Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2785 del 08/02/2010

Cassazione civile sez. lav., 08/02/2010, (ud. 18/12/2009, dep. 08/02/2010), n.2785

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere –

Dott. D’AGOSTINO Giancarlo – rel. Consigliere –

Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 3034/2009 proposto da:

L.E., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZALE

DELLE BELLE ARTI 8, presso lo Studio dell’avvocato PELLICANO’

Antonino, che la rappresenta e difende, giusta mandato a margine del

ricorso;

– ricorrente –

e contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’AVVOCATURA

CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli Avvocati FABIANI

Giuseppe, PATRIZIA TADRIS, giusta delega in calce al ricorso

notificato;

– resistente –

avverso la sentenza n. 140/2008 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO

del 16/10/07, depositata il 29/01/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

18/12/2009 dal Consigliere Relatore Dott. GIANCARLO D’AGOSTINO;

udito l’Avvocato Pellicano Antonino, difensore della ricorrente che

si riporta agli scritti, chiedendo in via principale l’accoglimento

del ricorso ed in subordine la rimessione alle SS.UU. od in P.U.;

è presente il P.G. in persona del Dott. MASSIMO FEDELI che ha

concluso per la rimessione alle SS.UU..

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte di Appello di Catanzaro, con sentenza depositata il 29 gennaio 2008, ha respinto l’appello di L.E. avverso la sentenza del Tribunale di Crotone. Il Tribunale aveva respinto la domanda della L. – intesa ad ottenere la condanna dell’Inps alla corresponsione dell’adeguamento dell’indennità di disoccupazione agricola per gli anni 1985/1992 con applicazione dei meccanismi di adeguamento previsti dalle sentenze della Corte Costituzionale n. 497/1988 e n. 288/1994, oltre rivalutazione monetaria e interessi legali – ritenendo che dalla documentazione prodotta dall’Inps e dal comportamento delle parti risultava provato l’avvenuto pagamento del credito con l’adeguamento valutario.

La Corte di Appello di Catanzaro ha confermato tale decisione osservando che l’estratto conto prodotto dall’Inps in cui sono indicate le somme spettanti alla richiedente, l’ordine di pagamento di dette somme tramite assegno circolare e la data dell’ordinativo costituivano validi elementi indiziari idonei, unitamente ad altre circostanze ed al comportamento delle parti, a far ritenere avvenuto il pagamento. La Corte osservava che non avendo la ricorrente, a fronte delle precise contestazioni del convenuto, indicato e provato date, importi e ordinativi di pagamento diversi da quelli specificati dall’Istituto, gli estratti del conto previdenziali prodotti dal convenuto dovevano ritenersi prova sufficiente dell’avvenuto pagamento; osservava, altresì, che la ricorrente, pur ammettendo di aver ricevuto il trattamento di disoccupazione, non aveva provato di aver ricevuto una somma inferiore a quella che le sarebbe spettata, non aveva provato la data di proposizione della domanda amministrativa nè la data di effettiva liquidazione dell’importo contestato.

Per la cassazione di tale sentenza l’assicurata ha proposto ricorso con tre motivi con i quali ha dedotto: 1) violazione dell’art. 1199 c.c. e insufficiente motivazione, per avere il giudice di appello ritenuto provato il pagamento del debito benchè l’Inps non avesse prodotto alcuna quietanza di pagamento proveniente dal creditore, atteso che nessun valore liberatorio poteva riconoscersi agli estratti conto provenienti dallo stesso debitore; 2) omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in relazione all’art. 115 c.p.c. e art. 2726 c.c., per non avere il giudice di appello adeguatamente giustificato il ricorso a presunzioni semplici per ritenere provato il pagamento, benchè il ricorso a presunzioni non fosse consentito oltre i limiti di ammissibilità della prova testimoniale fissati dall’art. 2722 c.c. e benchè mancassero i requisiti della gravità precisione e concordanza degli indizi; 3) difetto e contraddittorietà di motivazione per avere il giudice di appello affermato che l’appellante nè nel ricorso introduttivo, nè a seguito delle deduzioni dell’Inps nè in grado di appello aveva allegato circostanze di fatto a supporto della pretesa; infatti, avendo l’appellante negato di aver ricevuto dal debitore il dovuto, non era tenuto alla produzione di alcuna documentazione.

L’Inps non si è costituito. Parte ricorrente ha depositato memoria.

Il ricorso nel suo complesso è manifestamente infondato.

