta e difende giusta procura a margine

del controricorso;

– controricorrente –

nonchè contro

ROMA CAPITALE, in persona della Sindaca in carica pro tempore,

elettivamente domiciliata presso gli Uffici dell’Avvocatura

Capitolina in ROMA, VIA DEL TEMPIO DI GIOVE 21, rappresentata e

difesa dall’avvocato DOMENICO ROSSI, che la rappresenta e difende

giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

nonchè contro

AURELIA 70 S.R.L., B.G., SOC.COOPERATIVA EDILIZIA II

POGGIOLO ARL IN LIQUIDAZIONE;

– intimati-

avverso la sentenza n. 3141/2016 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 18/05/2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

23/09/2020 dal Consigliere GORJAN SERGIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale CELENTANO

CARMELO che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato ALESSANDRA PICCININI difensore del ricorrente che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito l’avvocato GRASSI DANTE difensore del controricorrente

CONSORZIO GIARDINI DEL PESCACCIO che ha chiesto l’accoglimento delle

difese esposte ed il rigetto del ricorso;

udito l’avvocato ROSSI DOMENICO, difensore della controricorrente

ROMA CAPITALE che ha chiesto di riportarsi alle conclusioni in atti

ed insiste sull’accoglimento delle stesse.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il Consorzio Giardini del Pescaccio ebbe ad evocare in causa, avanti il Tribunale di Roma, la srl ARIM, la spa Esaleasing – ora spa UBI Leasing – ed il Comune di Roma – oggi Roma Capitale – e nella lite intervennero, ad adiuvandum il Consorzio attoreo, anche delle società sue aderenti – la scrl Il Poggiolo e la srl Aurelia 70.

Inoltre, su istanza della srl ARIM, fu evocato in causa anche B.G. curatore del fallimento srl Immaurec – società già facente parte del Consorzio attoreo – ed originaria titolare del diritto di proprietà sul predio oggetto di causa a titolo di garanzia poichè l’immobile acquistato nell’ambito della procedura fallimentare.

Il Consorzio attoreo osservava come il fondo identificato dalla part. (OMISSIS) foglio (OMISSIS) del Comune censuario ed amministrativo di Roma, di cui la srl ARIM – quale usuario – e la spa Esaleasing – quale concedente – s’erano appropriate, era in effetti in signoria del Comune di Roma in quanto bene ceduto all’Ente locale dalla società – poi – fallita in esecuzione di convenzione urbanistica.

Pertanto, sosteneva il Consorzio attoreo, era suo diritto usufruire della strada da realizzare su detto fondo in esecuzione della convenzione urbanistica poichè strada pubblica e, non già, in signoria della società di leasing ed utilizzata in via esclusiva dalla srl ARIM.

Parte attrice formulava anche domande gradate di ristoro danni o da parte dei soggetti privati evocati ovvero da parte del Comune di Roma.

Il Tribunale capitolino ebbe a rigettare tutte le domande svolte in causa, eccetto quella diretta ad accertare il diritto di transito sul bene conteso da parte della scrl Il Poggiolo.

Il Consorzio Giardini del Pescaccio propose gravame principale, insistendo nelle sue domande; anche il Comune di Roma interpose gravame incidentale chiedendo l’accoglimento della sua domanda riconvenzionale, afferente il riconoscimento della proprietà dell’immobile oggetto di causa in capo suo, proposta contro la srl ARIM.

La srl ARIM e la spa UBI Leasing resistettero, segnalando come il bene – oggetto di causa – era stato riscattato dall’usuario, sicchè era da estromettere la società di leasing, e contestavano gli appelli avversari, proponendo a loro volta impugnazione incidentale condizionata.

La Corte d’Appello di Roma accolse il gravame principale del Consorzio e quello incidentale del Comune di Roma, riconoscendo la titolarità del diritto di proprietà in capo all’Ente locale, e rigettò l’appello proposto dall’ARIM srl.

