Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27856 del 12/12/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 27856 Anno 2013
Presidente: ROSELLI FEDERICO
Relatore: D’ANTONIO ENRICA

SENTENZA

sul ricorso 13158-2009 proposto da:
VIOLA

DONATELLA

VLIDTL66S58A253M,

elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA RENO 21, presso lo studio
dell’avvocato RIZZO ROBERTO, che la rappresenta e
difende giusta delega in atti;
– ricorrente contro

2013
1204

POSTE ITALIANE S.P.A. 97103880585;
– intimata –

Nonché da:
POSTE ITALIANE S.P.A. 97103880585, in persona del

Data pubblicazione: 12/12/2013

legale rappresentante pro tempore,

elettivamente

domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso lo
studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI, che la
rappresenta e difende giusta delega in atti;
– controricorrente e ricorrente incidentale –

VIOLA DONATELLA VLIDTL66S58A253M;
– intimata –

sul ricorso 14307-2009 proposto da:
POSTE ITALIANE S.P.A. 97103880585, in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso lo
studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI, che la
rappresenta e difende giusta delega in atti;
– ricorrente contro

VIOLA DONATELLA VLIDTL66S58A253M;
– intimata –

Nonché da:
VIOLA

DONATELLA

VLIDTL66S58A253M,

elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA RENO 21, presso lo studio
dell’avvocato RIZZO ROBERTO, che la rappresenta e
difende giusta delega in atti;
– controricorrente e ricorrente incidentale contro

POSTE ITALIANE S.P.A. 97103880585;

contro

- intimata avverso la sentenza n. 56/2007 della CORTE D’APPELLO
di ROMA, depositata il 13/06/2008 r.g.n. 9945/05;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 04/04/2013 dal Consigliere Dott. ENRICA

udito l’Avvocato ROBERTO RIZZO;
udito l’Avvocato MARIO MICELI per delega FIORILLO
LUIGI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIUSEPPE CORASANITI, che ha concluso
per l’ accoglimento del ricorso principale,
inammissibilità o in subordine rigetto del ricorso
incidentale.
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
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Generale Dott. GIUSEPPE CORASANITI ) (~
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D’ANTONIO;

RG n 13158/09 e 14307/09 Viola Donatella / Poste Italiane
Svolgimento del processo
Con sentenza non definitiva depositata il 13 giugno 2008 n 56/2007 la Corte d’Appello di Roma,
in riforma della sentenza del Tribunale, ha dichiarato la nullità della clausola di apposizione del
termine, contenuta in un contratto di lavoro subordinato stipulato da Viola Donatella e dalla spa
Poste Italiane per il periodo compreso dal 25 novembre 1998 al 30 gennaio -1999, e prorogato fino
al 27 febbraio 99. La Corte ha dichiarato ,inoltre, la prosecuzione del rapporto e ha condannato la

in mora ,dell’ll giugno 2001, fino alla fine del terzo anno successivo alla scadenza del 30 gennaio
1999 , ossia al 27 febbraio 2002.
La Corte ha affermato , altresì, che la Viola era stata già assunta a termine con contratto del 10
agosto 1998, scaduto il 30 settembre successivo , ma su questo non si è pronunciata , limitandosi a
dichiarare l’illegittimità della clausola contenuta in quello del 25 novembre 1998.
Essa ha determinato , infine, il risarcimento del danno in via equitativa , tenendo conto del
momento del presumibile ripristino della condizione reddituale precedente l’illegittimo
allontanamento dal lavoro , momento ravvisato nella fine del triennio dalla scadenza del contratto,
ma con decorrenza dall’offerta della prestazione lavorativa , ossia come si è detto dall’il giugno
2001.
Avverso la sentenza non definitiva n 56/2007 propone ricorso in Cassazione ( RG n 13158/09)
Donatella Viola la quale dichiara di impugnare anche la sentenza definitiva n 3343/2008 con 0-tì.
1a Corte d’Appello di Roma ha accertato la nullità del termine previsto nell’originario
contratto di lavoro del 10 agosto 1998 ( RG n 13158/09) .
La spa Poste Italiane propone ricorso incidentale n 14307/09 e deposita un controricorso al quale
dichiara di unire un ricorso incidentale, rimasto senza numero di ruolo.
Anche la Viola deposita un controricorso con ricorso incidentale eguale a quello n 13158/09,
nonché memoria ex art 378 cpc.
Motivi della decisione
Debbono essere riuniti , perché proposti contro la stessa sentenza ( art 335 cpc) oppure perché
concernenti cause connesse, i ricorsi principale ( RG n 13158/09) ed incidentale della lavoratrice,
nonché quello ( RG n 14307/09) di Poste Italiane . Quest’ultima con atto del 2 luglio 2009 dichiara
di proporre altro ricorso incidentale , ma in realtà chiede solo il rigetto dei ricorsi di controparte.
Deve, altresì, rilevarsi che il ricorso della Viola avverso la sentenza definitiva n 3343/2008, da tel._
impugnata nella sola parte concernente il risarcimento del danno da illegittimo allontanamento dal
posto di lavoro , è inammissibile poiché non è stata depositata copia autentica di detta sentenza.
1

