Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27851 del 22/11/2017


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 27851 Anno 2017
Presidente: IACOBELLIS MARCELLO
Relatore: VELLA PAOLA

ORDINANZA
sul ricorso 12706-2016 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. 06363391001, in persona del
Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente contro
MAZZEI SALVATORE, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
XX SE fl’EMBRE n.3, presso lo studio dell’avvocato BRUNO N.
SASSANI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato
SALVATORE MULEO;

– controricorrente –

Data pubblicazione: 22/11/2017

avverso la sentenza n. 679/4/2015 della COMMISSIONE
TRIBUTARIA REGIONALE di CATANZARO, depositata il
07/05/2015;
letta la memoria ex art. 380-bis c.p.c. depositata dal controricorrente;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

Rilevato che:
1. il giudice d’appello ha annullato l’atto di contestazione e
irrogazione sanzioni per l’anno d’imposta 2000, oggetto del presente
giudizio, a causa della ritenuta illegittimità dell’ordinanza istruttoria con
cui la C.T.P., nel revocare il provvedimento di riunione di quattro
giudizi promossi dal contribuente, aveva ordinato all’amministrazione
di “esibire in giudkio copia integrale de/processo verbale di constatnione dal quale
scaturiscono gli atti poi impugnati” (di cui essa aveva depositato uno stralcio
in sede di costituzione: v. all. 1 citato a pag. 3 del ricorso), sostenendo
che il potere officioso di cui all’art. 7, d.lgs. 546/92 non può essere
utilizzato per sopperire a carenze istruttorie delle parti;
2. con il primo motivo di ricorso, l’amministrazione lamenta la
“violckione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c.”, nella parte in cui
la C.T.R. avrebbe affermato (testualmente) che “stante l’omessa prodnione
del testo integrale de/processo verbale di constatazione nel giudkio di primo grado,
la (TP avrebbe erroneamente rigettato il ricorso fondando la propria decisione
sull’esame di tale documento, non agri atti del giudirio R.G.R. n. 476 / 2007, ma
depositato in altro giudkio trattato contestualmente”, e censurato la mancata
formulazione di una “domanda di rimessione in termini” da parte
dell’Ufficio; con il secondo mezzo deduce la nullità della sentenza “per
violaione dell’art. 132 cp.c.”, trattandosi di “motivazione apparente” laddove
la C.T.R. “nega l’esistena in atti del p.v.c. in all. 2”; con il terzo motivo
deduce infine la “violcqione e falsa applicazione degli articoli 7 e 58 comma 2
Ric. 2016 n. 12706 sez. MT – ud. 27-09-2017
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partecipata del 27/09/2017 dal Consigliere Dott. PAOLA VELLA

d.lgs. n. 546/1992”, in quanto la supposta illegittimità dell’ordinanza
istruttoria del giudice di prime cure resterebbe in ogni caso superata
dalla facoltà delle parti di produrre nuovi documenti in appello;
3. all’esito della camera di consiglio, il Collegio ha disposto
adottarsi la motivazione in forma semplificata.

4. il primo motivo va respinto, sia perché nella sentenza impugnata
non si rinviene l’affermazione censurata sopra testualmente trascritta,
sia perché non è dato riscontrare la violazione delle norme indicate,
alla luce dell’orientamento di questa Corte per cui “la violazione dell’art.
115 c.p.c. può essere dedotta come vizio di legittimità non in riferimento
all’appreuamento delle risultane probatorie operato dal giudice di merito, ma solo
sotto due profili: qualora il medesimo, esercitando il suo potere dzicrezionale nella
scelta e valutazione degli elementi probatori, ometta di valutare le risultane di cui
la parte abbia esplicitamente dedotto la decisività, salvo escluderne in concreto,
motivando sul punto, la rilevanza, ovvero quando egli ponga alla base della
decisione fatti che erroneamente ritenga notori o la sua scienza personale” (Cass.
sez. V, 20382/16), o altresì abbia “dichiarato espressamente di non dover
osservare la regola contenuta nella norma, ovvero giudicato sulla base di prove non
introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi
riconosciutigli”; così come “la violazione dell’art. 116 c.p.c. (norma che sancisce
il principio della libera valutazione delle prove, salva diversa previsione legale) è
idonea ad integrare il vizio di cui all’art. 360, n. 4, c.p.c., solo quando il giudice di
merito disattenda tale principio in assenza di una deroga normativamente prevista,
ovvero, all’opposto, valuti secondo prudente apprezzamento una prova o risultanza
probatoria soggetta ad un diverso regime” (Cass. sez. V, 11892/16; conf.
Cass. 20382/16, 24434/16, 10115/17);
5. anche il secondo motivo è infondato, in quanto, dopo la
riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5), c.p.c. ad opera del d.l.
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Considerato che:

83/12, convertito dalla 1. 134/12, il sindacato di legittimità sulla
motivazione deve intendersi ridotto (alla luce dei canoni ermeneutici
dettati dall’art. 12 preleggi) al “minimo costituzionale”, nel senso che “è
denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in
viola ione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza

prescindere dal confronto con le risultanze processuah”, con la precisazione che
“tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto
materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra
affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente
incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza”
della motivazione” (Cass. S.U. 8053/14 e 9032/14; cfr. Cass. 20112/09),
mentre nel caso di specie la motivazione, per quanto stringata,
consente di cogliere la ratio decidendi della sentenza impugnata;

6. può invece trovare accoglimento il terzo motivo, poiché,
sebbene “l’esercizio del potere di acquisizione di documenti necessari per la
decisione, attribuito alle commissioni tributarie dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n.
546, art. 7, comma 3” (ora abrogato) “costituisce una facoltà discrezionale del
giudice e non può sopperire al mancato assolvimento dell’onere probatorio delle
parti” (Cass. 17265/17, 588/17, 24720/16, 16793/16, 955/16,
25769/14), tuttavia l’eventuale “vizio processuale derivante dall’illegittimo
esercizio, da parte del giudice, de/potere istruttorio di cui all’art. 7, comma 3, del
digs. n. 546 del 1992 (ora abrogato) integra una nullità relativa e deve, quindi,
essere eccepito dalla parte, che non vi rinunci espressamente o tacitamente, nella
prima udienza o nel primo atto difensivo utile” (Cass. 20972/15) — nel caso di
specie sembrerebbe che alla sollevata contestazione la C.T.P. avesse
replicato che si era trattato di una semplice integrazione di una
produzione già effettuata “in stralcio” (v. pag. 5 del ricorso) — e
soprattutto, una volta che il documento sia stato comunque acquisito
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della motivazione in sè, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a

in primo grado, ovvero prodotto in secondo grado, la sua valutazione
rappresenta un atto doveroso per il giudice d’appello, tenuto conto che
nel contenzioso tributario l’art. 58, comma 2, D.Lgs. n. 546/92

consente la produRione nel giudikio di appello di qualsiasi documento, pur se già

divAnibile in precedenza” e dunque anche di documenti nuovi (Cass.

7. la sentenza va quindi cassata con rinvio per nuovo esame alla
luce dei principi sopra enunciati, oltre che per la statuizione sulle spese
del presente grado di giudizio.

P.Q.M.
Rigetta i primi due motivi di ricorso, accoglie il terzo, cassa la sentenza
impugnata e rinvia alla C.T.R. della Calabria, in diversa composizione,
cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

17265/17, 22776/15, 3661/15, 12008/11);

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