Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2785 del 02/02/2017


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Cassazione civile, sez. II, 02/02/2017, (ud. 08/11/2016, dep.02/02/2017),  n. 2785

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 26144 – 2012 R.G. proposto da:

S.N.G. – c.f. (OMISSIS) – in qualità di

procuratrice speciale di B.R. – c.f. (OMISSIS) –

giusta atto per notar Bl. in data (OMISSIS), elettivamente

domiciliata in Roma, alla via Flaminia, n. 109, presso lo studio

dell’avvocato Biagio Bertolone che congiuntamente e disgiuntamente

all’avvocato Armando Roccella la rappresenta e difende in virtù di

procura speciale in calce al ricorso.

– ricorrente –

contro

PARROCCHIA SANT’ANNA MADRE DELLA BEATA VERGINE MARIA di Santa Maria

del Rovere di Treviso – c.f. (OMISSIS) – in persona del parroco pro

tempore. elettivamente domiciliata in Roma, alla via G. Bettollo, n.

17, presso lo studio dell’avvocato Giancarlo Penzavalli che

congiuntamente e disgiuntamente all’avvocato Antonio Manildo ed

all’avvocato Francesco Manildo la rappresenta e difende in virtù di

procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

e

CURATORE dell’eredità giacente di Bo.Ma., in persona

dell’avvocato Silvia Buttazzoni.

– intimato –

e

A.I.F.O. ASSOCIAZIONE ITALIANA AMICI di RAOUL FOLLEREAU, in persona

del legale rappresentante pro tempore.

– intimata –

e

P.M., P.R., P.T.,

P.M.B. (quali eredi di P.F.);

– intimati –

e

BR.RA., BR.DU., BR.SI., BR.NO., BR.EL.

(quali eredi di Bo.Ma.Lu.);

– intimati –

e

BO.GI., BO.SA.;

– intimate –

e

A.N. (quali eredi di B.A.)

– intimata –

B.C., B.I.;

– intimati –

e

M.L. (quali erede di Bo.An.);

– intimata –

e

BO.AN., BO.MA., SI.AC., SI.AN.MA.;

– intimati –

Avverso la sentenza n. 1103 dei 6.3/16.5.2012 della corte d’appello

di Venezia;

Udita la relazione della causa svolta all’udienza pubblica dell’8

novembre 2016 dal consigliere dott. Luigi Abete;

Udito l’avvocato Armando Roccella per la ricorrente;

Udito l’avvocato Giancarlo Penzavalli per la controricorrente;

Udito il Pubblico Ministero, in persona del sostituto procuratore

generale dott. Capasso Lucio, che ha concluso per il rigetto del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto notificato tra il 29 giugno ed il 4 luglio 2007 la “Parrocchia di Sant’Anna Madre della Beata Vergine Maria” in Santa Maria del Rovere di Treviso citava a comparire innanzi al tribunale di Treviso la curatela dell’eredità giacente di Bo.Ma., i possibili eredi legittimi di costei e del suo premorto coniuge. C.A. ovvero F.S., F., D., A., C. e R. nonchè Sp.An. e Ma.Ro..

Esponeva che era deceduta in Treviso l’1.3.2000 Bo.Ma.: che erano stati rinvenuti. siccome riferibili alla de cuius, tre testamenti rispettivamente, in data 27.1.1979, in data 11.5.1979 ed in data 10.5.1989: che con atto notarile del 30.10.2002 aveva provveduto ad accettare con beneficio d’inventario l’eredità della testatrice.

Chiedeva dichiararsi aperta la successione di Bo.Ma., accertarsi alla stregua delle rinvenute schede testamentarie la reale e definitiva volontà mortis causa della de cuius, disporsi la divisione dell’asse ereditario – tenendo conto all’uopo che al momento del decesso la testatrice aveva ereditato i 2/3 del patrimonio del premorto coniuge – ed attribuirsi ad essa attrice la quota di sua spettanza.

Si costituivano F.S., F., D., A., C. e R., quali eredi di C.A., per rappresentazione della madre, Teresa Cocchia, sorella del de cuius.

Si costituivano Sp.An. e Ma.Ro., quali eredi di C.A., per rappresentazione della madre, C.M.F., del pari sorella del de cuius.

Chiedevano farsi luogo alla divisione dell’asse, con attribuzione. agli uni ed agli altri. di quanto di rispettiva spettanza.

Si costituiva il curatore dell’eredità giacente di Bo.Ma..

Chiedeva integrarsi il contraddittorio nei confronti degli identificandi beneficiari delle disposizioni testamentarie per la fame nel mondo e per le cure dei lebbrosi.