società a risarcire il danno in misura pari alle retribuzioni che sarebbero spettate dalla costituzione

Il ricorso della Viola deve , invece, essere esaminato limitatamente alle richieste risarcitorie da
questa formulate con riferimento al contratto del 25 novembre 1998 oggetto della sentenza non
definitiva citata n 56/2007.
La spa Poste Italiane , dal suo canto, pur dando atto della sentenza definitiva a pag. 3, lett H, di
quello che essa chiama ” ricorso incidentale” senza numero di ruolo ( nel quale non svolge alcuna
censura ma si limita a controricorrere) , impugna, con il suo unico ricorso, soltanto la sentenza non
definitiva della Corte d’Appello n 56/2007, dichiarativa della nullità del termine apposto al
.

.

oa e a sentenza nn 1.41,34

citfittifè:intTiWg .
Con il primo motivo la società denuncia violazione e falsa applicazione degli articoli
I e 2 della legge di n. 230 del 1962, nonché dell’articolo 23 della legge n. 56 del 1987 ( art 360 n 3
cpc) . Censura la sentenza impugnata in quanto la Corte territoriale ha erroneamente ritenuto che il
potere riconosciuto alle parti collettive di introdurre nuove ipotesi di assunzione a termine in
aggiunta a quelle previste dalla legge fosse soggetto a limiti temporali. Afferma ,infatti, che la legge
ha conferito alle parti una delega piena in ordine all’individuazione di ipotesi ulteriori alla
possibilità di stipula di contratti a termine. Ne consegue pertanto la piena legittimità dell’art. 8 del
C.C.N.L. del 1994, così come integrato dall’accordo sindacale del 25 settembre 1997, senza
necessità che in questo venissero indicati limiti temporali.
Con il secondo motivo la ricorrente Poste Italiane denuncia violazione e falsa applicazione
dell’articolo 23 legge n. 56 del 1987, dell’art. 8 C.C.N.L. del 1994, degli accordi sindacali del 25
settembre 1997, del 16 gennaio 1998, del 27 aprile 1998, del 2 luglio 1998, del 24 maggio 1999 e
del 18 gennaio 2001 in connessione con gli articoli 1362 c.c. e seguenti ( art 360 n 3 cpc).
Censura la sentenza nella parte in cui ha ritenuto di individuare nella data del 30 aprile 1998 il
termine ultimo di validità ed efficacia temporale dell’accordo integrativo del 25 settembre 1997.
Con il terzo motivo denuncia omessa ed insufficiente motivazione circa un fatto
controverso decisivo per il giudizio ( art 360 n 5 cpc). Censura la sentenza in quanto dal corpo della
motivazione non era dato comprendere in forza di quale ragionamento logico o di quale percorso
argomentativo la Corte d’Appello fosse approdata alla decisione per cui il termine finale di efficacia
dell’accordo del settembre 97 doveva essere posto al 30 aprile 98.
Le censure ,congiuntamente esaminate stante la loro connessione, sono infondate.
Deve richiamarsi quanto già affermato da questa Corte, sulla scia di Cass. S.U. 2/3/2006 n. 4588,
secondo cui “l’attribuzione alla contrattazione collettiva, della L. n. 56 del 1987, ex art. 23, del
potere di definire nuovi casi di assunzione a termine rispetto a quelli previsti dalla L. n. 230 del
1962, discende dall’intento del legislatore di considerare l’esame congiunto delle parti sociali sulle
2