Il Collegio romano ritenne che il trasferimento del diritto di proprietà dalla società, poi fallita, quando ancora in bonis, al Comune di Roma s’era verificato in ragione dell’atto unilaterale di cessione del 1994 – sottoposto a condizione sospensiva – e stipula della convenzione urbanistica nel 1996 e che la trascrizione dell’atto unilaterale risultava anteriore alla trascrizione del pignoramento avvenuta in momento antecedente la stipula della convenzione urbanistica.

La srl ARIM e la spa UBI Leasing proponevano ricorso per la cassazione della citata sentenza articolato su quattro motivi, illustrato anche con nota difensiva. Resistevano con controricorso e il Consorzio Giardini del Pescaccio, che pure depositava memoria difensiva, e Roma Capitale.

Rimanevano intimati la scrl Il Poggiolo, la srl Aurelia 70 ed il B..

All’odierna udienza pubblica sentite le conclusioni del P.G. – rigetto – e dei difensori, questo Collegio adottava decisione siccome illustrato nella presente sentenza.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso proposto dai consorti srl ARIM-spa UBI Leasing ha pregio giuridico e va accolto in relazione al quarto motivo, con assorbimento del secondo e rigetto del primo e terzo motivo.

Con il primo mezzo d’impugnazione i ricorrenti propongono violazione delle norme e regole iuris in tema di giurisdizione posto che la Corte capitolina non ha esaminato la questione nonostante che, costituendosi, il Comune di Roma avesse riproposta la questione, qualificando gli atti afferenti il trasferimento di proprietà in suo favore siccome posti in essere nell’ambito di un procedimento amministrativo afferente il comparto urbanistico-edilizio.

La censura appare priva di fondamento posto che – come riferisce la stessa parte impugnante – la questione di giurisdizione sarebbe stata proposta dal Comune di Roma all’attenzione del Tribunale ed implicitamente rigettata da detto Giudice poichè decise nel merito senza esaminare la questione – Cass. su n. 7454/20 -. Dal provvedimento impugnato s’apprende che il Comune di Roma – oggi Roma Capitale – ebbe a proporre bensì appello incidentale ma limitato alla domanda riconvenzionale avanzata contro la srl ARIM ed alla domanda di ristoro danni riproposta contro esso Ente locale dal Consorzio, siccome anche risulta dall’esame dell’atto portante l’impugnazione incidentale e come illustrato dal Comune resistente nelle sue difese in questa sede.

Dunque non risulta proposto gravame da parte del Comune avverso la statuizione implicita di rigetto dell’eccezione afferente la giurisdizione, pur avendo detto soggetto – che ebbe a sollevare l’eccezione avanti il Tribunale – proposto impugnazione incidentale avverso la sentenza del Tribunale.

Parte impugnante suffraga la fondatezza del suo motivo d’impugnazione riproducendo passi argomentativi della comparsa di risposta in appello del Comune di Roma – che al riguardo appaiono anodini mai cennandosi espressamente alla proposizione dell’eccezione di giurisdizione – senza anche riprodurre le conclusioni adottate nell’atto d’appello incidentale.

Parte impugnante si limita a riferire d’aver aderito, nelle sue scritture finali del grado, a detta eccezione, sicchè è dato pacifico che non propose gravame al riguardo, sicchè in difetto di impugnazione sul punto la Corte capitolina non aveva da esaminare la questione di giurisdizione risolta dal primo Giudice con il rigetto, ancorchè implicito.

Con la terza ragione di doglianza le società impugnanti rilevano violazione della norma ex art. 345 c.p.c., in tema di tardivo deposito di documenti nel giudizio d’appello poichè il Collegio romano non ebbe ad esaminare la sua eccezione sul punto, così ledendo il suo diritto di difesa.

La censura s’appalesa infondata posto che la causa in sede d’appello risulta avviata nel 2011 ossia ben prima dell’entrata in vigore della L. n. 134 del 2012, che ha modificato, nel senso richiamato nel motivo d’impugnazione, la disposizione ex art. 345 c.p.c., senza anche dettare una specifica disciplina intertemporale.