All’udienza del 20.5.2004 si costituiva l'”A.I.F.O.” – ovvero l'”Associazione Italiana Amici di Raoul Follereau”: si assumeva destinataria delle disposizioni testamentarie operate in favore e per la cura dei lebbrosi.

Con ordinanza in data 19.4.2005 il giudice disponeva integrarsi il contraddittorio nei confronti dei chiamati alla successione legittima di Bo.Ma., identificati in Bo.Ma.Lu., A., G. e S. in P.F. ed in B.A., C., I. e R..

Costoro non si costituivano e venivano dichiarati contumaci.

Con sentenza n. 2072/2009 il tribunale adito assegnava alla parrocchia attrice la quota indivisa di 5/6 dell’immobile in Treviso. in catasto al foglio 4, mappale 191; assegnava all'”A.I.F.O.” la somma di Euro 126.987.86. disponendo che la medesima associazione attendesse al versamento della somma di Euro 5.164,57 all’attrice; assegnava pro indiviso a Bo.Ma., A., G. e S., a P.F. e a B.A., C., I. e R. le somme depositate sul libretto nominativo n. (OMISSIS) intestato al curatore dell’eredità giacente aperto presso “Veneto Banca” al netto della somma di Euro 126.987,86 e delle competenze della curatela dell’eredità giacente; rigettava le domande tutte esperite dai F. e dagli Sp.; compensava integralmente le spese di lite tra le parti tutte.

Interponeva appello S.N.G., in qualità di procuratrice speciale di B.R..

Resisteva la “Parrocchia di Sant’Anna Madre della Beata Vergine” in Santa Maria del Rovere di Treviso.

Resisteva il curatore dell’eredità giacente di Bo.Ma.; esperiva altresì appello incidentale.

Resisteva l'”A.I.F.O.”.

Non si costituivano e venivano dichiarati contumaci F.S., R., D., F., A. e C..

Non si costituivano e venivano dichiarati contumaci Sp.An. e M.R..

Non si costituivano e venivano dichiarati contumaci P.M., R., T. e M.B., quali eredi di P.F., contumace in prime cure.

Non si costituivano e venivano dichiarati contumaci Br.Ra., D., S., N. ed E., quali eredi di Bo.Ma.Lu.. contumace in prime cure.

Non si costituivano e venivano dichiarati contumaci Bo.Gi. e S..

Non si costituiva e veniva dichiarata contumace M.L., quale erede di Bo.An..

Non si costituiva e veniva dichiarata contumace A.N., quale erede di B.A..

Non si costituivano e venivano dichiarati contumaci B.C. e I..

All’udienza di precisazione delle conclusioni intervenivano volontariamente Bo.An. e M. nonchè Si.Ac. e A.M., che aderivano alle ragioni addotte dall’appellante principale.

Con sentenza n. 1103 dei 6.3/16.5.2012 la corte d’appello di Venezia rigettava il gravame principale, accoglieva il gravame incidentale esperito dal curatore dell’eredità giacente di Bo.Ma. e, per l’effetto, espungeva dal dispositivo della sentenza di primo grado l’inciso “e le competenze della curatela dell’eredità giacente”, confermava in ogni altra sua parte la statuizione di prime cure e regolava le spese del grado.

Esplicitava, la corte di merito, in aderenza all’interpretazione prospettata dall’appellata “Parrocchia”, che con l’espressione “questo testamento è valido solo se dovessi morire assieme a mio marito altrimenti resta in vigore quello precedente fatto in data 22-1-1979”, figurante nel secondo testamento in data 11.5.1979, nonchè con l’espressione “dopo avvenuta la mia morte in caso di disgrazia assieme a mio marito, altrimenti resta in vigore il testamento precedentemente fatto”, figurante nel terzo testamento in data 10.5.1989, la testatrice aveva inteso riferirsi non già esclusivamente all’ipotesi di commorienza vera e propria, ma pur all’ipotesi di premorienza del coniuge.

Avverso tale sentenza ha proposto ricorso S.N.G., in qualità di procuratrice speciale di B.R.; ne ha chiesto sulla scorta di tre motivi la cassazione con ogni susseguente pronuncia.

La “Parrocchia di Sant’Anna Madre della Beata Vergine Maria” in Santa Maria del Rovere di Treviso ha depositato controricorso: ha chiesto dichiararsi inammissibile ovvero rigettarsi l’avverso ricorso con il favore delle spese.