Osserva preliminarmente la Corte che il presente ricorso per cassazione è regolato dall’art. 366 bis c.p.c., applicabile a tutti i ricorsi avverso sentenze depositate dopo il 2 marzo 2006, come disposto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 27, comma 2. Il citato art. 366 bis c.p.c., è stato abrogato dal D.Lgs. n. 69 del 2009, art. 47, ma senza effetto retroattivo, motivo per cui è rimasto in vigore per i ricorsi per cassazione presentati avverso sentenze pubblicate prima del 4 luglio 2009 (D.Lgs. n. 69 del 2009, art. 58).

Per quanto concerne la dedotta violazione dell’art. 1199 c.c., il primo motivo si conclude con il seguente quesito: “Voglia la S.C. di cassazione alla luce dell’art. 1199 c.c., giudicare se possa dichiararsi liberato dall’obbligo di pagamento di un debito l’ente debitore, in assenza di esibizione di regolare quietanza e sulla semplice produzione di uno schema di calcolo redatto ad uso interno”.

Il quesito così posto non è coerente con il decisum che intende impugnare. La sentenza impugnata, infatti, non ha mai affermato che, in mancanza di quietanza, gli estratti conti prodotti dall’Inps costituiscono da soli prova sufficiente del pagamento. La Corte territoriale ha invece affermato che la documentazione prodotta dall’Istituto, che conteneva una precisa contestazione della pretesa avversaria, andava valutata unitamente al comportamento processuale delle parti; in particolare al comportamento della parte ricorrente, che, pur ammettendo di aver ricevuto il pagamento dell’indennità di disoccupazione, non ha mai precisato quale fosse l’importo spettante, quale l’importo ricevuto ed in che data. Da tale complessivo quadro probatorio la Corte ha ritenuto sufficientemente provato il pagamento dell’adeguamento.

La difettosa formulazione del quesito è di per sè sufficiente ragione di inammissibilità del motivo di ricorso in esame ed esclude la opportunità di una rimessione alle Sezioni Unite per la soluzione del contrasto in tema di quietanza di pagamento tra la giurisprudenza qui condivisa e Cass. n. 1668/2007 richiamata dal ricorrente.

Occorre comunque considerare che a norma dell’art. 1199 c.c. (applicabile nei rapporti privati anche alle pubbliche amministrazioni, altro essendo il problema della eventuale responsabilità contabile del funzionario che non sia in grado di provare l’avvenuta erogazione di una somma) la quietanza deve essere rilasciata dal creditore solo nel caso in cui il debitore ne faccia richiesta (e nella specie nè dalla sentenza nè dal ricorso risulta che la parte privata abbia dichiarato di aver rilasciato quietanza a richiesta del debitore al momento del pagamento dell’importo contestato), per cui detto documento non costituisce sempre e in ogni caso unica prova del pagamento. Ne consegue che il debitore ha comunque il diritto di provare l’avvenuto pagamento dell’obbligazione a suo carico e che l’esercizio di questo diritto non può essere impedito dall’omesso rilascio della quietanza. La Corte territoriale, dunque, a norma dell’art. 116 c.p.c., ha del tutto legittimamente valutato, secondo il suo prudente apprezzamento, gli elementi di prova raccolti.

Anche il secondo motivo è infondato in quanto nel caso di specie la prova per presunzioni non subisce le limitazioni poste dall’art. 2722 c.c., alla prova testimoniale di patti aggiunti o contrari ad un documento, poichè le presunzioni utilizzate dal giudice di appello non sono dirette a provare fatti contrari ad alcun documento; d’altro canto il giudice del gravame ha dato conto della utilizzazione di presunzioni e della loro precisione e concordanza con motivazione congrua e priva di vizi logici.

Il terzo motivo, con il quale si denuncia omessa e/o insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, è parimenti infondato in quanto il giudice di appello, lungi dall’invertire l’onere della prova, con motivazione congrua e coerente, ha legittimamente tratto elementi indiziari di prova dal comportamento della ricorrente che, pur sostenendo di aver ricevuto meno del dovuto, non ha mai precisato nè la data del pagamento della indennità di disoccupazione nè l’importo riscosso.

Analoghi ricorsi fondati sugli stessi motivi sono stati già esaminati e respinti da questa Corte (vedi Cass. n. 16485/2009, n. 16486/2009, n. 16609/2009, n. 16610/2009, n. 16611/2009 ed altre conformi) e il Collegio non ritiene che sussistano fondati motivi per modificare il proprio precedente orientamento.

Il ricorso, pertanto, deve essere respinto. Nulla per le spese di questo giudizio poichè l’Inps non ha svolto attività difensiva.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 18 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 8 febbraio 2010

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