Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27855 del 22/11/2017


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 27855 Anno 2017
Presidente: DORONZO ADRIANA
Relatore: FERNANDES GIULIO

ORDINANZA
sul ricorso 10894-2016 proposto da:
POLI ENRICO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CU . •
GOLAMETTO 4, presso lo studio dell’avvocato FRANCO
ANTONAZZO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato
ADRIANO DEL BIANCO;
– ricorrente contro
CASSA NAZIONALE DI PREVIDENZA ED ASSISTENZA A
FAVORE DEI RAGIONIERI E PERITI COMMERCIALI, in
persona del procuratore speciale, elettivamente domiciliata in ROMA,
VIA ANTONIO BERTOLONI 44/46, presso lo studio dell’avvocato
MATTIA PERSIANI, che la rappresenta e difende unitamente
all’avvocato GIOVANNI BERETTA;
– controricorrente –

Data pubblicazione: 22/11/2017

avverso la sentenza n. 67/2016 della CORTE D’APPELLO di
BOLOGNA, depositata il 12/02/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 20/09/2017 dal Consigliere Dott. GIULIO
FERNANDES.

che, con sentenza del 12 febbraio 2016, la Corte di Appello di
Bologna, in riforma della decisione del primo giudice, rigettava la
domanda proposta da Enrico Poli nei confronti della Cassa nazionale
di Previdenza ed Assistenza a favore dei Ragionieri e Periti
Commerciali ed intesa all’accertamento del diritto di esso istante —
titolare di pensione di vecchiaia dall’i gennaio 2009 – a vedersi
corrispondere il trattamento pensionistico erogato dalla Cassa in base
ai criteri antecedenti alle delibere del Comitato dei Garanti del 7 giugno
2003, 20 dicembre 2003 e 25 giugno 2011 per i versamenti effettuati
fino al 22 giugno 2002 con condanna della convenuta alla
riliquidazione della pensione;
che per la cassazione di tale decisione propone ricorso il Poli
affidato a due motivi cui resiste la Cassa con controricorso;
che è stata depositata la proposta del relatore ai sensi dell’art. 380-bis
cod. proc. civ., ritualmente comunicata alle parti, unitamente al decreto
di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio;
che la Cassa ha depositato memoria ex art. 380 bis cod. proc. civ. in
cui insiste per il rigetto del ricorso;
che il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione semplificata;

CONSIDERATO
che: con il primo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa
applicazione dell’art. 3 , comma 12, della legge n. 335 dell’8 agosto
1995, dell’art. 1, comma 763 della legge n. 296 del 27 dicembre 2006
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RILEVATO

nonché dell’art.1, comma 488, legge n. 147 del 27 dicembre 2013 ( in
relazione all’art. 360, primo comma, n. 3,cod. proc. civ.) per avere la
Corte di Appello riconosciuto efficacia retroattiva alla norma
introdotta dalla legge n. 296/2006 senza tenere conto del fatto che la
liquidazione della pensione del ricorrente era stata effettuata in forza

del 7 giugno 2003 e del 20 dicembre 2003 nonché del regolamento
della Cassa del 2004; con il secondo motivo viene denunciata
violazione e falsa applicazione dell’art. 1, comma 488, della legge n.
147/2013 cit. ( in relazione all’art. 360, primo comma, n.3, cod. proc.
civ.) non potendo riconoscersi carattere interpretativo all’art. 1, comma
488, cit. che, se pure lo avesse, comunque non potrebbe produrre
effetti per il periodo anteriore all’entrata in vigore dell’art. 1, comma
763, L. n. 296/2007; nel motivo, quindi, viene evidenziato che
l’interpretazione dell’art. 1, comma 763, della legge n. 296/2006 così
come fornita dall’art. 1, comma 488, della L. n. 147/2013 viola: il
principio del giusto processo intervenendo nel processo dopo il 2007
per alterare le sorti del contenzioso in corso; l’art. 1 del prot.
addizionale n.1,provocando la perdita del maturato previdenziale; degli
artt. 14 CEDU e 1, prot. 12 in quanto discrimina coloro che hanno
presentato domanda di pensione dopo il 1°.1.2007 riducendo la quota
reddituale delle loro pensioni; degli artt. 6 e 13 CEDU costituendo
una ingerenza nei giudizi in corso alfine di determinare la vittoria ad
uno dei contendenti;

che entrambi i motivi, da trattare congiuntamente in quanto
logicamente connessi, sono infondati alla luce dei principi affermati da
questa Corte a composizione di un contrasto giurisprudenziale insorto
nell’ambito della Sezione ordinaria (cfr.; Cass. n. 17742 del
08/09/2015; 18136 del 16/09/2015) secondo cui;
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delle delibere del Comitato dei Delegati della Cassa del 22 giugno 2002,

