Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27851 del 20/12/2011

Cassazione civile sez. VI, 20/12/2011, (ud. 30/09/2011, dep. 20/12/2011), n.27851

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – rel. Presidente –

Dott. MANNA Felice – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

M.C. (C.F.: (OMISSIS)), elettivamente

domiciliato in Roma, via Raffaele Caverni n. 16, presso lo studio

dell’Avvocato Giansante Roberto, dal quale è rappresentato e difeso,

unitamente all’Avvocato RANDO Giambattista, per procura speciale a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

B.M.;

– intimata –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Venezia n. 179 del 2010,

depositata in data 27 gennaio 2010;

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

30 settembre 2011 dal Presidente relatore Dott. Stefano Petitti;

udito l’Avvocato Roberto Giansante;

sentito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.

GOLIA Aurelio, il quale ha concluso in senso conforme alla relazione.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che M.C. ha convenuto in giudizio, dinnanzi al Tribunale di Bassano del Grappa, la moglie separata B. M., deducendo che quest’ultima aveva acquistato alcuni immobili ubicati nel Comune di (OMISSIS) e che i detti immobili erano stati a lei fittiziamente intestati, tanto che aveva rilasciato una dichiarazione in data 19 febbraio 1973, con la quale si impegnava a trasferirgli i beni in qualsiasi momento egli lo avesse richiesto;

che l’attore ha quindi chiesto di essere riconosciuto proprietario dei detti immobili, con condanna della B. a restituirglieli;

che la B. si è costituita, ha disconosciuto la propria firma in calce alla scrittura 19 febbraio 1973 e, in via riconvenzionale, ha chiesto la condanna del M. a rilasciare gli immobili oggetto di causa;

che l’adito Tribunale, acquisita la documentazione offerta e disposta una perizia grafica, con sentenza depositata il 25 marzo 2004, ha rigettato la domanda del M. e ha accolto la riconvenzionale, condannando il medesimo M. al rilascio degli immobili;

che avverso questa sentenza il M. ha proposto appello, cui ha resistito la B.;

che la Corte d’appello di Venezia, con sentenza depositata il 27 gennaio 2010, ha rigettato il gravame;

che la Corte d’appello ha, innanzitutto, rigettato il primo motivo di gravame, con il quale il M. aveva censurato la sentenza per avere il Tribunale aderito acriticamente alle conclusioni del c.t.u., senza dare una propria autonoma valutazione delle risultanze documentali acquisite e senza dare adeguata risposta alle critiche che a detta consulenza egli aveva formulato;

che in proposito, la Corte territoriale ha rilevato che il Tribunale ha descritto con precisione il procedimento logico cognitivo seguito nell’analisi della c.t.u. grafologica e ha reso in modo esauriente conto delle ragioni che lo hanno indotto a condividerne le conclusioni;

che peraltro, ha osservato la Corte d’appello, il M. non ha neanche suggerito un diverso tipo di esame tecnico, essendosi egli limitato a prospettare che la B. avesse autofalsificato la propria firma, per precostituirsi la prova della dedotta falsificazione;

che anche tale ipotesi non poteva essere condivisa, atteso che il c.t.u. ha accertato che il falsificatore aveva riprodotto la stessa firma per cinque volte, sicchè non vi era ragione nè per discostarsi dalle conclusioni del c.t.u., nè per disporre la rinnovazione della consulenza;

che la Corte ha poi rigettato il secondo motivo, con il quale l’appellante sosteneva che il Tribunale non avesse adeguatamente apprezzato la confessione fatta dalla B. nel giudizio di separazione con riferimento all’affermazione della stessa che gli immobili erano stati acquistati con i comuni risparmi;

che sul punto, la Corte ha osservato che trattavasi di deduzione priva di rilievo, atteso che il M. non aveva introdotto una domanda volta ad ottenere la restituzione del denaro impiegato per l’acquisto dei beni, oggetto della sua azione reale;

che la Corte d’appello ha rigettato, infine, anche il terzo motivo, con il quale il M. si era doluto del fatto che il Tribunale non avesse ammesso le prove orali da lui richieste;

che M.C. ha proposto ricorso per cassazione avverso tale sentenza sulla base di un unico motivo; l’intimata non ha svolto attività difensiva;

che con l’unico motivo di ricorso, il M. denuncia il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione con riferimento alla valutazione delle risultanze della consulenza grafologica;

che il ricorrente si duole, in particolare, che la Corte d’appello non abbia tenuto conto delle critiche tecniche che egli aveva mosso già in primo grado e aveva riproposto in sede di appello e che riguardavano il fatto che alcune sottoscrizioni riconosciute come autografe erano assolutamente lineari e senza tremolio esattamente come quella apposta sulla scrittura disconosciuta e diversamente da altre dichiarate dal c.t.u. come autografe, nonchè il fatto che il c.t.u. avesse ritenuto che un andamento lento della scrittura fosse riconducibile soltanto ad un’opera di falsificazione; assunto, quest’ultimo, che si scontrava con la scienza del settore;

che il M. rileva, quindi, che su tali specifici punti la sentenza d’appello non ha illustrato le ragioni per cui le critiche sono state disattese;

che, essendosi ritenute sussistenti le condizioni per la trattazione del ricorso in camera di consiglio, è stata redatta relazione ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ. , che è stata comunicata alle parti e al pubblico ministero.

Diritto

RILEVATO IN DIRITTO

che il relatore designato ha formulato la seguente proposta di decisione: “Il ricorso è infondato.

Nella sentenza impugnata non si ravvisano i vizi denunciati dal ricorrente, atteso che la Corte d’appello ha dato conto delle ragioni che la hanno indotta a confermare il giudizio già espresso dal Tribunale di adesione alle conclusioni del c.t.u.. In particolare, la Corte d’appello ha esaminato le critiche svolte dall’appellante e le ha disattese, con specifico riferimento alla ipotesi della autofalsificazione. In questo contesto, le censure del ricorrente, lungi dall’evidenziare vizi motivazionali, si risolvono nella sollecitazione di una diverso apprezzamento delle risultanze istruttorie e in particolare in una diversa valutazione delle conclusioni del c.t.u., il che è precluso in sede di legittimità, non avendo neanche il ricorrente indicato puntualmente elementi di critica alla relazione peritale che non sarebbero stati tenuti presenti dal giudice di appello e che avrebbero potuto indurre ad una diversa conclusione.

Sussistono quindi le condizioni per la trattazione del ricorso in camera di consiglio”;

che il Collegio condivide la proposta di decisione, alla quale non sono state rivolte critiche di sorta;

che il ricorso deve quindi essere rigettato;

che non vi è luogo a provvedere sulle spese del giudizio di legittimità, non avendo l’intimata svolto attività difensiva in questa sede.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione Civile della Corte suprema di Cassazione, il 30 settembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 20 dicembre 2011

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