contratto del 25 novembre 1998. met eiegrelrelmitextrorm n

necessità del mercato del lavoro idonea garanzia per i lavoratori ed efficace salvaguardia per i loro
diritti (con l’unico limite della predeterminazione della percentuale di lavoratori da assumere a
termine rispetto a quelli impiegati a tempo indeterminato) e prescinde, pertanto, dalla necessità di
individuare ipotesi specifiche di collegamento fra contratti ed esigenze aziendali o di riferirsi a
condizioni oggettive di lavoro o soggettive dei lavoratori ovvero di fissare contrattualmente limiti
temporali all’autorizzazione data al datore di lavoro di procedere ad assunzioni a tempo
determinato” (v. Cass. 4- 8-2008 n. 21063,v. anche Cass. 20-4-2006 n. 9245, Cass. 7-3-2005 n.

contratti collettivi e dei sindacati che ne sono destinatari, non essendo questi vincolati alla
individuazione di ipotesi comunque omologhe a quelle previste dalla legge, ma dovendo operare sul
medesimo piano della disciplina generale in materia ed inserendosi nel sistema da questa delineato”
(v., fra le altre, Cass. 4-8-2008 n. 21062, Cass. 23-8-2006 n. 18378).
In tale quadro, ove però un limite temporale sia stato previsto dalle parti collettive, la sua
inosservanza determina la nullità della clausola di apposizione del termine (v. fra le altre Cass.
23/8/2006 n. 18383, Cass. 14-4-2005 n. 7745, Cass. 14-2-2004 n. 2866).
In particolare, come questa Corte ha più volte rilevato, “in materia di assunzioni a termine di
dipendenti postali, con l’accordo sindacale del 25 settembre 1997, integrativo dell’art. 8 del c.c.n.l.
26 novembre 1994, e con il successivo accordo attuativo, sottoscritto in data 16 gennaio 1998, le
parti hanno convenuto di riconoscere la sussistenza della situazione straordinaria, relativa alla
trasformazione giuridica dell’ente ed alla conseguente ristrutturazione aziendale e rimodulazione
degli assetti occupazionali in corso di attuazione, fino alla data del 30 aprile 1998; ne consegue che
deve escludersi la legittimità delle assunzioni a termine cadute dopo il 30 aprile 1998, per carenza
del presupposto normativo derogatorio, con la ulteriore conseguenza della trasformazione degli
stessi contratti a tempo indeterminato, in forza della L. 18 aprile 1962, n. 230, art. I” (v., fra le altre,
Cass. 1/10/2007 n. 20608, Cass. 27-3-2008 n. 7979, Cass. 18-3-2011 n. 6294, Cass. 31-3-2011 n.
7502).
La sentenza impugnata non è , pertanto, censurabile per aver dichiarato la nullità del termine
apposto al contratto stipulato in data 25/11/98 e la prosecuzione del rapporto di lavoro .
La Viola, con sette motivi , censura la sentenza non definitiva impugnata con riferimento
alla misura del risarcimento dovuto in conseguenza dell’accertata nullità del termine apposto al
contratto del 25/11/1998 .
Con il primo motivo eccepisce la violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e
pronunciato di cui all’articolo 112 c.p.c. ( art 360 n 3 cpc) e con il secondo motivo denuncia

3

4862, Cass. 26-7-2004 n. 14011). “Ne risulta, quindi, una sorta di “delega in bianco” a favore dei

motivazione insufficiente e contraddittoria ( art 360 n 5 cpc), entrambi i motivi in relazione
all’arbitraria decurtazione del risarcimento effettuata dalla Corte territoriale.
Con il terzo motivo la ricorrente Viola denuncia violazione o falsa applicazione
dell’articolo 1226 c.c. ( art 360 n 3 cpc) per l’illegittimo ricorso all’equità da parte della Corte per
la determinazione del risarcimento.
Con il quarto motivo denuncia violazione o falsa applicazione dell’articolo 2729 c.c. ( art
360 n 3 cpc) non ravvisando i presupposti per il ricorso alle presunzioni semplici.

