Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2785 del 06/02/2018


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 2785 Anno 2018
Presidente: CURZIO PIETRO
Relatore: FEDELE ILEANA

ORDINANZA
sul ricorso proposto da
Foschi Maria Grazia, rappresentata e difesa dall’avv. Monica Battaglia,
elettivamente domiciliata presso il suo studio, sito in Roma, via
Cunfida 20
– ricorrente contro
E-distribuzione s.p.a., in persona del legale rappresentante
tempore,

pro

rappresentata e difesa dall’avv. Furio Tartaglia,

elettivamente domiciliata presso il suo studio, sito in Roma, via
Girolamo da Carpi 6
– controricorrente avverso
la sentenza n. 19784/2016 della Corte Suprema di cassazione,
depositata in data 4 ottobre 2016.

Data pubblicazione: 06/02/2018

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 6 dicembre 2017 dal Consigliere Ileana Fedele.
Rilevato che:
questa Corte ha respinto, in parte qua, il ricorso di Maria Grazia
Foschi proposto avverso la sentenza di merito di rigetto della

subordine, Al in luogo di quello BSS applicatole, in base al CCL
dipendenti elettrici ENEL);
la Foschi chiede la revocazione della decisione;
la e-Distribuzione s.p.a. (già Enel Distribuzione s.p.a.) resiste con
controricorso;
è stata depositata la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis
cod. proc. civ., ritualmente comunicata alle parti, unitamente al
decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio;
entrambe le parti hanno depositato memoria.
Ritenuto che:
il Collegio ha deliberato di adottare la motivazione semplificata;
nel ricorso per revocazione si prospetta un duplice errore di fatto in
cui sarebbe incorsa la Corte: da un lato aver considerato il secondo
motivo di gravame proposto dalla Foschi (nullità della sentenza per
omessa pronuncia sulla domanda subordinata) come logicamente
connesso al primo motivo (di natura diversa, in quanto relativo a
violazione di norme di legge), dall’altro aver ritenuto che la Corte
territoriale avesse nella sostanza provveduto su tutte le domande
attraverso l’esclusione dello svolgimento di mansioni riconducibili alle
declaratorie del Gruppo A, senza rilevare che la sentenza di appello,
partendo dall’errore sulla domanda proposta (livello di inquadramento
AS, mai richiesto, invece che Al, richiesto in via subordinata) nonché
sul livello di inquadramento della lavoratrice (BS anziché BSS), ha
sviluppato un ragionamento del tutto erroneo quanto a presupposti e
conclusioni;

2

domanda di superiore inquadramento contrattuale (AlS o, in

i.

il ricorso è inammissibile, in quanto non prospetta un errore di fatto
riconducibile al vizio revocatorio di cui all’art. 395, n. 4, cod. proc.
civ., richiamato per le sentenze della Corte di cassazione dall’art. 391
bis cod. proc. civ.;
come è stato osservato (Cass. 03/04/2017, n. 8615) «questa Corte

n. 4, cod. proc. civ., idoneo a costituire motivo di revocazione, si
configura come una falsa percezione della realtà, una svista
obiettivamente e immediatamente rilevabile, la quale abbia portato
ad affermare o supporre l’esistenza di un fatto decisivo
incontestabilmente escluso dagli atti e documenti, ovvero
l’inesistenza di un fatto decisivo che dagli atti o documenti stessi
risulti positivamente accertato, e pertanto consiste in un errore
meramente percettivo che in nessun modo coinvolga l’attività
valutativa del giudice di situazioni processuali esattamente percepite
nella loro oggettività; […] ne consegue che non è configurabile
l’errore revocatorio per vizi della sentenza che investano direttamente
la formulazione del giudizio sul piano logico-giuridico o siano frutto di
un qualsiasi apprezzamento delle risultanze processuali, ossia di una
viziata valutazione delle prove o delle allegazioni delle parti, essendo
esclusa dall’area degli errori revocatori la sindacabilità di errori di
giudizio formatisi sulla base di una valutazione»;
in particolare, è stato affermato che (Cass. 03/04/2017, n. 8615)
«ove il ricorrente deduca, sotto la veste del preteso errore
revocatorio, l’errato apprezzamento da parte della Corte di un motivo
di ricorso – qualificando come errore di percezione degli atti di causa
un eventuale errore di valutazione sulla portata della doglianza svolta
con l’originario ricorso – si verte in un ambito estraneo a quello
dell’errore revocatorio, dovendosi escludere che un motivo di ricorso
sia suscettibile di essere considerato alla stregua di un “fatto” ai sensi
dell’art. 395 c.p.c., comma 1, n. 4», non potendosi ritenere «inficiata

ha ripetutamente affermato che l’errore di fatto previsto dall’art. 395,

da errore di fatto la sentenza della Suprema Corte della quale si
censuri la valutazione del motivo d’impugnazione, in quanto espressa
senza considerare le argomentazioni contenute nell’atto di
impugnazione, perché in tal caso è dedotta una errata valutazione ed
interpretazione degli atti oggetto di ricorso», ed escludendosi altresì

nell’interpretazione dei motivi (Cass. n. 9533 del 2006) o nella lettura
del ricorso (Cass. n. 5076 del 2008 )»;
in applicazione dei predetti principi, poiché nella specie si prospetta
come vizio revocatorio l’erronea interpretazione del secondo motivo di
ricorso e l’erronea valutazione circa l’esaustività della sentenza di
appello, è evidente che trattasi non già di errori di percezione bensì di
valutazioni rese dalla Corte, che ha sinteticamente ma espressamente
vagliato proprio le censure che costituiscono i motivi dell’odierna
richiesta di revocazione, sia con riferimento all’asserita omessa
pronuncia che in relazione all’erronea interpretazione della domanda
(«la sentenza impugnata, nel momento stesso in cui ha asserito che
la ricorrente non ha svolto attività riconducibili ad alcuna delle
declaratorie di cui al gruppo A, ha sostanzialmente risposto alla
domanda principale e a quella subordinata, rigettandole entrambe.»:
p. 2 sentenza);
pertanto, il ricorso va dichiarato inammissibile;
le spese del giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la
soccombenza;
in relazione all’esito del ricorso e considerata l’epoca di introduzione
del procedimento, ricorrono i presupposti per l’applicazione del
disposto di cui all’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002,
n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre
2012, n. 228.
P.Q.M.

4

la ricorrenza di errore revocatorio «nel preteso errore

Dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, che
liquida in euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie
nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00, ed
agli accessori di legge.

atto della sussistenza dei presupposti per il versamento dell’ulteriore
importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il
ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 6 dicembre 2017
esidente
ro Curzio)

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà

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