Di conseguenza al momento dell’avvio del giudizio d’appello era ancora consentito alle parti introdurre documenti nuovi in quanto indispensabili per la decisione, posto che la norma ex art. 345 c.p.c., regola l’attività delle parti nel giudizio d’appello.

Con la seconda doglianza parte ricorrente denunzia violazione della regola iuris espressa dall’art. 329 c.p.c. e dagli artt. 112 e 113 c.p.c., posto che la Corte capitolina non ebbe ad esaminare l’eccezione di giudicato sollevata in relazione all’accertamento, operato dal primo Giudice, che legittimamente il curatore fallimentare era subentrato ed aveva proseguito la procedura esecutiva avviata quando ancora la società Immaurec srl, titolare del fondo oggetto di causa, era in bonis.

Tale accertamento, sul quale s’era formato il giudicato interno, ad opinione della parte ricorrente, rendeva oramai intangibile la vendita eseguita dal curatore in sede fallimentare ed il conseguente trasferimento del diritto di proprietà sul predio oggetto di lite in capo suo.

Con il quarto mezzo d’impugnazione parte ricorrente denunzia violazione delle norme ex artt. 2643,2644 e 2657 c.c., in tema di trascrizioni ed artt. 1418 e 1325 c.c., in tema di nullità della trascrizione di mera proposta contrattuale non accettata, nonchè delle regole a disciplina dell’esecuzione forzata immobiliare e della vendita coatta in ambito fallimentare.

Osservano le società ricorrenti come, erroneamente, la Corte capitolina aveva ritenuto dirimente la trascrizione – nel 1994 – dell’atto unilaterale di cessione sottoposto a condizione sospensiva, poichè collegava a detta trascrizione l’effetto retroattivo sviluppato dalla stipula della convenzione nel 1996 tra il Consorzio ed il Comune di Roma, che prevedeva la realizzazione sul bene oggetto di causa di una strada da traferire in proprietà pubblica.

Rileva, ancora, parte ricorrente come erroneamente il Collegio romano aveva argomentato con relazione alla riduzione dell’ipoteca – che interessò anche il bene oggetto di causa – prima della trascrizione del pignoramento, mentre un tanto era avvenuto successivamente all’avvio dell’esecuzione e come erano state violate le regole, ex art. 2913 c.c. e art. 619 c.p.c., in tema di effetti della trascrizione del pignoramento e della rivendica di bene pignorato.

La critica articolata con la quarta censura appare fondata e merita accoglimento, mentre la questione agitata nel secondo motivo rimane assorbita ad esito di detta soluzione poichè mera conseguenza giuridica della regola iuris enunciata con l’accoglimento del quarto motivo.

Il Collegio romano ha assegnato dirimente rilievo all’osservazione fattuale e giuridica che il Comune di Roma, con la concessione urbanistica, rogata tra le parti nel 1996, aveva accettato la cessione unilaterale condizionata effettuata nel 1994 dalla società titolare del bene, sicchè il trasferimento della titolarità sul bene immobile s’era perfezionato.

Di conseguenza, osservava la Corte capitolina, alla declaratoria del fallimento della srl Immaurec – società aderente al Consorzio e precedente titolare del bene – l’immobile de quo non faceva più parte del patrimonio di detta società, bensì era passato in proprietà dell’Ente pubblico, con conseguente irrilevanza della condotta tenuta dagli Organi fallimentari e degli atti giuridici da questi posti in essere.

Inoltre la Corte territoriale rilevava l’assorbimento della questione afferente il pignoramento – trascritto dopo l’atto unilaterale di cessione ma prima della convenzione urbanistica – e perchè effettuato dopo la riduzione dell’ipoteca da parte del creditore pignoratizio e perchè la procedura esecutiva avrebbe dovuto esser proseguita contro il Comune di Roma e non confluire nell’ambito della procedura fallimentare.

L’argomentazione giuridica esposta dalla Corte capitolina appare erronea poichè contraria alle regole poste in tema di trascrizioni e di esecuzione forzata.