n 3 cpc) in relazione all’impossibilità della prestazione del datore di lavoro.
Con il sesto motivo denuncia violazione o falsa applicazione dell’articolo 1223 c.c. ( art 360
n 3 cpc) circa la determinazione del danno.
Con il settimo motivo denuncia violazione dell’articolo 432 c.p.c. e conseguente nullità
della sentenza ( art 360 n 4 cpc) per la liquidazione in via equitativa del risarcimento e con l’ottavo
motivo denuncia violazione dell’articolo 114 c.p.c. non avendo le parti fatto richiesta di liquidazione
del danno secondo equità.
La questione della misura del risarcimento, a prescindere dalla fondatezza dei motivi di cui sopra
con riferimento alla legislazione previgente, deve ora trovare la sua disciplina nell’art 32, commi 5
e 6, della L. n 183 del 2010. Tale disposizione , come noto, stabilisce che, “nei casi di
conversione del contratto a tempo determinato, il giudice condanna il datore di lavoro al
risarcimento del lavoratore stabilendo un’indennità omnicomprensiva nella misura compresa tra un
minimo di 2,5 ed un massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, avuto
riguardo ai criteri indicati nella L. 15 luglio 1966, n. 604, art. 8….”. “In presenza di contratti ovvero
accordi collettivi nazionali, territoriali o aziendali, stipulati con le organizzazioni sindacali
comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, che prevedano l’assunzione, anche a
tempo indeterminato, di lavoratori già occupati con contratto a termine nell’ambito di specifiche
graduatorie, il limite massimo dell’indennità fissata dal comma 5 è ridotto alla metà”.” Le
disposizioni di cui ai commi 5 e 6 trovano applicazione per tutti i giudizi ivi compresi quelli
pendenti alla data di entrata in vigore della presente legge. Con riferimento a tali ultimi giudizi, ove
necessario, ai soli fini della determinazione della indennità di cui ai commi 5 e 6, il giudice fissa
alle parti un termine per l’eventuale integrazione della domanda e delle relative eccezioni ed esercita
i poteri istruttori ai sensi dell’art. 421 c.p.c.”.
Tale disciplina, applicabile a tutti i giudizi pendenti, anche in grado di legittimità (sul punto v. già
Cass. Ord. 28-1-2011 n. 2112), come è stato affermato da questa Corte (v. Cass. 31-1-2012 n. 1409.
Cass. 3 1- 1-2012 n. 1411), alla luce della sentenza interpretativa di rigetto della Corte Costituzionale
4

Con il quinto motivo denuncia violazione o falsa applicazione dell’articolo 1218 c.c. ( art 360

n. 303 del 2011, è fondata sulla ratio legis diretta ad “introdurre un criterio di liquidazione del
danno di più agevole, certa ed omogenea applicazione”, rispetto alle “obiettive incertezze
verificatesi nell’esperienza applicativa dei criteri di commisurazione del danno secondo la
legislazione previgente.
Alla luce, infatti, di tale disposizione, il risarcimento, seppur nella misura forfetizzata prevista, è
sempre dovuto in favore del lavoratore, a prescindere dalla costituzione in mora del datore di lavoro
e dall’esistenza stessa di un danno effettivo per il lavoratore, non assumendo, nella struttura della

risarcibile dal creditore della prestazione, tenuto ad adempiere l’obbligazione per il sol fatto
dell’accertamento della nullità del termine, in virtù di una norma, che, per come non ha mancato di
avvertire lo stesso giudice delle leggi (cfr. Corte cost. n. 303 del 2011), assume contenuto
eminentemente sanzionatorio.
La sentenza impugnata va, pertanto, cassata con rinvio alla Corte d’Appello di Roma in diversa
composizione, la quale provvederà a nuovo esame della misura del risarcimento dovuto alla
lavoratrice con riferimento al contratto del 25/11/98, sulla base dei principi indicati, regolando
anche le spese del presente giudizio.
PQM la Corte
riunisce i ricorsi, rigetta il ricorso di Poste Italiane, accoglie quelli di Donatella Viola ; cassa con
rinvio alla Corte d’Appello di Roma in diversa composizione anche per le spese.
Roma I 9/9/2013 fs,

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norma, alcun rilievo l’aliunde perceptum, che non vale più a delimitare la misura del danno

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