Non hanno svolto difese il curatore dell’eredità giacente di Bo.Ma., l'”A.I.F.O.”, P.M., R., T. e M.B., quali eredi di P.F., Br.Ra., D., S., N. ed E., quali eredi di Bo.Ma.Lu., Bo.Gi. e S., A.N., quale erede di B.A., B.C. e I., M.L., quale erede di Bo.An., Bo.An. e Si.Ma., Ac. e An.Ma..

La ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Del pari ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c. la “Parrocchia di Sant’Anna Madre della Beata Vergine Maria”.

All’esito dell’udienza di discussione la ricorrente ha depositato brevi osservazioni scritte (con le quali ha esplicitato le ragioni della mancata notifica del ricorso a F.S., R., D., F., A. e C. nonchè a Sp.An. e M.R.).

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa fatti controversi e decisivi per il giudizio.

Deduce che la ricerca della volontà del testatore seppur non limitata al significato letterale delle parole usate deve comunque basarsi su elementi l’attuali che giustifichino il processo ermeneutico” (così ricorso, pag. 40): che il procedimento interpretativo seguito dalla corte distrettuale è “supportato da argomenti privi di riscontri e basati esclusivamente su un interiore convincimento del decidente e su argomentazioni apodittiche” (così ricorso, pag. 40).

Deduce segnatamente che costituiscono mere ipotesi, per nulla idonee a supportare la decisione, gli assunti della corte territoriale secondo cui la testatrice fosse condizionata dalla preoccupazione che il marito le premorisse, secondo cui la testatrice fosse di modesto livello culturale.

Deduce che non vi è alcun riferimento all’uso effettivo che delle parole adoperate faceva in vita la de cuius.

Con il secondo motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione o falsa applicazione dell’art. 1362 c.c., ai sensi dell’art. 1362 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omessa o insufficiente motivazione.

Deduce che la corte di Venezia “ha omesso totalmente di considerare che la testatrice aveva sia nel secondo che nel terzo testamento chiaramente fatto riferimento all’ipotesi della commorienza” (così ricorso, pag. 43).

Con il terzo motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.

Deduce che circa la posizione di litisconsorti necessari di altri chiamati all’eredità aveva con l’atto di appello dedotto che costoro erano decaduti da qualsivoglia diritto ereditario, “in quanto i loro danti causa, rimasti contumaci nel primo grado, non avevano accettato l’eredità nel termine previsto ex lege ai sensi dell’art. 480 c.c.” (così ricorso, pag. 43).

Deduce che la corte d’appello nulla ha statuito al riguardo.

Il primo ed il secondo motivo di ricorso sono strettamente connessi.

Se ne giustifica la disamina contestuale.

Entrambi i motivi comunque sono destituiti di fondamento.

E’ ben evidente che ambedue i motivi prospettano una “questione” ermeneutica, specificamente afferente alla determinazione dell’esatta voluntas mortis causa di Bo.Ma., quale risultante dalle schede testamentarie, rispettivamente, in data 27.1.1979, in data 11.5.1979 ed in data 10.5.1989.

Intesi in tal guisa (in linea, d’altronde, con le prefigurazioni della ricorrente), non possono che esplicar valenza gli insegnamenti di questo Giudice del diritto.

In primo luogo l’insegnamento secondo cui. in tema di interpretazione di un testamento – la quale è caratterizzata, rispetto a quella contrattuale, da una più penetrante ricerca, al di là della mera dichiarazione, della volontà del testatore – si applicano. con gli opportuni adattamenti, le regole ermeneutiche dettate in materia di contratti, con esclusione di quelle incompatibili con la natura di negozio mortis causa propria del testamento (artt. 1366, 1368 e 1370 c.c.); in detta ricerca la volontà del testatore. alla stregua del principio generale di ermeneutica di cui all’art. 1362 c.c., va individuata sulla base dell’esame globale della scheda testamentaria e non di ciascuna singola disposizione, ed il giudice di merito può attribuire alle parole usate dal testatore un significato diverso da quello tecnico e letterale, quando si manifesti evidente, nella valutazione complessiva dell’atto, che esse siano state adoperate in senso diverso, purchè non contrastante e antitetico, e si prestino ad esprimere, in modo più adeguato e coerente, la reale intenzione del de cuius (cfr. Cass. 26.5.1989, n. 2556).

In secondo luogo, l’insegnamento secondo cui l’interpretazione del contratto, degli atti di autonomia privata e del testamento costituisce un’attività riservata al giudice di merito ed è censurabile in sede di legittimità soltanto per violazione dei criteri legali di ermeneutica contrattuale ovvero per vizi di motivazione, qualora la stessa risulti contraria a logica o incongrua, cioè tale da non consentire il controllo del procedimento logico seguito per giungere alla decisione (cfr. Cass. 22.2.2007, n. 4178; Cass. 2.5.2006, n. 10131; Cass. 26.5.1989, n. 2556).