Difatti con l’atto trascritto nel 1994 – in momento anteriore al pignoramento – la società – allora – proprietaria del terreno di causa disponeva la cessione sottoposta alla condizione sospensiva della stipula dell’apposita convenzione urbanistica – così in sentenza impugnata – del bene al Comune di Roma.

Rispetto, dunque, alla natura e funzione di detto atto – poichè appunto trascritto prima del pignoramento – la Corte capitolina doveva verificare se la disciplina positiva ne consentiva la trascrizione ed a quali effetti.

Operazione che i Giudici romani non hanno effettuato essendosi limitati ad ambiguamente recepire la tesi proposta dal Consorzio appellante senza esporre propria elaborazione dogmatica, che mettesse in evidenza la ragione giuridica sottesa all’affermazione che la stipula della convenzione urbanistica tra il Consorzio ed il Comune di Roma o la delibera di accettazione della cessione, adottata dal Consiglio comunale, rappresentava la formale accettazione della cessione unilaterale con il conseguente effetto giuridico – di tutto rilievo nella causa – del perfezionamento della volontà contrattuale importante il trasferimento del diritto di proprietà in momento anteriore alla trascrizione del pignoramento.

La ricostruzione giuridica della fattispecie, operata dalla Corte territoriale, non individua la norma positiva che consente la trascrizione di atto unilaterale di cessione di bene immobile e nemmeno si confronta con il consolidato insegnamento di questa Corte Suprema circa la possibilità di trascrivere un contratto sottoposto a condizione sospensiva – Cass. n 3411/59, Cass. sez. 2 n 9062/94.

Detto insegnamento, in coerenza con la disposizione ex art. 1353 c.c., rileva come detto tipo di condizione quando apposta a contratto che – naturalmente – sviluppa effetti reali, poichè il negozio è bensì valido ma rimane inefficace sino all’avverarsi della condizione, comporta necessariamente che il contratto stipulato non già sviluppa i previsti effetti reali, bensì ha meri effetti obbligatori sino al verificarsi della condizione.

Inoltre la Corte romana nemmeno chiarisce se ha inteso ritenere l’atto unilaterale di cessione già titolo adeguato al trasferimento del diritto reale ovvero quale effetto ebbe a sviluppare al riguardo l’accettazione dell’Ente locale, pacificamente verificatasi con la stipula della convenzione nel 1996 dopo la delibera del Consiglio comunale del 1995; fatto ritenuto espressamente dirimente con riguardo a tutte le questioni dibattute ampiamente dalle parti nel corso della causa.

Come già ricordato il Collegio romano – ambiguamente – ha bensì condiviso la tesi difensiva elaborata dal Consorzio, fondata sostanzialmente sulla qualificazione dell’atto di cessione, siccome contratto perfezionatosi secondo lo schema di cui all’art. 1333 c.c., già perfetto – prima del pignoramento – in defetto di rifiuto da parte dell’Ente locale, ma ha anche assegnato nella sua argomentazione rilievo dirimente all’accettazione formale a parte del Comune di Roma intervenuta appena con la convenzione stipulata tra le parti nel 1996 – dopo il pignoramento.

Ma in detta ultima ipotesi la Corte capitolina non ha chiarito secondo quale norma positiva la stipula della convenzione ebbe a far assumere effetto retroattivo alla trascrizione dell’atto di cessione, evidentemente ritenuto ex se non bastevole a perfezionare – anche in assenza di rifiuto ex art. 1333 c.c., – il trasferimento del diritto reale.

E ciò semplicemente perchè l’atto di cessione de quo non consentiva di perfezionare la conclusione del contratto secondo lo schema previsto dall’art. 1333 c.c., per la positiva ragione che detta cessione, per volontà del preponente, era sospensivamente condizionata all’espressa accettazione da parte dell’Ente locale onorato.