” A) Nel regime dettato dalla 1. 8.08.95 n. 335 (legge di riforma del
regime pensionistico obbligatorio e complementare), gli enti di
previdenza privatizzati di cui al d.lgs. 30.06.94 n. 509 (tra cui rientra la
Cassa nazionale di previdenza ed assistenza a favore di ragionieri e
periti commerciali) non possono adottare, in funzione dell’obiettivo di

provvedimenti (quale la delibera 28.06.97 del Comitato dei delegati
della Cassa, approvata con decreto 31.07.97 del Ministro del lavoro e
della previdenza sociale) che, lungi dall’incidere sui criteri di
determinazione del trattamento pensionistico, impongano un
massimale allo stesso trattamento e, come tali, risultino incompatibili
con il rispetto del principio del pro rata, previsto dall’art. 3, c. 12, della
stessa legge 8.08.95 n. 335, in relazione alle anzianità già maturate
rispetto all’introduzione delle modifiche derivanti dagli stessi
provvedimenti.
B) Nel regime previdenziale dettato dalla 1. 8.08.95 n. 335 (legge di
riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare), per
le prestazioni pensionistiche erogate dagli enti previdenziali privatizzati
ai sensi del d.lgs. 30.06.94 n. 509 (tra cui rientra la Cassa nazionale di
previdenza ed assistenza a favore di ragionieri e periti commerciali) ed
in relazione alle anzianità già maturate rispetto all’introduzione delle
modifiche imposte dalla legge di riforma, per i trattamenti pensionistici
maturati prima del 1° gennaio 2007 trova applicazione l’art. 3, c. 12,
della 1. n. 335 del 1995 nella formulazione originaria, che prevedeva
l’applicazione rigorosa del principio del pro rata.
C) Nel regime previdenziale e per gli enti indicati al capo che precede,
per i trattamenti pensionistici maturati dal 10 gennaio 2007 in poi trova
applicazione l’art. 3, c. 12, della 1. 8.08.95 n. 335 nella formulazione
introdotta dall’art. 1, c. 763, della 1. 27.12.06 n. 296, che prevede che
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assicurare l’equilibrio di bilancio e la stabilità delle proprie gestioni,

gli enti previdenziali suddetti emettano delibere che mirano alla
salvaguardia dell’equilibrio finanziario di lungo termine, “avendo
presente” — e non più rispettando in modo assoluto — il principio del
pro rata, tenendo conto dei criteri di gradualità e di equità fra
generazioni. Con riferimento agli stessi trattamenti pensionistici

deliberazioni in materia previdenziale già adottati dagli enti medesimi
ed approvati dai Ministeri vigilanti prima della data di entrata in vigore
della legge n. 296 del 2006, ai sensi dell’ultimo periodo del detto art. 1,
c. 763, della legge n. 296 del 2006, come interpretato dall’art. 1, c. 488,
della 1. 27.12.13 n. 147, il quale ha contenuto chiarificatore del dettato
legislativo e non viola i canoni legittimanti l’intervento interpretativo
del legislatore desumibili dalla Costituzione e dalla Convenzione
europea dei diritti dell’uomo.”.
che, peraltro, le questioni sollevate nel secondo motivo di
compatibilità della legge n. 147/2013 con i principi del giusto processo
e della CEDU risultano essere state scrutinate nelle menzionate
decisioni di questa Corte ( vedi in particolare paragrafi da 13.2 a 15 cui
si rimanda); né gli argomenti prospettati nel ricorso possono indurre a
disattendere l’orientamento segnato dalle sezioni unite , al quale va
data continuità, poiché le ragioni indicate a fondamento dei principi
affermati, da intendersi qui richiamate ex art. 118 disp. att. cod. proc.
civ., sono integralmente fatte proprie dal Collegio;
che, pertanto, in adesione alla proposta del relatore, il ricorso va
rigettato;
che le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e sono
poste a carico del ricorrente e vengono liquidate come da dispositivo;
che sussistono i presupposti per il versamento, da parte del
ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato,
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maturati dopo dal 10 gennaio 2007, sono fatti salvi gli atti e le

previsto dall’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio, introdotto
dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (legge di
stabilità 2013) trovando tale disposizione applicazione ai procedimenti
iniziati in data successiva al 30 gennaio 2013, quale quello in esame.

P.Q.M.

presente giudizio liquidate in euro 200,00 per esborsi, euro 3.000,00 per
compensi professionali, oltre rimborso spese forfetario nella misura del
15%.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto
della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del
ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, 1120 settembre 2017

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del

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