In terzo luogo, l’insegnamento secondo cui nè la censura ex n. 3) nè la censura ex n. 5) dell’art. 360 c.p.c., comma 1 possono risolversi in una critica del risultato interpretativo raggiunto dal giudice. che si sostanzi nella mera contrapposizione di una differente interpretazione; d’altronde, per sottrarsi al sindacato di legittimità, sotto entrambi i cennati profili, quella data dal giudice al contratto non deve essere l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, ma una delle possibili, e plausibili. interpretazioni; sicchè, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o più interpretazioni (plausibili), non è consentito – alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito – dolersi in sede di legittimità del fatto che sia stata privilegiata l’altra (cfr. Cass. 22.2.2007, n. 4178; cfr. Cass. 2.5.2006, n. 10131).

Nel segno delle enunciate indicazioni nomofilattiche l’interpretazione patrocinata dalla corte di merito è in loto inappuntabile, giacchè. da un canto, non si prospetta in spregio ad alcun criterio ermeneutico legale, giacchè, dall’altro. risulta sorretta da motivazione esaustiva. congrua e logica.

Segnatamente la corte d’appello ha avuto cura di puntualizzare che la de cuius minus dixit quam voluit e dunque aveva “inteso disporre, in generale, dei propri beni anche per l’ipotesi in cui il marito non avesse potuto ereditare perchè non sopravvissutole”(così sentenza d’appello, pag. 11); che infatti i tre testamenti erano “collegati da un filo logico abbastanza chiaro (…), indice di una volontà coerente, nonostante l’imprecisione delle espressioni. (…) quella di beneficiare il marito se ed in quanto possibile, destinando altrimenti le voci più consistenti del patrimonio a finalità caritatevoli” (così sentenza d’appello, pag. 12).

D’altro canto le prospettazioni della ricorrente si risolvono nella mera contrapposizione di un’ antitetica interpretazione.

E’ il caso della deduzione secondo cui “non è risultato assolutamente che la de cuius fosse stata afflitta in vita da una tale preoccupazione” (così ricorso, pag. 41).

E’ il caso della deduzione secondo cui “la “manipolazione” delle parole della testatrice operata dal Giudicante risulta non solo priva di giustificazione nei fatti, ma altresì profondamente artificiosa quando si afferma che con la parola morire la testatrice avrebbe inteso “trovarsi morto”” (così ricorso, pag. 41).

E’ il caso della deduzione secondo cui “la Corte veneta ha omesso totalmente di considerare che la testatrice (…) in entrambi i casi si era premurata di precisare che i testamenti sarebbero stati validi solo se si fosse verificata l’ipotesi della commorienza” (così ricorso, pag. 43).

Il terzo motivo di ricorso è inammissibile.

Propriamente la ricorrente non ha alcun interesse a far valere il mezzo di impugnazione de quo.

Invero è la stessa ricorrente che ha dato atto delle ragioni per cui la corte distrettuale “non ha statuito nulla sul rapporto sostanziale. di eredi decaduti dal beneficio” (così ricorso, pag. 44), allorchè ha puntualizzato “probabilmente perchè aveva ritenuto validi i testamenti e quindi non aperta una successione legittima” (così ricorso, pag. 44).

Il rigetto del ricorso giustifica la condanna della ricorrente al rimborso in favore della controricorrente. “Parrocchia di Sant’Anna Madre della Beata Vergine Maria”, delle spese del presente giudizio di legittimità. La liquidazione segue come da dispositivo.

Non hanno svolto difese il curatore dell’eredità giacente di Bo.Ma., “A.I.F.O.”.

P.M., R., T. e M.B., quali eredi di P.F., Br.Ra., D., S., N. ed E., quali eredi di Bo.Ma.Lu., Bo.Gi. e S., A.N., quale erede di B.A.. B.C. e I., M.L., quale erede di Bo.An., Bo.An. e M., Si.Ac. e A.M..

Nonostante il rigetto del ricorso, pertanto, nessuna statuizione nei loro confronti va assunta in ordine alle spese.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente, S.N.G., in qualità di procuratrice speciale di B.R., a rimborsare alla controricorrente “Parrocchia di Sant’Anna Madre della Beata Vergine Maria” in (OMISSIS) le spese del presente giudizio di legittimità. che si liquidano in Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario delle spese generali, i.v.a. e cassa come per legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ sez. civ. della Corte Suprema di Cassazione, il 8 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 2 febbraio 2017

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