La Corte distrettuale poi nemmeno ha esaminato la questione se il contratto di trasferimento del diritto reale di proprietà su immobile può perfezionarsi ex art. 1333 c.c., posto che, come messo in evidenza da questo Supremo Collegio – Cass. sez. 2 n 15987/18 che richiama anche prevalente opinione dottrinale in linea generale detta tipologia di contratti – con valutazione in astratto – non sopportano tale modalità di perfezionamento, salvo l’ipotesi che sia stato accertato che l’acquirente ne tragga esclusivamente vantaggio – arg. Cass. n 5748/87.

E nella specie la cessione delle aree da urbanizzare risulta previsione che si colloca in un più ampio accordo contenuto nella convenzione urbanistica stipulata tra il Consorzio ed il Comune di Roma, sicchè l’accertamento ritenuto indispensabile, secondo l’insegnamento supra richiamato, va effettuato valutando l’intera disciplina convenzionale, siccome per altro insegna anche l’arresto – Cass. sez. 2 n 14283/07 – che esamina questione afferente proprio situazione di adempimento di obblighi assunti dal privato nell’ambito più ampio del procedimento amministrativo per il rilascio di licenza edilizia.

Per tanto fatto dirimente in causa risulta essere l’accertamento se la trascrizione del pignoramento prevale sulla trascrizione dell’atto unilaterale di cessione in quanto quest’ultimo, non già da intendersi quale proposta contrattuale non ancora accettata – Cass. sez. 2 n 5029/94 – per giunta sottoposta a condizione sospensiva – quindi non trascrivibile non avendo effetto sanante la trascrizione ex Cass. sez. 2 n 23127/14 – bensì negozio ex se traslativo del diritto di proprietà.

Solo in detta ultima ipotesi effettivamente assume rilievo la circostanza che il bene oggetto di causa venne liberato dall’ipoteca poichè così il pignoramento non si configurava più siccome atto d’esecuzione della garanzia iscritta anteriormente all’atto di cessione – Cass. sez. 3 n 18235/14 -, bensì atto del procedimento esecutivo trascritto successivamente, sicchè effettivamente irrilevanti risulterebbero le vicende della procedura esecutiva e fallimentare in quanto il bene in signoria a soggetto diverso dal debitore.

Nella prima ipotesi supra evidenziata, invece, il bene oggetto di causa risulterebbe pignorato in capo alla srl Immaurec – effettivamente proprietaria – ed il trasferimento successivo all’Ente locale risulterebbe inopponibile al creditore prignoratizio ex art. 2913 c.c., sicchè la procedura esecutiva continuava contro il titolare del bene al momento del pignoramento e legittimamente risulterebbe confluita nell’asse fallimentare con ogni conseguenza circa gli effetti della vendita in tale sede.

Dunque la mera affermazione che l’accettazione dell’atto di cessione unilaterale sospensivamente condizionato – in difetto della sua esatta qualificazione giuridica – comporta l’efficacia del trasferimento del diritto di proprietà al momento della confezione di detto atto unilaterale, con conseguente effetto prenotativo della sua trascrizione, configura il vizio denunziato poichè contrario alle regole sulla trascrizione.

Una volta concettualmente risolta la prima questione dovranno esser esaminate le sue relazioni con la cancellazione d’ipoteca e l’avvio della procedura esecutiva. La questione sollevata con il secondo mezzo di impugnazione rimane assorbita ad esito dell’accoglimento della quarta censura, posto che assume rilievo dopo che sia stata definita la questione circa la valenza dell’atto trascritto anteriormente al pignoramento.

Quindi la sentenza impugnata va cassata e la causa rimessa nuovamente alla Corte d’Appello di Roma altra sezione, che anche provvederà, ex art. 385 c.p.c., comma 3, alla disciplina delle spese di lite per questo giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il quarto motivo di ricorso, assorbito il secondo e rigettati il primo ed il terzo motivo. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’Appello di Roma altra sezione, che anche provvederà circa la disciplina delle spese di questo giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, ad esito della pubblica udienza, il 23 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 4 dicembre 2020

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